Scrittura

Emozioni al microscopio: la paura

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Ah, le paure dello scrittore! Ci si potrebbe scrivere un trattato: la paura di non essere bravo, di non venire pubblicato, di ricevere critiche pesanti… però mi sembra di sentire qualcuno nelle retrovie commentare infastidito, possibile?

Per non rischiare il lancio di oggetti contundenti via rete, lascio il nostro povero scrittore seduto alla scrivania, impegnato a “generare una stella che danzi”, come disse Nietzsche, e passo ad altre paure che ci interessano molto, perché sono un potente motore per la storia: le paure dei personaggi.

I personaggi tutti, ma in particolare il protagonista e l’antagonista, hanno motivazioni forti a spingerli verso i loro obiettivi, che purtroppo per loro (e per fortuna per noi) sono incompatibili; ma oltre ad andare verso qualcosa, molti personaggi fuggono anche da qualcosa, ed è spesso difficile dire quale di questi due elementi sia preponderante.

Un personaggio senza paure è bidimensionale. Ogni essere umano normale teme qualcosa: l’abbandono da parte dell’amata, la malattia, il killer che lo insegue, le cavallette, lo spettro della povertà, la visita della suocera… quanto a paure noi esseri umani non ci facciamo mancare niente, e lo stesso vale per i nostri personaggi. Ma partiamo dall’inizio.

la paura è un'emozione spiacevole...

Cos’è la paura?

La paura è la reazione di forte disagio dell’individuo nei confronti di un oggetto, una persona o una situazione che ritiene pericolosa, a torto o a ragione. Ne fanno parte stati emotivi di diversa intensità, che hanno a un estremo il timore, la preoccupazione, l’esitazione e l’inquietudine, e all’altro estremo il terrore, la fobia e il panico. In comune, queste gradazioni della paura hanno, oltre alla sgradevolezza, l’impulso a sottrarsi alla causa scatenante mediante la fuga o l’aggressione.

La vita di noi tutti è accompagnata da paure di vario genere, e deve essere così. Questa emozione è funzionale alla sopravvivenza, anche se può prendere direzioni che la rendono un inferno. A suscitarla, infatti, sono non solo minacce presenti e reali, ma anche minacce future o del tutto immaginarie.

Esistono paure innate, tipiche dell’essere umano in quanto tale, suscitate dall’ignoto, da stimoli intensi e improvvisi (suono, dolore) oppure da situazioni di oggettivo pericolo per la sopravvivenza, come il buio, le altezze, il freddo, la presenza di persone aggressive o animali feroci. Negli animali la postura indotta da questo tipo di paura funge anche da segnale di avvertimento per gli individui della stessa specie.

Altre paure sono invece acquisite, in seguito a traumi personali, libri letti e film visti. Qui si spazia in un intero universo di mostri, ma non solo. L’acqua è pericolosa? Potenzialmente sì, ma c’è chi ha paura anche di riempire la vasca da bagno. Alcuni film hanno diffuso la paura degli uccelli e delle api, dipingendoli come mortali aggressori. E la reazione terrorizzata di fronte a innocui scarafaggi o cimici?

Per non parlare delle fobie, paure tanto intense da ostacolare la vita normale, ma sproporzionate o del tutto insensate. Possono riguardare praticamente qualunque cosa: gli spazi aperti e quelli chiusi, certi colori, il sonno, l’ombelico!… e che ne dite della arachibutirofobia, cioè la paura che il burro di arachidi resti attaccato al palato? (Vi lascio un link, in caso vi sia venuta la curiosità di scoprire le fobie più strane, ma vi avviso che a fine lettura vi domanderete se siano più patologici i titolari delle fobie o gli autori dell’articolo.)

Come si esprime la paura?

Espressione tipica: occhi sbarrati, bocca semiaperta, sopracciglia avvicinate, fronte aggrottata.

Sintomi fisici di paura intensa: diminuzione del battito cardiaco e della tensione muscolare, abbassamento della pressione sanguigna e della temperatura corporea, sudorazione abbondante, pupilla dilatata, incapacità di movimento e di reazione. Possibile morte per collasso cardiocircolatorio.

Sintomi fisici di paura moderata: aumento del battito cardiaco e della tensione muscolare, drizzarsi dei peli.

Altri segnali di paura:

– attenzione selettiva verso una parte limitata dell’esperienza – fuga o desiderio di fuga – tremore alle mani e agli arti
– mani fredde e sudate
– pallore
– ammiccamento rapido
– tono di voce acuto o sussurro
– difficoltà a respirare e inghiottire
– sensazione di ginocchia molli – sensazione di cuore/stomaco in gola 
– rilascio degli sfinteri dell’ano e della vescica
– mordersi le labbra fino a farle sanguinare
– evitare il contatto oculare
– incassare il torace
– alzare le spalle, come a proteggere il collo
– saettare lo sguardo alla ricerca di una via di fuga
– stringere alla spasimo l’oggetto che si tiene in mano
– battere i denti
– arretrare fino ad avere le spalle al muro
– ansimare
– trattenere il respiro
– aggrapparsi a qualcuno

Ma torniamo ai nostri personaggi. Le loro paure li rendono più reali per il lettore. Se abbiamo l’impressione che il carattere del nostro protagonista sia incompatibile con la paura, mettiamoci in allarme, perché forse stiamo raccontando le vicende del tipico Gary Stu, perfetto al punto da ispirare avversione alla prima scena. Non ci manca certo la scelta, se pensiamo che esistono anche la paura della felicità e quella del successo.

In che modo le paure dei personaggi aiutano noi, autori un po’ sadici?

– possono essere il tema centrale della storia (es. come il personaggio supera la paura di legarsi a qualcuno)

– inducono il personaggio a comportamenti irrazionali e scelte sbagliate che gli complicano la vita e lo allontanano dal raggiungimento del suo obiettivo

– creano conflitti tra i personaggi, aumentando i momenti di tensione

– mostrano un lato vulnerabile del personaggio che possiamo sfruttare come difetto fatale, oppure come semplice complicazione

– forniscono spunti per la trama

– mantengono il personaggio in uno stato di disagio che può renderlo maldestro, brusco, depresso, comunque meno prevedibile

– creano per il personaggio un limite da affrontare e superare per arrivare a essere una persona diversa alla fine della storia

– fanno sì che il lettore si preoccupi per la sorte del
personaggio e si immedesimi in lui anche quando non gli somiglia affatto

– arricchiscono il sottotesto (i significati non espressi dei pensieri e dei dialoghi)

– penalizzano il personaggio nel climax, aumentando la tensione

– restano segrete fino a un certo punto della storia per suscitare curiosità

– hanno valore simbolico (es. la paura di prendere sonno come simbolo della paura di perdere il controllo sulla propria vita)

– possono suscitare simpatia o ilarità

Dopo “boia chi molla”, insomma, potrei suggerire un nuovo motto: “spaventiamoli!”. Senza però dimenticare che il lettore si secca quando gli presentiamo personaggi eternamente inchiodati alle loro paure, perciò spaventiamoli, sì, ma diamo loro anche la possibilità di riscattarsi prima della parola “fine”. Dopo tutto quello che gli abbiamo fatto passare, glielo dobbiamo.

Quali paure vivono i vostri personaggi, e come le affrontano? Come autori, considerate la loro vulnerabilità con simpatia oppure perdete la pazienza?

39 commenti

  • Grazia Gironella

    Questa volta sarò un po' lenta nel rispondere ai vostri commenti, perché mi aspetta qualche giorno di impegni. Arriverò sul pezzo domenica, probabilmente. Buona lettura!

  • Chiara Solerio

    La paura nel mio romanzo ha ruoli diversi. Il protagonista è claustrofobico e non prende mai l'ascensore. Ho creato questo stratagemma per arricchire la sua personalità (non volevo che fosse troppo "macho") e per evidenziare le conseguenze di una brutta esperienza vissuta in passato. Invece, la coprotagonista è una vera fifona, perché cresciuta in un ambiente iperprotetto, ma avrà modo di riscattarsi.

    Io ho la fobia della sauna e del bagno turco. Ovviamente dopo averlo scoperto evito accuratamente di entrarci.

    • Grazia Gironella

      Le paure più diffuse, come la claustrofobia, le altezze o il buio, forse sono quelle in cui il lettore riesce a immedesimarsi di più. (Come mai sauna e bagno turco? Effetto soffocamento dovuto al calore/vapore?)

    • Chiara Solerio

      Io ho la pressione tendenzialmente bassa e quando sono in luoghi troppo caldi e umidi – soprattutto se chiusi – provo un senso di soffocamento, mi sento svenire.
      In spiaggia potrei trascorrere ore sotto il sole cocente, ma lì ci sono spazi diversi.
      Pensa che per il trentesimo compleanno i miei amici mi regalarono due biglietti per trascorrere una giornata alle terme di Milano, che comprendono una cinquantina di trattamenti. Essendoci una decina di saune (di cui una all'interno di un tram) e altrettanti bagni turchi, ho trascorso buona parte della giornata nella vasca idromassaggio!

    • Grazia

      I tuoi amici lo sanno, o li hai graziati? Mi pare la volta in cui avevamo ospiti a casa, e per caso c'era formaggio dappertutto… no, non per caso: uno degli ospiti non mangiava formaggio. Ovvio.

  • Salvatore

    La paura è uno dei sentimenti più difficili da gestire e da provocare. Mi guarderei bene dall'usarla come tema per un romanzo. Il post chiarisce bene i fondamenti, ma se fosse facile come leggerti saremmo tutti maestri.

    • Grazia Gironella

      Nemmeno io oserei metterla al centro di una mia storia, anche perché non credo che mi piacerebbe il genere.

  • Tenar

    È davvero bella questa serie di post!
    Ultimamente ho scritto due racconti giocati sulle paure del protagonista. Da autrice non è stata la mia esperienza più allegra. Non si trattava di fobie, ma di angosce più profonde. Il personaggio in questione ha un fratello alcolizzato. Viene drogato, ma gli fanno credere che sia stato lui ad ubriacarsi e che, perso il controllo, abbia commesso un delitto. Ho dovuto lavorare su una delle mie paure inconsce più profonde (perdere il controllo di me stessa e il rispetto delle persone a cui tengo).
    Alla fine sia io che il protagonista ne siamo usciti un po' scossi.

    • Chiara Solerio

      Il mio post di lunedì probabilmente sarà proprio sulla mania del controllo.
      Ho delle rigidità su cui sto lavorando, ma che ancora minano la mia scrittura…
      E ora, che sto subendo la stessa cosa da parte di qualcun altro, mi sento un po' limitate nei miei movimenti

    • Grazia

      Secondo il mio maestro di yoga, che è psicologo e tiene corsi di respirazione antiansiogena, il 90% delle forme di asma non ha origine allergica ma deriva dalla mania di controllo, che impedisce di "lasciare andare" (anche l'aria, in questo caso). C'è un impatto pesante anche dal punto di vista fisico, quindi.

  • animadicarta

    La paura è un'emozione al centro del romanzo a cui sto lavorando, quindi questo post lo sento in modo particolare. Trovare modi per esprimerla non è stato facile, ma mi sono ritrovata più o meno in tutti quelli che hai descritto, a parte alcuni che non ho potuto usare per via del punto di vista interno.

    Non ho capito però cosa intendi con "possono penalizzare il personaggio nel climax"?
    Nel climax, che sto scrivendo proprio in questi giorni, ho voluto mettere faccia a faccia la protagonista con l'oggetto della sua paura e in effetti devo capire come gestire al meglio questa parte. Hai consigli?

    • Grazia Gironella

      Intendevo proprio una situazione come quella che stai trattando tu ora. Se nel corso della storia la tua claustrofobia ti impedisce di prendere l'ascensore o la cabinovia, il problema è limitato; se nelle azioni clou del finale la tua possibilità di farcela dipende dal fatto che tu strisci in un cunicolo per raggiungere il luogo X, allora il problemino diventa un incubo.
      Non riesco a darti veri consigli, non sapendo niente della storia. L'unica cosa che mi viene in mente è che evidenzierei in qualche modo i vari passaggi, anche contrastanti, dal terrore al superamento, in modo da dare al lettore la percezione della lotta interiore. Eviterei un passaggio sfumato dal "non ce la faccio" al "devo farlo", insomma, e mostrerei i gesti e i tentativi del personaggio, soffermandomi a lungo sui dettagli, tipo moviola.

    • animadicarta

      Capito. Grazie, mi sei stata molto utile. La paura in questione non è una fobia ma riguarda un evento che potrebbe capitare e che poi effettivamente capita. Da lì si scatena una paura ancora più grande ed è proprio questa che ora mi trovo a gestire. Con le tue parole mi sembra di aver inquadrato un po' meglio come fare

  • Daniele

    Quel post sulle paure è stupendo! Spero che non siate pogonofobici e caetofobici, altrimenti non ci potremo mai incontrare
    Alcune di quelle possono essere usate per racconti horror.
    I sintomi sono importanti, per evitare di scrivere sempre il solito brivido lungo la schiena.
    Il rilascio degli sfinteri dell’ano e della vescica so che negli animali avviene perché così sono più leggeri, si liberano di pesi inutili per fuggire. Ti risulta?
    La paura è uno degli elementi importanti di una storia, leggevo nel corso di scrittura di Fabio Bonifacci.
    Sto finendo di leggere 1984 e lì la paura è ben rappresentata. Direi anzi che è portante.
    Sottotesto: perché non dedichi un post a questo? O c'è già?
    Io ho paura del terremoto, invece.

    • Grazia Gironella

      Se sono stata una di queste cose orribili, non me ne sono mai accorta!
      Non ho mai approfondito il motivo per cui si rilascino gli sfinteri in caso di terrore, ma penso rientri nella diminuzione drastica del tono muscolare.
      Il post sul sottotesto è già sulla lista, ma continuo a rimandarlo perché non è semplice…
      (Sono onorata del tuo "stupendo". Ho l'impressione che tu non lo dica facilmente. :))

    • Tenar

      Un tempo la pensavo così, ma ora non più. Penso che sia un momento in cui l'autore deve sentire esattamente quello che sente il personaggio. Magari non è il momento della stesura (o, peggio, della revisione), ma penso ci debba essere.

    • Grazia Gironella

      L'autore dovrebbe essere poco spaventato… di fare l'autore (che non è facile!), ma spaventato da quello che spaventa il personaggio. Credo sia così, perché se racconti la paura senza sentirti il cuore stretto non riesci a renderla bene.

  • Francesca Lia Sidoti

    E qui mi sento a casa: tutti i miei personaggi, chi più chi meno, hanno una paura folle di qualcosa. Forse sono una scrittrice un po' sadica? Credevo di no (in fondo non li ammazzo come mosche) però in effetti uso la paura come strumento narrativo per provocare molte delle situazioni che hai elencato. Aggiungo un'ulteriore conseguenza della paura.
    Tecnicamente si chiama "atteggiamento controfobico": personaggio A è terrorizzato da qualcosa, ma non vuole sentirsi debole, vorrebbe superare quella paura senza averne però la forza o le capacità. Allora col tempo sviluppa la compulsione a gettarsi proprio nelle situazioni che gli fanno paura, anche quando non ce n'è bisogno (o addirittura è controproducente), sotto la spinta inconscia a dimostrare ogni volta di essere diventato più forte (mentre non è affatto diventato più forte). Mi piace molto usare questo comportamento per incasinare ancora di più la trama e per creare personaggi che appaiano forti e deboli allo stesso tempo.

    • Grazia Gironella

      Se è vero che dobbiamo fare salire sull'albero i personaggi e poi tirarli giù a sassate, mi sembra che l'atteggiamento controfobico ci si inserisca bene! Lo ricorderò, perché mi piacciono le dimostrazioni di come gli esseri umani riescano a complicarsi la vita oltre i loro problemi oggettivi.

  • Marina

    Nel mio romanzo le paure sono un elemento fondamentale, uno impera su tutte: la paura del pregiudizio, che porta il protagonista a vivere sempre in bilico fra un passato da dimenticare ed un futuro ancora più incerto.
    Io ho paura dell'ignoto: non andrei mai a visitare i fondali marini, né mi incuriosirebbe andare nello spazio. E poi le cascate: quelle mi terrorizzano!

    • Grazia Gironella

      Quelle fobie sono incredibili. Mi domando anche perché le fobie abbiano sempre nomi così complicati. Sembrano inventati apposta perché nessuno riesca a intuirne il significato senza controllare sul vocabolario!

  • Cristina M. Cavaliere

    Caspita, ho appena letto l'articolo sulle fobie più strane! Se non altro si imparano parole nuove. La Numerofobia ce l'ho senz'altro, visto che sul lavoro sbaglio sempre quando devo fare calcoli sulla foliazione di un libro, o su qualsiasi tipo di sequenza numerica. Invece la Papafobia è buffissima! E la fobia per tutte le uniformi non avrà un nome? Io soffro delle classiche paure: claustrofobia (però solo per grotte e luoghi naturali, invece viaggio in metropolitana senza problemi ogni giorno), i pipistrelli e il fuoco.

    Alcuni dei miei personaggi hanno diverse paure, altri meno. Per assurdo sono poi quelli più forti interiormente, perché riescono a superarle. Il mio schiavo cristiano dalla maschera d'oro ha, ovviamente, paura del suo padrone, ma ha una forza interiore eccezionale e gli tiene testa. Una paura classica nel Medioevo – in cui peraltro si aveva paura di un sacco di cose! – era il mare come abisso popolato di mostri. Uno dei miei personaggi principali, un cavaliere crociato, è intimorito dal mare come elemento liquido e instabile. Di solito non perdo la pazienza se i miei personaggi hanno paura, tutt'altro… forse perché si risveglia in me il lato materno?

    Il rilascio degli sfinteri dell’ano e della vescica è un classico dei condannati a morte. Leggevo che i condannati che sulle carrette venivano portati alla ghigliottina durante la Rivoluzione Francese avevano questo tipo di reazione, anche i più coraggiosi (almeno a parole).

    • Grazia Gironella

      Credo che tendiamo tutti a empatizzare con il personaggio che vive una paura, perché sappiamo quanto ci si senta vulnerabili in quelle circostanze. Io una volta ero terrorizzata da insetti, coleotteri e aracnidi vari; una paura trasmessami da mia madre; adesso li vedo come animaletti degni di simpatia e rispetto quanto un cane o un gatto. Temo invece di nuotare al largo, perché una volta mi è successo di allontanarmi troppo dalla riva facendo snorkeling, e quando me ne sono accorta ho rischiato l'attacco di panico.
      La situazione psicologica dei condannati a morte doveva essere terribile; credo sia difficile immaginarla senza averla provata. Il rilascio degli sfinteri, comunque, è un meccanismo cui vanno soggetti anche gli animali (testimonianza diretta della mia Maya!).

    • Cristina M. Cavaliere

      Oltretutto durante la Rivoluzione le carrette dei condannati ci mettevano ben due ore per attraversare Parigi dalle prigioni fino all'attuale Place de la Concorde. Probabilmente si moriva mille volte, prima.

  • Lisa Agosti

    I miei personaggi non hanno paura di niente, adesso che mi ci fai pensare. Sarà il caso di renderli più umani e spaventarli un po'!
    Al momento, le uniche paure che i miei personaggi provano sono di natura subdola, derivano da traumi familiari e infantili, sono nascoste sotto uno strato di sicurezza di sé facilmente leso da situazioni stressanti. Sono tutte donne, ovviamente

    • Grazia Gironella

      Le paure subdole sono ottime per la storia! Tutte donne perché senti di conoscerle meglio, oppure è un "caso"?

    • Lisa Agosti

      La decisione risale a prima dell'idea di scrivere un romanzo, quando ancora volevo scrivere un saggio su una teoria psicologica che collega lo sviluppo infantile con le relazioni amorose adulte. Le donne sono più variegate e complesse degli uomini, nella maggior parte dei casi, per cui rispecchiano sempre meglio le sfumature psichiche. E le conosco meglio, anche quello, sicuramente.

    • Grazia

      Benvenuto, e grazie! E' vero, le paure immotivate sono inquietanti. Hanno origine in luoghi della psiche cui difficilmente abbiamo accesso cosciente.

  • Anonimo

    Ciao, Grazia! Ho letto il tuo bell'articolo e, nonostante non sia uno scrittore, ho trovato molti spunti utili sui quali riflettere e su come comunicare i contenuti che tratto nei miei post.
    Di sicuro tornerò a farti visita anch'io

    • Grazia

      Benvenuto! Mi fa sempre piacere trovare un terreno comune al di là dell'argomento specifico, perciò sono doppiamente contenta della tua visita.

  • Gloria Vanni

    Paura, emozione funzionale alla sopravvivenza. Noi umani tendiamo a scordarcelo anche se altri esemplari della nostra specie ci danno continua dimostrazione di quanto l'aggressività sia la migliore difesa alla paura. Complimenti, Grazia: questo post va letto e riletto perché è un concentrato di scrittura, psicologia, medicina strutturato in modo super e con contenuti che stimolano a profonde riflessioni e… a scacciare qualche paura di troppo?

    • Grazia

      Non sarebbe male! Quando perde la sua funzione utile, la paura passa direttamente a drenarci energie e instillare sfiducia. In pratica diventa dannosa senza nemmeno passare attraverso una fase neutra. (Ultimamente sto riflettendo su come le cose non siano mai neutre, anche se talvolta lo crediamo. Prendi l'indifferenza. C'è qualcosa di più violento e gridato dell'indifferenza? Eppure crediamo che l'indifferenza sia un'assenza di partecipazione, non un'azione a se stante. Fine della divagazione! :))

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