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Scrivere a quattro mani: Lilli Luini e Maurizio Lanteri

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Lo spazio-intervista di oggi è dedicato a Lilli Luini e Maurizio Lanteri, affermati autori di narrativa noir scritta a quattro mani, oltre che persone squisite.

La loro storia inizia qualche anno fa con il fortuito incontro tra Lilli, al tempo editor di testi di autori esordienti, e Maurizio, pediatra con la passione della scrittura.

La sintonia è immediata e fa nascere l’idea di scrivere insieme, un’idea evidentemente azzeccata se gli anni passano e le pubblicazioni si moltiplicano: La casa del priore (Traccediverse, 2006), Non tornare a Mameson (Fratelli Frilli, 2007), La contessa del campo dei fiori (Perrone, 2007, antologia di cui sono i curatori), La forgia del diavolo (Fratelli Frilli, 2008), Bruja (Todaro, 2010) e infine il loro ultimo romanzo, La cappella dei penitenti grigi (Editrice Nord, 2013), che sta ottenendo ottimi riscontri di pubblico e di critica.

Ma partiamo con l’intervista.

Immagino che per entrambi la passione per la scrittura sia nata prima del vostro incontro. Cosa scrivevate allora, e cosa scrivereste adesso in assenza del partner?

L: Io ero agli inizi, anzi non ero ancora convinta di avere una passione per la scrittura. Fin da bambina mi raccontavo storie da sola, da quando mi ricordo nella mia testa ci sono stati voci e personaggi. In quel periodo mi ero decisa a provare: vediamo se sono capace di farne qualcosa, di queste voci, di dar loro una vita. Avevo scritto un giallo-rosa, e a ripensarci ora vedo che rispecchiava le mie due anime, cioè il mio interesse intellettuale per ciò che porta l’uomo al crimine, ma anche il mio cuore molto romantico. Credo che se scrivessi da sola continuerei su questo genere. Storie molto buie e crude, con una sottotrama sentimentale.

M: Avevo scritto un thriller ambientato nel mondo delle prime chat su Internet (era il 1998). Il protagonista si imbatte in una serie di omicidi, che in qualche modo si legano con avvenimenti oscuri del passato. In pratica, la stessa lunghezza d’onda su cui scriviamo tuttora. Quello è il pozzo delle idee a cui attingo più frequentemente. Volendo pensare a qualcosa di diverso, mi cimenterei volentieri nel romance.

Quale aspetto della scrittura a quattro mani trovate più funzionale e quale invece più complicato?

L: Funzionale è il fatto che uno è il lettore e il critico dell’altro. Ne consegue che ognuno di noi due, con il tempo, ha molto ridotto il compiacimento, che è una delle trappole della scrittura. Funzionale è anche il fatto che, essendoci due cervelli che pensano, la loro interazione fa superare quei momenti di crisi, in cui non sai come proseguire la storia. Il più delle volte, il semplice fatto di parlare, di fare delle ipotesi, ci conduce sulla strada giusta.

M: La cosa complicata potrebbe sembrare il mettersi d’accordo: ma in realtà ci siamo resi conti con il tempo che quando l’idea è quella giusta, la riconosciamo al volo. Quando discutiamo e ci arrocchiamo sulla nostra opinione, è perché nessuna delle due funzionerà.

C’è chi per scrivere ha bisogno di caffè, di musica, di un colore ispiratore. Anche voi avete un rituale o un oggetto collegato alla scrittura?

L: no. Il mio problema, quando mi siedo davanti alla pagina bianca, è smettere di cazzeggiare e cominciare a scrivere. Il passaggio è il più delle volte complicatissimo, come se una parte di me rifiutasse di infilarsi in quel guaio. Mettiamo che debba scrivere una scena sugli Champs Elysées di sera. Un posto che conosco benissimo, ci son stata decine di volte. Ma lo stesso vado su Internet, cerco una foto degli Champs Elysées con la luna, poi vado a cercare un ristorante nella zona, leggo il menù, guardo le foto della sala… alla fine son passate due ore e non ho combinato nulla. Poi, una volta cominciato, faccio fatica a smettere. Ma il problema, appunto, è cominciare.

M: neppure io. I rituali servono quando l’ispirazione latita. In quei casi ho bisogno di solitudine, di un sottofondo musicale soft, di non sentirmi pressato da limiti di tempo. Quando poi sono dentro alla storia, creo ovunque mi trovi: in ambulatorio, in auto, giocando a tennis…

Nelle vostre letture preferite qual è la caratteristica che più vi colpisce?

L: la capacità di piegare la scrittura all’essere del personaggio in modo da far uscire una voce che è la sua, unica come è unico quell’individuo. Sto pensando, per fare qualche esempio, a Sorella mio unico amore di Joyce Carol Oates, Teresa Batista stanca di guerra di Jorge Amado e Sabato di Ian McEwan.

M: la capacità di mantenere la tensione, il controllo su tutti gli aspetti della trama.

Anche i professionisti possono provare simpatia e antipatia per i diversi aspetti della scrittura. Qual è per voi l’aspetto più istintivo e quale il più ostico?

L: Io scrivo facile l’interno del personaggio, i pensieri, e faccio una fatica inumana a scrivere le scene d’azione, quelle in cui devi spiegare cosa sta succedendo.

M: Scrivo con facilità i dialoghi e i flussi di coscienza. Devo impegnarmi di più nella descrizioni dei luoghi.

La strada che dalla scrittura conduce alla pubblicazione è lunga e accidentata. Cosa ne pensate della pubblicazione a pagamento e dell’autopubblicazione intese come scorciatoia?

L e M: Quando abbiamo cominciato, solo un esordiente su dieci riusciva a pubblicare, a meno di investire svariate. migliaia di euro. E quando riuscivi, come è capitato a noi, i tuoi problemi non erano affatto risolti: distribuzione zero, promozione sotto zero. Far arrivare il libro nella libreria (dove avevi faticosamente ottenuto di presentarlo) era un’impresa titanica. Oggi la strada dell’autopubblicazione è alla portata di tutti e ha dei costi più abbordabili. Ma chi si autopubblica, poi, ha sulle proprie spalle tutto il resto. Questi siti, come ilmiolibro, boopen eccetera, sono frequentati solo da autori esordienti o aspiranti tali. Non riesci a raggiungere i lettori “puri”, il che blocca il libro sul nascere.

Una domanda rivolta soprattutto a Lilli per la sua passata esperienza di editor: quali sono le pecche più frequenti nei testi degli scrittori esordienti?

L: Ho purtroppo visto di tutto, errori grammaticali e ortografici da lasciare allibiti. Ma quello che è comune alla stragrande maggioranza di questi testi, mi azzardo a quantificarlo nel 98%, è l’assenza di narratività. Saper scrivere un testo in italiano comprensibile e raccontare una storia sono due cose diverse, e in troppi non lo sanno. A scuola nessuno insegna la scrittura creativa e quindi non conoscono la differenza. Spesso anche perché leggono poco. Quindi ti ritrovi dei testi che non scorrono, che dopo cinque righe vorresti chiuderli e scappare, che non suscitano immagini e quindi non coinvolgono.

M: anch’io ho avuto una breve esperienza come editor. Fortunatissima, visto che il primo romanzo editato era di Lilli, e ha segnato l’inizio della nostra avventura. Dopo, ho smesso quasi subito, perché le esperienze successive ricalcavano quelle delle mia socia. Aggiungo ancora un particolare. Più il testo è brutto, meno l’autore si mostra disponibile alla critica costruttiva, sia pur minimale.

Nel costruirsi un proprio cammino nell’ambito della scrittura, quanto valgono in percentuale il talento, l’impegno e la fortuna?

L e M: La fortuna, intesa in senso stretto, ha una valenza minimale. Se aspetti il colpo di fortuna, puoi anche rimanere con il tuo romanzo nel cassetto per sempre. Invece devi lavorare, scrivere, migliorarti, e compiere tutti quei passi che ti possono portare a emergere dalla massa. Poi, riuscirci o meno, certamente ha una componente di fortuna: ma è qualcosa che ti sei costruito nel corso degli anni. Il talento è un altro discorso: King dice che si può imparare la scrittura creativa e un mediocre autore con lo studio e l’impegno diventa un buon autore. Ma aggiunge, e noi siamo d’accordo, che per essere un ottimo scrittore ci vuole qualcosa di più, ed è il talento, quella predisposizione naturale a raccontare, a far uscire la scrittura, che nessuno ti può insegnare.

Prima di salutarvi e ringraziarvi per la chiacchierata, gli ultimi consigli: una cosa da fare e una da evitare per chi vuole scrivere in modo professionale.

L e M: Leggere tantissimo e scrivere molto meno. Dominare il bisogno di farsi leggere subito, e di pubblicare ancora prima.

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