La revisione del romanzo: la fase finale
Cosa controllare, quando tutto è già stato controllato?
Non potrei parlare di altro, in questi giorni dedicati alla revisione del romanzo per Amazon Storyteller 2020. Prima di iniziare a raccontare qualcosa che spero possa essere utile anche a chi legge, vi passo il link all’intervista dell’editor e consulente editoriale Stefania Crepaldi a Riccardo Bruni, in cui si parla proprio del concorso. È lunghetta, ma può aiutare a chiarirsi le idee, se si hanno dubbi sulla partecipazione.
Revisione, dicevo. Con inclusa la sorpresa di avere molto più lavoro da fare di quanto avevo preventivato. Fino a quando non metti le mani nel calderone, non sai mai cosa ci sia dentro! Dopo qualche anno dalla stesura e dalla revisione sommaria, era difficile prevedere quanto fosse cambiato nei miei gusti e nel mio stile, perciò sgobbo senza lamentarmi.
Ogni romanzo è sotto ogni aspetto un’esperienza diversa da quelli che lo hanno preceduto. Non si rimettono mai i piedi nelle stesse orme. Ho notato che nelle mie prime revisioni rimanevo molto ancorata al mio modo istintivo di esprimere i concetti, anche dopo il periodo di decantazione del testo, cioè la pausa tra la fine della prima stesura e la correzione. In teoria qualche mese doveva bastare a riguardare il romanzo con occhi semi-nuovi, ma evidentemente c’era un grande divario tra quello che percepivo come il mio modo di scrivere una frase e gli infiniti altri modi possibili.
Adesso non è più così. Mi sento a mio agio con tanti modi di dire e raccontare. Cerco di distinguere il loro effetto sul testo e le atmosfere che creano per scegliere quello migliore. Essere me stessa è diventato meno vincolante. Questo rende il lavoro di revisione più impegnativo, ma anche più soddisfacente.
Quando il mio agente, dopo avere approvato questo romanzo, lo definì “un po’ troppo di pancia”, non capii cosa volesse dire, ma adesso ne ho un’idea. Avevo scritto la prima stesura di getto, dopo una pianificazione della storia poco dettagliata. L’esperienza del libero flusso di parole mi era piaciuta molto… ma essermi dovuta fermare a una prima revisione sommaria aveva creato un problema.
Deve esserci un equilibrio tra pianificazione, prima stesura e revisione. Con una scaletta scarna e una prima stesura istintiva, serve che la revisione restituisca alla storia la parte razionale mancante. In mancanza di questo, la storia rimane grezza. Potente, forse, ma non ben modulata e rifinita. Quando invece c’è una pianificazione preliminare dettagliata e la prima stesura è più controllata, la revisione avrà caratteristiche diverse. Si tratta sempre di aggiungere ciò che manca e tagliare ciò che è di troppo, alla fine.
Non sono quindi d’accordo con la teoria che si debba cercare la propria voce nello scrivere il più possibile a briglia sciolta. Si può farlo, certo, ma prima o poi il controllo, la misura e la rifinitura devono svolgere la loro funzione.
Questo mi sembra normale se penso che il lettore non è me. Devo accompagnarlo nel mondo della mia storia in modo rispettoso anche dei suoi gusti, oltre che dei miei. Rientra nei principi base della comunicazione, o almeno io la vedo così.
La revisione è un argomento che ho trattato più volte, da quando ho aperto il blog nel 2012, ma non vi propongo materiale riscaldato. Ogni revisione ha cambiato il mio modo di affrontarla e i punti su cui ho focalizzato l’attenzione, perciò il mosaico si completa un pezzo per volta. Per comodità, riporto nel riquadro sottostante i link ad altri articoli, miei e altrui, sull’argomento.
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Quella che descrivo oggi è una revisione finale, quella che porta al testo pronto. A questo punto non dovrebbero essere rimasti problemi di struttura, trama, personaggi. Qualcosa però può ancora richiedere una messa a punto.
Alcuni passaggi possono essere troppo repentini. Sapere già cosa i personaggi pensano e stanno per fare ci può rendere bruschi del mostrare i loro processi mentali e nel creare un crescendo per le loro emozioni. Quando non c’è la progressione giusta, non si raggiunge un buon livello di tensione e azioni e reazioni sembrano insensate.
C’è ancora più di quello che serve. Anche dopo avere tagliato, tagliato & tagliato tutto il superfluo, qualcosa di inutile è rimasto a rendere lo stile più annacquato. Non siamo tutti dei Raymond Carver, ma quella manciata di parole inutili… è inutile.
Qualche termine è da sostituire con un suo parente meno banale e più preciso.
Mancano alcuni dettagli sensoriali, soprattutto non visivi. Aggiungerli è facile, basandosi sul vecchio principio “pochi, ma buoni”. Senza questi dettagli, sembra che i personaggi recitino in una bolla d’aria isolata dal mondo.
È utile un ultimo controllo sulle battute dei dialoghi, leggendole ad alta voce. Quante ce ne sono in fila, senza che compaia una breve frase a chiarire chi sta parlando, come si muove, che espressione ha?
Vale la pena di rivedere anche la frase iniziale e quella finale, più le aperture e le chiusure dei capitoli. Spesso c’è qualcosa di troppo, o di non abbastanza affilato, anche lì.
I tormentoni sono sotto controllo? Possono essere metafore, personaggi, scene, luoghi, strutture di frasi che abbiamo tirato fuori troppo spesso, non solo all’interno del romanzo in revisione, ma nei diversi romanzi che abbiamo pubblicato o stiamo per pubblicare. Sembra un discorso da grandi scrittori, ma con la possibilità della pubblicazione indipendente questa eventualità non è affatto remota. Meglio allontanarla prima che la cosa venga segnalata dai lettori nelle recensioni.
Come va il ritmo? Alternare frasi brevi e lunghe, con o senza subordinate, partendo con il soggetto o con un complemento, sono tutte possibilità di rendere la storia piacevole all’orecchio e non noiosa. Troppe frasi consecutive da tre-quattro parole, per esempio, smettono di essere incisive per iniziare a sembrare il suono di un tamburo. Leggere ad alta voce aiuta a rilevare i problemi di ritmo.
Meglio non seguire pedissequamente certi consigli di scrittura creativa (malintesi). C’è chi dà la caccia agli avverbi in –mente, al verbo “fare” o al sostantivo “cosa” come se fossero delinquenti. In realtà è tutta una questione di misura e di situazione. Nei dialoghi, per esempio, “ho fatto una cosa importante” suona spontaneo. Vogliamo sostituirlo con “ho portato a termine un atto di grande rilevanza”? Dipende dalla situazione.
Se abbiamo scritto la storia avendo in mente dei temi ben precisi, vale la pena di verificare di non averli serviti già belli e pronti al lettore nelle prime pagine. Chi non preferirebbe scoprirli poco alla volta, proseguendo nella lettura?
Ci sono momenti in cui l’emozione dei personaggi viene presentata in modo esagerato? Spesso astenersi dagli eccessi – che possono anche scadere nel melodramma – rende l’emozione in oggetto più intensa per chi legge.
C’è qualche scena dal contenuto “povero”? Piuttosto che lasciarla lì a fare niente, oppure aggiungerci materiale poco utile, meglio vedere se è possibile combinarla a un’altra scena. A volte si può ridurla al flashback di un personaggio, se non eliminarla del tutto.
Il materiale interessante per il lettore è stato drammatizzato, cioè espresso sotto forma di scena? Ne parlo nell’articolo Scrivere un romanzo: la scelta delle scene.
Naturalmente molti altri elementi possono richiedere modifiche in questa fase, ma si spera che non sia così. In definitiva il romanzo sta per fare il suo debutto!
Cosa lasciate per la fase finale delle vostre revisioni?
C’è qualche problema che vi capita spesso di dover risolvere?
BOLLETTINO DEL LETTORE
Al momento sto leggendo La vita quotidiana dei Vichinghi di Régis Boyer e Be As You Are – The Teachings of Sri Ramana Maharshi, a cura di David Godman. Il prossimo in lettura sarà La realtà non è come appare di Carlo Rovelli.
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.
24 commenti
Marco
Ho fatto fuori un capitolo dal romanzo che sto scrivendo. Parte di quello che conteneva è confluito in quello seguente, ma buona parte è stato eliminato.
Ho una lista delle “cose” da verificare ed eliminare: i “ma”, “però”; “cosa”; “cose”, eccetera eccetera. Occhio anche alle forme impersonali.
Insomma: un lavoro divertente (perché se non lo è, diventi matto).
Grazia
Sì, proprio! Io ho lavorato su un capitolo per un paio d’ore, cercando di farlo funzionare, poi l’ho trasformato in un paragrafo striminzito nel capitolo successivo. Dura la vita, per un capitolo quasi inutile.
Emanuela Navone
Di solito nel mio caso mi accorgo che scene fondamentali vengono scritte troppo in fretta, come se avessi voglia di passare oltre, e durante la revisione cerco di darci più intensità. Grazie per l’articolo, come sempre interessante ed esaustivo
Grazia
A me succede soprattutto con scene che non gradisco (per esempio di violenza) o che temo di non riuscire a scrivere bene (climax, momenti cruciali). Dopo bisogna lavorarci su. Grazie a te per l’apprezzamento.
Giulia Mancini
Durante la revisione spesso mi accorgo di alcuni errori o imprecisioni, questo perché il tempo della scrittura è lungo, invece con la revisione rileggo tutto più velocemente e riesco a cogliere più facilmente eventuali incongruenze. Una volta, per esempio, in uno dei miei thriller mi sono accorta che svelavo un particolare troppo presto e così ho spostato il capitolo più avanti.
Per il resto mi rendo conto che faccio pochi tagli, forse perché ogni parola che scrivo è meditata e soppesata a lungo, salvo momenti in cui sono presa dal sacro fuoco e scrivo di getto…allora sì, qualche taglio serve.
Grazia
Io riesco a trovare incongruenze e sviste macroscopiche, a volte. Anche lasciando passare del tempo, non si riesce a diventare del tutto neutri rispetto al testo.
Elena
Ummamma, rileggerti mi ha fatto tornare l’ansia da revisione! Sei alla fine di qualcosa?
I tuoi suggerimenti sono utili, d’altra parte è proprio ciò che serve fare. Personalmente faccio anche una revisione della coerenza del testo, anche random. Qualcosa mi scappa sempre. In ogni caso sono d’accordo con te : scrivere di getto fa tanto fine ma poi ti costringe a un lavoraccio… A meno che tu non sia un genio. In tal caso, chapeu!
Grazia
Non mi sento nemmeno io un genio, perciò chapeau anche da parte mia a chi lo è… se c’è. Sono convinta che anche i geni sgobbino come matti, anche più di noi. (Sto finendo la revisione del romanzo da proporre ad Amazon Storyteller entro agosto.)
Ariano Geta
Il momento della revisione finale è sempre quello più complesso perché balzo costantemente dal punto di rilettura in corso ad altri punti della storia attinenti per essere certo che vi sia la giusta coerenza interna narrativa. E inevitabilmente c’è da cambiare qualche parola, qualche frase, e li sorge il dubbio inevitabile “Sono sicuro? Va davvero modificata?”… E poi a ogni rilettura di correzione si accompagna un senso di ripetizione, di attività ripetuta, quindi bisogna fare in modo di non perdere il livello di attenzione necessario a non lasciarsi sfuggire qualsiasi tipo di inesattezza…
Insomma, se poi alla fine qualche lettore si complimenta per il racconto/romanzo è già una soddisfazione sufficiente a ripagare tutto il lavoro. Però elaborare la revisione finale di un testo di media lunghezza (superiore alle cento pagine) non è così semplice come talvolta pensano certe persone che immaginano che chi scrive ha una sorta di dono naturale e le parole e le frasi gli vengono di getto nella stessa forma in cui appaiono nella versione finale. Magari fosse così!
Grazia
Davvero! E quanto hai ragione sul fatto che si deve evitare la desensibilizzazione prodotta dalla ripetizione. A volte mi trovo a pensare: “Non sarà un po’ noiosa questa parte?”. Poi mi rendo conto che per forza mi risulta noiosa, dopo che l’ho riletta e ri-corretta cento volte…
Daniele Imperi
Il ritmo sicuramente, e anche alcune parole da sostituire, frasi da migliorare.
Infine controllo le ripetizioni, il numero di avverbi in -mente, i vari “che” ché qualche volta ne escono troppi.
Grazia
Urgh, i “che” sono una brutta bestia anche per me. Se non ci sto attenta, metto una relativa a ogni riga.
Maria Teresa Steri
Ho anche io un elenco di aspetti da rivedere, in aggiunta a parole e modi di dire che ho la tendenza a ripetere troppo spesso. Di solito però arrivo alla fase finale con un testo già riletto molte volte, perché non riesco a fare una prima stesura senza rileggere e correggere man mano i capitoli. Una brutta abitudine che non mi toglierò mai. La revisione finale comunque è una fase necessaria, a prescindere da quanto il testo sia stato rivisto.
Bello quello che hai detto all’inizio sull’essere se stessi. E’ una sensazione che ho provato anche io con il mio ultimo romanzo. Molto liberatorio.
Grazia
Non so se sia davvero una brutta abitudine, quella di ricorreggere in corso d’opera. Si dice che lo sia, e forse è vero che imbriglia troppo presto l’impulso creativo, ma sono convinta che ognuno riesca a trovare un suo equilibrio – sempre mutevole – quando scrive da molto tempo. Forse sul breve termine non è possibile.
Lisa
Le correzioni non finirebbero mai… a rileggersi anche dopo anni si trovano sempre dei miglioramenti, o anche semplici cambiamenti che magari un giorno piacciono e un altro no. Ecco perché esistono gli editori!
Gli avverbi in -mente non andrebbero tolti. Tanti libri che amo ne sono pieni zeppi.
Per me scrivere in terza persona è complicatissimo, è tutto un “lui disse” “lei guardò” “le rispose” “gli pensò” e le subordinate si moltiplicano, è tutto un che, cui, quale. Mentre scrivo mi distraggo perché cerco di migliorare la grammatica e l’esposizione e finisco per perdere il filo. Ti è mai capitato?
Grazia
Eh sì, in terza persona si devono fare i salti mortali per attribuire le battute ai vari personaggi. A volte perdo la pazienza anch’io, però mi piace cambiare persona e tempo verbale, perciò sopporto, sperando che il risultato sia comunque buono.
Sandra
A volte tendo a tirare un po’ via il finale e a sprecare scene belle nel mezzo dedicando solo poche righe. Vero, ogni romanzo e relativa revisione è storia a sè, ma magari tendiamo a ripetere certi comportamenti. Io ho notato una cosa: è sempre difficile dirsi “ok, adesso ho finito e lo invio” ma non sempre i lavori più revisionati sono quelli che vengono accolti nella maniera migliore, anzi, a me capita spesso il contrario.
Grazia
A volte la storia ha una forza propria tale che la revisione accurata rischia di smorzarla, anziché valorizzarla. No, non è affatto semplice.
Barbara
Sulla revisione dei racconti è facile, è tutto lì. Alla prima rilettura già ti accorgi delle ripetizioni, delle parole che suonano male, del ritmo. Sulla revisione di un romanzo… ogni volta che vi leggo mi viene male! E sarà mica quello il motivo per cui manco riesco a finire la prima stesura?!
Grazia
Sarebbe davvero un pessimo risultato! Però in effetti la differenza c’è, e non è solo quantitativa. Finisce sempre che ci si mettono le mani nei capelli, almeno sul finale… come succede a me adesso!
Rebecca Eriksson
Sono una sognatrice, non una scrittrice, ma metto i miei sogni nero su bianco. Adoro rivederli dopo anni per ridere della mia ingenuità e di tutti i miei errori. Ho palesi lacune grammaticali, per fortuna con gli anni miglioro un po’. Poi devo sicuramente tagliare… troppi dettagli, troppe cose superflue che ho l’istinto di inserire e non riesco a trattenermi dallo scrivere. Devo stare attenta anche alle frasi di negazione, ne uso fin troppe. Ne ho di strada da fare.
Grazia
Anch’io devo speso ripulire i testi dalle troppe negazioni, oltre che dalle troppe avversative (…, ma). Anche da avverbi come “davvero” e “proprio”, adesso che ci penso.
Cristina
Nella revisione mi imbatto spesso in problemi strutturali, come il fatto di dover spostare una scena o inserirne una nuova. Come sai, specialmente nei miei ultimi lavori il piano temporale è piuttosto articolato… nel senso che mi complico la vita da sola!
Per quanto riguarda i cosiddetti tormentoni, è vero! Nel mio ultimo romanzo ho notato una predilezione per certi aggettivi, come “paffuto”. Sono del tutto d’accordo che gli aggettivi in -mente non hanno mai fatto del male a nessuno e hanno una loro sonorità. Spesso è una questione di mode: c’è il periodo in cui si demonizza questo o quello. Presto si aprirà la caccia grossa al punto e virgola o al congiuntivo.
Grazia
Si è già aperta, sia per il punto e virgola che per il congiuntivo! Il primo ormai sembra possibile soltanto in testi seriosi e antiquati, il secondo è stato adottato nel colloquiale e automaticamente nello scritto, anche se fa un effetto diverso. Lo dico da persona sensibile a questo tipo di mode, quindi non indignata. Solo a volte mi sembrano cambiamenti poco sensati, oppure troppo repentini. (I piani temporali dei tuoi lavori mi fanno tremare le vene e i polsi al solo leggerli! ;))