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Imparo da Steve Jobs

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A scrivere e – perché no? – anche a vivere.

Cosa imparo da Steve Jobs, e perché? E poi, chi era Steve Jobs, oltre a a essere “quello della Apple”, morto poco tempo fa?

Come abbia fatto lui, che scrittore non è mai stato, né si è mai interessato di cultura in senso stretto, a insegnarmi qualcosa, non è così ovvio; eppure lo ha fatto. Me ne sono resa conto dopo avere letto la biografia Steve Jobs – The man who thought different, di Karen Blumenthal. La mia scelta nasceva dalla curiosità verso il personaggio che aveva pronunciato un fantastico discorso all’Università di Harvard – qualche stralcio sarà arrivato sicuramente anche a voi, volenti o nolenti.

Non avevo aspettative definite, nel senso che sapevo troppo poco di lui per esserne affascinata oppure provare antipatia nei suoi confronti. Proprio questa assenza di aspettative mi ha salvata dalla delusione e mi ha fatto sentire come un privilegio il fatto di averlo conosciuto meglio, nel bene e nel male – perché nella sua vita non ci sono state soltanto luci, ma anche tante ombre, le une potenti quanto le altre.

Alla fine qualcosa del pensiero di Steve Jobs mi è rimasto appiccicato addosso. Ha a che vedere con la vita e quindi anche con la scrittura, perché le due cose non possono essere divise.

Oggi imparo da Steve Jobs

1 – L’importanza della bellezza e dei dettagli

Steve Jobs ha lavorato in un ambito, quello dell’informatica, che mette al primo posto le prestazioni: velocità dei processori, capacità della memoria, accessibilità del software, praticità di utilizzo e così via. Eppure lui è stato per tutta la vita ossessionato dalla bellezza dei prodotti a cui lavorava, che ricercava nelle forme e nei colori, in dettagli spesso talmente minimi (uno spigolo più o meno arrotondato, il retro di un pannello, la sfumatura di un colore) da risultare pressoché invisibili all’utente. Per lui la bellezza poteva cambiare il mondo; era un valore assoluto, che prescindeva dall’impatto pratico e commerciale – talvolta negativo – sul prodotto.

Cosa mi ha insegnato: possiamo studiare le tecniche narrative, imparare a destreggiarci tra cliffhanger e climax, ma quella è solo una parte del lavoro. C’è qualcosa che possiamo imparare solo indirettamente nel corso della nostra vita; qualcosa che è bellezza, è equilibrio, è armonia. Qualcosa che possiamo infiltrare nei nostri scritti anche (e soprattutto) attraverso i dettagli.

2 – Dare spazio a ciò che importa davvero

Un amico disse al giovane Steve Jobs: “Se vivi ogni giorno della tua vita come se fosse l’ultimo, un giorno questo sarà realtà.” Non suona piacevole, ma Steve Jobs si fece accompagnare da questa massima come se sapesse di avere poco tempo a disposizione, e lo fece spesso in modo assurdo e furibondo, combinando disastri per poi recuperare clamorosamente il terreno perduto e raggiungere vette ancora più elevate. Perché? Per passione. Non per opportunismo (si sabotava in ogni modo), né per denaro (che fu solo il risultato finale).

Cosa mi ha insegnato: se siamo convinti che scrivere sia il nostro personale talento, dobbiamo onorarlo senza farci ostacolare dalla pigrizia, dalle critiche o dalla fretta di vedere risultati importanti. Dobbiamo trovargli uno spazio, proteggerlo dagli attacchi, coltivarlo. Come si fa con le cose che si amano.

3 – Sbagliare va bene

Chi non sbaglia, non sta rischiando; chi non rischia, non ha possibilità di riuscire. Steve Jobs ha totalizzato un buon numero di fallimenti nella sua vita, sia sul fronte professionale che su quello della vita privata, ma non si è mai fermato. Da ogni errore ha tratto insegnamento per ricominciare, sempre su quella che considerava la sua strada, con passione e una buona dose di ostinazione, fino a quando non è arrivato in alto; ma senza mai smettere di inciampare e ripartire. Pensate che è riuscito a farsi silurare dalla Apple nel 1985 e a rientrarci da amministratore delegato nel 1997, per la paga simbolica di un dollaro l’anno. Se non si chiama tenacia…

Cosa mi ha insegnato: le carriere perfette non esistono. Quando un autore ha successo, ci sembra che sia spuntato dal nulla e invidiamo la sua fortuna; ma dietro quel successo si nascondono quasi sempre gli sforzi di mezza vita. Alla fine si può soltanto fare un passo alla volta, “connecting the dots”, come diceva Jobs, cioè collegando i puntini che ci si presentano e che alla lunga formeranno un disegno comprensibile. E quando una ciambella riesce senza buco – per parafrasare il detto – la si mette da parte e si inizia a preparare la successiva, senza crucciarsi troppo. La prossima ciambella sarà di certo migliore.

4 – Serve energia

Steve Jobs ha scelto di bruciare nella sua vita, e forse proprio in questo modo si è bruciato. Tutto quello che ha fatto è stato alimentato da un’energia all’apparenza inesauribile e da un’incrollabile fiducia in se stesso.

Cosa mi ha insegnato: essere tiepidi significa correre con il freno a mano tirato. Se non siamo davvero convinti di ciò che facciamo, se non siamo entusiasti, se non siamo disposti a perseguirlo a dispetto di tutto e tutti… beh, forse dovremmo dedicarci ad altro. Sforzi moderati meritano risultati moderati.  

5 – Stay hungry, stay foolish

Restate affamati, restate folli. Questo augurio meraviglioso Steve Jobs non lo ha coniato, ma soltanto adottato dopo averlo trovato sulla rivista The Whole Earth Catalog. Sono quattro parole che possono reggere una vita intera. Steve Jobs ci dice di non perdere mai la voglia di imparare, la curiosità, l’ambizione; di essere in grado di fare scelte azzardate, non convenzionali o che gli altri giudicano assurde. Di essere sempre pronti a rimetterci in gioco.

Cosa mi ha insegnato: assestarsi è la morte. Come scrittori, dobbiamo trovare sempre nuovi spunti di interesse, nuove letture, nuovi generi da tentare, nuovi argomenti da trattare, nuovi stili da sperimentare. Altrimenti diventiamo impiegati della parola.

Imparo da Steve Jobs, recita il titolo. Anche se Steve Jobs non era un profeta, Steve Jobs, e nemmeno un saggio nel senso comune del termine. Era un uomo pieno di difetti, umani e professionali, capace però di trasmettere con straordinaria intensità quella che era la sua visione. I suoi collaboratori lo amavano e lo odiavano; lo vedevano scartare con disprezzo il loro lavoro per poi convincerli a ripartire da zero con obiettivi sull’orlo dell’impossibile. Se ne tornavano a casa pensando di essere dei pazzi a farsi di nuovo coinvolgere nei suoi progetti, quando esistevano cento modi più facili per guadagnarsi da vivere. Eppure quasi tutti restavano con lui. Visto che è riuscito a lasciare in me una traccia anche a distanza, lascio volentieri a lui la conclusione.

Il tempo a vostra disposizione è limitato, non sprecatelo vivendo una vita che va bene per gli altri ma non vi appartiene. Non lasciatevi condizionare, non lasciate che il rumore delle opinioni altrui copra la voce che avete dentro. Ma soprattutto abbiate il coraggio di seguire quello che avete nel cuore, lasciatevi guidare dall’intuito. Non smettete mai di essere affamati, non smettete mai di essere folli.

Avete anche voi qualcuno che con le sue parole o il suo esempio vi offre ispirazione, un punto di riferimento cui tornate nel tempo per recuperare vigore in ciò che fate?

14 commenti

  • Lisa Agosti

    Mi viene sempre la pelle d'oca quando leggo il motto di Steve Jobs. "Stay hungry, stay foolish". Quanta carica in quattro semplici parole. Unire i puntini è ciò che mi auguro mi capiti presto, certi giorni penso alla mia decisione di diventare scrittrice, faccio un bagno di realtà e… mi deprimo. Non sono certo l'unica che ci sta provando, forse sono davvero foolish, ma non in senso buono!!

    • Grazia Gironella

      Forse bisogna liberarsi dall'idea che gli sforzi valgano solo se ci fanno raggiungere l'obiettivo. Forse l'importante è proprio quello che facciamo, non il suo fine. Una cosa molto, molto difficile, soprattutto in una cultura competitiva come la nostra!

    • Simona Postiglione

      E' così Grazia, è più importante il percorso della meta. Il più delle volte siamo così impegnati a raggiungerla, da perdere di vista il valore dello sforzo che si sta facendo ed è un peccato.

  • Lorenzo Brigatti

    Ciao Grazia!

    Dopo la tua visita al mio blog ho fatto un giro qui e ho letto questo splendido post su Steve Jobs! Mi è piaciuta molto la tua comparazione di attività così lontane come la scrittura e la creazione di una colosso informatico.
    Rispondendo alla tua domanda..ho molti modelli, Steve Jobs è solo uno di questi. Mi piace molto leggere le biografie dei grandi (adesso sto leggendo quella di Benjamin Franklin) e rubare qualcosa alle loro esperienze di vita.
    E poi, perchè limitarsi a persone vive o realmente esistite? Alcuni dei miei modelli sono personaggi presi dai manga giapponesi (i fumetti!). Anche se sono creazioni di fantasia, hanno qualità comuni come la costante ricerca di migliorarsi, la grande libertà che possiedono e il senso di comunità e di amicizia che difendono. Tutte queste qualità rappresentano una grande ispirazione per me, e sono uno stimolo per farmi dare il massimo tutti i giorni!

    Crepi al lupo (mi sono dimenticato di rispondere sul tuo commento! :P) e, per scomodare un altro animale..in groppa al riccio! Ti seguirò con piacere d'ora in poi.

    • Grazia Gironella

      Ciao Lorenzo, felice di ritrovarti qui! Il tuo intervento arriva a proposito del "connecting the dots", perché dici cose che riecheggiano molti miei pensieri (la scoperta recente delle biografie come modo per conoscere gli inconoscibili) e gusti (Naruto è uno dei miei eroi, Hitachi di più). Perciò, doppio welcome!
      P.S. Per chi fosse interessato, il blog di Lorenzo è questo: http://pensafuoridallascatola.wordpress.com

    • Lorenzo Brigatti

      Anche tu un'appassionata di Naruto??Non l'avrei mai detto! Da scacchista il mio personaggio preferito della serie è Shikamaru, ma anche Naruto e Sasuke mi piacciono un sacco, nonostante siano i personaggi principali.
      Ti ringrazio della segnalazione e ti prometto che farò un tour più approfondito del tuo blog nei prossimi giorni!

  • Enzo Pallotta

    Io credo un'altra cosa. Forse può apparire eccessivamente buonista, non so. Ma è quello che mi sforzo di perseguire. Io credo che ci sia da apprendere da tutti. Sì, penso che ognuno di noi dà vita a un ideale di vita, una di quelle buone qualità che si desiderano possedere. E, voi scrittori, star lì a registrare ogni cosa.

    • Grazia Gironella

      Hai ragione, Enzo, abbiamo tutti un contributo da dare, unico e speciale. Non solo: se non lo diamo noi, nessuno può farlo al posto nostro. Resta un buco da qualche parte; non so dove, ma resta.

  • Laura Tentolini

    Ciao Grazia,
    post ricco di spunti di riflessione, si vede che la lettura di questo libro ti ha entusiasmato!
    Non ho una figura di riferimento precisa, diciamo che trovo ovunque esempi che mi colpiscono, scelte altrui sulle quali rifletto, stimoli e spunti.
    In particolare ammiro chi riesce a rimanere se stesso contro tutti, chi arriva alla meta, chi è sereno.
    Hai presente la lettera al figlio di Kipling?

    • Grazia Gironella

      Ah sì, bellissima. Io ammiro molto anche chi si dà da fare senza risparmiarsi in assenza di riflettori. Ha ragione Enzo, tutti hanno qualcosa da insegnarci. Nel caso di Steve Jobs la voce è soltanto più sonora.

  • Andrea Di Lauro

    In merito al punto 2, ultimamente ci sto pensando molto…
    E se fosse meglio vivere ogni giorno come se fosse il primo? Tutto sarebbe nuovo e magico, e la pressione della dipartita nemmeno contemplata.

    • Grazia

      Vivere ogni giorno come se fosse unico, può andare? Per alcune farfalle è realtà. Oh, lo rifiniremmo molto, molto bene, quel giorno…

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