Letture,  Scrittura

Lezioni di scrittura da un romanzo western

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Lonesome Dove, di Larry McMurtry

Parlo di rado delle mie letture sul blog. Le cito nei miei bollettini del lettore, magari con una riga di commento, ma un post dedicato è raro. È capitato nel caso di La verità sul caso Harry Quebert per indignazione, capita oggi per il motivo opposto: Lonesome Dove di Larry McMurtry, romanzo western, è stato una grande lettura.

Mi preparo a moderare l’entusiasmo ‒ non vorrei guastarvi l’eventuale lettura con aspettative spropositate ‒ con una nota sul titolo: è stata l’ultima edizione Einaudi del romanzo a recuperare il titolo originale inglese, che in precedenza era stato tradotto come Un volo di colombe. Il dio dei traduttori piange calde lacrime, o forse spara fulmini: Lonesome Dove è il nome di un gruppo di case nel West americano. Di colombe, nel romanzo non c’è neanche l’ombra. C’è solo l’insipienza di chi traduce senza pensare, oppure di chi tarpa le ali al buon traduttore. Shame on you!

E ora che mi sono calata nei panni del lettore… ehm… moderato, devo dirvi che questo romanzo, oltre ad avere fatto vibrare le mie corde come l’archetto di un violino ‒ ma questo è del tutto soggettivo ‒ è scritto da un maestro. Non a caso il romanzo ha vinto il Pulitzer nel 1985.

Temevo che il mio immaginario personale, nutrito dalla visione dei vecchi film western (sì, ho l’età per averne visti parecchi), avrebbe inquinato la mia percezione della storia. McMurtry, però, è riuscito a ripulire la lavagna fin dalle prime pagine.      

Cavallo e speroni, la prateria: in un romanzo western sono d'obbligo.
Foto di skeeze da Pixabay

Piuttosto che raccontarvi impressioni di testa e di pancia troppo vaghe, cercherò di esaminare lo spessore di McMurtry in modo più oggettivo, da aspirante ladra di abilità, per capire quali lezioni porto a casa da questa lettura. (Eviterò spoiler.)

La trama

Lonesome Dove racconta il viaggio dal Texas al Montana di un gruppo di uomini e donne, insieme a una mandria di bovini. Siamo intorno al 1878-79. Gli scontri più violenti con i nativi si sono già conclusi nel peggiore dei modi; di loro restano soltanto gruppetti ribelli che minacciano occasionalmente i coloni, senza però costituire un vero problema.

Nel dipingere il suo affresco, McMurtry sceglie il narratore onnisciente per spostarsi con agio da un personaggio all’altro. Lo fa con un’introspezione efficace, senza mai allontanarsi dalla dimensione collettiva del viaggio. Se non avessi saputo fin dall’inizio che l’autore era un uomo, mi sarei aspettato questo livello di sensibilità da una donna; ma in quel caso, forse, sarebbero venute meno altre caratteristiche importanti.

Lezione: l’uso del narratore onnisciente può offrire la stessa intensità emotiva di un punto di vista limitato, con il vantaggio di rendere accessibile alla narrazione un numero maggiore di personaggi.

I personaggi

Nella storia ne troviamo di più o meno importanti, ma l’impressione è che non esistano semplici comparse. L’autore osserva con attenzione ogni singolo individuo in cui si imbatte e lo tratteggia in modo preciso, a volte in due righe, più spesso con incursioni brevi ma intense nei suoi ricordi, sogni, paure e debolezze.

Gli uomini e le donne di Lonesome Dove sono grandi. Accettano, ognuno a suo modo, che la loro esistenza possa essere spazzata via in qualunque momento da un serpente a sonagli o dalla sete, da un colpo di pistola o da un orso, da un marito violento o da una ferita non ben curata. Anche così, cercano di mantenere una direzione nel trambusto dell’esistenza.

La durezza del selvaggio West mette alla prova la loro umanità in ogni modo possibile, la sbatte a terra, la calpesta, senza per questo riuscire mai ad abbatterla. I personaggi vincono, sempre. La loro dignità sopravvive a ogni traversia e persino alla morte, che è una compagna di vita, temuta sì, ma accettata senza ribellioni, a volte quasi cercata come alternativa possibile a nodi interiori inaffrontabili.  

I personaggi maschili sono definiti prima di tutto dal loro grado di evoluzione come esseri umani, poi dalla loro capacità ‒ o incapacità ‒ di interfacciarsi con la realtà. Il periodo storico e le difficoltà della vita di frontiera li costringono in schemi rigidi, da cui faticano ad allontanarsi. C’è chi non ci riesce nemmeno volendo, come accade a Woodrow F. Call; ma c’è chi lo fa alla grande, come Augustus “Gus” McCrae, che persino da morto diffonde la sua incomparabile ironia. Alcuni cattivi sono davvero cattivi, ma non per questo l’autore calca la mano nel descriverli, né esce dall’equanimità che lo contraddistingue. 

Le figure femminili sono, in una parola, forti. Mi sono stupita di pensarlo ‒ se leggerete il romanzo capirete perché ‒ ma è così. Le condizioni di vita estreme creano da un lato un confine preciso tra il ruolo attivo-pratico degli uomini e quello sottomesso-accuditivo delle donne, ma costringono anche le donne a valicarlo per fare fronte alle difficoltà.

Quando la personalità femminile non ha spazio per fiorire ‒ ed è quasi sempre così ‒ le donne diventano esperte in strategie di sopravvivenza. Prostitute, animali adattati all’ambiente, uomini con la sottana, avventuriere senza scrupoli, oppure madri e mogli, la loro resilienza e la loro capacità di restare “vive dentro” nonostante tutto risplendono, anche nella luce abbagliante del deserto texano.

Mentre gli uomini lottano con la propria inconsapevolezza quanto con le difficoltà della vita, le donne sanno cosa vogliono e lo perseguono con la forza inesorabile dell’acqua, a volte cheta, altre volte travolgente. Possono perdere le loro battaglie, ma sanno rinascere; e anche quando non lo fanno, trovano il modo definitivo di sottrarsi a un destino che va loro stretto.

Lezione: l’attenzione e l’equanimità dell’autore verso i personaggi li rende indimenticabili per il lettore.

I dialoghi

Se i personaggi sono proposti in modo magistrale, i dialoghi non possono essere da meno. Ogni personaggio ha un proprio modo di parlare, di schivare il fulcro del discorso, di tacere le risposte più importanti. I silenzi, naturali e umani, sono potenti. Ma c’è anche una vena di umorismo, che attraversa la storia dalla prima all’ultima pagina e arricchisce la lettura.

Lezione: ciò che i personaggi non dicono può pesare più di ciò che dicono.   

Le ambientazioni

Nel romanzo sono assenti lunghe descrizioni di paesaggi, elementi naturali, insediamenti umani; eppure le immagini che emergono dalla lettura sono nitide in modo sorprendente. I dettagli sono quelli sufficienti a fare arrivare al lettore il necessario per calarsi nella storia, non uno di più; e non vengono presentati in descrizioni a se stanti, ma sempre filtrati dalla sensibilità dei personaggi.

Lezione: l’unica realtà, nella storia, è quella percepita dai personaggi.

Lo stile

McMurtry ha uno stile lineare ed essenziale; mai banale o povero. La lettura è scorrevole. Quando rallenta, sul finale, è solo perché i personaggi sono in viaggio da settimane e sono appesantiti dagli eventi, non perché l’autore si sta dilungando.

Lezione: con poche parole giuste si può trasmettere di tutto.

Larry McMurtry non solo sa raccontare bene la storia: sa farlo rendendosi invisibile. Non ho avvertito la sua mano mentre leggevo. A parlare era la storia. Anzi, da un certo punto in poi ho avuto la sensazione che non ci fosse nemmeno una storia. Mi sono seduta con i personaggi intorno al fuoco e ho respirato la polvere alzata dalla mandria; ho assistito incredula ai drammi annunciati, ai lutti improvvisi. Ero lì.

Qui termina la mia ode al romanzo. È stato un gran bel viaggio in luoghi e tempi che mettevano a dura prova gli esseri umani, ma facevano anche risaltare la loro grandezza, cosa che forse non si può dire dei nostri tempi, comodi e distratti.

Qualche dettaglio pratico: Lonesome Dove fa parte di una serie di romanzi di McMurtry di cui è il primo pubblicato, ma il terzo nell’ordine cronologico della storia. L’autore, infatti, ha scritto dopo Lonesome Dove anche due prequel (Dead Man’s Walk e Comanche Moon) e un sequel (The Streets of Laredo).

Se poi vi si fosse accesa qualche scintilla d’interesse sul West e sugli eventi di quel periodo, potete trovare sul sito Farwest.it (ma sicuramente anche altrove) materiale in abbondanza.

BOLLETTINO DELLO SCRITTORE
Il lavoro sulla biografia di Amela si sta facendo più intenso. Sono curiosa, curiosissima di scoprire cosa ne verrà fuori.     

BOLLETTINO DEL LETTORE
Sto terminando la lettura di Vita degli elfi, di Muriel Barbery, un romanzo particolare per lo stile ancora prima che per l’argomento. Non ci sono mezze misure: o ti fa schifo, o ti porta via. Dopo qualche dubbio nelle prime pagine, mi sono lasciata trascinare con piacere.
Ho da poco iniziato anche Quando inizia la nostra storia di Federico Rampini, sottotitolo: Le grandi svolte del passato che hanno disegnato il mondo in cui viviamo. Molto interessante e poco pedante, mi piace. Un po’ di attualità mi farà bene.

13 commenti

  • Ferruccio Gianola

    Lezione: ciò che i personaggi non dicono può pesare più di ciò che dicono.

    Questa è una lezione di Hemingway. Senza dubbio uno degli aspetti forti della sua narrativa.

    Parli di un libro che ho in lista ma che leggerò come al solito con un po’ di invidia: avrei voluto nascere in America per fare lo scrittore di romanzi western

  • Daniele Imperi

    Mi pare di averti scritto che è nella mia lista da tempo. Prima o poi devo prenderlo.
    L’ultimo romanzo western moderno che ho letto è stato Quaranta frustate meno una di Elmore Leonard, e m’è piaciuto.

  • Elena

    Mai letto un romanzo western, piuttosto ho visto parecchi film, per la verità quasi tutti sorbiti più che scelti (eccetto S. Leone). E’ grave?
    Quoto una tua frase: “l’attenzione e l’equanimità dell’autore verso i personaggi li rende indimenticabili per il lettore”. Verissimo. E molto difficile da realizzare. Ma qualcosa da ricercare. Per saldare il lettore a un personaggio serve la libertà di sceglierlo.

    • Grazia

      Grave? Spero di no, visto che a me dei film western non è mai importato molto, nemmeno di quelli di Sergio Leone; figurarsi dei romanzi… ma questa incursione fuori dalle mie abitudini di lettura mi ha aperto una porta (quella sempre socchiusa, hai presente?).

  • Barbara

    Non ho mai letto un libro ambientato nel west… forse perché da bambina ero “costretta” a vedere fin troppi film e gli unici per me belli allora erano con i nostri Terence Hill e Bud Spencer (quindi alquanto comici).
    Se dovessi iniziare, partirò senz’altro da questo.
    Interessante invece la tua disamina su La verità sul caso Harry Quebert (che non avevo letto perché allora non “giravo per blog” ). Mi è piaciuta la serie tv, anche se già alla penultima puntata ho iniziato a dire che secondo me il cattivo era proprio quello lì… e la soluzione finale mi ha lasciato un po’ così, era scontata e buttata lì. Però l’ultima volta che ho portato dei libri nelle casette di legno al parco, quelle per il bookcrossing, ho proprio intravisto una copia del libro. Mi sono ripromessa di andare a prenderlo per leggerlo. Adesso non so, forse era uno dei pochi casi in cui il film è meglio del libro?!

    • Grazia

      Chissà. So solo che il libro proprio mi aveva fatto cadere le braccia. E sì che io sono la lettrice ideale, con poche pretese e tanta tolleranza alle assurdità…

  • Giulia Mancini

    Chissà perché i traduttori stravolgono sempre il significato del titolo dei libri e, spesso, anche dei film, me lo chiedo e non trovo risposta, che sia necessità di marketing? Mah! Molto bella la tua analisi, fa venire voglia di leggere il libro anche se, ti confesso, non amo molto il genere western, almeno per i film…(però ho amato molto Balla coi lupi, se si può considerare un western).

    • Grazia

      Nemmeno io sono un’amante dei film western, in realtà. La scelta di questo romanzo è nata soprattutto dalla curiosità, che ora chissà quale seguito avrà. Quella dei traduttori non la capisco proprio. Secondo me il traduttore non è così stupido da inventarsi un titolo senza senso; è qualcun altro in ambito editoriale che si fa venire in mente un titolo che “suona meglio” e lo impone, magari senza leggere il libro.

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