In narrativa tutto deve servire
Meglio se due volte.
Avete presente il coltellino svizzero, quello rosso, con una piccola croce bianca sull’impugnatura, che contiene in pochi centimetri cubi di spazio una quantità incredibile di utensili: pinze, limetta, ago, cavatappi, cacciavite, seghetto…
No, non vi tengo qui dieci minuti per una promozione di questo articolo, nel suo piccolo molto interessante. È che ultimamente mi sono trovata sempre più spesso a scrivere usando come riferimento l’idea vincente alla base di questo coltellino, immortalata nell’aggettivo che lo accompagna: multiuso.
Se oltre a scrivere ci siamo fatti venire in mente di studiare come farlo, abbiamo incontrato alcuni concetti di base, spesso ripetuti e reinterpretati dai singoli autori in modo da renderli più assimilabili e meno noiosi. Non è solo un modo per riproporre la stessa pietanza senza che qualche lettore inizi il lancio delle uova: perché i principi tanto strombazzati dai maestri di scrittura creativa ci siano utili, devono passare sottopelle, diventare nostri al punto da sentirli come frutto dell’istinto e non del ragionamento.
Ma dopo avere vivisezionato la scrittura per studiarne gli elementi fondamentali, è il momento di ricombinare i pezzi per crearci qualche punto di riferimento personale. Uno di questi punti di riferimento, per me, è che tutto in narrativa deve servire almeno a due scopi. Se gli scopi sono tre, ancora meglio.
Per completezza ricapitolo le principali funzioni che ogni elemento della storia può svolgere, confidando che mi segnalerete eventuali mancanze:
– fare avanzare la trama
– approfondire la conoscenza di un personaggio principale
– evidenziare i conflitti in atto
– incrementare la tensione
– creare una particolare atmosfera
– introdurre indizi su un evento a venire
– modificare il ritmo della narrazione
– creare contrasto con la scena precedente/seguente
– chiarire il contesto
– introdurre nuovi personaggi/elementi necessari alla storia
Ora torniamo al nostro coltellino multiuso, e proviamo a usarlo sulle scene.
Perché una scena abbia il diritto di occupare il suo spazio, deve essere importante per lo svolgersi della storia, al punto che la sua eliminazione creerebbe un vero buco da colmare. Ma cosa succede se non ci accontentiamo di dare alla nostra scena una sola funzione e ci poniamo come obiettivo di farne coesistere due o tre? Otteniamo un valore aggiunto, ecco cosa.
Ho scoperto l’acqua calda? Lo so che quasi sempre le scene svolgono più di una funzione, anche senza una nostra intenzione cosciente. A volte però la valutazione è più complicata.
Un esempio: durante la revisione ci troviamo di fronte a una scena davvero speciale, di quelle tanto ben scritte da farci dire che abbiamo dato il nostro meglio come scrittori. Di funzioni, però, ne svolge una soltanto – per esempio mostrare un lato inedito del protagonista. La leggiamo, la rileggiamo, e non riusciamo a trovarci altri motivi di interesse. Non succede niente di degno di nota, non si crea una particolare atmosfera, non c’è un’ambientazione inusuale… però è una delizia vedere il nostro Arturo, di solito così gelido e compassato, sciogliersi di dolcezza verso il gattino infreddolito che ha trovato per strada. Insomma, questa scena ci piace, e comunque fa il suo lavoro, no? Di sicuro non rientra nella categoria dei “darlings” che i maestri ci consigliano fin troppo spesso di assassinare.
Ma non possiamo essere sicuri che ad altri occhi la scena sembri così eccezionale. In fondo è tutto una questione di gusti. Se alla prova dei fatti l’unico punto di forza della scena… perdesse forza?
La soluzione è nella multifunzione! (Ah, qui ci starebbe quasi un “tweet this”…)
Che ci vuole ad aggiungere qualche ingrediente alla nostra scena per darle un’efficacia indiscutibile? Siamo scrittori, che diamine! Cambiamo l’ambientazione. Arturo non deve per forza trovare il gattino davanti a casa sua. Magari ha perso l’ultima corsa del metrò e sta attraversando una zona malfamata a piedi, quando sente miagolare vicino a un cassonetto. O forse trova da dire con il fruttivendolo che ha appena dato un calcio al gattino perché ha sporcato sul marciapiedi davanti al negozio. Oppure mentre cerca di riparare il gattino sotto il giaccone gli suona il cellulare e scopre che è successo un imprevisto che gli cambierà la vita…
Non c’è bisogno di una fantasia particolarmente fervida per elaborare una decina di modifiche utili allo scopo. Una volta resa la scena multifunzione, potremo confidare che anche un lettore dai gusti diversi dai nostri ci trovi abbastanza materiale da sentirsi non solo soddisfatto, ma anche spinto a proseguire nella lettura. Abbiamo raggiunto un punto di maggiore sicurezza.
Lo stesso discorso può valere per i dialoghi, per le ambientazioni, per la scelta di un prologo o la pianificazione della trama. Quasi tutto può essere valorizzato in questo modo. Lo scambio di battute mi serve per trasmettere informazioni al lettore. Se lo facessi avvenire in un luogo meno banale? Il prologo spiega il contesto in cui si svolgerà la storia. E se inserissi un elemento per incuriosire il lettore? Credo di avere reso l’idea.
Soprattutto trovo importante il cambiamento di approccio. Diventare più esigenti e imparare a chiedere agli elementi della narrazione il meglio che ci possono dare mi sembra un passo importante nella nostra evoluzione di scrittori. Sottolineo “il meglio”, non “il massimo”, termine che potrebbe far pensare a un problema di quantità. Non è affatto detto che al massimo delle funzioni svolte corrisponda il massimo della riuscita. L’importante è non accontentarsi troppo facilmente. Al resto penseranno la nostra sensibilità e il nostro buonsenso.
E voi, cosa ne pensate? Capita anche a voi di trovarvi ad aggiungere un ingrediente qua e uno là, come streghe davanti al calderone?
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.
21 commenti
Chiara Solerio
Questo post capita a fagiolo: proprio ieri mi è capitato di dover riflettere su una questione del genere, mentre rileggevo il lavoro svolto nel weekend.
Il problema con cui mi sono scontrata, era fondamentalmente questo: i capitoli precedenti erano piuttosto intensi in quanto facevano da preludio ad un evento piuttosto importante. Poi questo evento è avvenuto, ed ora il protagonista deve focalizzare la sua nuova situazione analizzando alcune questioni pratiche. Fin qui, sembra tutto facile. è infatti normale che, fra una scena e l'altra, ci siano dei capitoli di narrazione pura… però … una palla paurosa!
Però non potevo tagliare completamente quelle pagine, in quanto veicolavano determinate informazioni e mi servivano da raccordo fra l'evento importante ed una decisione altrettanto importante. C'erano dei passi importanti da compiere e non potevo evitare di narrarli, altrimenti il lettore si sarebbe sentito un po' spaesato. Per arrivare da X a Y, occorreva fare delle tappe intermedie.
Ma perché limitarmi a narrare dei fatti? Non sarebbe stato molto meglio aggiungere al tutto un'implicazione emotiva più forte? In questo modo, avrei creato maggior dinamismo e concesso al lettore, oltre che di ricevere le informazioni necessarie per comprendere la storia, di conoscere un po' meglio il personaggio o, più che altro, di conoscerlo in modo diverso.
Sai cosa mi piace dei tuoi post? Il fatto che tu riesca a portare consapevolezza su tecniche che, quando si ha esperienza, sono molto facili da applicare ma all'inizio richiedono una certa attenzione. è la classica distinzione fra "competenza consapevole" e "competenza inconsapevole" a sancire la differenza fra un dilettante ed un professionista.
Grazia Gironella
La sincronicità è sempre al lavoro! Sono contenta che ti piaccia questo aspetto dei miei post, perché corrisponde un po' a quello che provo, cioè il piacere di sentire che le parole vuote diventano esperienza. E' uno dei premi migliori riservati a chi scrive per anni, secondo me, a prescindere dagli esiti pratici.
Sam
[L'idea della scrittura come coltellino svizzero mi piace da matti! Come quella dell'essere una scribacchina/strega ^^]
Raramente lascio che una scena resti così come l'ho scritta. In genere resisto un mese o due senza toccare niente, poi parto con la revisione e lì mi capita spessissimo di rivoluzionarle (quasi) completamente. A parte rari casi in cui non riesco a capire cosa non vada e getto la spugna – con la promessa di tornarci su durante la seconda revisione, a mente fresca e avendo un quadro più completo della storia.
Qualche volta, comunque, capita che modifichi una scena mentre sono ancora in stesura: può succedere che il risultato mi piaccia e che la cosa finisca lì; ma di solito il cambiamento getta una luce nuova che mi porta a prendere un percorso leggermente differente, che mi convince di più, perché mi svela nuovi dettagli sui miei personaggi.
Grazia Gironella
Io sono anche una cuoca-strega… La sensazione che nella scena qualcosa non vada, ma non si riesce a capire cosa, è detestabile. L'intuito te lo dice, ma non riuscendo a trovare il bandolo finisce che passi la palla all'emisfero razionale. "Guardaci un po' tu. E' poi così male?" E lui, fetente, ti presenta due o tre motivi per cui la scena sembra fare acqua, ma in realtà va bene così com'è. E' incredibile quanto la ragione possa portare fuori strada! (Magari succede soltanto a me.)
Sam
Troll brain :-|
Verissimo, succede anche a me. E se vado dietro ai suggerimenti fraudolenti di quel fetente dell'emisfero razionale, cercare di rimediare quando mi accorgo d'essere stata fregata è una missione impossibile.
Francesca
Un post straordinariamente utile, grazie!
La multifunzionalità, come la multisignificanza, è una caratteristica basilare dell’arte.
Immagino che la funzione “collegare a una scena che si è svolta in precedenza” (non quella subito precedente) sia compresa in “chiarire il contesto”.
Infine: ritengo che la questione da te esposta sia ancora più improtante per il racconto rispetto al romanzo.
Grazia Gironella
Alla multifunzionalità rispetto al racconto non avevo pensato, ma hai ragione: spazio ridotto, elementi concentrati. Grazie del suggerimento sulla funzione. Sì, credo che possa rientrare nei chiarimenti sul contesto.
Cristina M. Cavaliere
Bella l'immagine del coltellino multifunzione, anche se all'inizio avevo pensato che l'avresti utilizzato per fare esempi più truculenti… Forse sto leggendo troppi gialli.
Penso comunque che si possa parlare anche di ricchezza di una scena, oltre che del suo valore di intersezione con altre scene nel romanzo.
Volevo aggiungere anche che una scena non solo può essere inutile o fine a se stessa, ma proprio contenere un errore talmente grave che occorre tagliarla in toto. A me è capitato di recente con una scena venuta bene: è stata la classica tegola sulla testa.
Grazia Gironella
Ogni tanto pesco anch'io qualche svarione terribile. Non mi è mai capitato che mi toccasse tagliare un'intera scena, ma certe volte così è anche peggio, perché sono sempre tentata di fare ritocchi qua e là, senza riuscire ad andare oltre un mediocre rattoppo.
Cristina M. Cavaliere
Come sai ho il vincolo della storicità, per quel motivo ho dovuto tagliare una scena intera. Però c'è da dire che metto le scene tagliate in una specie di deposito: non si sa mai che un domani non ne scaturisca un racconto a se stante oppure che non venga riciclata altrove! Non si butta via niente…
Grazia Gironella
Anch'io ho un serbatoio per le parti tagliate, che mi serve soprattutto a distaccarmi senza patemi da quello che non funziona, perché alla fine lo elimino. Però hai ragione, qualcosa potrebbe servire anche successivamente, per altri lavori. Buona idea.
Tenar
Il coltellino multiuso calza a pennello!
Io scaletto sempre prima, per cui le scene del tutto inutili sono rare. Ho però il problema opposto. "Nella scena deve succedere X". Ok, X succede. Però che barba, che noia, che noia e che barba! E allora scatta il contellino svizzero. Mentre succede X il personaggio Y mostra questo, entra Z che pronuncia quella battuta che avevo nel cuore e magari X può succedere anche in una location un po' più carina…
Grazia Gironella
Eh sì, non sempre quello che si ha in mente suona bene sulla pagina. E infatti prima si pianifica, poi si passa il tempo a modificare la pianificazione. Logica inappuntabile!
Carlo Armanni
Io aggiungerei anche il multitasking,
in quanto per proseguire nella gestione le funzioni che hai elencato e per permettere fusioni armonizzate tra loro, è necessario un poderoso lavoro di supervisione e controllo!
Grazia Gironella
Benvenuto! In effetti può sembrare che si debba essere bionici per scrivere, ma credo che sia soprattutto una questione di esperienza. Scrivendo non si parte quasi mai da zero sensibilità e zero capacità, se non altro perché di solito chi scrive legge tanto, perciò poi si aggiunge attenzione a un elemento per volta, non a tutto l'insieme in un colpo solo.
Giordana Gradara
Di solito m'interrogo sempre sulle varie utilità delle scene nei libri che leggo. Trovo molto più difficile, però, riuscire a essere obiettiva con quelli che scrivo direttamente io. In genere la multifunzionalità di una scena è innata, ma comunque la riscrittura aiuta sempre ad aggiungere strati preziosi.
Grazia Gironella
Per fortuna di solito le scene nascono già dotate di più di un ingrediente. Se si dovesse scrivere montando i vari elementi come se fossero mattoncini Lego sarebbe una tortura!
Salvatore
Ciao Grazia, scusami se ti leggo in ritardo, ma sono in trasferta. Per il link non c'è problema. Tornando al post, come sai io scrivo in modo istintivo, di getto. Raramente mi sono soffermato a valutare la funzione di una scena. Ultimamente, con il romanzo breve su cui sto lavorando, ho deciso di fare il contrario: prima progettazione e poi scrittura. In questo senso trovo il tuo post molto utile. Terrò in grande considerazione quell'elenco che, così netto e conciso, racchiude tutta la tecnica della scrittura di un romanzo.
Grazia Gironella
Sono curiosa di sapere come ti troverai con i tuoi cambiamenti di metodo. Io con la preparazione prima, la corsa in scioltezza durante e la revisione tosta dopo, mi trovo davvero bene; ma non siamo tutti uguali. Già che tu sia disposto a sperimentare è importante e per niente ovvio. Molti sono convinti che si debba andare solo a istinto (forse avranno un istinto più affidabile del mio!).
Lisa Agosti
Mi piace questa idea del coltellino svizzero, me la terrò a mente e credo mi sarà molto utile in fase di revisione del mio romanzo perché mi sembra che la prima stesura stia uscendo piuttosto… scheletrica. Nonostante mi sforzi di inserire ingredienti non credo abbia quella pienezza di dettagli e sensazioni che un bel libro di solito contiene. Grazie per la bella metafora facile da ricordare!
Grazia Gironella
L'importante è che per il coltellino non ti vengano in mente usi più truculenti… sai, può succedere, scrivendo…