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5 parole per un romanzo: Stella Nera – Le luci dell’Occidente – Marco Freccero

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Bentrovati, cari lettori! Oggi ho il piacere di ospitare, per la rubrica 5 parole per un romanzo, lo scrittore Marco Freccero. Molti di voi lo conoscono già; chi non lo conosce, può scoprire qualcosa di lui nelle note bio-bigliografiche alla fine dell’articolo. Aggiungo soltanto che seguo da anni il blog di Marco e apprezzo la sua “voce”, come blogger, come autore e come persona. Il rigore del suo stile e la sicurezza nel narrare, che potrete apprezzare anche leggendo questo articolo, rendono la lettura dei suoi libri un’esperienza di valore.

Grazie per avere accettato il mio invito, Marco! Quali sono le 5 parole che hai scelto per parlarci del tuo ultimo romanzo, Stella Nera – Le luci dell’Occidente (Libro 1)?      

Innanzitutto desidero ringraziarti per aver deciso di ospitarmi sul tuo blog.

Mi hai chiesto cinque parole per definire la prima parte di “Stella Nera”, e non è stato semplice sceglierne solo cinque. Ma devono essere, come si dice, “rappresentative”, devono cioè racchiudere l’anima della storia; o almeno una parte di essa, quella capace di interessare chi magari, leggendo queste righe, sarà indotto a darle una possibilità.

Per scovarle non ho di certo letto per l’ennesima volta il romanzo. Mi sono limitato a riflettere; a ricordare le prime sensazioni quando lo scheletro della storia assumeva finalmente carne, muscoli, nervi, pelle e occhi; e iniziava a “muoversi”, a vivere insomma.

Bando alle ciance (come si dice), e cerchiamo di conoscerle e di spiegarle.

Stella Nera - Le luci dell'Occidente - di Marco Freccero

Autobiografico

Sì, il romanzo “Stella Nera” è (abbastanza) autobiografico. Ho attinto alla mia esperienza di quegli anni non troppo lontani (parliamo del 1987 quando la storia ha inizio). Questo di certo mi ha agevolato moltissimo nella scrittura. Perché non mi sono dovuto scervellare per creare gli ambienti da zero: li avevo ancora in testa, i ricordi erano piuttosto nitidi anche se sono trascorsi oltre trent’anni (e ormai non c’è più nulla: per esempio, l’appartamento con il bagno a due entrate è stato radicalmente ristrutturato). E siccome già a quei tempi mi ero messo in testa di raccontare storie, avevo scritto alcuni romanzi che naturalmente ho conservato con cura e mai pubblicherò. Quindi per essere fedele il più possibile a quegli anni li ho riletti, e se ricordo certi dettagli (per esempio: negozi che adesso sono scomparsi), lo devo esclusivamente a quelle (brutte) storie di allora. 

Questo mi ha permesso anche di riflettere (anche se non c’entra molto con la storia), su quanto Savona sia cambiata. Non parlo dei negozi spariti (quello è fisiologico, e in questi mesi purtroppo l’andazzo accelera). Bensì del suo cuore. A quei tempi era ancora una città industriale con l’Italsider (poi Omsav, demolita per far posto a un complesso residenziale), benché in crisi. Adesso di quella industria non c’è più traccia, e il turismo dovrebbe essere il volano dell’economia cittadina (Costa crociere fa scalo proprio a Savona). Ma non è facile “digerire” un tale cambiamento epocale. Occorre tempo.

Manipolazione

La scrittura di storie brevi o lunghe è sempre manipolazione. Qualcuno potrebbe immaginare che “manipolazione” e “autobiografico” facciano a pugni. Al contrario.

Una storia non è un documento notarile che viene riempito fedelmente di tutte le cose capitate. In realtà si tratta di manipolazione sin dall’inizio, perché chi racconta storie sceglie quella storia (e non un’altra), quel tono (e non un altro), e già facendo così interviene pesantemente su ciò che è accaduto a lui. Anche se non se ne accorge, o fa finta di non rendersene conto, questi atti rappresentano una manipolazione. E il fatto che si parta (magari) da fatti accaduti effettivamente, non garantisce affatto che in seguito la storia prosegua sui binari prefissati dall’autore. Anzi; è opportuno che prosegua sui propri binari, e che l’autore si metta a disposizione della storia, rassegnandosi (se necessario) a vederla muoversi attraverso scenari imprevisti.

D’altra parte, come ha detto una volta uno storico (di cui purtroppo non ricordo il nome), l’uomo non ricorda mai: ricostruisce. E anche attingendo a elementi autobiografici (marginali oppure fondamentali) non può limitarsi a riportare i fatti per come si sono svolti, restando di ghiaccio, cioè indifferente.

Non soltanto perché il tempo passa e certe esperienze perdono colore (oppure assumono un altro colore). La scrittura stessa non può significare semplicemente il riportare quanto successo, e basta. Non è un gesto puramente meccanico, ma mette nero su bianco una riflessione, un possibile senso e significato di certi eventi. Chi scrive non è mai neutrale, ma è suo compito cercare sempre di restare fedele alla storia. E la (buona) storia scappa, sfugge, e proprio questa sua natura “anarchica” dovrebbe indurlo a essere onesto. Vale a dire: mai imporre il suo punto di vista.

Savona

Tutto è ancora una volta ambientato nella città di Savona, nel suo centro (storico ma non solo) e in qualche quartiere un poco più periferico. Forse sembrerà futile sottolinearlo: ma la città di Savona mi pareva più che mai, in questa storia, lo scenario perfetto per “Stella Nera”. Per quale ragione? Esatto: perché periferica, poco conosciuta, e proprio per questo ideale per una storia come questa.

Le novità, quelle brutte o drammatiche, covano anche nelle periferie, nelle città che non sono toccate dalla grande Storia. Magari qualcuno potrebbe ritenere che è uno scenario sbagliato. Che era preferibile lasciarla senza nome. Ci ho anche pensato: ma perché?

Basterebbe fare un giro su Wikipedia per capire che questa città di cui non si parla che di rado, ha avuto negli anni Settanta una serie di tragici episodi (https://it.wikipedia.org/wiki/Bombe_di_Savona). A dimostrazione che essere ai margini non assicura nulla, né rassicura. Proprio quegli eventi mi hanno indotto a ritenere che la città protagonista della storia di “Stella Nera” dovesse avere il suo nome: Savona appunto.

Volto

Nel romanzo si cerca un volto. Dipinto dal Bernini, di cui non si è mai saputo nulla in precedenza. Un ufficiale nazista nel 1943 lo ha ritrovato per puro caso, in una cassapanca di una chiesa alle spalle di Savona. Questo ritrovamento del tutto fortuito e che a causa della guerra in corso lo precipita nell’oblio, torna a far parlare di sé proprio negli anni Ottanta, a Savona. Perché una ex insegnante di storia dell’arte ha scoperto l’esistenza di questo quadro del Bernini che raffigura un “Ecce Homo” di rara bellezza.

Ma oltre all’insegnante, ci sono altre persone che lo cercano per uno scopo preciso. Perché non tutti i dipinti sono uguali, non tutti i volti sono simili. Esistono opere capaci di turbare, di risvegliare nell’individuo “qualcosa”. E queste persone invece amano le masse, amano guidarle, indirizzarle. Odiano i volti, il volto, perché sinonimo di libertà, e questo cozza con il loro progetto di un mondo finalmente uniforme, obbediente.

Storia

Per scrivere questo romanzo ho dovuto fare un po’ di ricerche. Per esempio, ricordare (ne avevo sentito parlare), del campo di concentramento che c’era a Cairo Montenotte. O imbarcarmi nella lettura di un paio di libri (“La banalità del male” di Hannah Arendt; “La banalità del bene” di Enrico Deaglio) per rendere più credibile la mia storia. Anche i bombardamenti di Savona nel 1943 (di cui accenno solo di sfuggita), sono stati l’occasione per conoscere un poco più da vicino un pezzo di Storia che ormai si tende a dimenticare.

E poi: il Bernini non era solo uno scultore? Non proprio, poiché si faceva chiamare “Pictor”, quindi ci stava che avesse dipinto un “Ecce Homo” di incomparabile bellezza. In più alle spalle di Savona, nella basilica che si trova in località “Santuario”, c’è un altare del Bernini. La mia piccola storia poteva quindi saldarsi abbastanza bene con la Storia, c’era una certa plausibilità.

Marco Freccero

Marco Freccero è un autore indipendente.
È nato nel 1966 in un comune costiero della provincia di Savona, dove vive.
Non ha mai frequentato l’università, né ha conseguito la maturità.
Ha lavorato, ovviamente.
Garzone, operaio, autista, addetto alla preparazione merce, addetto alla vendita, magazziniere, aiuto magazziniere. Adesso?
Adesso è un partita IVA. Si occupa di confezionare contenuti per siti di commercio elettronico. Quello che si definisce un “Web content writer”.

Puoi trovarmi su:
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Ho un blog su piattaforma WordPress.

Sino a oggi ho autopubblicato, oltre a Stella Nera – Le luci dell’Occidente:

Tre brevi racconti dal titolo: Insieme nel buio e altri due racconti – 27 maggio 2010 (ASIN: B003ODIXZ4)
I racconti della Trilogia delle Erbacce che comprende:
Non hai mai capito niente – 5 maggio 2014 (ASIN: B07D6L7FDX)
Cardiologia – 12 ottobre 2015 (ASIN: B07D6KW741)
La Follia del Mondo – 2 dicembre 2016 (ASIN: B07D6Q3MQY)
Il romanzo: L’ultimo dei Bezuchov – 31 maggio 2019 (ASIN: B07SJDTB2F)
Il romanzo scritto a quattro mani con la scrittrice Morena Fanti: L’ultimo giro di valzer – 17 marzo 2017 (ASIN: B07B8M6JCT)
Sempre con la scrittrice Morena Fanti ho scritto: La scrittura a 4 mani: Come vincere la sfida della scrittura in due (ASIN: B076ZVCPX8)
Da non dimenticare l’ebook (gratuito per chi si iscrive alla mia newsletter): La scrittura è difficile – 28 luglio 2017, ASIN: B074CHJ5VK

19 commenti

  • Marco

    C’è anche chi sostiene che tutti i libri siano autobiografici, perché anche in una storia di finzione l’autore metta qualcosa di sè e del suo vissuto.
    A Savona non ci sono mai stato, se non l’estate scorsa, di passaggio, mi sono fermato alla stazione per andare al mare.

    • Grazia

      Io sono sicuramente d’accordo, per quanto mi riguarda. A volte mi sono resa conto di avere parlato di me soltanto a stesura terminata, persino a libro già pubblicato, ma alla fine ho sempre individuato il filo che mi legava alla storia. Forse senza quel filo non riuscirei a mettere abbastanza cuore nella narrazione.

  • Giulia Mancini

    Leggendo il post e i dati su Marco, mi sono resa conto che – a parte i libri sulla scrittura – ho letto tutti i suoi romanzi, salvo quest’ultimo ma ci arriverò.
    È molto interessante questa intervista e mi fa sorgere molta curiosità riguardo a Stella nera.

  • Elena

    Complimenti a Marco per la prima parte del suo romanzo noir e a Grazia per l’intervista. Ho scoperto una cosa che non sapevo: la storia di cui parla (ho letto il romanzo, non dico nulla ma leggetelo!) attinge a piene mani alla sua vita. Interessante, lo avessi saputo prima avrei seguito la storia dei tre giovanotti con un altra intenzione (ma forse, è meglio così)
    Aspetto la sedonda parte perché mi hai lasciato con una busta piena di vecchie fotografie di cui ancora non so che farmene

  • Maria Teresa Steri

    Stella nera è una delle mie prossime letture, quindi ho letto ho molta curiosità questa carrellata. Mi ha colpito il concetto di manipolazione, sia visto in modo consapevole che inconsapevole. Probabilmente si può applicare a tutte le storie, ma naturalmente ancora di più a quelle che attingono a fatti veri. Di fatto, anche la nostra memoria è imperfetta e manipolatrice, quando tiriamo fuori dei ricordi c’è sempre un’interpretazione dei fatti e una rivisitazione non oggettiva, quindi inevitabile che chi ricostrisce il passato lo faccia con un filtro.
    Comunque, mentre faccio i complimenti a entrambi, spero di immergermi a breve in questa lettura che si prospetta molto interessante.

    • Grazia

      Sono riflessioni simili alle mie mentre scrivo la biografia di Amela, che è narrata come un suo racconto a me, nello stesso modo in cui l’ho ricevuta. Da un lato l’autobiografia permette di entrare nella psiche e nei pensieri dell’autore, dall’altro è ancora più inquinata dal suo modo di vivere se stesso, rispetto a una biografia, esterna ma sotto certi aspetti più obiettiva. Di fatto la manipolazione di cui parla Marco è inevitabile, che si parli di sé o di altri.

  • Ivano Landi

    Stranamente non sapevo ancora nulla di Marco, nonostante la presenza quotidiana della sua foto tra i miei contatti in rete. Devo dire che ho scoperto un percorso di vita e di scrittura ai miei occhi molto interessante.

    • Grazia

      Questo è uno dei tanti lati positivi della rete. Ultimamente ci penso spesso: quante possibilità! Anche problemi, d’accordo, ma la possibilità di connettersi con chiunque nel mondo è meravigliosa.

  • Cristina

    Conosco e stimo Marco da molto tempo e ho letto quasi tutti i suoi lavori, per cui anche “Stella Nera “è nella mia lista dei desideri. Interessante aver scelto la parola “manipolazione” che di solito viene interpretata in un’accezione negativa (come “cortigiano”, “fazione”, “partito” ecc.). Come potete immaginare ho trovato molto accattivante la storia con il dipinto del Bernini! Complimenti di cuore a Grazia perché mette a disposizione il suo spazio nel blog, e all’autore che ha raccontato il romanzo attraverso le cinque parole scelte nell’intervista.

  • Barbara

    L’ho acquistato, ma credo che lo leggerò quando arriverà la parte due, non mi è mai piaciuto spezzare le letture sul più bello.
    Mi pare che di Marco ho letto tutto dalla trilogia delle erbacce in poi, in un crescendo qualitativo notevole, con L’ultimo dei Bezuchov che, a mio modestissimo parere, è un capolavoro. Chissà cosa ha combinato con questo Stella nera!

    • Grazia

      In effetti poter arrivare alla fine della storia è gratificante. Mi pare comunque che le parti di Stella Nera siano tre. L’ultimo dei Bezuchov è un capolavoro, sono d’accordo.

  • Luz

    I romanzi di Marco hanno sempre una certa consistenza a leggerne trama, commenti, caratteristiche.
    Io sono attratta da un titolo che credo leggerò presto: L’ultimo dei Bezuchov.

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