Scrittura

Scrivere un romanzo: stile piatto

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I 7 peccati capitali dello scrittore secondo Angela Ackerman

(quinta parte)

Abbiamo tutti sentito dire “questo stile è piatto”. Ma cosa significa?

Si ha uno stile piatto dove la prosa giace morta sulla pagina. Descrizioni, personaggi e poste in gioco vengono espresse in modo talmente blando che il lettore smette di interessarsene. All’autore manca la sicurezza necessaria a dare forma alle proprie idee, oppure deve lavorare sulla capacità di trasporre quella forma nel manoscritto. Lo stile piatto si manifesta sotto molte forme, perciò è necessario stare in guardia su diversi fronti.

– Falle descrittive.

Le descrizioni sono il più potente strumento di cui l’autore dispone per tradurre la propria visione delle scene sulla pagina e infondono vita a scenari, personaggi ed emozioni. Qui l’abilità stilistica è un must.

Spesso le descrizioni sono piatte quando l’autore non si impegna abbastanza a utilizzare i cinque sensi. I nostri sensi vengono sollecitati a ogni respiro, movimento, suono o gusto. Perché la realtà sulla pagina dovrebbe essere diversa? Limitarsi alla sola vista è troppo riduttivo. Quando descrivete, utilizzate tutta la gamma dei sensi. Il risultato sarà un’esperienza più vivida per il lettore.

– Vocabolario povero.

Il dizionario è un amico che può suggerirci verbi incisivi e avverbi accurati. Sforzatevi di trovare sempre i termini più adatti per descrivere, rimanendo ancorati al linguaggio del narratore della storia e fedele alla vostra voce. In altre parole, se il narratore è una bambina di dieci anni non parlerà come un laureato nel descrivere il mondo che la circonda. Anche usando il dizionario, evitate di esagerare. Uno o due termini azzeccati valgono più di un intero paragrafo elaborato e ridondante.

– Idee stracotte.

Cliché. Descrizioni usurate. Bianco come il latte. Bello come un dio. La bibliotecaria zitella. Da evitare a ogni costo. Spesso la prima cosa che viene in mente è la più banale, quella che sfiora il cliché. Non c’è niente di male in questo! Credo che tutti gli scrittori siano inciampati in qualche cliché nella foga della loro prima stesura. Ma ciò che si fa bisogna farlo bene, e per questo esiste la revisione. Se individuate qualcosa che vi suona troppo familiare, sforzatevi di valutare tutte le alternative possibili prima di accettarlo.

– Grammatica, punteggiatura, struttura delle frasi.

Credo che almeno il novanta per cento degli scrittori detestino queste cose, che pure sono un male necessario, come le tasse e i politici. Una conoscenza non solo teorica ma attiva della struttura delle frasi, della punteggiatura e della grammatica è necessaria. Niente delude il lettore più velocemente di un vocabolario povero, frasi zoppicanti ed errori grammaticali. E l’ortografia? Può capitare nella fretta di lasciare qualche errore di battitura, ma nessun manoscritto dovrebbe essere sottoposto a un editore senza un controllo accurato.

Alcuni scrittori usano la scusa che “le regole sono fatte per essere infrante” per sfuggire alla noia dello studio. Il concetto dell’infrangere le regole è molto dibattuto. Si può? Si dovrebbe? Certo, se si riesce a farlo bene. In caso contrario sarà un disastro. Conclusione: conoscete bene la grammatica e la punteggiatura prima di fare di testa vostra, e accertatevi di avere una buona ragione per farlo.

Per evitare una scrittura piatta, prestate attenzione alla struttura delle frasi. Frasi troppo simili (lunghe ed elaborate, oppure sincopate) possono rovinare l’esperienza del lettore. La buona notizia è che con la pratica diventa sempre più facile variare al momento giusto.

– Idee e personaggi poco sviluppati, vaghezza generalizzata.

Conoscete a fondo la vostra storia. Se l’autore non conosce bene i suoi personaggi oppure è nebuloso su ciò che provano o fanno, si sente. Se l’autore esce di sintonia durante un passaggio, potete essere certi che anche il lettore lo farà. Durante la revisione cercate i punti piatti e date loro vita approfondendo e migliorando le descrizioni.

(fine quinta parte)      

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