Vita da scrittori (e non)

Niente categorie nella letteratura

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Storie di serie A, di serie B? No, grazie.

Il post di oggi è dedicato a qualche riflessione su un argomento che per me si è spesso rivelato fonte di discussioni, non sempre costruttive: l’esistenza di due binari distinti nella letteratura, di cui uno artistico e di qualità, l’altro più povero e rozzo, destinato a lettori poco esigenti.

Ma sì, è la cara, vecchia diatriba sulla letteratura di serie A e di serie B, ovvero tra opere letterarie e opere commerciali, non molto diversa da quella che divide gli apprezzatori della musica colta dai fan della musica pop. Diatribe che credo non perderanno mai di mordente, considerato quanto gli esseri umani gradiscano creare confini e distinzioni per sentirsi un gradino al di sopra dei loro simili.   Stavo appunto rimuginando su questo argomento per l’articolo di oggi, quando per caso mi sono imbattuta in un contributo a sorpresa sul libro che sto leggendo, Enigmatico Giappone di Alan Macfarlane.

Korehira Watanabe, uno degli ultimi forgiatori di spade del Giappone
Korehira Watanabe, uno degli ultimi forgiatori di spade del Giappone

Vi quoto il passaggio:

Prima dell’istituzionalizzazione dell’arte alla fine del XIX secolo… come molte società tribali – in cui anche gli oggetti più umili, non importa se piccole terrecotte, scialli, fiocine o persino zucche vuote usate come contenitori, sono realizzati con cura estrema, al fine di renderli bellissimi – i giapponesi non facevano distinzione tra il fine utilitaristico e l’aspetto estetico. […]

All’altro capo del mondo… gli oggetti di uso immediato erano opera di tecnici o di artigiani, mentre le forme d’arte più elevata, come la pittura, che produceva dipinti bellissimi ma di nessuna utilità pratica, erano appannaggio degli artisti.

Si tratta di una separazione che molti fanno risalire al Rinascimento, l’epoca in cui si creò la distinzione tra artigiano e artista e in cui l’estetica occidentale pose come proprio principio organizzatore fondamentale ‘l’arte per l’arte’.

Ipotesi interessante e ricca di implicazioni pratiche, oltre che teoriche.

Se arte e artigianato si allontanano, anche l’artista e l’artigiano si allontanano. L’individuo speciale baciato dalla Musa non è più equiparabile all’uomo normale che disegna e realizza un mosaico o la gamba di un tavolo, e gli strumenti dell’uno non sono più quelli dell’altro. Dove l’artigiano ha la perizia e l’esperienza, l’artista ha il talento. Dove l’artigiano ha l’impegno e la fatica, l’artista ha l’estro creativo. Nei fatti questo è spesso falso, perché moltissimi artisti lavorano come bravi artigiani; ma nella mentalità comune la distinzione ha attecchito bene. Abbiamo sempre bisogno di miti da ammirare; se non sono all’altezza, poco male.

Mi viene in mente l’avversione di molti aspiranti scrittori nei confronti dello studio, o la fiducia riposta più nell’ispirazione scesa dal cielo che nel lavoro. Grammatica, sintassi, punteggiatura e tecniche narrative sono strumenti da artigiani, non da artisti, e in quanto tali diventano quasi superflui per chi ha più alte ambizioni.

La separazione dell’arte dall’artigianato può avere indotto anche la distinzione tra opere letterarie e commerciali, le cui basi sono però tutt’altro che solide.

Perché un romanzo definito leggero, o commerciale, dovrebbe avere meno valore di un romanzo letterario? È questione di complessità, di stile, di… cosa? Le reazioni che queste opere suscitano nel lettore possono essere diverse, naturalmente. Talvolta un romanzo letterario fa riflettere dove quello commerciale distrae; ma anche così, chi può dire che nella nostra vita le riflessioni siano più necessarie delle distrazioni?

La letteratura di genere è quasi sempre classificata come commerciale. Un fantasy o un giallo non sono letture serie, ma un passatempo per lettori poco qualificati. Tanto per cambiare, mi viene da pensare a Il Signore degli Anelli, io mio libro-mito cui sempre ritorno. Non sarà politically correct dirlo, ma gli eventi della storia, le simbologie e i valori che esprime lo pongono al livello di opere epiche studiate a scuola, al di là dei gusti personali.

Eppure, anche all’interno del suo grande seguito, credo che questo romanzo paghi il prezzo dell’essere non soltanto un’opera di fantasia, come gran parte della narrativa, ma un’opera fantasy, quindi meno seria, meno importante, meno colta. E sì che Tolkien aveva un approccio da studioso vero, non certo da scrittore di bestseller.

Anche la Divina Commedia è un fantasy, legittimato però da pareri autorevoli che le hanno permesso di fare il salto di qualità. (C’è sempre qualcuno che si occupa di operare distinzioni anche per chi si astiene, decidendo se un bel romanzo può essere ricordato oppure è destinato all’oblio, se lo scarabocchio su una tela è, appunto, soltanto uno scarabocchio oppure un’opera immortale dai significati profondissimi.)

La mia visione iper-democratica della letteratura, però, non mi impedisce di vedere come in circolazione si trovino opere valide e opere scarse, a prescindere da generi e categorie. Autori molto osannati per un loro lavoro mantengono i consensi anche dopo avere pubblicato lavori assai peggiori, mentre nuovi autori raggiungono livelli qualitativi interessanti nella più totale indifferenza. È un mondo fatto così, per i tanti motivi che tutti conosciamo. 

Ma se fantasticare non costa nulla, perché non farlo?

Sogno un mondo letterario in cui ai lettori vengano proposti (realmente proposti) tanti autori, e non soltanto quelli già rodati e abbastanza “personaggio” da rendere pepate le interviste.

Sogno un mondo letterario dove l’unica distinzione sia tra opere che riescono a trasmettere bene i loro contenuti a un pubblico che li apprezza, e opere che invece lo fanno in maniera zoppicante e deludente. È una distinzione molto opinabile e terra terra, me ne rendo conto, ma per me questo conta: fare vivere a chi legge una bella esperienza, al di là dei generi e del livello culturale.

Sogno un mondo letterario in cui sia sensato perseguire l’eccellenza senza vederla minata da cento fattori che con la qualità niente hanno a che vedere.

Sogno anche di diventare una scrittrice molto, molto brava (ma non sono certa che si possa dire).     Scrivere è un’operazione curiosa, se ci pensate. Tramite il linguaggio si crea un contatto tra sconosciuti che per convenzione fingono reale una storia inventata. Quel contatto – quando si crea – è delicato e intenso a un tempo. Arriva dove altri mezzi educativi falliscono; stimola la mente, suscita sentimenti e cambia il lettore in modi sottili e imprevedibili.

Chi è in grado di fare questo non è un artigiano o un artista, ma un mago. Anche il lettore è una persona speciale, perché accetta di vivere altre vite e altri mondi quando tanti ritengono che la realtà, becera o meno, sia più che sufficiente. Che importanza ha se la magia nasce da un classico, da un romanzo rosa o da un thriller? È l’intensità del contatto che conta. Per raggiungerla bisogna essere autori bravi. Eccellenti artigiani, prima di tutto.

Per questo apprendo con piacere che in Giappone “la linea di demarcazione tra arte pura e arte applicata rimane tuttora alquanto vaga, tanto che i giapponesi riconoscono ai grandi artisti-artigiani il massimo prestigio definendoli ‘tesori nazionali viventi’, e tra essi si contano semplici vasai, fabbri ferrai che creano spade, fabbricanti di carta, maestri laccatori e calligrafi.

Mi piace questo trionfo della competenza sui concetti vuoti, come mi piacciono gli artigiani che diventano artisti senza nemmeno accorgersi di avere passato una linea di confine. Mi piace anche spingermi una spanna oltre il mio solito orizzonte e vedere confermato che certe categorie mentali sono sovrastrutture tutto sommato inutili.

Ma parliamo di sogni. Voi, cosa sognate? Mirate pure alto, non porta sfortuna!

17 commenti

  • Cristina M. Cavaliere

    Il senso artistico è sempre stato sviluppato da che mondo è mondo. Ho visto manufatti preistorici decorati con gusto, senso della simmetria e del colore. Perché gli uomini di quell’epoca avrebbero dovuto farlo? In fondo, una volta ottenuta la loro ciotola, avrebbero dovuto essere soddisfatti perché l’oggetto era pienamente funzionale così com’era. Eppure, alla faccia di chi s’accontenta dell’arida produzione e smercio, la ricerca del bello è intrinseca all’essere umano: è come una nostalgia. Che cosa sogno? Forse un popolo di lettori meno asservito alle classifiche dominanti, meno trainato dalle facce che costantemente appaiono in televisione, dalle interminabili carrellate pubblicitarie o dalle recensioni elogiative di libri abominevoli. E, naturalmente, di avere tempo ed energia sufficienti per dare vita al mio ciclo di romanzi, stile Balzac!

    • Grazia Gironella

      Grande sogno e grande progetto! Aggiungerei ai tuoi auspici sul popolo dei lettori la speranza che… nasca un popolo simile anche in Italia. Mi piacerebbe vedere la gente che legge in autobus, nelle sale d'attesa, mentre è in fila all'ufficio postale. In Germania ho visto in un bar una coppia di mezza età seduta a un tavolino, ognuno davanti alla sua birra, ognuno impegnato a leggere un libro. Magari non sembra il ritratto dell'intimità, però, però…

  • SamB.

    Post bello corposo! E che tratta, tra l'altro, di uno dei temi che, di solito, mi fanno vedere rosso, ovvero: la sterile distinzione tra romanzo di genere e romanzo mainstream.
    Una distinzione che gli scrittori di mainstream basano sul vissuto reale e, in particolare, sul loro. Come a dire che se scrivi 500 pagine di paranoie sulla solitudine dell'anima di un postino di periferia, attingendo alla tua esperienza o a quella di tuo cugino di quinto grado, fai alta letteratura. Se scrivi della ghettizzazione di una xenorazza di donne insetto in una società umana violenta e criminale ambientata in un mondo inventato… stai scrivendo frivolezze buone per adolescenti e adulti antisociali che non hanno alcun contatto con la realtà.
    Quello che frega la letteratura di genere, a dispetto dell'ottima scrittura e inventiva di moltissimi autori del Fantastico, è l'ambientazione: viene usata a mo' barricata e si ignora in modo troppo ostentato, perché non puzzi di disonestà, il nocciolo fondamentale della 'questione' – e cioè che letteratura di genere e maistream parlano delle stesse cose.

    Perciò cosa sogno?
    Che questa discriminazione venga abbattuta una volta per tutte.
    Sogno che il Nobel per la Letteratura lo vinca un romanzo di genere.
    Ma mi accontenterei anche di meno: vedere le CE pubblicare del buon Fantastico, mentre le porcate che oggi foderano gli scaffali vorrei vederle rilegate a piccole realtà destinate a fallire e chiudere, soffocate come lo sono oggi quelle medio/piccole realtà editoriali meritevoli e che soccombono.

    • Grazia Gironella

      Vedere le CE pubblicare del buon fantastico, già. Non è affatto scontato, perché molti sembrano interessati a pubblicare anche delle schifezze, purché l'autore sia straniero. Comunque trovo sempre strano e un po' inquietante il fatto che una fetta così consistente di adulti provi una vera e propria avversione per il fantastico (perché è così, chi non ama il fantastico di solito lo detesta). Qual'è il momento preciso in cui, dopo avere fantasticato come tutti i santi bambini di questo mondo, decidiamo che l'unico mondo interessante e possibile sia quello reale, e che bastino due orecchie a punta o un abito anomalo a non farci riconoscere nei valori di una storia? Me lo domando davvero.

  • Chiara

    Anche se forse il mio commento può risultare leggermente off-topic, mi sorge una riflessione. Io sono una fan abbastanza sfegatata di un cartone animato giapponese di cui ho visto tutte le puntate: One Piece. In Italia, è smerciato come un prodotto per ragazzini. La versione originale, senza censura, contiene a mio avviso degli spunti filosofici molto interessanti, numerosi richiami alla storia ed all’attualità, nonché incredibili citazioni letterarie. Eppure quando la gente sa che lo guardo, la considera una cosa molto infantile. Io tra l’altro non amo il fantasy: non ho mai letto nemmeno Il Signore degli Anelli perché è un genere che mi annoia un po’. Mi piacciono le storie realistiche e concrete. Ed amo molto anche i gialli, anch’essi screditati, che mi stanno aiutando moltissimo soprattutto per quanto concerne gli incastri e la costruzione della trama: leggerne molti, aiuta notevolmente noi scrittori. Esistono romanzi, in tale frangente, che sono estremamente sofisticati ed in grado di fornire al lettore una fotografia della realtà sociale che altrove è molto difficile da trovare. Il mio sogno? Finire il romanzo, a prescindere dall’etichetta che in seguito gli sarà attribuita!

    • Grazia Gironella

      In realtà non sei affatto off-topic, Chiara. Anche quello che citi tu è un esempio di come esista una tendenza a dividere in categorie per accettare o rifiutare le cose. A che scopo, però, se non quello di farci sentire parte del gruppo di chi la pensa come noi e in qualche modo contrapposto agli altri? Si possono avere gusti diversi anche senza erigere muri che poi creano piccoli grandi danni. Certo che anche un giallo può essere una lettura grandiosa; anzi, ne consiglieresti qualcuno a un'ignorante curiosa (domanda rivolta anche agli altri amici del blog)? Intanto in bocca al lupo per il romanzo.
      P.S.: Io sono una fan di Naruto, forse già lo sai.
      P.S. 2: Scusa, una domanda tecnica: il blog mi riporta nei commenti un tuo post in cui dici di avere acquistato "Per scrivere bisogna sporcarsi le mani", ma non mi dice dove si trova, né me lo fa leggere per intero. Puoi dirmi dove lo hai postato? Non mi è mai capitato prima di trovare un frammento di post che galleggia nel nulla.

    • Chiara

      Ciao Grazia, sai che anche io mi sono “persa” il mio commento? Mi sembra di averlo postato sotto l’articolo dedicato al personaggio, il penultimo cronologicamente parlano. Lo cercavo per vedere se tu avessi risposto, ma era scomparso. (a proposito: esiste un sistema di notifiche che mi avverta se qualcuno ha riscontrato un mio commento?) Per quel che riguarda i gialli, io sono una fan sfegatata di Gianni Biondillo, autore milanese che descrive con piglio ironico il tessuto sociale di Milano, città in cui ho abitato per dodici anni. Adesso sto leggendo Massimo Cassani (sempre milanese): ho gradito molto “Zona franca”, che è uscito da poco. Dopo aver scoperto che è il terzo di una serie, ho acquistato gli altri due. Il primo l'ho già e lo sto finendo. Il secondo dovrebbe arrivarmi oggi, insieme al tuo. Sono poi una fan della Lackberg, autrice svedese, anche se “La Sirena”, edito un mesetto fa, è sottotono rispetto agli altri!
      P.S. Non ho mai visto Naruto, perchè è ad un orario impossibile per me, ma mio marito lo guarda, insieme a Dragonball

    • Grazia Gironella

      Grazie mille per i consigli. Non ho capito bene che tipo di notifica intendi, ma temo che non saprei risponderti comunque, perché sto imparando da poco a usare blogger.
      P.S. Pensare a due coniugi amanti degli anime mi mette allegria!

    • Chiara

      Sul blog Penna Blu arrivano delle email quando qualcuno risponde ai commenti Non ho idea, però, di come si crei questa impostazione…

  • Grazia Gironella

    Vedo positivamente qualunque stratagemma onesto che aiuti a vendere un buon prodotto. Le difficoltà a farsi conoscere sono tali e tante che sedersi ad aspettare i risultati, anche di un testo valido, è poco diverso dal gettare la spugna. Però quel brivido… eh no, quel brivido non deve mancare, o possiamo andare tutti a fare i salumieri, o i postini.

    • Chiara

      Non metto in dubbio che la promozione sia fondamentale ma, per tornare al discorso di Benjamin sulla "perdita dell'aura", un'eccessiva commercializzazione mescolata a tanti personaggiucoli (magari dello spettacolo) che si inventano scrittori un po' gettano polvere su quel brivido che invade chi scrittore lo è nel dna.

  • Andrea Di Lauro

    Enigmatico giapponese, me lo ero segnato anni fa… e mi sono scordato pure di averlo fatto.
    Com'è la lettura? Vale la pena riscriverlo sul mio quadernetto dei libri da comprare?

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