Scrittura

Schegge di scrittura 2: le sottotrame

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Trame e sottotrame dovrebbero intrecciarsi senza… annodarsi. Sentiamo cosa ne pensa Robert McKee.

Gli aspetti più tecnici della scrittura non sono un argomento molto gettonato ultimamente, lo avete notato? Forse in questo periodo si parla più spesso degli aspetti “liberi” dello scrivere, legati all’intuizione e alla spontaneità; ma credo che i consigli degli esperti continuino a lavorare dietro le quinte, per chi si è letto qualche manuale, perché arte e artigianato si completano e si arricchiscono a vicenda.

Per questo motivo oggi estraggo dalla mia cesta un altro spunto di riflessione, fornito dal testo Story di Robert McKee, davvero molto interessante (trovate qui il primo post che ne ho tratto, con argomento il doppio obiettivo). Nel libro si parla di sceneggiatura e non di narrativa, ma le basi della costruzione della storia non cambiano; inoltre ragionare per scene aiuta a vedere con chiarezza la struttura della storia e capire dove la sua intensità rischia di perdersi.

Non so se è lo stesso per voi, ma le sottotrame mi danno spesso da pensare. Sono necessarie, utili, dipende? C’è sempre qualche personaggio che mi cattura particolarmente, a parte il protagonista, ma posso permettermi di seguirlo senza rovinare il resto? A volte mi è capitato di leggere storie prive di sottotrame e averle trovate un po’ troppo lineari, ma credo che tutto dipenda dal tipo di storia e dalla bravura dell’autore. Se la trama centrale va da A a B in ordine cronologico, senza cambi nel punto di vista e senza grossi colpi di scena, i motivi di interesse per il lettore si riducono; ma esistono anche autori che hanno scritto capolavori con molto meno.

Nel suo libro, Robert McKee si esprime molto chiaramente: spesso è una sottotrama azzeccata a trasformare una sceneggiatura problematica in un film valido. Sottovalutarne l’importanza, quindi, sarebbe un peccato anche per noi “romanzieri” (scusate le virgolette).

A dimostrazione di ciò che dice, McKee cita l’esempio di Witness – Il testimone, dove un thriller piuttosto banale si riscatta per la sottotrama amorosa che coinvolge il poliziotto (Harrison Ford) e la vedova Amish (Kelly McGillis). Ma esistono anche storie a trama multipla, in cui non troviamo una trama centrale, ma solo l’intrecciarsi di varie storie raccontate alla pari.

Secondo McKee, tra trama e sottotrama (oppure tra le diverse trame) possono esistere quattro tipi di relazione:

1. Una sottotrama può essere usata per contraddire l’idea che regge la trama principale, aggiungendo così una dose di ironia.

Prendiamo una storia d’amore con il classico lieto fine, in cui il messaggio è “l’amore trionfa quando chi ama sa sacrificare le proprie esigenze per l’altro”. L’aggiunta di una sottotrama in cui due persone si amano in modo totale, ma finiscono con l’annullarsi e in ultimo distruggere il rapporto d’amore, può mostrare l’argomento sotto una luce diversa.

2. Le sottotrame possono essere usate per ribadire l’idea di fondo della trama principale e arricchire la storia con variazioni sul tema.

3. Quando l’incidente scatenante della trama principale deve essere ritardato, può essere utile una sottotrama preparatoria che apra la narrazione.

McKee cita l’esempio del film Rocky, dove il vuoto narrativo dei primi trenta minuti viene occupato da una sottotrama che trattiene lo spettatore e gli mostra il protagonista nel suo mondo, preparando una forte reazione emotiva all’incidente scatenante che arriverà più avanti.

4. Una sottotrama può essere usata per complicare la trama principale.

Questa funzione della sottotrama – la principale, secondo McKee – si traduce in una dose supplementare di difficoltà per il protagonista, ma serve anche a delineare meglio il personaggio e offrire momenti comici o romantici che permettano allo spettatore di riprendersi dalla tensione e dalla violenza presenti nella trama principale.

Far convivere la trama centrale con la sottotrama (o le sottotrame) è un lavoro delicato. Troppa attenzione dedicata alla sottotrama può far perdere energia alla trama principale; se poi trama e sottotrama sono incentrate su personaggi diversi, è necessario fare attenzione a non rendere l’eroe in seconda più… protagonista del protagonista.

Per limitare – in caso si renda necessario – l’importanza della sottotrama, McKee suggerisce di non mostrare sullo schermo alcuni elementi della sottotrama stessa, come l’incidente scatenante, i climax dei tre atti (mini-finali situati alla fine di ogni atto), le crisi, il finale o la risoluzione.

Nel caso della sottotrama preparatoria (la numero tre), si corre anche il rischio di confondere lo spettatore in merito al genere del film che sta guardando. Con il film Rocky è stato fatto un buon lavoro, secondo McKee, perché la sottotrama nella prima parte – una love story – è stata gestita in modo da rendere chiaro che si introduceva un film sullo sport.

Una sottotrama che non svolge almeno una delle funzioni suddette non ha motivo di esistere, conclude McKee, e va tagliata. In pratica la sottotrama non può essere innocua, ma soltanto utile o dannosa, perché il suo affiancarsi alla trama principale la rende automaticamente un intralcio, in assenza di una precisa utilità. Se però l’autore si accorge che una sottotrama sta assorbendo gran parte della sua attenzione, dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di trasformarla in trama principale.

Fino a qui McKee. Quanto a me, nei primi tempi in cui scrivevo ho usato trame lineari, poi sono arrivata a trame con una sola sottotrama, o al massimo due, ma sempre di portata controllabile. Non credo che riuscirei a buttarmi a capofitto in una storia tanto complicata da farmi sentire mancare il terreno sotto i piedi (anche da lettrice lo faccio di rado), ma forse avrei potuto osare di più. Valga per il futuro!

E voi, come affrontate le sottotrame?

BOLLETTINO DELLO SCRITTORE
La realtà quotidiana congiura, ma i lavori sulla Nuova Storia con il metodo Snowflake proseguono, anche se a ritmo rallentato. Pazienza! Tra qualche giorno dovrebbe andare meglio.

BOLLETTINO DEL LETTORE
Sto leggendo Grace and Grit di Ken Wilber, storia molto toccante dell’autore e di sua moglie Treya Killam Wilber attraverso la malattia, la cura e infine la morte di lei. Nonostante l’argomento non sia leggero, le voci dei due protagonisti lo rendono avvincente e spiritualmente illuminante.
La seconda lettura in corso non potrebbe essere più diversa: ho iniziato la saga di Outlander, di Diana Gabaldon, e ci sono cascata dentro con tutti i vestiti. Credo che ne riparlerò più avanti, perché l’autrice è davvero un pezzo da novanta. E io che mi aspettavo soltanto un romanzo rosa di discreto livello…

42 commenti

    • Grazia

      Io poi sono sempre convinta che quelli che chiamiamo ostacoli siano Vita nel senso migliore del termine… ma poi mi arrabbio ugualmente.

    • Grazia

      Non ti dico la mia ammirazione per chi scrive certe storie perfette ed elaboratissime… mi sento un contadino con la zappa, al confronto! Però è anche vero che ho una propensione per la semplicità nelle cose, perciò va bene così.

  • Barbara Businaro

    Ahhhhhhhhhh!!! Stai leggendo Outlander!!
    Bene, sono contenta che anche tu rilevi che non è "solo un romanzo rosa"
    Diana è tosta, davvero tosta. E sai chi lo dice? La sua traduttrice in primis!

    • Grazia

      Nel senso che quella persona fortunata sei tu? Se è vero non dirmelo… nel profondo sono una traduttrice mancata, e ti invidierei furiosamente!

    • Barbara Businaro

      No, no, io in inglese sono ancora una schiappa! Ma conosco la traduttrice dei primi libri (poi l'hanno cambiata e purtroppo molte lettrici lamentano incuria nel testo) e lei mi dice sempre che tradurre Diana è davvero complesso.

    • Grazia

      Deve esserlo davvero, perché la Gabaldon (lo sto pronunciando alla veneta…) ha una tale conoscenza delle ambientazioni e delle situazioni storiche di cui parla che è difficile da tradurre senza ricerche approfondite. Certo che, con sei volumi, vincere quella traduzione è un bel colpo per il traduttore, anche se il tutto si è splittato in corso d'opera.

    • Barbara Businaro

      Anch'io lo pronuncio alla veneta! Gabaldòn, mentre dato che è statunitense (padre dell'Arizona, madre inglese) credo sia Gàbaldon.
      E tu pensa che ci sono libri non ancora tradotti: la serie di Lord John, i compendi ad Outlander, alcune novelle. Continuo a non capire perché Corbaccio non approfitta a man basse della serie tv per rilanciare il prodotto. Quest'anno è in lizza direttamente contro Games of thrones (e pure Martin ha detto che l'hanno scorso l'Emmy se lo meritavano loro!)

  • Barbara Businaro

    Ecco che ritorno con un commento più serio. Questo di McKee è un libro che ho in lista acquisto, insieme a Save the cat! di Blake Snyder, altro manuale di sceneggiatura citato da scrittori. Considerando che quando scrivo ho una visione cinematografica, probabilmente fanno per me. (anche perché il corso di scrittura che sto seguendo – che fatalità è incentrato sul blocco dello scrittore, la scrittura libera, l'immaginazione, la spontaneità, ovvero come dici tu temi poco tecnici – non mi sta dando granché…)

    • Grazia

      Ho visto ora il tuo secondo commento. Peccato per il corso, si spera sempre di portare a casa buoni spunti. Secondo me i due aspetti – libertà e competenze tecniche – devono stare insieme, o saranno comunque monchi; poi dipende dalla persona, dal suo carattere e dal suo momento specifico. A volte ti serve proprio sentire che puoi ribaltare il mondo, altre volte è meglio che qualcuno ti ricordi che devi incollare il culo alla sedia e scrivere, se lo vuoi ribaltare davvero.

    • Barbara Businaro

      Forse ho sbagliato momento (però mi sembrava di cogliere un'occasione, ora o mai più), e ho sbagliato tema (il blocco dello scrittore… non ho un blocco assoluto, scrivo in continuazione, ho bozze di racconti ferme da mesi, e sto preparando quello per Halloween, piuttosto ho una disorganizzazione sul romanzo, quello è in "blocco"). Forse ho sbagliato anche modalità, è in web conference (nonostante sia "informatica" trovo che un corso sulla scrittura sia meglio viverlo fisicamente in aula). Inoltre mi fa strano sentire che ci sono persone che lo frequentano da 4/5 anni e non hanno ancora chiuso il romanzo. In fondo, un corso se è buono deve produrre risultati, no?

    • Grazia

      Certo uno lo spera… non so, i corsi di scrittura creativa mi ispirano solo per il contatto umano con i compagni, mentre per quanto riguarda l'insegnamento preferisco i libri (non ha molto senso, lo so).

  • Andrea Di Lauro

    Alcuni anni fa ho cominciato una storia, o farei meglio a dire una roulette russa farcita con trame, sottotrame, personaggi, intrighi, magie e sortilegi, e chi più ne ha…
    Leggendo questo post ho capito che forse non so nemmeno io quali sono nel dettaglio le sottotrame
    Comunque la frase a inizio post è a dir poco sublime.

  • Giulia Lù

    Non avevo mai pensato alle diverse funzioni delle sottotrame, questo tuo post mi svela un mondo. Nei romanzi d'amore ho usato le sottotrame per svelare meglio la psicologia dei personaggi, almeno quello era il mio intento più o meno inconscio; nello stesso tempo volevo raccontare anche un certo punto di vista che non riuscivo a inserire nella trama principale. Spesso questa mia esigenza ha fatto sì che le sottotrame nascessero dalla mia penna in modo spontaneo (senza necessariamente pensare alla funzione). Nel caso di un romanzo giallo però è diverso, la sottotrama ha quasi sempre uno scopo nella storia.

    • Grazia

      Anch'io, come te, ho sempre inserito le sottotrame a istinto, per far conoscere meglio un personaggio e anche per creare situazioni utili alla trama principale. Leggendo McKee ho pensato che forse posso andare un passo oltre (senza forzature, o studiare sarebbe un danno!).

  • Rosalia Pucci

    Che bello un post sulla scrittura "nuda e cruda"! Brava Grazia, riesci sempre a offrire spunti di riflessione sullo scrivere. Non conoscevo in modo tanto dettagliato le diverse funzioni della sottotrame, anche se ritengo da sempre che siano importantissime per dare spessore alla trama principale

  • Francesca

    Credo che per poter inserire sottotrame occorrano romanzi lunghi o medi. Per ora io ho scritto solo racconti e adesso mi sto cimentando in un romanzo breve…nel mio caso ritengo sconsigliabile una sottotrama.

    • Grazia

      E' vero, serve una certa lunghezza. Magari in un racconto lungo la sottotrama può starci, ma a me non è mai capitato di sentirne il bisogno.

  • Maria Teresa Steri

    Io adoro le sottotrame! Mi piacciono molto sia sullo schermo che nei libri. E ovviamente ne faccio un uso fin troppo abbondante quando scrivo, al punto da complicare tutto quanto. Indubbiamente il consiglio di tagliarle se non assolvono a nessuna funzione, quindi, è giustissimo. C'è da meditare su questo, almeno per me.
    Mi ha molto incuriosito il punto uno, quello di fare dell'ironia contraddicendo il tema portante
    In bocca al lupo per la Nuova Storia!

    • Grazia

      Viva il lupo! Secondo me le sottotrame sono molto sfiziose da scrivere – anche se non facili – perché lì come autore ti rilassi, non sei teso e ipercritico per i soliti, arcinoti motivi. Una sottotrama, magari personaggi secondari… che sarà mai? Ed ecco che ti diverti.

  • Monica

    Mmm… dipende. A volte le coltivo perché mi sembrano parte fondamentale della storia, per cui le faccio diventare forza integrante. Altre volte le faccio galleggiare qua e là senza dargli forza. In alcuni casi mi viene il dubbio di non aver capito davvero cosa sia una sottotrama.

    • Grazia

      Bella conclusione! Però, dici bene: lasciarle galleggiare senza dare loro forza. Credo che questo capiti anche a me. Magari aggiungendo quella dose di forza in più avviene una prodigiosa reazione chimica…

  • Luz

    Mi piacciono molto. Anzi, credo che proprio i racconti con sottotrama siano quelli che mi restano più cari. Suppongo non sia semplice essere uno scrittore in grado di crearne di valide. Ultimamente ho visto un film con Denzel Washington in cui emerge pian piano una sottotrama spiazzante. Per non parlare del celebre finale di American Beauty.

    • Grazia

      Non è semplice nemmeno creare la storia principale, figuriamoci le altre… ma è vero, le sottotrame aggiungono gusto e spessore. Credo siano un elemento davvero importante dello scrivere.

  • Serena

    Io e le sottotrame: in questo momento, un rapporto conflittuale. Ce n'è una della quale non sono mai soddisfatta, ma che non posso togliere pena lo snaturamento della storia. In questo caso si può dire ancora che è una sottotrama?

    • Grazia

      Lo snaturamento della storia non è un danno da poco… ma sapendo che non seguiresti i suggerimenti di McKee senza essere completamente d'accordo, so che per la tua storia finirà bene.

  • PattyOnTheRollercoaster

    Adoro leggere le sottotrame, ma sono una frana a scriverle xD
    Dosare la giusta importanza e il giusto peso da dare a una sottotrama mi viene molto complicato, non so mai se ho detto troppo, o troppo poco. Ho sempre l'impressione che, leggendola, il lettore si chiederà a cosa è servita!

    • Grazia

      Qualcuno potrà chiederselo, ma non mi preoccuperei troppo, se tu sei convinta. Ho notato che la stessa caratteristica per cui molte persone ti fanno i complimenti, per altri è quella che rovina la storia…

  • Clementina Daniela Sanguanini

    Bello questo post, offre tanti spunti interessanti!
    Le sottotrame arricchiscono il racconto, possono essere espedienti meravigliosi, ma non sono facili da creare proprio perché non rappresentano una semplice distrazione (per l’autore e per il lettore), ma devono sostenere, a modo loro, la trama principale. Le adoro anche nei film.

    • Grazia

      Spesso le sottotrame sono così leggere, senza il peso della storia da reggere, che scriverle/leggerle/vederle è un vero piacere.

  • Marina Guarneri

    Ho letto anch’io Story. Il libro di Mckee illumina su molti aspetti della scrittura. Ho sottolineato le parti che credo possano servirmi nella mia scrittura, soprattutto quelle che riguardano la struttura della storia affinché essa funzioni. Applicata ai racconti la costruzione non è facile, ma direi possibile, trasferire gli stessi concetti su una storia lunga è una bella impresa. La sceneggiatura agisce su altre leve, ma suppongo che i concetti base siano applicabili a qualunque forma di narrazione.

    • Grazia

      Leggendo manuali si va sempre a pesca, perché qualcosa è utile, qualcosa va adattato alla storia, qualcosa non piace proprio. Story mi è piaciuto molto, anche se parla più alla testa che al cuore.

  • Cristina M. Cavaliere

    Belle le sottotrame, sono un po' come quei fondali teatrali che permettono di movimentare la scena pur senza assumere troppa importanza. Non potrei concepire un romanzo senza sottotrame; penso che avere un unico tema portante faccia risultare il tutto molto ponderoso (e noioso). Le sottotrame servono anche ad alleggerire, non è un caso che spesso equivalgano alla nota comica nel romanzo.

    • Grazia

      In effetti è facile annoiare con una trama unica. Le tue storie (a parte quelle più brevi) senza le loro diramazioni non riesco davvero a immaginarle.

  • Elena Le Volpi

    Personalmente sto usando le sottotrame per dare corpo a un romanzo corale, in cui c'è un personaggio principale ma anche molti personaggi di contorno che definiscono il personaggio principale ma che vivono di vita propria. Rispetto a una narrazione più lineare, ovvero ad una storia principale con un protagonista principale è più complesso, è vero e forse questa è una delle ragioni per cui procedo così lentamente. Tuttavia confesso che certe cose non si scelgono, avvengono e basta.
    Cero di accettarle e di renderle al meglio, come qualunque parte di me stessa
    Grazie per questa bella riflessione

    • Elena Ferro

      È vero. Una editor che molti di noi conoscono mi suggerì di trasformare il punto di vista. Senza dubbio sarebbe venuto fuori un prodotto interessante, ma dopo averci pensato su molto, ho deciso di mantenere il punto di vista che avevo scelto e di lavorare sul rafforzamento delle trame e sottotrame. A volte se le cose nascono da tonde devono finire tonde ????

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