Scrittura,  Vita da scrittori (e non)

I commenti del lettore

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Cosa borbotta quando è da solo, con il libro in mano?

Bentrovati! Queste sono gelide giornate di sole, dalle mie parti, e finalmente siamo in luna crescente. Non sono un’esperta degli effetti delle fasi lunari, ma di una cosa sono sicura: dopo due settimane di attività ininterrotta, finalmente motoseghe e decespugliatori selvaggi taceranno per un po’. Eh sì, la legna si taglia a fine inverno, con la luna calante.

Per me è un dispiacere costante in questo periodo, perché non si salva niente. A parte i tanti alberi abbattuti, altri vengono capitozzati, ovvero mutilati in maniera orribile, senza una vera ragione, visto che esistono forme di potatura più armoniose e altrettanto efficaci. Se ne parli con gli interessati, ti dicono che così la pianta (o il bosco) “è più in ordine”! Che dire, poi, dei cespugli a lato della strada, stracciati dall’azione del braccio infernale montato su trattore?

Non mi piace camminare nella natura e covare questa rabbia sorda verso l’insensibilità umana. Eppure c’è poco da fare: vivo in una regione dove si guarda un albero e si vede legna da ardere (albero secolare = più legna da ardere!), oppure una potenziale minaccia per i preziosi esseri umani. Un oggetto, comunque, non un essere vivente. Temo che regioni così ce ne siano tante. Ragionando in questo modo – ordine, utilità, noncuranza – potremo presto vivere gioiosamente tra asfalto e cemento, mentre in altri paesi, più evoluti di noi, si adottano pratiche più sensate e rispettose.

Non voglio dire che la Natura vada messa in una teca, dove nessuno la possa toccare. Siamo uomini, camminiamo sulla Terra e dobbiamo anche utilizzarla per le nostre esigenze; ma c’è modo e modo.  

Chiusa questa triste parentesi (che in realtà si chiuderà soltanto con la ripresa vegetativa), vi passo una notizia rapida, prima di entrare in argomento: fino a mercoledì potete scaricare gratis su Amazon l’ebook di Veronica c’è. Se finora lo avete sbirciato dubbiosi, è il momento giusto per fugare ogni dubbio.

In questo periodo ho spesso in mente il rapporto tra autori e lettori. Mi domando, in particolare, quanto sia presente per me il lettore quando scrivo. Perché c’è, senza dubbio, e sono contenta che ci sia. Spesso sento dire che lo scrittore, in quanto artista, non dovrebbe lasciarsi inquinare da fattori esterni come i gusti dei lettori. Ma è davvero così?

Si scrive per comunicare, come dicevo in questo articolo. Le storie nascono per essere raccontate. Perciò mi sembra normale, mentre delineo la trama o durante la revisione, domandarmi cosa posso fare per aiutare il lettore a vivere una bella esperienza. Evocarlo soltanto in occasione della pubblicazione del libro non sarebbe molto gentile…

Siamo nell’avventura entrambi, fin dall’inizio. Io prendo posto alla guida. Il lettore sale e si sistema nel sedile posteriore (al mio fianco sarebbe una presenza troppo ingombrante). Non ha idea di dove andremo, ma per qualche motivo ha deciso di fidarsi di me, almeno per qualche ora, per scoprire dove lo porterò. Ho scelto io il viaggio e le sue tappe, so cosa gli voglio mostrare. A questo punto spero che per entrambi sarà tempo speso bene.

In quale misura io riesca nel mio intento, è da vedersi. Certo ci sarà sempre, finché continuo a scrivere e pubblicare, qualche lettore scontento. A volte si manifesterà con una recensione critica; altre volte borbotterà tra sé i suoi commenti e non acquisterà altri miei libri.

Le critiche, nel migliore dei casi, possono aiutarmi a individuare i punti deboli delle mie storie. Quei commenti mugugnati in poltrona, però, sono proprio fuori dalla mia portata. Male, malissimo! Perciò durante la revisione, quando trovo un punto della storia che non mi convince, vesto i panni dell’avvocato del diavolo e cerco di immaginare i commenti a mezza voce del lettore – gli stessi che faccio spesso anch’io, mentre leggo – e di trovare una soluzione.

Ho capito, quindi…?

Mi sto dilungando troppo su qualcosa di poco interessante.

Cerco un modo per rendere più saporita quella parte, se proprio ci tengo a mantenerla; se invece posso tagliare, taglio. A volte mi sto dilungando sui miei argomenti preferiti, ma si sa, non è detto che li preferiscano anche gli altri.

Chi sta parlando?

È fastidioso dover rileggere daccapo un dialogo per capire chi dice cosa. A me succede spesso, perché leggo velocemente, perciò peggioro il problema.

Rileggo ad alta voce tutti i dialoghi (ma lo faccio anche con il resto), per poi inserire le varie azioni e attribuzioni (“x disse”) necessarie a chiarire quale personaggio stia parlando.

Ma figurati!

L’ho sparata troppo grossa, oppure troppo improvvisa.

Ripenso ai motivi per cui ho inserito quel preciso colpo di scena. Se non ne trovo, ho un grosso problema, che avrei dovuto affrontare ancora prima di iniziare a scrivere (la pianificazione serve anche a questo). Se invece li trovo e mi convincono ancora, devo trovare il modo di seminare indizi nelle pagine precedenti, senza essere troppo scoperta, perché il lettore possa dire “figurati!”, ma subito dopo pensare “però, in effetti…”. Anche alle sorprese serve un po’ di supporto.

L’ho immaginato fin dall’inizio.

Ho fatto una scelta banale, che rende prevedibile quella svolta della storia.

Se la scelta in questione è fondamentale e non voglio metterla in discussione, devo trovare il modo di valorizzarla. Posso inserire, accanto al banale, qualcosa di inaspettato, oppure una complicazione. L’importante è che il lettore si distragga da quella sensazione di già letto e già visto.    

Non capisco.

Eh già, il lettore sa soltanto quello che gli ho già raccontato, non tutta la storia.

Mi piace di più aggiungere indizi che spiegazioni vere e proprie. Se invece le spiegazioni sono necessarie, cerco di inserirle in un dialogo, in modo da evitare l’effetto scuola.

Ma questo personaggio è stupido?

Esistono personaggi di ogni tipo, ma lo stupido non lo vorrei nelle mie storie. Strano, cattivo, magari un po’ lento nelle reazioni, va ancora bene. Stupido, no.

Se il personaggio sembra stupido, è perché io l’ho reso tale, quindi posso… aggiustarlo. Fermo restando che il prototipo dei personaggi stupidi, cioè il gonzo che negli horror decide di andare in cantina quando è saltata la luce, viene accettato di buon grado. Potere delle convenzioni!

Non succede ancora niente…

Sto scaldando il motore della storia da troppo tempo, ed evidentemente non offro abbastanza materiale interessante nell’attesa.

Faccio di tutto per tagliare e arrivare prima al vivo della storia. Soltanto se è necessario mantenere una preparazione così lunga, mi invento qualcosa per tenere desta l’attenzione del lettore nel frattempo.   

Quante pagine mancano alla fine?

Vorrei che il lettore lo dicesse soltanto per capire se può finire il romanzo prima di andare a dormire. In caso contrario, c’è poco da fare: la storia non gli è piaciuta. Meglio che passiamo entrambi al prossimo romanzo.  

In definitiva credo che l’unico peccato capitale, per un autore, sia annoiare il lettore. L’attenzione che continua a scivolare via è difficile da recuperare; e anche quando ci si riesce, non sempre il lettore sarà contento del viaggio.

Ma non c’è niente di scontato: quante storie sono impegnative da leggere, ma poi ti lasciano una traccia che non se ne va? Il punto, come sempre, è la capacità dell’autore di stregarti e portarti a destinazione a modo suo, sconfiggendo ogni tua resistenza e infischiandosene dei tuoi gusti. I grandi autori fanno questo. Non è proprio cosa da tutti.  

In chiusura, vi mostro al volo la nuova copertina del mio manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia. Le osservazioni di Rebecca Eriksson, che di grafica ne sa qualcosa, avevano attecchito…

Se sei un autore, quale di questi commenti speri di non suscitare mai nei tuoi lettori?
Se invece sei un lettore, quale di questi commenti ti capita più spesso di fare?  

36 commenti

  • Marco

    Concordo su tanto, su tutto, meno su “cosa posso fare per aiutare il lettore a vivere una bella esperienza”. Ecco, quello non lo faccio mai, nemmeno ci penso. Cerco di scrivere la storia al meglio delle mie possibilità, se poi sarà un’esperienza bella, così così, bruttina, brutta: non me ne preoccupo. Chi è il lettore? Un essere mitologico: c’è, non c’è, forse sì, c’è, forse… Boh!
    Preferisco puntare tutto sulla storia. Se la confeziono al meglio delle mie possibilità troverà qualcuno. Saranno pochi? Saranno pochi. Pazienza.
    Forse questo spiega un mucchio di cose

    • Grazia

      Io mi metto nei panni del lettore quando qualcosa non mi convince. Non faccio mai scelte che vadano contro i miei gusti, solo rimetto in discussione l’opzione che avevo scelto. Non mi costa molto, perché non ho mai l’impressione che ci sia solo una via percorribile.

  • Andrea

    Grazie per aver condiviso le tue riflessioni su questo tema. Personalmente, tendo a considerare il pensiero del lettore soprattutto in fase di revisione dei testi, quando mi viene più facilmente da fare l’avvocato del diavolo rispetto a quanto ho scritto (tenuta della trama, personaggi credibili, fluidità dei periodi).
    Invece, in fase di prima stesura, il lettore per me non esiste, ma lascio scorrere liberamente il flusso della mia scrittura creativa.
    PS Ho scaricato Veronica c’è e lo leggerò con interesse!

    • Grazia

      Anche per me è la revisione il momento di fare l’avvocato del diavolo. Se mi facessi venire dubbi durante la prima stesura, credo che non arriverei mai alla fine. Grazie per avere scaricato Veronica c’è.

  • Ariano Geta

    Come lettore ho imparato che non esiste il gradimento universale. Autori anche famosi, quindi sicuramente capaci (o amati dalla critica, quindi verosimilmente non banali) non piacciono a tutti i lettori allo stesso modo. Proprio l’altro giorno parlavamo su un forum di lettori delle “incompatibilità lettoriali”, con un’utente che diceva che proprio non riusciva a sopportare lo stile di Jane Austen che io invece adoro (a me succede con altri ovviamente, tipo Eco che mi risulta proprio indigesto).
    Insomma, come autore non temo nessuno dei commenti in particolare che tu hai elencato. Quello che temo è il loro grado di approvazione fra i lettori. Per capirci: se su dieci lettori, cinque fanno uno di quei commenti e cinque non hanno nulla da ridire, bene, mi ritengo soddisfatto. Potevo fare sicuramente meglio, ma almeno la metà dei lettori hanno apprezzato. Se tutti e dieci i lettori fanno almeno uno di quei commenti, cavolo, allora ho proprio sbagliato tutto…

    • Grazia

      Non si può piacere a tutti, questo è certo. Correre dietro agli ipotetici gusti dei lettori può diventare una giostra folle. Per fortuna io non la vivo così.

  • Claudia Turchiarulo

    Anch’io leggo molto velocemente e, purtroppo, scelgo un libro anche in base al numero delle pagine, perché non ho interi pomeriggi da dedicare alla lettura, e preferisco terminare un libro entro dieci giorni al massimo, altrimenti poi dimentico tutto.
    Quindi, purtroppo, non considero nemmeno i libri che superano le 200/250 pagine.
    E bado molto anche alla dimensione dei caratteri

    P.S. Peccato non poter approfittare dell’offerta, ma gli e-book non fanno per me. ????

    • Grazia

      Anch’io guardo il numero di pagine, per il motivo opposto, però. Se un libro ha poche pagine, significa che mi durerà poco. O costa anche molto poco, o è un cattivo investimento. Non è proprio così, ma ho la tendenza ad afferrare libri dalle quattrocento pagine in su. Mi piace stare a lungo in compagnia di un libro, quando mi piace. Quando non mi piace, ho imparato a metterlo da parte.

  • Elena

    Che bel post e quante belle novità porta con sé! Dunque dunque intanto non sapevo che la legna si fa a fine inverno con la luna calante, metto in saccoccia l’informazione, non si sa mai.
    Poi veniamo alle cose che come lettrice mi infastidiscono di più:
    – l’ho immaginato fin dall’inizio: quando penso questo, la storia mi scade. Sì perché significa, come tu stessa dici, che è banale, prevedibile, standard. Io voglio essere sorpresa quando leggo una storia, o almeno avere qualche dubbio
    – non succede ancora niente. Mi sta capitando con il giallo in lettura ora, Il morso della vipera. A pagina settanta ancora non è successo niente. Insomma, ti viene il dubbio di dover continuare a leggere…
    Come scrittrice invece temo la frase: quante pagine mancano, che è poi un compendio dei primi due. Vorrei che il lettore se ne stesse con il fiato corto e gli occhi incollati alle pagine fino alla fine, interrompendo solo per… Beh, immagina tu.
    Un caro saluto

    • Grazia

      Mi capita fin troppo spesso di borbottare quel “non succede ancora niente”. E’ ardito, da parte dell’autore, sperare che il lettore sia così paziente. Io non cerco ritmi da libro di azione e avventura, ma a tutto c’è un limite…

  • Cristina

    “Quante pagine mancano alla fine?” è un commento che mi metterebbe davvero in crisi! Magari molti l’hanno pensato, ma sono stati così gentili d anon dirmelo… Comunque non riesco molto a immaginare un mio lettore ideale, in senso astratto voglio dire, piuttosto è composto da tutti i vostri visi. Come lettrice mi capita a volte di chiedermi “Chi sta parlando?” e “Non succede ancora niente…”, oppure mi irrito molto quando il libro non mi trasmette nessun genere di emozione. Con i personaggi stupidi invece sono assai più indulgente…
    P.S. Anche dalle mie parti potano le piante in maniera davvero brutale.

    • Grazia

      Anche per me le emozioni sono la porta che conduce al resto, perciò un libro che non trasmette emozioni mi sembra mancare al suo scopo. Ho notato, però, che per alcune persone – soprattutto uomini – lo stimolo è più mentale che emotivo.

  • Giulia Mancini

    “L’ho immaginato fin dall’inizio” in un giallo è un commento che non vorrei avere, una scena finale prevedibile non è da augurarsela. Anche “non succede ancora niente” è il mio terrore, non voglio annoiare il lettore ma spingerlo ad andare avanti nella lettura, va da sé che anche la frase “quante pagine mancano alla fine” spero di non suscitarla nei miei lettori…
    Come lettore quest’ultima l’ho pensata spesso, per alcuni romanzi che ho trovato eccessivamente lunghi, per esempio Strage di Loriano Machiavelli, l’ho finito ma con molta fatica.

    • Grazia

      A me capita più spesso di controllare quante pagine ho già letto, quando non c’è ancora in vista niente che mi interessi. Se vedo che sono già a un 30% del libro, comincio a domandarmi se non sia il caso di interrompere la lettura; poi di solito la termino, ma non sempre sono contenta di averlo fatto, perché a quel punto leggo con scarsa convinzione, ancora più veloce del solito, e finisco con il non apprezzare nemmeno quello che lo merita.

  • Lisa

    il mio preferito è “Chi sta parlando?!?!” che capita troppo spesso, specialmente nei libri scritti in terza persona (perché si usa il pronome “suo” per entrambi i dialoganti, anziché “mio” e “tuo” come nei libri in prima persona).

  • Sandra

    Sono tutti molto pertinenti e fastidiosi, grazie per averli condivisi.
    Mi è capitato, e vado nello specifico, in una recensione su Amazon “protagonista piagnucolosa che si lamenta di continuo” della mia protagonista de Le affinità affettive, il lettore, chiaramente può pensare ciò che vuole e se questo è ciò che gli era arrivato, beh forse la mia scrittura aveva avuto qualche problema, ma essendo-che io sappia-stato l’unico a fronte di pareri del tutto diversi, ci rimasi male. Mi sembrava che non avesse colto nulla del percorso di dolore di Claudia.
    Più in generale, oltre alle tue azzeccatissime, il commento che mi fa saltare su dal divano indispettita è:
    “Nooo, ancora questa parola!!” Le maledette ripetizioni che mi fanno tornare indietro a contare quante volte era già stata usata nelle pagine immediatamente precedenti.
    Idem per le frasi fatte. A ogni “bella vista/bella mostra” muoio un po’!

    • Grazia

      A me le frasi fatte non dispiacciono così tanto, se sono poche e magari inserite in un dialogo. Per il resto, è difficile non rimanerci male quando un lettore ha della storia un’impressione così diversa dalla nostra e da quelli degli altri lettori. Eppure lo capisco, perché capita anche a me di trovare insopportabile e “oggettivamente” carente qualcosa che gli altri hanno adorato. Per fortuna con il tempo ci si fa un po’ di scorza.

  • Maria Teresa Steri

    Un elenco davvero completo di tutte le intolleranze dei lettori! Beh, personalmente devo dire che la mia intolleranza principale come lettrice riguarda il primo punto e l’ultimo, perché se la storia si dilunga senza andare da nessuna parte comincio a innervosirmi e a quel punto guardo davvero le pagine che mancano oppure mollo il libro e buonanotte.
    Quando scrivo invece penso pochissimo (quasi per niente) al lettore, neanche in fase di revisione. I lettori sono troppi diversi perché li si possa assecondare tutti, quindi preferisco accontentarne uno solo: me stessa. E siccome sono tutt’altro che indulgente quando leggo… direi che è già molto Ovviamente c’è poi la fase beta reader e a quel punto il discorso cambia: i commenti diventano fondamentali per capire dove ho toppato!

  • Marco

    Secondo me lettore e scrittore devono incontrarsi: a un certo scrittore corrisponde un certo tipo di lettore, e un certo tipo di lettore troverà ciò che cerca in un determinato tipo di scrittore. Il risultato di un fortunoso incontro, diciamo.

    Come scrittore l’unico commento che spero di non ricevere mai è “banale”.

    Come lettore dipende se ciò che ho letto mi è piaciuto o meno. Nel secondo caso spesso non completo nemmeno la lettura, ma se arrivo fino all’ultima pagina non ci vado per il sottile. Spesso (e lo si vede soprattutto nei racconti) mi infastidisce chi si dilunga in particolari non interessanti o inutili, così per dirti quanto è bravo a scriverli, ma in realtà allo scopo di allungare il brodo (Stephen King è un maestro in questo senso).

    • Grazia

      Davvero un fortunoso incontro, che può essere guidato e favorito in minima parte, anche ammesso che all’autore interessi provarci.
      Le mie prime stesure hanno bisogno di essere rimpolpate, piuttosto che ripulite dai dettagli in eccesso. In mente ho le scene già vive e dettagliate a sufficienza, ma il lettore non è nella mia testa…

  • Marina

    Sono esigente in tutto, come scrittrice e come lettrice. Quando leggo un libro, la prima cosa che non vorrei accadesse mai è di annoiarmi: sai quando non vedi l’ora di superare quella parte che ha spento il tuo interesse, soprattutto se fino a quel momento è stato vivo? Per questo non mi piacciono le lungaggini, le descrizioni o i dialoghi infiniti. Come scrittrice, che te lo dico a fare: non vado avanti se ogni cosa non è esattamente al posto giusto e sai bene quanto sia faticoso dare la giusta collocazione ai pensieri, dunque il pensiero ai lettori è inevitabile. M’interrogo sempre se ciò che dico potrebbe non essere capito e quella, però, è una fregatura: qualcuno, tempo fa, mi disse che non possiamo spiegare tutto noi ai lettori, un piccolo sforzo dovrebbero farlo anche loro.

    • Grazia

      Questo lo credo anch’io; dipende molto dall’entità dello sforzo, però. Mi piace pensare che l’immaginazione del lettore possa infiltrarsi nella storia per aggiungere dettagli e illuminare angoli bui. In questo modo la mia storia diventa anche la sua storia, e le due sono diverse! E’ una bella magia.

  • Max

    Sinceramente solo l’ultimo che hai scritto.
    Ma se fossi uno scrittore non mi preoccuperei tanto di soddisfare gli altri ma di fare qualcosa che dia soddisfazione a me in primis.
    Poi ci si salva con la solita collaudata giustificazione che non si può piacere a tutti.
    Comunque con il tuo romanzo non ho immaginato nessuno dei commenti che temi.
    Buon weekend

    • Grazia

      Forse ho dato un’idea sbagliata: certo scrivo ciò che mi piace, o non scriverei affatto! Forse esisteranno anche autori che scrivono solo ciò che pensano possa vendere bene, ma non è il mio caso. Quando però si presenta un punto della storia che mi lascia dei dubbi, spesso ci sono diverse possibilità di risolverlo. Se più d’una mi sembra adatta, mi domando quale possa risultare più interessante non solo per me, ma anche per chi legge. Tutto quello che non mi piace viene escluso a priori. Buon weekend anche a te!

  • Max

    Si sì…ho capito bene quello che intendi, tranquilla.
    Solo che da lettore mi pongo delle domande su quelli che scrivono e se davvero uno scrittore deve per forza avere tutte ste fisime ?
    Non è niente di personale contro di te.
    Qualcuno sopra nei commenti, mi perdoni se non lo menziono ma veramente adesso non ricordo il nome e non c’ho voglia di tornare a cercarlo scriveva dei Beta lettori .
    Ne avevo letto di questi da Daniele Penna , quello di Penna Blu , me pare.
    La domanda che mi faccio , se pure in fase di revisione dopo che lo scritto ha passato il benestare di questi lettori beta no ? E alla fine il romanzo non ottiene il successo sperato di chi è la colpa?
    Dello scrittore , dei Beta , della promozione del destino…?
    A volte mi sembra che vi perdiate dietro a delle assurdità.
    Spetta poi ho pure letto di scrittori che fanno leggere la loro opera a sti tizi e poi al di là di tutto manco pubblicano.
    Il mio non è voler dal fuoco ai Beta sia chiaro ..ma ste regole da buon manuale dello scrittore, perdonami mi fan un po’ ridere.
    Senza offesa eh…soprattutto se poi non si vedono i risultati.
    E lo ripeto non è niente contro di te o il tuo romanzo che ripeto è bellissimo.

    • Grazia

      Capisco che dal punto di vista di una persona che non scrive tutte queste considerazioni possano sembrare inutili, ma ti assicuro che c’è della sostanza in questi discorsi. Non esiste niente e nessuno che possa garantire il successo di un libro, semplicemente perché i libri che vengono pubblicati ogni anno sono una marea. Ogni autore fa quello che può per essere letto, ma non ha la bacchetta magica. L’unico strumento veramente in nostro possesso, come scrittori, è la qualità di ciò che scriviamo. Questo è l’obiettivo che è necessario raggiungere per – eventualmente – accedere al resto, ma anche per essere soddisfatti di ciò che abbiamo scritto, a prescindere dai risultati. Per questo ci diamo da fare per essere “bravi” nel nostro mestiere, imparando da tutti, come del resto fa un buon falegname o un buon architetto, se ama davvero il suo lavoro. Diamo il nostro meglio, poi lo sottoponiamo ai beta-reader per capire se il risultato può piacere anche ai lettori. Prendiamo in considerazione le osservazioni che riceviamo, scopriamo su quali siamo d’accordo e facciamo, nel caso, qualche correzione. Scopo: pubblicare un ottimo libro, che lasci nel lettore impressioni positive. Quindi queste che per te sono assurdità… per noi sono più o meno tutto!

  • Tenar

    Devo dire che adesso che ho letto la prima parte del tuo post non riesco a non pensare ai boschi. Forse vivo in una zona fortunata. La mia famiglia ha un bosco e ogni tot passa la forestale per segnalare quali sono le piante da tagliare, perché malate, danneggiate dal maltempo o pericolanti per altri motivi. Il fatto che finiscano nel camino o in mobili, ammetto, mi sembra bello. Ovvio, il nostro non è una foresta vergine, è un bosco antropico, ma tutto sommato anche a me quando vado per castagne piace l’idea che non ci siano alberi pericolanti e che il bosco sia curato, anche con i tagli mirati. C’è da dire che, qui, appunto, il bosco prevalente è il castagneto, la legna può essere un sottoprodotto, ma non è lo scopo per cui si tiene il bosco. Che lunga digressione! Anche il testo, per rimanere in tema, deve essere curato, senza rami che possano cadere sulla testa del lettore. Scrivo immaginando di leggere, mettendomi dalla parte di chi legge e cerco di fare un buon lavoro. Perché, diciamocelo, le critiche fanno malissimo. Sarà per questo, anche, che pubblico così poco di quello che scrivo!

    • Grazia

      Quando c’è un motivo reale perché le piante vengano tagliate, anch’io me ne faccio una ragione. E’ quando sono distrutte malamente e senza scopo, o gli alberi vengono abbattuti solo per precauzione, senza che siano malati, perché metti il caso che un giorno il vento… accetto perché devo, ma vorrei davvero che le valutazioni venissero fatte diversamente.

  • Barbara

    Qui da noi gli alberi sono un pericolo pubblico, quasi assassini. A ogni temporale, se cade un albero vicino alla strada se la prendono con l’albero che andava tagliato prima, mai col fatto che, se morto e facile a cadere o spezzarsi, andava tolto e sostituito con uno vivo (e magari chiedersi perché è morto eh, forse potato male?!) Poi gli stessi si incavolano con l’amministrazione perché non c’è più verde in città, hanno tagliato tutti gli alberi. Peggio ancora quando ci sono frane, dissesti ambientali, canali che straripano o argini che si rompono. Si sottovaluta sempre l’importante valore delle radici di un albero a tenere saldo il terreno. Ho perso tre scatoloni di libri da bambina perché nel monte dietro la casa di allora avevano tagliato un bosco intero, e buona parte del terreno di quel bosco ce lo siamo trovato, durante un diluvio estivo, dentro garage e cantina. Per dire.
    Sui commenti del lettore, te ne riporto qualcuno di quando leggo Outlander, che tu conosci. Vediamo se indovini.
    “E’ pazza, è pazza… fermati!”
    “Eh certo, chi non tiene la muffa sul davanzale?!”
    “Ha ragione lui, chiudi quella bocca!”
    “Ehhhhhhh, vabbè, figurati. Resta sempre un libro scritto da una donna…Ricordiamocelo.”
    “Cocciuto d’uno scozzese… io avrei fatto lo stesso!!!”
    “Nooooooooooooo, e adesso??”
    “Uhm, beh, qua la fai semplice zia, eh. Ma ti voglio bene lo stesso.”
    “Quante pagine mancano? E ce la fa a salvarsi?”
    “Finito. [sospiro lungo] Nemmeno in sette vite posso arrivare a scrivere così…”
    Con un esempio come Outlander, proprio me la metto via di piacere a tutti, e manco a molti. Forse i miei lettori stanno comodamente seduti nel sottoscala…

    • Grazia

      Oddio, Barbara, mi sono proprio divertita a leggere il tuo commento! Le tue… esternazioni leggendo Outlander somigliano abbastanza alle mie, e così l’assoluta bonarietà delle critiche. Sarei una bestia a prendermela con un’autrice che mi fa passare ore così piacevoli! E poi Outlander, come Twilight, non è semplice lettura, è famiglia.

  • Luz

    Uhm, direi che non mi piace pensare “l’ho immaginato fin dall’inizio”. Forse proprio la prevedibilità è uno dei vulnus di tanti romanzi, comunque resta qualcosa di perdonabile se la storia c’è e si lascia leggere con piacere.
    Sotto certi aspetti non mi piace neppure il “non succede ancora niente”, anche se meno, perché gli scrittori che indugiano sulle descrizioni non mi dispiacciono, ma parliamo sempre di gente di mestiere.
    “Quante pagine mancano alla fine?” non mi impressiona, perché lo penso spesso. Mi serve anche per immaginare il piano della storia.

    • Grazia

      In quasi tutti i buoni libri trovo alcuni difetti compensati da pregi. Questo è confortante, perché ci permette di lavorare per migliorare le nostre debolezze, puntando al contempo sui nostri lati forti.

  • Rebecca Eriksson

    Con calma, ma recupero un po’ alla volta gli articoli
    …e mi ritrovo citata! Ma che gentile che sei a lodarmi tanto. In questa nuova copertina c’è stato sicuramente un miglioramento: complimenti.
    Hai ottenuto il “Rebecca Approved”

    Per quel che riguarda l’articolo, se dovessi trascrivere i miei giudizi sul materiale che produco farei prima a cancellare tutto. Alle volte mi sembra proprio che il mio modo di scrivere non mi piaccia. Poi in rare occasioni mi stupisco chiedendomi se abbia scritto veramente io alcune frasi.

    • Grazia

      La tua approvazione per la copertina mi rincuora. L’effetto per cui sembra di non avere scritto noi certe frasi è uno dei più magici, secondo me, anche perché di solito sono frasi scritte molto, molto bene.

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