Letture,  Maestri

25 consigli da Chuck Wendig

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Come vi avevo preannunciato qualche giorno fa, eccomi qui con un articolo ispirato al libro di Chuck Wendig The Kick-Ass Writer. Ora, cos’ha di speciale questo libro tra i tanti sulla scrittura?

Chuck Wendig ha una voce originale e vivace, che alla lunga può stancare (e lo fa), ma presa a piccole dosi trovo corroborante. Anche se non ho apprezzato molto la struttura frammentata del libro, leggendo mi sono imbattuta in verità forse non originali, ma ugualmente importanti. Per questo, nonostante l’autore dedichi ben due facciate a dissuadere il lettore dall’assorbire acriticamente le sue “regole”, io le adotto e ve le racconto.

Prima, però, vorrei spiegarvi come nasce questo post.

Acquistando il libro di Wendig non cercavo la Bibbia dello scrittore. È stato quel “kick-ass” nel titolo ad attirare la mia attenzione, perché proprio di questo sento il bisogno: un bel calcio che mi faccia uscire dallo sgradevole misto di inerzia e pessimismo che si instaura quando smetto di scrivere con costanza. Basta qualche settimana di pausa, anche dettata da esigenze pratiche, per riaccendere i dubbi che mi fanno domandare: continuerò a scrivere? Per quanto tempo? Boia chi molla  

Questo dovrebbe essere il motto dello scrittore, con buona pace della Musa, che di sicuro predilige toni più elevati. Più passa il tempo e più sono convinta che la principale dote dello scrittore sia la tenacia. Puoi essere bravo, darti da fare nell’autopromozione, conoscere le tecniche narrative e il mondo editoriale, ma tutto questo non è niente in confronto alla resistenza contro il nulla che minaccia di inghiottire la voglia di scrivere.

Chuck Wendig - copertina di The Kick-Ass Writer

Lo so, ci vorrebbe un po’ di leggerezza (Moz e Luz, ci siete?), ma non sempre è facile trovarla. Per chi vacilla, spesso l’alternativa allo smettere di scrivere è procedere a testa bassa come arieti da guerra contro dubbi, insicurezze, fallimenti e passi falsi. Tenere duro, puro e semplice. Quando è danza, si balla. Quando è guerra, si combatte. Con nobile grazia o a denti stretti, a seconda del caso.

Credo che sia in parte questo disagio a ispirare alcuni articoli comparsi di recente (correggetemi se sbaglio, amici blogger): Maria Teresa Steri con Scrittore, ce la farai a raggiungere il mare?; Sandra Faè con la sua serie di post Cosa posso ancora chiedere alla mia scrittura; Marco Freccero con Se dico che scrivo per soldi, mi si nota di più?; Salvatore Anfuso con Vita da scrittori.   La domanda di fondo è sempre la stessa: dove posso arrivare con la scrittura?

Non esiste risposta, e questo è quanto. Perciò arrivano a proposito le 25 cose che dovresti sapere sull’essere scrittore, vale a dire altrettanti consigli di Chuck Wendig. I titoli sono suoi, mentre il riassunto che segue è mio, purificato per rispettare chi è disturbato dal turpiloquio (non è il mio caso). Tenetevi forte, la lista è lunga!

1 – Fai parte di una moltitudine.
Il fatto che esistano tanti aspiranti scrittori è positivo e negativo al tempo stesso, perché se da un lato sei parte di una comunità, dall’altro non puoi essere la star della situazione, e la competizione è terribile.
(Qui ci sarebbe una deliziosa metafora in cui l’affollamento viene paragonato a un groviglio pubico mai districato. Giusto per darvi un’idea dello stile di Wendig.)

2 – Includi le basi nel divertimento.
Molti scrittori pensano di poter ignorare i fondamenti della lingua e uscirsene sul mercato a mietere successi. Non si può. Grammatica, sintassi, ortografia e punteggiatura sono le basi su cui costruire il resto.

3 – La competenza vale più del talento.
Alcuni autori nascono con la capacità innata di raccontare storie meravigliose, ma sono un’esigua minoranza. La buona notizia è che anche il talento muore senza la competenza ottenuta scrivendo, leggendo e vivendo una vita degna di essere raccontata. Non devi mai smettere di imparare, immagazzinare e migliorare.

4 – Non interessa a nessuno dove hai studiato scrittura creativa.
Nessuno verrà a chiederti dove hai studiato e quali sono i titoli accademici che ti permettono di scrivere. Importa solo come scrivi.

5 – Parlando di fortuna.
Spiacente, ma la fortuna conta! Però puoi favorirla. Non verrai colpito da un fulmine se non ti sei almeno avventurato all’aperto.

6 – È un processo lento.
Nessuno diventa scrittore in una notte. Le celebrità possono nascere in una notte. Gli scrittori sono fatti – forgiati, in realtà – in una fornace di pazzia e insicurezze nel corso di molte, molte lune.

7 – Nessuno intralcia la tua strada.
Il tuo viaggio di scrittore è unico. Non esistono due persone che possano raccontare la stessa identica storia.

8 – Scrivere sembra magico, ma non lo è.
Non attribuire alla scrittura troppo potere. Il mago controlla la magia, non viceversa. Metti da parte i concetti elevati e abbraccia l’ottica dell’artigiano.

9 – La narrativa è una cosa seria.
Trattala con rispetto e con un pizzico di riverenza. Grazie alle storie le persone provano sentimenti, cambiano idee. Le storie cambiano il mondo.

10 – Ciò che scrivi avrà il valore che gli attribuisci.
Non lavorare senza compenso.

11 – Sei il peggiore nemico di te stesso.
Se non ce la fai, è solo colpa tua. Sei tu che devi incollare il c**o alla sedia.

12 – La tua voce è tua.
Continua a scrivere e la tua voce emergerà. Servirà tempo, ma succederà.

13 – Sviluppa la scorza.
La vita dello scrittore è dura. L’editing può essere difficile da accettare, i rifiuti peggio. C’è chi non rispetta il tuo lavoro e chi lo ignora. Ti devi corazzare.

14 – Le pietre si lucidano agitandole.
La vita dello scrittore deve essere dura. L’editing è buono, i rifiuti anche. Cerca il confronto e le critiche.

15 – Comportati da str***o e sarai trattato da str***o.
Se ti comporti da str***o con gli editori, gli agenti e gli altri scrittori, loro ti tratteranno allo stesso modo. I lettori faranno di peggio: ti ignoreranno. (N.d.R. Esiste un modo educato di tradurre “asshole”? Io non l’ho trovato.)

16 – Scrivere non è soltanto scrivere.
Ci piacerebbe che lo fosse, ma lo scrittore deve essere anche editor, blogger, venditore, oratore, contabile, pensatore, lettore e molte altre cose.

17 – Hai un mondo di persone intorno.
Le persone non sono sgabelli. Rapportati con loro in quanto esseri umani, senza usarle.

18 – La cosa peggiore che può succedere alla tua storia è di essere noiosa.
Hai tutte le parole del mondo a disposizione, possibile che tu non sappia fare di meglio?

19 – La seconda cosa peggiore che può succedere alla tua storia è mancare di chiarezza.
La chiarezza è regina. Dì quello che devi dire.

20 – Scrivere ha a che vedere con le parole, raccontare ha a che vedere con la vita.
Gli aspetti tecnici sono l’ossatura, ma la vita è la carne che ci metti intorno.

21 – Alla fine si aggiusta tutto.
Non c’è niente che non si possa correggere con la revisione, ma devi anche sapere quando smettere di correggere.

22 – Smetti di mollare.
È troppo facile iniziare un lavoro e non finirlo. Se vuoi staccarti dal 90% degli altri scrittori, finisci quello che stai scrivendo.

23 – Non esistono cattivi consigli di scrittura.
Esistono solo consigli che funzionano o non funzionano per te. Impara a distinguerli.

24 – Nessuno ci capisce niente.
Tutti dicono la loro, ma in realtà tirano a indovinare. Devi capire quanto valore dare a ciò che ti viene detto.

25 – Speranza e amore ti salveranno.
Alla fine della giornata, a farti superare tutte le difficoltà saranno la speranza e l’amore. Devi essere positivo. Scrivere è un grande lavoro, ma deve anche essere un grande divertimento, sennò che senso ha?

Chiudo in fretta per non rubarvi altro tempo. Wendig fa un bel quadretto della realtà che lo scrittore si trova ad affrontare, non trovate? Nella foga dello “yes, we can”, fa bene anche ricordare che scrivere non è proprio un mestiere qualunque.

E voi, riuscite sempre a scrivere con leggerezza oppure siete assaliti dai dubbi? Come ve la cavate?

P.S. Questa settimana Gloria Vanni è tanto gentile da ospitare sul suo blog Less is Sexy un mio articolo su… l’onnipotenza della mucca. Se vi piacciono le mucche, non potete perdervelo! In caso contrario, forse leggere il mio articolo vi farà cambiare idea…

l'onnipotenza della mucca

40 commenti

  • Marina

    Diciamo sempre che scriviamo per passione, perché siamo nati con la penna in mano, perché ci realizziamo scrivendo, tutto vero, tutto bello, ma non calcoliamo che da "scrittori" abbiamo delle responsabilità, delle tappe obbligate da attraversare, delle strade in salita da percorrere. Il processo lento in cui ci formiamo (punto 6) è una verità incontestabile, come lo è l'ottica dell'artigiano del punto 8. Sottoscrivo il punto 11, con un' auto-inimicizia che tante volte frena la mia verve. Scrivere è impegno, certo, energia, ma dici bene, dev'essere soprattutto un divertimento: deve portare benessere, non stress!
    E adesso, vado a farmi una cultura sulle mucche, spostandomi nel blog di Gloria Vanni!

    • Grazia Gironella

      E' proprio vero: i lati problematici della scrittura ci colpiscono come se fossero tranelli della sorte, mentre dovremmo sapere, anzi, sappiamo fin dall'inizio che le difficoltà esistono e fanno parte del gioco. A pensarci sembra accettabile, ma alla prova dei fatti fa male…
      (La mia mucca ringrazia! :))

  • Tenar

    Questi 25 punti mi piacciono molto. Io sono cocciuta, testarda e tenace e mi sembra che in questi punti ci sia l'idea che tali caratteristiche possano rivelarsi utili in scrittura! E non c'è niente di più gratificante di dare ragione a chi ti dà ragione.

    • Grazia Gironella

      E anche sentirsi con l'atteggiamento giusto, ogni tanto! Se non ci apprezziamo noi, è più difficile che ci apprezzino gli altri. Io credo di essere cocciuta, ma il punto 5 (la fortuna) mi turba molto. Mi dà la sensazione che non solo potrei non riuscire, ma potrei anche non arrivare mai nella situazione di mettermi alla prova davvero. Con questo intendo essere presa in considerazione da un editore importante, che mi proponga davvero al pubblico, in modo che io possa scoprire quanto piace ciò che scrivo e se sono in grado di scrivere non solo una buona storia, ma tante buone storie. Il mio miraggio, ultimamente, è questo, e la fortuna… eh, quella mi scombina le speranze.

  • Daniele

    Mi piacciono queste regole di scrittura, se vogliamo chiamarle così. Le appoggio tutte. I dubbi ci sono e fanno parte di me, dubito che se ne andranno. Ecco un altro dubbio

  • Anonimo

    Bellissimo elenco molto suggestivo grazie me lo sono proprio gustata. Ma sapere che ti ho causato un disagio mi fa male. In ogni caso la tenacia è la prima regola, come ho letto da qualche parte: il talento è per la letteratura, la tenacia per affrontare l'editoria. E' così, e sì anche la fortuna ha il suo peso, purtroppo. E sì l'importante è divertirsi, stare bene con la propria scrittura, metabolizzare i rifiuti e capire perchè sono arrivati. Ti devo un caffè, anzi meglio uno spritz. Bacione Sandra

    • Grazia Gironella

      Prenderei volentieri uno spritz con te, ma non me lo devi! Intendevo il disagio che proviamo un po' tutti noi che scriviamo quando i risultati del nostro scrivere non ci soddisfano (ed è facile che sia così). Mi sembrava che il tuo fare il punto su cosa chiedere alla tua scrittura nascesse in parte dallo stesso bisogno di non farsi abbattere dalle difficoltà.

    • Anonimo

      Nasceva da varie esigenze, certo anche quella di non farsi abbattere e mi è stato davvero molto utile, come ho scritto nelle conclusioni. Sul discorso fortuna che fai con Tenar qui sopra ahimè è vero ed è ancora più tristemente vero per altri aspetti della vita, prendi le malattie. Sandra

    • Grazia Gironella

      Certo è sempre meglio inquadrare i problemi in un'ottica più vasta. Esistono cose più gravi di una mancata pubblicazione.

  • Salvatore

    Tutto molto condivisibile. Credo tu abbia detto un gran verità indicando nella tenacia una delle qualità maggiori di uno scrittore, soprattutto di uno scrittore in erba. Con Wendig condivido soprattutto che la fortuna esiste (!), che è poi l'argomento del mio post da te citato, e che, in fondo, nessuno ci capisce niente. Alcuni hanno successo, molto successo, e non sanno nemmeno il perché…

    • Grazia Gironella

      Invidia? Forse no. Certe volte mi domando come sarebbe stato se mi avessero pubblicato il primo romanzo che ho scritto, e non so se sarebbe stata una buona cosa per me. Credo che non avrei sentito altrettanto forte la spinta a migliorare… e credo anche che il romanzo stia meglio al calduccio nel suo file.

  • Marco Freccero

    Io sono sempre pieno di dubbi, per esempio non sono mai convinto di scrivere davvero qualcosa di appena interessante. O se lo faccio sono certo che non ci riuscirò mai più, o che se mi è riuscito, è un caso. Però agisco sempre in modo di spedire questi dubbi ai piani inferiori, nello stomaco, così hanno qualcosa da mangiare. Io mi dico che devo solo cercare di starmene tranquillo, e di divertirmi. Ovviamente è una finzione ma almeno mentre scrivo i demoni se ne stanno chiusi in cantina e mi lasciano lavorare in pace.

    • Grazia Gironella

      Mi hai ricordato una frase da "The Manticore" di Robertson Davies: "Cherish your bear and your bear will feed your fire." Abbi cura del tuo orso, e lui alimenterà il tuo fuoco. Nel simbolismo della storia l'orso era il subconscio, ma forse anche i tuoi demoni svolgono la stessa funzione.

  • Francesca

    Tutto molto interessante…a volte non immediatamente comprensibile.
    Riguardo al punto 8), io lo interpreto così: sarebbe bello considerare la scrittura una sorta di medicina per l'anima dello scrittore, ma non può e non deve essere solo questo, altrimenti sarebbe a uso e consumo di noi che scriviamo, mentre in realtà vorremmo raggiungere anche qualcun altro. Ma non sono sicura di avere capito.
    Riguardo ai punti 18) e 19): avevo scritto un racconto che mi piaceva moltissimo, per me era pregevole sotto diversi punti di vista. L'ho proposto e riproposto ai concorsi senza alcun risultato (e il bello è che non mi sono ancora del tutto rassegnata…). I commenti che ho ricevuto dai miei beta reader: "emozioni scarse e non si capisce un tubo!"
    Molto importante il punto 22). Ultimamente ho deciso di scrivere solo 10 minuti al giorno ma intensi e rigorosamente soltanto "in medias res": direttamente il racconto o il romanzo senza diari, studi o appunti…terapia d'urto.
    Il punto 24) mi ha fatto sorridere! Sarebbe carino crederlo, ma in realtà non mi convince. C'è chi ci capisce eccome! E non sono io.
    Torno un attimo indietro, al punto 3)….l'ho già sentita altre volte (forse era una citazione?) questa di "vivere una vita che valga la pena di essere raccontata". In realtà non capisco bene cosa significhi. Si parla di autobiografismo? Di certo chi scrive in maniera molto autobiografica deve vivere una vita così, ma gli altri? Secondo me la maggior parte degli scrittori ha il permesso di vivere una vita mediocre!
    Se non è così…che fare? E che cosa significa una vita degna di essere raccontata?
    Ad ogni modo, anche questa vita straordinaria è un concetto molto soggettivo. Io mi ritengo una persona dalla vita mediocre, ma di recente, raccontando un po' il mio passato a una collega, mi sono sentita dire con la più grande sincerità: "Che vita interessante! A me sono successe molte meno cose!". Sono rimasta interdetta…

    • Grazia Gironella

      Ti dico le mie interpretazioni: al punto penso che Wendig dica di non farsi trascinare dalla magia della scrittura, quindi di mantenerne il controllo; al punto 3) non penso si parli di vivere una vita eccezionale, quanto piuttosto di vivere intensamente la nostra vita, che spesso è più straordinaria di quanto crediamo, come ti ha fatto notare la tua collega. Niente scrittore segregato nel suo stanzino, insomma. Il punto 24) non va preso alla lettera, naturalmente. Certo che esistono persone che ci capiscono! Però anche Harry Potter è stato rifiutato diverse volte dagli editori, perciò bisogna restare critici sulle critiche, diciamo.

  • Cristina M. Cavaliere

    Diciamo che è tutto abbastanza condivisibile, l’unico punto che mi sento di contestare è l’uso della parola “competizione” a punto 1. La parola “competizione” non ha mai senso se è utilizzata in rapporto agli altri, vedi il mondo scolastico dove spesso i ragazzini vengono spinti a competere l’un contro l’altro armati. In questo modo si crea un meccanismo perverso, oltre che inutile, che ti porta inevitabilmente all’invidia e all’autodistruzione. La vera competizione è unicamente quella che può nascere con se stessi, nell’ottica di migliorare anche apprendendo dagli altri. Posso migliorare da qualsiasi esperienza mi venga offerta, e da qualsiasi persona con cui abbia uno scambio reale.

    Perché mi dovrebbe disturbare che ci siano moltissime altre persone che scrivono e che magari scrivono meglio di me, cosa altamente probabile? Anche volendo restringere il campo, dovrei mettermi in competizione con colleghi che scrivono romanzi storici e considerarli come dei rivali da combattere? Avrei perso in partenza. Nessuno scrive la stessa scena nello stesso identico modo, perché il nostro sguardo sul mondo è diverso. Un pittore non dipingerà lo stesso soggetto nello stesso modo, ed è quello il bello… – mi sembra di avere già scritto il concetto da qualche altra parte, forse sul tuo blog? scusami… è la mia veneranda età!

    Piuttosto, il binomio "tenacia + fortuna", è quello che veramente conta. La tenacia dipende unicamente da te, la seconda lo puoi stimolare in qualche mondo, ma solo in minima parte.

    Il post sulla mucca lo leggerò più che volentieri, sono animali adorabili! Fanno parte delle estati della mia infanzia, sulle montagne del Trentino.

    • Grazia Gironella

      Sono d'accordissimo con te sulla competizione intesa a quel modo; non ha senso e non serve. Io interpreto diversamente il termine di Wendig: gli editori comunque non pubblicano un numero infinito di testi, perciò non siamo noi autori a trovarci in competizione, ma i nostri manoscritti sì, nel momento in cui sono sulle loro scrivanie. Il mio agente ha accennato diverse volte al fatto che molti editori, avendo ridotto il numero di testi pubblicati ogni anno e trovandosi già dei contratti da rispettare, finiscono con l'essere già serviti per i prossimi tre-quattro anni, e oltre non se la sentono di guardare. In questa forma penso che la competizione ci sia, e la cura sarebbe un mix di uscita dalla recessione e incremento delle letture. (La mia mucca ringrazia! :))

    • Cristina M. Cavaliere

      Eh, penso proprio che sulla sovrabbondanza di manoscritti in circolazione ci sia poco da fare. Banalmente ma non troppo, oggi c'è più tempo libero per scrivere e più possibilità di contatto con le case editrici con le nuove tecnologie (con un click mandi un manoscritto). Una volta si doveva sudare per guadagnare la pagnotta famigliare, molto spesso in fabbrica dove moriva di fatica, oppure darsi alla letteratura in toto e morire di fame. Ho letto proprio di recente la biografia di Bulgakov che aveva rischiato – letteralmente – di morire di fame nei primi tempi.

      Per concludere con una nota positiva, però, evviva la mucca!

  • animadicarta

    Io oscillo costantemente tra la tentazione di lasciarmi inghiottire dal pessimismo (e quindi mollare) e il lasciarmi catturare dalla gioia di scrivere (e quindi continuare a farlo). Comprendo benissimo quindi il tuo stato d'animo e l'esigenza di farsi dare un calcio ogni tanto da questo genere di libri "motivazionali". Trovo che abbiano sempre argomenti convincenti e condivisibili (questo che citi mi pare li abbia), eppure dopo un po' torno a convivere con i miei dubbi.
    E tu come ti senti dopo averlo letto? Ti ha realmente dato la spinta per andare avanti?

    • Grazia Gironella

      Sono molto ricettiva rispetto alle spinte, per fortuna; ma i dubbi mi riassalgono presto, oppure se ne restano a sabotarmi in sottofondo… così leggo un altro libro motivazionale, e poi un altro e un altro ancora. Siccome allargo il campo, sto scoprendo anche testi e autori non strettamente connessi alla scrittura, ma più alla vita in generale, e questo è molto importante. L'ho detto: boia chi molla…

  • Chiara Solerio

    I dubbi ci sono sempre, ma non riesco a considerarli un male.
    Se non ci mettiamo in discussione non possiamo crescere. Grazie alle domande che quotidianamente ci poniamo, miglioriamo come scrittori e la nostra storia acquisisce forza e concretezza.
    Mi piace pensare che ogni grande opportunità cominci con ogni piccola crisi. Accolgo i dubbi con sostanziale serenità e so che la mia fiducia traghetterà risposte valide.

    "Scrivere ha a che vedere con le parole, raccontare ha a che vedere con la vita."
    Questa è, fra le frasi citate nell'articolo, quella che maggiormente mi fa vibrare il cuore. Leggo costantemente testi tecnicamente impeccabili, ma freddi come il ghiaccio. La trama acquista vitalità solo quando l'autore si immerge completamente nella propria storia. Diversamente è solo un esercizio di stile.

    • Grazia Gironella

      Credo che esistano due tipi di dubbi: quelli che ti spingono a cambiare in positivo (il tuo tipo) e quelli che minano la convinzione e spingono alla rinuncia – perché anche questo fanno, soprattutto sul lungo periodo. Per fortuna quando si inizia a scrivere si è abbastanza protetti dai dubbi del secondo tipo, perché altrimenti non esisterebbero scrittori! Nel tempo emerge sempre più la necessità di avere attributi di ferro. Non dico che debba essere per forza così anche per te, naturalmente; è anche una questione di carattere.

    • Chiara Solerio

      Dipende anche da cosa intendi per "rinuncia". Esempio: "non sono in grado, per le mie competenze, di scrivere una storia corale" può essere considerata sia una fuga in grande stile sia un'ammissione di umiltà. Ho cambiato le carte in tavola e progettato una nuova storia. Ora sono molto più serena.
      In passato ho commesso l'errore di rinunciare completamente a scrivere.
      Adesso, però, non voglio più farlo.
      Cerco sempre di usare il dubbio per migliorarmi, ma l'accanimento è pericolosissimo. è come spremere un'arancia ormai priva di succo. In questi casi forse è meglio tirare i remi in barca. Ma non per sempre: prima o poi l'occasione di rientrare in gioco compare, portando con sé opportunità bellissime.

    • Grazia Gironella

      Infatti il confine tra i due tipi di dubbi che citavo è molto personale. Se mi sento carica di voglia di scrivere ma mi viene la paura di non essere brava abbastanza, il bilancio è comunque positivo e il dubbio mi stimola; se invece mi trascino tra una considerazione pessimistica e l'altra, senza voglia di scrivere e magari obbligandomi a farlo, i dubbi mi stanno allontanando dalla scrittura e basta. Parto dal presupposto che l'umiltà ci sia; la scrittura è maestra in questo senso. Però hai ragione, non è detto che interrompere significhi abbandonare. E' un bel pensiero!

  • Alessia Savi

    Mi è venuta voglia di leggere questo libro: accasato e pronto per essere comprato!
    Che dire?
    Ci sono molti spunti di riflessione interessanti. Quelli che ho sentito più "miei" sono questi:
    20 – Scrivere ha a che vedere con le parole, raccontare ha a che vedere con la vita.
    Gli aspetti tecnici sono l’ossatura, ma la vita è la carne che ci metti intorno.
    7 – Nessuno intralcia la tua strada.
    Il tuo viaggio di scrittore è unico. Non esistono due persone che possano raccontare la stessa identica storia.

    Il primo perché è una delle cose che ho imparato in anni e anni di scrittura. Finisci con il raccontare di quello che conosci meglio. Per assurdo, una delle cose che mi riesce facile scrivere, sono le guerre. Perché, nell'estremo della morte, c'è tanta, tantissima vita.
    Il secondo è perché, come sai, ho il panico da "Oddio, ci saranno mille altre storie e idee uguali alla mia". Ma nessuno lo racconterà come farò io. E non perché io sia migliore o peggiore, ma perché avrò una sensibilità differente da quella degli altri. Una percezione differente, anche. Questo è quello su cui dobbiamo puntare: differenziarci e farci vedere per quello che siamo. La scrittura è il mezzo più immediato per farlo. Non ci giochi con le parole: ci vivi.

    Detto questo sì, ho tanti dubbi.
    Perché di questo primo romanzo, quando sarà finito, non so che farne.
    Ma non ho dubbi sulla "me scrittrice".
    So quanto è cambiato quello che scrivo e come lo scrivo, le cose che racconto, come le vivo. Molte storie, a riscriverle ora, sarebbero totalmente differenti. Storie d'amore che non mi sognerei MAI di scrivere e far finire a quel modo, per esempio.
    Se sono cambiata così tanto, forse ormai si rallenta la salita (o la discesa) e resta solo il lavoro di lima in quel tono di voce e nel come raccontare.
    Spesso ci chiediamo se ne vale la pena, se saremo adatti.
    Io credo che sia un essere quasi-adatti, sempre e comunque.
    Il resto è un po' di fortuna e trovarsi al posto giusto al momento giusto.
    Come dici tu, oltre alle mamme anche gli scrittori sono multitasking e imprenditori eccellenti. Proprio oggi ho letto un articolo riguardo all'authorship, o qualcosa di simile se non ricordo male (ero troppo assonnata per fare caso all'inglese), per indicare come la figura dello scrittore non sia quella dello scribacchino dell'Ottocento.

    Dobbiamo lavorare sodo, incollarci alla sedia e fare fare fare!
    E, in parte, mi hai letto nel pensiero: sulla tenacia dello scrittore riflettevo l'altro giorno, guardando mia madre al corso di nuoto. Ma ne parlerò la prossima settimana, se riesco (^^)

    • Grazia Gironella

      Mi sembra fantastico che tu abbia dubbi solo sul destino del tuo romanzo e non su te stessa come scrittrice! Questo circoscrive di molto il problema insicurezza.
      "Io credo che sia un essere quasi-adatti, sempre e comunque." Sì, credo che sia davvero così. Bisogna imparare ad accettarlo e darsi da fare senza troppe pretese. Lo dico, ma non lo faccio…

    • Alessia Savi

      Io non so se sono una scrittrice e, se mi guardo, mi dico che in realtà non la sono. Ma è l'unica cosa che ho portato avanti con costanza da quando avevo 18 anni (in forma molto più hobbystica che professionale) e di cui non mi sono mai stancata. E' una delle cose che mi viene meglio, che adoro fare e che non mi pesa mai. Persino l'editing è un momento in cui riesco a trovare qualcosa di buono e bello dalla scrittura, anche se è uno sputare l'anima sul foglio.
      Qualcosa vorrà dire, no?
      Una volta, una grandissima donna, ha detto che dobbiamo avere l'umiltà di accettare i nostri talenti, e sfruttarli. Ti hanno fatto un dono, devi esserne grato e assecondarlo. Forse sarò fortunata e un giorno capirò che questa cosa che mi viene così naturale, sia anche un talento.
      Per ora resto nel limbo, una piccoletta ancora né carne né pesce. La strada è lunga, ma a fermarti a guardarti troppo attorno perdi di vista il traguardo.

    • Grazia Gironella

      Forse hai ragione, non ci si deve porre troppe domande, ma farsi guidare dall'amore per quello che si fa. E' un peccato che le nostre sovrastrutture mentali riescano a fare diventare nebuloso anche quello che sarebbe cristallino.

    • Alessia Savi

      Ho concluso giusto ieri un libro molto interessante, che affronta la scrittura sotto questo punto di vista, cercando di liberare le gabbie che ci autoimponiamo. E mi si è aperto un mondo!

  • Gloria Vanni

    Bellissimi i 25 punti, Grazia!
    Il "Boia chi molla" andrebbe generalizzato a ognuno di noi che abbiamo la responsabilità di essere e vivere dando il meglio di noi, tanto più se abbiamo la fortuna di essere in buona salute e vivere in condizioni di libertà e comodità sufficienti a farci scegliere di essere scrittori, autori, blogger, giornalisti.
    Grazie per avere creato il link al tuo post: è bello fare rete con persone come te e non vedo l'ora di conoscerti. Sai qual è la cosa più bella di questa intensa settimana di SocialMediaWeekMilan?
    Avere conosciuto e abbracciato tanti avatar e voci che sono diventate persone

    • Grazia Gironella

      Grazie a te di avermi ospitata! La trasformazione degli avatar in persone mi ispira molto… anche se diverse persone per me sono già uscite dallo stato di avatar, anche se non le ho conosciute di persona. Mi sento molto fortunata per questo.

  • Lisa Agosti

    Arrivo tardi ma ci sono, ho apprezzato moltissimo questi concetti, non sono i soliti "scrivi tutti i giorni" e "riscrivi finché devi".
    I miei preferiti sono "nessuno ci capisce niente", per fortuna non sono sola, e "la narrativa è una cosa seria": in effetti all'inizio volevo scrivere per convincere il lettore che ho ragione, poi la storia ha preso la propria direzione ma il finale è rimasto fedele alle mie convinzioni.

    • Grazia Gironella

      In effetti predicare è non soltanto fastidioso, ma anche inutile, perché il nostro punto di vista trapela lo stesso, come dimostra il tuo finale. Ci sei tu dentro.
      (Sto diventando curiosa di leggere il tuo romanzo. Non metterti fretta, io aspetto con l'indice su Amazon. :))

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