Letture,  Vita da scrittori (e non)

La narrativa è inutile?

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Le mie riflessioni, e naturalmente il quinto capitolo del “nostro” Tao tê ching

Il titolo potrebbe farvi pensare che il caldo mi abbia dato alla testa, cosa del tutto possibile, considerata l’impennata nelle temperature. La mia, però, non vuole essere una domanda civetta. In qualche fibra del mio essere si è davvero infiltrata l’idea che scrivere narrativa sia inutile, o quantomeno poco utile. Un problemino da niente, per una persona che scrive proprio narrativa…

Mi piacerebbe capire da dove abbia origine questa idea curiosa. Ho letto narrativa scadente, di recente? In effetti sì, come raccontavo qui parlando di After (non è l’unico caso, purtroppo), ma non potrei definirlo un trauma di portata tale da mettere in crisi il mio solido rapporto con quelle che definisco confidenzialmente “le storie”. Tuttavia è vero che sto leggendo pochissima narrativa e molta saggistica, quest’ultima quasi sempre interessante e stuzzicante al punto da traghettarmi al saggio successivo. Ci sono argomenti che mi entusiasmano, persone da conoscere, nuove idee da valutare, orizzonti da ripulire e ampliare… Un romanzo, una storia inventata, mi può dare altrettanto? In questi giorni ho l’impressione di no.

E sì che ne ho lette di storie meravigliose, che mi hanno lasciata senza parole a fissare l’ultima pagina. Mi hanno cambiata? Mi è sempre piaciuto pensare che sì, in modo impercettibile ogni lettura mi abbia resa diversa, ma il fatto che mi piaccia pensarlo non lo rende automaticamente vero. Dove se ne vanno le emozioni e le impressioni nate dalla lettura di un romanzo, una volta chiuso il libro?

Un momento: dipende. Un romanzo qualunque non cambia niente in me e nella mia vita. Nemmeno un buon romanzo lo fa, forse. Mi regala qualche ora degna, certo; che poi lasci una traccia o meno, è difficile dirlo. Una volta che la memoria ha abbandonato i dettagli della storia – cosa che succede in tempi fin troppo brevi – mi rimane di solito l’impressione di un’atmosfera, qualche tratto di un personaggio cui mi ero affezionata o che avevo detestato, e la mia valutazione finale. A parte questo, una volta terminato il romanzo, avanti il prossimo.

Per scrivere narrativa e per la vita in generale, un passo calmo e costante è fondamentale.
Foto di stokpic da Pixabay

Un romanzo grandioso, quello sì, lascia il segno. In qualche forma rimane con me, me lo porto dietro nel mio percorso. Quanti ne incontro, però, di romanzi di questo livello? Mica tanti. Pochissimi, a dire il vero. E quante sono le possibilità che io riesca a scriverne uno, tanto per toccare un tasto delicato? Questo non posso davvero saperlo, ma pare che per me rivesta una certa importanza, se mi trovo a pensare che gran parte della narrativa sia inutile. Vorrei lasciare ai miei lettori, pochi o molti che siano, qualcosa di più di una storia piacevole.

Eppure già scrivere una storia piacevole non è scontato per un autore. Che il lettore si immerga in un romanzo e si lasci trasportare altrove per far vagare la mente in una realtà diversa da quella di ogni giorno non è cosa da poco. I libri che lasciano il segno, però, non sono – per ragionare in termini di (vecchi) voti scolastici – libri da sei e mezzo, né da otto, probabilmente. Vanno dal nove in su, dove il dieci è un voto più virtuale che altro nella sua irraggiungibilità. Al di fuori di questa ristrettissima categoria, si può dire che un romanzo vale l’altro. Ne esistono tanti. Di nessuno si sentirebbe la mancanza.

Considerazioni tutt’altro che motivanti per chi scrive, nevvero? Non è un bel pensiero: le storie che creiamo sono preziose per noi, non per gli altri. Nella maggior parte dei casi la loro esistenza è del tutto superflua. E quanto lavoro ci sta dietro, soltanto noi lo sappiamo!

Ho tratteggiato un quadro piuttosto fosco, me ne rendo conto. In questo periodo ho la tendenza a sottolineare gli aspetti più duri delle cose, come se non volessi più abbellire niente e non accettassi scorciatoie. Forse è proprio così. Guardando al passato, ma anche al presente, mi rendo conto di avere troppo spesso sacrificato il realismo alle mie fantasie, aspirazioni e aspettative, e non solo nell’ambito della scrittura. Questo può avermi fornito sul breve termine un bonus di entusiasmo ed energia, che però funziona un po’ come la caffeina: terminato il bonus, la sensazione è quella di un atterraggio senza ammortizzatori.

Esiste anche un altro modo di procedere, però. Se il bonus-energia deve avere basi così fragili, preferisco fare senza, grazie. La realtà è una buona base da cui partire, anche per sognare, anche per ampliare i propri orizzonti. Non parlo della realtà materiale, che per me è soltanto metà della realtà “vera”, ma della realtà complessiva. Partendo da lì posso procedere con calma mite e inarrestabile.

Calma: una qualità importante, da me sottovalutata, che porta con sé un ritmo solido e sensato.

Mite: si tiene lontana dagli eccessi, dai picchi e dalle valli.

Inarrestabile: il riposo serve solo per recuperare le energie e ripartire.

Con calma si va avanti, forse più che con gli sprint veloci. Del resto nella vita sono poche le cose che non richiedono pazienza. Tanto vale essere nell’ordine di idee della maratona. Poi non è detto che, anche con passo calmo e inarrestabile, si arrivi dove si vuole. Questo però mi sembra un problema minore, persino un vantaggio. Cosa è bene per me, lo so davvero? Voi sapete cosa è bene per voi? A volte ho l’impressione che per stare al timone della propria nave sia ugualmente necessario scegliere una destinazione ed essere pronti a cambiarla quando cambia il vento. A piccoli passi, con costanza, si arriva comunque a “qualcosa”, e da lì al prossimo qualcosa, e poi chissà dove. Andando avanti le nebbie si diraderanno e lasceranno intravedere il paesaggio.

Immagino un gruppo di escursionisti che partono alla conquista di una meta lontana. Sarà avvantaggiato chi corre e saltella qua e là, strillando estasiato a ogni fiore e ogni marmotta che vede, o chi procede a passo calmo, attento a ciò che lo circonda, gestendo bene le proprie energie? Io mi vedo benissimo nell’escursionista che strilla nel vedere una marmotta, anche se di solito strillo in silenzio (per non farla scappare)… ma l’intensità – parola che mitizzo troppo – non è tutto. È impegnativa, stancante; fa perdere l’equilibrio, in tutti i sensi. In montagna ci sono troppi crepacci per andarsene in giro con il naso per aria.

Anche nella scrittura un passo calmo e inarrestabile può dare ottimi risultati… ooops, le abitudini linguistiche mi tendono trabocchetti: volevo dire che si può scrivere sereni, a ritmo lento e costante, eppure restare produttivi. Come diversi maestri di scrittura creativa amano ricordare, scrivendo una pagina di romanzo al giorno (mezzo foglio A4, più o meno), alla fine dell’anno ci si trova con la prima stesura di un romanzo pronta per la revisione. Notevole, no?

È il momento di prendere le distanze dalle mie stesse riflessioni estreme sull’utilità della narrativa, che nascono da un periodo particolare. Amo leggere narrativa, amo scriverla. Se anche molti dei buoni libri (non grandiosi) che ho letto non avessero lasciato alcuna traccia stabile su di me, mi hanno comunque fatto conoscere situazioni e personaggi che ho potuto comprendere meglio, il tutto accompagnato da emozioni, sorprese, compagnia. Non è poco!

La risposta alla mia domanda quindi è: la buona narrativa è piacevole e utile, a volte anche importante per la nostra vita. Quanto allo scrivere, intendo viverlo senza stress, eliminando ogni fonte di tensione legata alla pubblicazione, alle vendite e a ciò che la accompagna. Ci riuscirò? Chissà. Diventerò un’autrice invisibile? Forse. Però credo valga la pena di correre questo rischio. Quando non ci si trova più bene con i vecchi metodi, efficaci o meno, è il momento di cambiare.

Come avrete capito, la calma mite e inarrestabile non mi viene spontanea. Semmai il contrario! Ma è questo il bello, no? Imparare che si è inchiodati al proprio modo di essere soltanto se si decide di farlo. C’è responsabilità in questo, c’è una possibilità di scelta reale, e non solo tendenze da assecondare o contrastare, anche quando cambiare costa fatica. Sono convinta che nella nostra natura ci sia molto di più di ciò che crediamo possibile.

Ed eccomi di nuovo scivolata, senza alcuna premeditazione, nell’atmosfera giusta per il nostro capitolo del Tao tê ching, il quinto.

5

Il cielo e la terra sono imparziali:
vedono le diecimila creature come cani di paglia.
Il saggio non è sentimentale;
tratta tutta la sua gente come cani di paglia.

Il saggio è come il cielo e la terra:
non favorisce nessuno,
non disprezza nessuno.
Dona incessantemente, senza condizioni,
offre a tutti i suoi tesori.

Lo spazio tra il cielo e la terra
è come un mantice;
vuoto e inesauribile, più lo si usa, più produce.

Tenetevi stretti al centro.
L’uomo è stato creato per giacervi nella quiete e trovare
la verità che in esso dimora.

Nella sua traduzione del Tao tê ching, Stephen Mitchell spiega che “i cani di paglia erano oggetti rituali, venerati durante la cerimonia, ma in seguito abbandonati e calpestati”. Detto questo, cosa mi fa venire in mente questo capitolo?

La realtà è neutra. Non buona, non cattiva; non favorevole a noi, né nostra nemica. Se a volte abbiamo l’impressione che sia l’una o l’altra cosa, è per un difetto di valutazione basato sulle preferenze e avversioni che tanto ci rovinano la vita. Sì, perché se c’è qualcosa che fa perdere la pace interiore, familiare e sociale è proprio la propensione a rifiutare ciò che non ci piace e afferrare ciò che ci piace (ne parlavo QUI). In questo modo compiliamo una lista di “sì” e di “no” inevitabilmente sbagliata, perché basata su pregiudizi e limiti mentali, che ci fa perdere il senso profondo dell’unità del tutto e ci spinge a scelte discutibili, se non dannose.

Quindi l’uomo saggio, per Laozi, si mantiene neutrale come il cielo e la terra. Questo ci farebbe pensare a una posizione di disimpegno totale, e invece no: il saggio dona a tutti senza condizioni, e non teme di perdere le risorse che elargisce, perché il fatto stesso di donare produce nuove risorse. Questo lo si può constatare nella vita di tutti i giorni, quando si fa qualcosa in modo generoso, pensando agli altri prima che a se stessi. Non solo perché ci si sente più ricchi di prima interiormente, ma anche in modo più pratico e sorprendente, a volte, quando si rinuncia a qualcosa e poi lo si vede ritornare potenziato. Succede, altroché.

“Tenetevi stretti al centro. L’uomo è stato creato per giacervi nella quiete e trovare la verità che in esso dimora.”

Bella chiusura. Stretti al centro. Sul sentiero, senza buttarsi da un lato o dall’altro, quali che siano le circostanze che la vita ci propone (e impone). Camminando con calma mite e inarrestabile, magari?

Con questa laida insinuazione di essere anch’io un po’ Laozi, eccomi arrivata alla fine di questo post.

Qualcosa di ciò che ho scritto risuona vero anche per voi?
Come vivete la scrittura in questo periodo?

16 commenti

  • Elena

    Cavolo è appena uscito il mio nuovo romanzo e trovo nella mia casella di posta posta in titolo sulla narrativa e la sua utilità!? Bella sfida!
    Nonostante come te legga molti saggi, la narrativa è utile, anzi necessaria! Cone potremmo vivere senza le emozioni di una storia? Non una qualunque e nemmeno una bella storia, ovvero scritta bene e con ipersonaggi giusti e descritti a puntino. No, una storia decente deve emozionare, lasciare qualcosa di indelebile nel lettore, qualcosa che lo leghi per sempre al romanzo. Come? Certo scrivere bene è fondamentale, una banalità dirlo. Occorre creare personaggi e storie in cui identificarsi, in cui trovare qualcosa di noi. Che conosciamo e amiamo, che detestano, che non sapevamo. Così la narrativa diventa anche un brevetto percorso di crescita…
    Come questa scelta di leggere e commentare il Tao. Questo brano? Conyrointuitibo per un cattolico, molto significativo per tutti. L’uomo sta nel centro. Né nella terra, da dove proviene, né nel cielo dove pensa un giorno di andare, ma nel presente. Nella sua vita che ha il dovere di celebrare e conoscere fino in fondo
    Buona estate cara Grazia, non penare tropp! ????

    • Grazia

      Hai ragione, con il tuo romanzo appena uscito la mia domanda non si sposa bene! In realtà non penso davvero che la narrativa sia inutile, ma certi pensieri li faccio e poi mi domando perché, e dopo, seguendoli, vai a vedere dove finisco… Comunque è un buon periodo, non di pena ma di fermento (ma forse mi volevi dire di non penSare troppo?). Buona estate anche a te!

  • ariano+geta

    Riguardo la tua considerazione di partenza, mi viene in mente un aneddoto che conosco solo tramite i miei genitori poiché fanno riferimento a una cosa vista in televisione probabilmente prima ancora che io nascessi (o quanto meno quando avevo un’età che le dita di una mano sono pure troppe per contarla
    Mi dicono di un programma degli albori televisivi italici in cui c’era un bizzarro “confronto” tra un uomo del mondo dello spettacolo e un poeta famoso (forse Ungaretti, forse Cardarelli, non sono sicuri) e alla domanda “ma a cosa serve la poesia?” il poeta rispose “a nulla”. Non voleva ovviamente intenderlo nel senso letterale del termine, ma puttosto nel senso che in effetti l’arte, la letteratura, il teatro, il cinema, i fumetti, tecnicamente sono solo intrattenimento. Dunque non servono alla nostra sopravvivenza fisica, e sicuramente se ci lasciano su un’isola deserta per un mese ci fa più comodo avere delle derrate alimentari piuttosto che un libro di poesie. Penso che la narrativa sia “inutile” come può essere inutile scegliere un vestito in base al colore (che importanza ha? Basta che copra il corpo e sia comodo, il colore è una cosa secondaria), o come sia ugualmente inutile preferire una focaccia a una pizza bianca (non sono entrambe impasti di farina e acqua con olio e un po’ di sale?)

    • Giulia+Mancini

      La narrativa é inutile? Può essere, ma credo anche che la narrativa sia utile nel momento in cui ne abbiamo bisogno, a me personalmente è capitato di trovare conforto in una storia inventata oppure no perché vivevo un periodo particolare. Per esempio quando è morto mio padre nel 2015 ho letto il romanzo autobiografico di Daria Bignardi “Non vi lascerò orfani” che partiva dalla morte della madre, quelle parole mi hanno confortato moltissimo.
      Qualcosa di analogo mi è accaduto quando ho divorziato da mio marito con il romanzo Lo zair di Paulo Coehlo. Poi ci sono storie che mi hanno semplicemente fatto passare dei momenti di svago, servono anche queste storie. Vorrei ottenere qualcosa di simile con le storie che scrivo, è solo una speranza, posso dirti però che quando scrivo una storia serve prima di tutto a me, perché attraverso di essa posso capire qualcosa di più di me stessa, c’è sempre un motivo se un mio personaggio prende una direzione oppure un’altra.

      • Grazia

        E’ vero, a volte le parole di un libro sono come un balsamo su una ferita, o come una fonte di acqua fresca quando sei assetato. Ed è anche vero che attraverso le nostre storie e i nostri personaggi esploriamo noi stessi. Quindi no, la narrativa non è affatto inutile.

  • Barbara

    Ho appena finito di leggere “Praticamente innocuo”, il quinto romanzo della seria di Douglas Adams “Guida galattica per gli autostoppisti”. Il quinto, ma non l’ultimo nella mente del suo autore, almeno a vedere come resta bloccata la trama, con troppe domande senza risposta. Ma Adams è morto all’improvviso, un attacco di cuore a 49 anni, e non sapremo mai come avrebbe voluto chiudere davvero questa serie.
    Questa cosa mi fa stare un po’ male. Se la narrativa fosse davvero inutile, e per alcuni questa fantascienza-comica non è nemmeno un granché come narrativa, potrebbe avere un impatto del genere? Non credo.
    La narrativa è inutile per il corpo. Non riempie lo stomaco, non riempie i polmoni, non ci tiene al caldo (a meno di non foderarsi di pagine strappate) e non ci tiene al fresco. Ma la narrativa è essenziale per l’anima. E’ cibo per lo spirito, e ovviamente ognuno ha i suoi gusti.
    Da qualche parte, c’è qualche giovanissima a cui After ha cambiato la vita, così come all’epoca Twilight cambiò la mia, e più di recente Outlander me l’ha stravolta. Quell’accozzaglia di corbellerie che è la Guida galattica mi ha aiutato a passare quasi indenne il periodo del lockdown nazionale, e credo che diventerà uno di quei libri che apro a caso per cercare temporanea consolazione in qualche suo paragrafo.
    D’altro canto, io non sto più leggendo saggistica, ho libri accatastati in attesa e nessuna voglia di aprirli, mentre continuo a fiondarmi nella narrativa più disparata. Sto bilanciando i tuoi gusti?!
    “A volte ho l’impressione che per stare al timone della propria nave sia ugualmente necessario scegliere una destinazione ed essere pronti a cambiarla quando cambia il vento.”
    Non è tanto una questione di vento, quanto una questione di bussola. Hai presente la bussola di Jack Sparrow? Non punta a Nord, punta a ciò che lui sta desiderando, e non è detto sia un bene per lui, ma è ciò che vuole in quel momento. Sei sicura di aver scelto la destinazione dei tuoi desideri, non quello che, secondo chissà quali canoni, è un bene per te?
    In quanto al signor Laozi, non sono mica tanto d’accordo: “il saggio dona a tutti senza condizioni, e non teme di perdere le risorse che elargisce, perché il fatto stesso di donare produce nuove risorse.” A furia di pensare troppo agli altri, ne ho avuto io danni di salute, perciò ho iniziato a dire “no” invece di regalare risorse che tornavano indietro con sentimenti negativi, o che non tornavano indietro affatto, lasciandomi senza energie. La realtà è neutra, le persone no.

    • Grazia

      E’ bello sentirvi difendere il valore della narrativa. Cibo per l’anima, per lo spirito, per la mente. Tutto vero. Allora la salviamo, è deciso.
      Non ho idea di cosa sia bene per me. In questo senso ho poche possibilità di sbagliare! Come tutti, mi fisso degli obiettivi e poi vedo come mi trovo se li ottengo, o se non li ottengo. Comunque se incontro Laozi gliela racconto, questa delle risorse regalate con effetti negativi. Magari nella sua saggezza non ci aveva pensato.

  • Claudia+Turchiarulo

    Ho sempre pensato che i libri fossero paragonabili ai viaggi.
    Un viaggio può essere il migliore o il peggiore della tua vita, ma di sicuro ti lascerà qualcosa, che non dimenticherai una volta tornato a casa.
    Lo stesso accade con i libri.
    Se anche può sembrarti di non aver imparato nulla da una lettura, comunque inconsciamente metterai in pratica quello che hai appreso.

    Quanto ai saggi non ne ho mai letti, sai? Dunque dire che preferisco i romanzi sarebbe non corretto. Ma diciamo che non sono mai stata attratta dalla saggistica, ecco.

    • Grazia

      Ogni libro è un viaggio, hai ragione. A volte banale, a volte mediocre, a volte straordinario. Non ne farei a meno, per quanto possa dire in merito. Se con una bacchetta magica facessi sparire dalla mia vita i romanzi che ho letto, chissà come sarebbe diverso quello che resterebbe. Certo sarebbe una grande perdita.

  • Serena Bianca De Matteis

    Credo sia una questione di dosi e di priorità. Ultimamente solo qualche bella storia, letta prima di dormire, è riuscita a donarmi qualche momento di pausa, e a farmi provare tanta gratitudine per chi l’aveva scitta. E so per esperienza che una storia può cambiarti la vita, se non mentono le persone che mi hanno scritto a proposito di alcune mie storie.
    Tuttavia credo anche che in un momento in cui mezzo pianeta brucia e l’altra metà va sott’acqua, considerare la scrittura una priorità sia quantomeno poco utile. In realtà vorrei che ogni persona dotata di raziocinio considerasse prioritari, rispetto alla scrittura, cercare di salvare quello che è ancora salvabile. Ci sono in giro tante storie inutili, comprese le mie, mentre di pianeta ne abbiamo uno solo. Dosi e priorità nel gestire la risorsa tempo, ecco. In questo momento, per quanto mi riguarda, mi vergognerei a passare troppe ore col sedere su una sedia davanti al PC con tutto quello che ci sarebbe da fare; ma questa sono io.
    P.S. Uno di quelli che ultimamente mi ha fatta sentire riconoscente è un certo signor Hajime Isayama ????

    • Grazia

      Attack on Titan, che meraviglia! Oh, sì, capisco cosa vuoi dire. Sono contenta che tu abbia letto tra le mie righe il fulcro della questione: amo le belle storie, non smetterò mai di amarle; ma c’è questa impressione complessiva di maggiore importanza altrove. Non l’avrei espressa come hai fatto tu, perché… bè, non sono te, ma è proprio questo che intendevo.

  • Cristina

    Non soltanto penso che la narrativa sia utile, ma che la narrativa sia addirittura superiore alla saggistica. Colpo di scena da parte mia! Come sai, di recente sto leggendo più che altro saggi per motivi di studio. Non leggere narrativa alla lunga è sempre stata una forma di privazione per me, per non dire inaridimento. Il testo di saggistica contribuisce ad ampliare i tuoi orizzonti, approfondire alcune questioni, svelare delle connessioni, e soddisfa senz’altro un tuo interesse spiccato, per non dire una vera e propria passione.

    Però la narrativa è ben altro. La narrativa ti mette in contatto con l’essere umano nella sua interiorità, attraverso i personaggi e le loro storie. Certamente, il buon livello è importante, di recente ho letto finalmente un romanzo incantevole dopo alcuni buchi nell’acqua, e ne sto leggendo uno altrettanto appassionante. Però il primo romanzo è stato scritto una ventina di anni fa, quello che sto leggendo è di Victor Hugo, e ho in attesa sullo scaffale un vero classico (“Via col Vento”, prima che la cancel culture lo purghi dai passi incriminati). Con questi romanzi ho recuperato il gusto della lettura, la meraviglia di fronte a un modo di narrare a dir poco strabiliante… e in pratica sono tutti e tre dei classici.

    Per il resto, molto di quello che facciamo può essere giudicato inutile perché non produce effetti immediati e visibili: la lettura, la preghiera, la scrittura, lo studio, una passeggiata… Approfitto di questo periodo di calma per andare avanti con “Il Tempio di Salomone”, dopo un periodo in cui mi sembrava di girare a vuoto, ora pare che le rotelle arrugginite si siano rimesse a funzionare… o forse sono le spade visto il periodo medievale.

    • Grazia

      Ahaha, ti aspettavo, Cristina! Hai perfettamente ragione. Okay, la mia non era una domanda civetta, ma un po’ provocatoria sì. Spero di non avere fatto arrabbiare tutti i miei lettori! Dire che la saggistica è importante e la narrativa inutile è un po’ come dire che gli esseri umani sono solo cervelli ambulanti. Ed è molto vero che sono tante le attività di cui non si vede un risultato, senza che questo le renda meno fondamentali. In bocca al lupo per tutto quello che torna a girare.

  • Daniele Imperi

    La narrativa è intrattenimento per me, quindi non è inutile. Ovvio che possa leggere romanzi o racconti che non mi piacciono, pazienza. Succede anche coi film.
    Raramente ho avuto nostalgia di un romanzo, nel senso che mi è dispiaciuto che fosse finito. Ma rileggerlo non si provano le stesse sensazioni.

    • Grazia

      Anch’io non ritrovo le stesse impressioni alla rilettura; anzi, a volte il libro fa proprio una scivolata nella mia valutazione, cosa che mi dispiace. Risultato: non rileggo quasi mai. C’è tanto di interessante da leggere, vado avanti.

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