Autopubblicazione,  Scrittura,  Vita da scrittori (e non)

5 motivi per scrivere con gusto

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Tra i tanti, ne ho scelti alcuni. Quali sono i vostri?

In questi giorni un po’ strani, con la realtà quotidiana che si rivela meno solida e rassicurante di quanto credevamo (ma lo credevamo davvero?), è inevitabile preoccuparsi, ma viene anche spontaneo rifugiarsi nelle cose buone alla nostra portata, quelle che ci fanno sentire bene. Scrivere è sicuramente una di queste, cui ci dedichiamo con gusto, come succede con la lettura. Leggere resta ancora al primo posto, per me, ma solo se assecondo la tendenza a ragionare per classifiche e categorie.

In realtà non basta rifuggire i media che parlano soltanto del corona virus e tenere a bada pensieri e paure che nascono in merito rifugiandosi in “altro”. Quello che sta succedendo richiede anche un’elaborazione, oltre che una fuga. I problemi esistono, la malattia esiste, la sofferenza esiste, la morte esiste. Non ci piace pensarlo, ma forse esserne più consapevoli può aiutarci a vivere meglio, dando alle cose il giusto valore.

Fatte queste considerazioni tutt’altro che originali, mi fa piacere tornare al tema del post e domandarmi, quasi con stupore: ma quanto ci si sente bene scrivendo?

Non posso generalizzare; ognuno vive la scrittura a modo suo. Personalmente non mi riconosco nel cliché dello scrittore malinconico e tormentato. Non corrisponde al mio carattere; per di più tutto ciò che ruota intorno allo scrivere mi fa sentire un topo nel formaggio, dagli aspetti creativi a quelli più tecnico-pratici che ho conosciuto con la pubblicazione da indie. Il vero tormento è desiderare scrivere e non riuscirci, semmai.

Ci sono però degli aspetti/momenti dello scrivere che trovo decisamente speciali. Forse non sono quelli più eccitanti, perché tendo a preferire la serenità ai picchi di adrenalina, ma mi fanno sentire in paradiso.

Si può scrivere con gusto anche su un muro...

Scrivere tranquilla

In particolare dopo i periodi in cui mettere insieme due paragrafi è come far quadrare il cerchio – vorrei parlarne al singolare, ma negli anni questi periodi capitano – il fatto di sedermi alla scrivania, aprire il file della storia e buttare giù una parola dopo l’altra, semplicemente, senza pressioni e senza preoccupazioni, è davvero fantastico.

In un certo senso, come spesso succede, è proprio l’esistenza della difficoltà a rendere più gustoso scrivere con agio. Sembra semplice sviluppare un’idea, formare una frase, creare una metafora, ma accidenti, non sempre lo è. Quando invece scrivo come se… ecco, come se lavorassi a maglia, mi calo in uno spazio calmo dentro di me, dove il tempo non esiste e sono libera.

Allora potrei andare avanti in eterno, o almeno così mi sembra, anche se poi la vita mi chiama, sotto forma di cane, di cena o di incombenza. Ma anche essere estratta dal mio mondo immaginario per motivi prosaici non è fonte di fastidio o frustrazione, perché la gioia che mi ha dato la seduta di scrittura si diffonde nella giornata e mi fa andare in giro con il sorriso sulle labbra. Ho potuto fare ciò che mi piace fare, ciò che forse sono chiamata a fare. Che privilegio.

Fatto!

Collegata alla gioia di scrivere tranquilla c’è anche quella della piccole-grandi scadenze: il capitolo, il romanzo, la revisione, la pubblicazione, sono finiti. È sempre un traguardo raggiunto, e lo saluto con soddisfazione, interiore e a volte… liquida, con un brindisi. (Al momento sceglierei il Manhattan, come aperitivo.)

La soddisfazione non ha necessariamente a che vedere con la qualità di ciò che ho prodotto. Saranno i lettori, il tempo e forse gli editori a dire la loro in futuro. Intanto però ho portato in salvo un pezzo del mio lavoro dalle sgrinfie dei dubbi e del mio critico interiore, quel gaglioffo che insiste a dirmi che non vale la pena di impegnarmi tanto per poi raggiungere una manciata di lettori. Quanti siano i miei potenziali lettori non posso saperlo, ma non lo sa nemmeno lui!

Qualcuno mi sta leggendo

Qui mi ricollego al discorso numeri: vendere copie dei propri libri dipende da tanti fattori. Se scrivi gialli o romance, per esempio, al momento hai più chances di uno scrittore di fantascienza. Per questo valutarsi in base alle vendite non ha senso, come spiegavo nell’articolo Bilancio di un romanzo.

C’è però un valore innegabile nel sapere che c’è sempre qualcuno che mi legge, anche un lettore soltanto. Mi dà la percezione di raccontare storie a un pubblico, sennò che razza di raccontastorie sarei, seduta da sola accanto al fuoco, a parlare come una demente? Questa possibilità importante potrebbe arrivarmi dall’editoria, ma al momento mi viene offerta dall’autopubblicazione. Infatti…

Il manoscritto non resterà nel cassetto

A meno che io non lo trovi mal riuscito. Non considero sacro a prescindere tutto ciò che esce dalle mie mani. Ma scrivere una storia – una buona storia, magari – e dovermi domandare se qualcuno mai la leggerà, questo è uno stato mentale che ho abbandonato con grande sollievo, grazie all’autopubblicazione. Non ho idea se un editore sarà interessato alla Nuova Storia, ma so per certo che il mio lavoro incontrerà i lettori a tempo debito. Se due o duemila, non lo so, e in fondo non mi serve saperlo.

Queste mie considerazioni sull’autopubblicazione – vorrei specificare – non sono un’esortazione a tentare la stessa strada. Fare tutto da sé può piacere, anzi, può dare assuefazione, ma comporta anche una buona dose di lavoro aggiuntivo, e i risultati possono non essere all’altezza delle aspettative. Non è il Paese dei Balocchi, insomma. Una bella opportunità, sì.

Il personaggio si libera

Anche questo è un bel momento: nella mia scaletta ho previsto alcuni eventi, e comunque un avanzamento della storia in una certa direzione. Scrivo la scena, la termino – quindi finisco il capitolo, per le mie abitudini – e scopro di essere andata in una direzione imprevista: i personaggi hanno deciso di insubordinarsi.

Non è un problema, è un’interessante imprevisto. Mi segnala non solo che i personaggi sono reali nella mia immaginazione, ma anche che la mia pianificazione della storia non è così rigida da ostacolarmi mentre scrivo. Di solito questo non mette in dubbio il progetto iniziale, ma crea percorsi alternativi che si ricollegano a esso più avanti; a volte, invece, nascono delle vere modifiche, perché le idee, si sa, non vanno mai cestinate senza prima averle guardate bene in faccia.

Quando arrivano i periodi-no, il ricordo di questi momenti è come il canto delle sirene e mi attira di nuovo verso la scrittura. Forse è così anche per voi?

BOLLETTINO DELLO SCRITTORE
Mi restano quattro registrazioni da trascrivere per avere tra le mani il materiale grezzo da cui dovrà uscire la storia di Amela (ne ho parlato QUI). Tradotto in tempo, si tratterà di 24 ore di lavoro, suppergiù. Dopo ci aspetta una fase molto più delicata, quella in cui dovremo decidere quale forma dare alla storia perché possa rivolgersi a ogni lettore, e non solo ai lettori con disabilità. Una sfida niente male. La Nuova Storia, intanto, procede a passo rilassato ma vivace. Mi sono già innamorata dei due protagonisti, che al momento hanno problemi pressanti da affrontare.   

BOLLETTINO DEL LETTORE
Non so bene se leggo più lentamente che in passato, oppure – sì, è anche questo – mi scelgo sempre volumi corposi. Sta di fatto che da un paio di settimane sono impegnata nella lettura di due libri: uno è Gente indipendente di Halldór Laxness, che Marco Freccero mi ha fatto conoscere in questo articolo (se preferite il video, lo trovate QUI); l’altro è An Echo in the Bone di Diana Gabaldon, settimo volume della saga Outlander, che comprende i libri 12 e13 in lingua italiana. Sospeso – ma lo riprenderò presto – All the Pretty Horses di Cormac MacCarthy; appena iniziato Books, autobiografia di Larry McMurtry.   

16 commenti

    • Grazia

      I nordici hanno una sensibilità strana, o forse un modo strano di esprimerla, rispetto alle nostre abitudini, anche se c’è chi si è uniformato allo stile dominante. In Larsson, per dire, non trovo questa particolarità, in Paasilinna sì. Gente indipendente è straordinario. Grazie a te per il consiglio di lettura, quindi!

  • Giulia Mancini

    Mi riconosco in molti tuoi punti, anch’io quando riesco a scrivere tranquilla con quei momenti speciali in cui le parole scorrono veloci nella mia mente e riesco a trasporle sul computer mi sento molto felice, sì proprio quella sensazione che ti fa girare con il sorriso sulle labbra.
    Accade anche di programmare una scena e poi dover seguire quello che mi suggerisce il personaggio che vuole andare in tutt’altra direzione. È anche questo che mi fa tornare la voglia di scrivere, sempre che ne trovi il tempo e lo spirito (che con questo virus si sta abbassando parecchio).

    • Grazia

      È un periodo davvero difficile; non è facile avere la mente sgombra per dedicarsi a niente. Speriamo in un’evoluzione meno cupa e più rapida di quella che si ipotizza.

  • Luz

    Il mio approccio alla scrittura è molto simile al tuo. Ecco perché non capisco perché si struggano tanto coloro ai quali manca l’ispirazione.
    La scrittura è un’attitudine, potente al punto di non poterne fare a meno, ed è esattamente il piacere intriso di pace e serenità che descrivi tu.
    Certo, non mancano i momenti difficili, ma deve essere essenzialmente questa attività serena.

    • Grazia

      In questo post ho presentato quello che per me è il lato più solare della scrittura, ma non sempre la vivo così. Allora anch’io mi struggo, come per un amore non corrisposto. L’animo umano è complicato…

  • Cristina

    La scrittura deve farti star bene, tutto il resto è un corollario. Se viene a mancare l’essenza, c’è qualcosa che non funziona. E il personaggio che ti contesta indica che sei sulla strada giusta!

  • Maria Teresa Steri

    Che belle riflessioni, Grazia, arrivano al momento giusto per me. Ogni tanto ho bisogno di ricordarmi perché mi piace scrivere! Condivido molto i punti che hai elencato, dal primo all’ultimo. Mi piace in particolar modo immergermi nella storia, come una parentesi tutta mia, una sorta di realtà alternativa da vivere. Ora sono un po’ in crisi d’astinenza perché non ho ancora ripreso a scrivere e tutto questo mi manca.
    Ci sono aspetti bellissimi nella scrittura, è giusto ricordarsene come hai fatto.

    • Grazia

      Mi immedesimo molto nella tua fase post-creativa… la conosco così bene! Dopo il sollievo c’è quel momento di vuoto, ma poi cervello e cuore ripartono…

  • MikiMoz

    Grazia, finalmente riesco a commentare!
    Allora, anche io rifuggo dalla figura del “maledetto” o “sofferente”, viva la vitalità
    La vediamo uguale sul pezzettino conquistato: anche piccolo, è un capitolo chiuso e archiviato, serve a fare altro, a passare ad altro.
    Idem per i personaggi che “vanno da sé”, è una cosa che amo. Si decidono i punti essenziali ma il resto… che lo vivano pure da loro, per conto loro!

    Moz-

  • Lisa Agosti

    Che bella sensazione quando si può dire “fatto!”
    Anche solo postare il blog mi fa sentire euforica per qualche ora. Vorrei che i blogger ricevessero immediatamente l’avviso del nuovo post per poter ricevere commenti istantanei come sui social.

    • Grazia

      Dobbiamo inventare il post in streaming, così mentre lo scriviamo abbiamo già i lettori del blog che ci osservano e commentano. No, però non è una grande idea… cosa non vedrebbero, a volte, prima che il post fosse finito!

  • Barbara

    Mi ci ritrovo nelle tue considerazioni. Ed è pure per ritrovare la voglia di scrivere che ogni tanto mi rileggo un mio racconto, solo per ricordarmi le emozioni del mentre lo stavo scrivendo. Funziona molto bene anche con la musica che vi associo e mi è capitato giusto domenica mattina sul tapis roulant, quando mi sono trovata a riascoltare una canzone di LP che avevo usato come colonna sonora di una storia rosa… occhi a cuoricino, sorriso ebete e i miei piedi che correvano a mezz’aria. Nonché la voglia di scrivere. Poi ho acceso il telegiornale e m’è passata…

    • Grazia

      Anche a me piace ogni tanto rileggere qualche mio vecchio racconto, un po’ perché mi piace l’effetto “ma l’ho scritto io?”, un po’ perché anche a me ricorda il piacere di scrivere. Sono piccole cose, utili e piacevoli però.

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