Scrittura

Scrivere la biografia

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Vi racconto le prime fasi del lavoro con Amela

Come vi ho accennato qualche settimana fa, in questo periodo sto scrivendo una biografia. È un’esperienza completamente diversa dal mio usuale scrivere di fantasia, e molto, molto interessante. L’unico segnale premonitore di questo è, se ci penso, la scoperta della biografia come genere da leggere, in tempi recenti. Che si sia creata qualche invisibile scintilla?

Di solito evito di parlare dei miei progetti in corso di realizzazione, almeno fino a quando non sono certa di come e quando verranno portati a termine. Mi è sempre sembrato un buon modo per restare con i piedi per terra e non fare la figura della puffarola, come si dice a Bologna per indicare le persone che parlano sempre dei loro progetti e non li realizzano mai. Questa volta, però, ho voglia di raccontarvi qualcosa. Anche per incuriosirvi, perché no?

Il lavoro procede a intermittenza, essendo legato agli incontri, dal vivo o su Skype, che riesco a fissare con Amela, la ragazza che mi ha proposto di raccontare la sua storia. Questo mi impegna il tempo in modo diverso dal solito, tanto da darmi l’impressione di stare scrivendo… senza scrivere.

La decisione di accettare la sua proposta è stata impulsiva e logica al tempo stesso. Le incognite ci sono: non ho mai scritto biografie; ho sempre lavorato di fantasia, anche nei miei racconti ispirati alla realtà. Inoltre collaborare con qualcuno implica una disponibilità ad accettare compromessi che di solito non mi appartiene. Il racconto scritto a otto mani qualche anno fa è stata illuminante… e deterrente!

Nonostante le incognite, quel giorno ho riconosciuto un’occasione. Non è ovvio, credetemi. So essere molto stolida in questi situazioni; stolida come una mucca, dico spesso (ci ho persino scritto un guest post su Less is Sexy). I miei progetti e schemi mentali, che vorrebbero essermi di aiuto, spesso oscurano il quadro e mi impediscono di dare ascolto all’intuito.

Nel caso della proposta di Amela ho detto di sì quasi subito, senza pensarci troppo, senza fissare paletti. Visto che non avevo cercato questa possibilità, ma mi era arrivata, ho accettato fiduciosa. Con tanti saluti alle incognite e ai miei schemi mentali.

Sembra un paradosso, ma non lo è. Trovo normale cercare di creare le circostanze migliori per fare progressi nelle proprie attività. I fatti, però, mi hanno dimostrato che questa è solo la condizione perché qualcosa di buono possa accadere; in pratica il terreno su cui possono attecchire gli eventi, che seguono una loro logica, a me spesso incomprensibile.

Foto di Couleur da Pixabay
Foto di Couleur da Pixabay

Amela mi racconta la sua vita a rate. Il materiale non le manca: da bambina ha vissuto la fuga da casa per lo scoppio della guerra in Bosnia, è stata ospitata in Svizzera come profuga, poi è tornata nel suo paese, dove ha ricevuto un’accoglienza da incubo… e questa, forse, è stata la parte più facile della sua vita. L’incidente per cui ora si trova su una sedia a rotelle è stato un nuovo punto di svolta, anche se non necessariamente nella direzione che si può immaginare.

Amela è un tipo tosto. Non del tipo di forza reattiva di chi sente di doversi vendicare della sorte. È tenace, ostinata. Ha idee chiare, che non sente il bisogno di vedere validate dalle persone che la circondano. Quando poteva muoversi, amava lo sport e le sfide; cercava l’adrenalina ed era anche spericolata, a volte, sebbene non sia stato questo a causare il suo incidente. Questa sua forza si è temprata nelle difficoltà e arricchita con le consapevolezze che ha acquisito nel tempo. Non ultimo, il suo senso dell’umorismo la rende una compagnia quanto mai piacevole.

Ascoltarla raccontare è un’esperienza curiosa per me. L’uso di una lingua terza, l’inglese, crea un’atmosfera da zona franca, in cui entrambe possiamo trovare un minimo distacco dal materiale raccontato. Questo mi tiene al riparo da reazioni emotive che mi renderebbero difficile il lavoro, e permette a lei di raccontare con maggiore facilità.

Io e Amela lavoriamo insieme da qualche mese, ma ci siamo incontrate solo una manciata di volte. Si può dire che ci conosciamo appena. Eppure il fatto che lei mi racconti la sua vita fino nei dettagli più personali, invece di generare imbarazzo, crea un’atmosfera rilassata, quasi di confidenza. Questo da parte mia, naturalmente. Spero di potervi raccontare prossimamente anche l’esperienza vista dai suoi occhi.  

Nel raccontare, Amela segue un suo filo personale. Questo significa che il materiale mi arriva in ordine più o meno cronologico, con le deviazioni e le interruzioni del caso. Ci sono parti del racconto che vengono riprese e approfondite più volte, altre che vengono omesse e poi ripescate, perciò seguiamo un percorso a zig-zag, che asseconda l’emergere dei suoi ricordi.

Questo modo di procedere è molto interessante. L’andamento stesso del racconto fa intuire tra le righe risvolti che potrebbero passare inosservati. A volte le mie domande sorprendono Amela e suscitano nuove riflessioni. Non si tratta quindi di un semplice passaggio di informazioni già pronte da Amela a me: è un processo vivo, in cui la comunicazione scorre nei due sensi. Spero che questa esperienza possa diventare un arricchimento per entrambe. Per me, lo è già adesso.

Perché Amela vuole raccontare la sua storia?

L’intento pratico è raccogliere fondi per la sua associazione, che fornisce supporto ai disabili in Bosnia, dove l’assistenza da parte dello Stato è molto carente. La motivazione interiore, però, è dimostrare che anche nelle situazioni più difficili c’è spazio per una vita degna di essere vissuta, e che la forza per trovarlo non è solo delle persone eccezionali, ma di tutti.

Credo anche che per lei raccontare in modo sistematico i fatti della sua vita sia un modo per elaborarli e dare loro la giusta sistemazione. La parola, come sempre, può ferire, ma sa anche guarire.

Ogni nostro incontro dura un paio d’ore. Lo registro con la funzione apposita di Skype e con il voice recorder. Il doppio supporto mi dà la tranquillità necessaria per ascoltare e porre domande in libertà, senza bisogno di prendere appunti.

Nell’intervallo tra gli incontri trascrivo in italiano ciò che Amela mi ha raccontato, non alla lettera, ma organizzandolo quanto basta per dargli una prima forma accettabile. I motivi sono due: desidero far leggere ad Amela le varie parti (suo marito è italiano) a mano a mano che le raccolgo, e sono convinta che questo renderà il lavoro successivo più semplice.

Il punto nevralgico nello scrivere la biografia di una persona è il rapporto con la realtà, nella forma come nella sostanza. L’invenzione non è contemplata, se non si vuole trasformare la biografia in un romanzo, e non è questo il caso. Esistono però diversi modi di raccontare la realtà, che possono suscitare impressioni diverse nel lettore. Dettagli possono essere omessi o sottolineati, si può cercare un effetto più sobrio o più drammatico. Le mie preferenze vanno alla forma più pulita e più aderente al racconto, perché si senta chiara la voce di Amela, ma solo quando arriverò a terminare la prima stesura potrò analizzare meglio questo aspetto.

Quando la storia sarà raccontata e trascritta per intero, ecco cosa intendo fare.

  1. Raccogliere le informazioni mancanti o da completare: nomi delle persone che compaiono nella storia, quando questo è possibile; date precise; dettagli tecnici, per esempio in ambito medico. Preferisco mantenere questa fase separata dal racconto, per non interrompere la sua scorrevolezza.

  2. Suddividere la biografia in periodi precisi.

  3. Fare una prima stampa del testo, su cui evidenzierò in modo diverso le parti che si riferiscono allo stesso periodo.

  4. Riorganizzare il testo, assemblando le parti omogenee con un primo copia-incolla, in modo da lavorare poi su un testo ordinato.

  5. Inserire le informazioni raccolte nella fase 1.

  6. Valutare la forma migliore per la storia, da proporre ad Amela.
    Ho già scartato alcune ipotesi iniziali, salvo ripensamenti finali. Per esempio l’idea di “ritoccare” la storia in modo da renderla più affascinante per il lettore, pur nel rispetto della persona e della verità dei fatti, è evaporata presto. Se io ascolto Amela raccontare con un’attenzione così sospesa, significa che la naturalezza del racconto è un valore da conservare. Per lo stesso motivo propendo nettamente per la prima persona.

  7. Lavorare sul testo fino a destinazione, e intanto…

  8. Valutare le modalità di pubblicazione, in base al bacino di lettori su cui Amela può contare e alla possibilità che il testo venga tradotto.
    Per ora considero valido l’approccio che uso per pubblicare le mie cose: prima scelta, cercare un editore importante che sia interessato; seconda scelta, autopubblicare. La visibilità offerta dalla grossa editoria non è raggiungibile tramite la semplice autopromozione, salvo situazioni particolari. Visto che parliamo di una raccolta fondi, l’aspetto economico sarà fondamentale.

Mi viene in mente in questo istante la possibilità del crowdfunding. Forse non è male come idea, considerata la finalità della pubblicazione.

In conclusione posso soltanto dire che sono felice di avere conosciuto Amela e iniziato questa nuova avventura, e la ringrazio per avermi permesso di parlare del nostro lavoro insieme, anche in questa fase iniziale.

Avete mai pensato di scrivere qualcosa di diverso dal vostro genere abituale?
Lo avete fatto, oppure qualcosa vi ha dissuasi?  

BOLLETTINO DELLO SCRITTORE
Oltre a lavorare con Amela nei tempi e modi che ci sono possibili, sto sistemando i primi capitoli della Nuova Storia… perché naturalmente ho deciso di cambiare alcuni presupposti e un personaggio. Protagonista.
Ah, sto anche preparando una proposta di traduzione da indirizzare ad alcuni editori. La traduzione scritta dall’inglese all’italiano è stata una mia grande passione, prima che la mia insegnante all’Istituto Interpreti e Traduttori di Bologna mi chiarisse che era impossibile entrare nel giro dei traduttori, con l’abbondanza di persone bilingui presenti in città, anche per via dell’Università. (Non sarò stata troppo rinunciataria, da giovincella? Avevo già scartato l’ipotesi di diventare etologa solo perché ai miei genitori sembravano studi senza un futuro…)

BOLLETTINO DEL LETTORE
Al momento sto leggendo Quando inizia la nostra storia di Federico Rampini, Giuramento di Brandon Sanderson e I Know Why The Caged Birds Sing di Maya Angelou. Ah, anche …che Dio perdona a tutti di Pif… ma arranco, non è proprio il mio genere. Perché lo leggo? Per stare in compagnia. Trovate notizie sul blog di Sandra Faè e su quello di Marina Guarneri.        

13 commenti

  • Sandra

    Davvero un’esperienza diversa questa della biografia, con gli incontri su Skype che trasformi in romanzo.
    Sto Pif non sta piacendo a nessuno, quindi grazie doppio che ti sei unita.
    ps. quanto detto dalla tua insegnante della scuola interpreti mi pare una grande sciocchezza, conosco diversi traduttori che non sono affatto bilingue e vivono di traduzione. La scuola interpreti avrei voluto fala tanto pure io, la mia prof. di inglese insegnava anche alla Silvio Pellico di Milano e ci raccontava alcune cose e io sognavo sognavo, ma dopo il diploma, sapevo che i miei non mi avrebbero pagato altri studi, e il lavoro mi aspettava.

    • Grazia

      Se la situazione lo richiede, bisogna adeguarsi. Io però mi sono adeguata per scarsa determinazione ed eccessiva fiducia nelle valutazioni altrui. Peccato non avere avuto più… attributi, ma mi sa che a quell’età sia normale.

    • Grazia

      A proposito di Pif: sapevo di avere poche chances, perché libri e film “divertenti” non mi divertono affatto! Non che io sia un funerale, ma per me risate e sorrisi devono essere occasionali, non fare da tema. Non è un problema, comunque: uscire dalle abitudini fa bene, stare in buona compagnia anche.

  • Marco

    No, mai pensato d avventurarmi in un genere diverso dal solito. Adesso poi che sono nel #progettoIOTA e ne avrò per un bel po’ di tempo, non ci penso nemmeno

    • Grazia

      Ottimo motivo per restare nel tuo cortile. Io poi sto incontrando soltanto difficoltà con il passaggio mystery-YA, perciò sono un esempio del fatto che è meglio NON razzolare in modo troppo vago. Questa biografia, però, è un discorso diverso.

  • Elena Ferro

    Non Ho un problema genere preferito, scrivo ciò che ho voglia di raccontare, esattamente come hai fatto tu con Amela. Mai confrontata con una biografia, ho sempre pensato che si potesse raccontare se stessi (magari un pò romanzando) o la vita di qualche personaggio già noto. La tua strada, dettata dall’istinto, è differente. Sono molto curiosa di vedere come va a finire. Buon lavoro!

  • Tenar

    Wow!
    Questo progetto mi sembra bellissimo. Hai per le mano una storia che deve essere raccontata e spero vivamente che la cosa vada in porto nel migliore dei modi. Oltre tutto dalla storia di Amela può uscire un libro di quelli che i miei ragazzi adorano leggere e di cui noi prof siamo sempre in caccia.

  • Cristina

    Il termine “puffarola” mi ha fatto sorridere, a Milano si dice “balabiott” per indicare una persona facile a mostrare entusiasmo e sicurezza, ma di scarsa capacità realizzativa. La tua esperienza mi sembra enormemente arricchente da tutti i punti di vista. Ne avevamo parlato a tu per tu, ma solo leggendo l’articolo scopro quanto il tutto sia coinvolgente e impegnativo. Mi auguro che tutto vada in porto nel migliore dei modi, e l’idea del crowdfunding mi sembra azzeccata.
    Per rispondere alla tua domanda, non ho mai pensato di scrivere una biografia, anche se alcuni me l’avevano proposto. Si trattava però di un lavoro quasi su commissione, per descrivere vite mirabolanti. Ora va di moda scrivere la storia dei futuri sposi, per esempio, come se fosse un romanzo e come regalo per le nozze. Messa in questi termini, non so se la cosa potrebbe interessarmi, al di là del mio scarso tempo a disposizione in questo periodo. Quello che stai portando avanti con Amela è un lavoro di spessore ben diverso.

    • Grazia

      Anche a me qualche anno fa è stato proposto di scrivere storie di sposi. Di per sé la scrittura è un po’ come il maiale per me: non si butta via niente; però mi sono immaginata storie fiacche da indorare, persone da compiacere, compromessi fino al tormento… e mi sono detta che no, non faceva per me. Come dici, con Amela è tutta un’altra situazione.

  • Giulia Mancini

    Stai facendo un’esperienza bellissima, la vita di Amela è proprio una storia da romanzo, solo a leggere questo post mi è venuta voglia di leggerla. Credo inoltre che per te sia anche una bella esperienza sotto l’aspetto umano perché implica una notevole empatia con l’altra persona per poterne raccontare la vita. A me non hanno mai proposto di scrivere una biografia, però non so se vorrei mai imbarcarmi in una simile avventura, dato l’impegno che sicuramente richiede (e lo scarso tempo che ho), però mai dire mai…

    • Grazia

      Hai ragione, mai dire mai. Altre proposte di scrittura su richiesta (come quelle per gli sposi, di cui parlava Cristina) non mi hanno mai tentata, ma Amela è un caso diverso.

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