ispirazione
Scrittura,  Vita da scrittori (e non)

Scrivere senza ispirazione

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È possibile? È opportuno? (e il sesto capitolo del Tao tê ching)

Come in ogni storia d’amore che si rispetti, sul breve periodo il rapporto tra scrittore e scrittura può non avere ombre: le storie nascono e si sviluppano come per magia, i personaggi prendono vita, la mano dell’autore si allena e diventa più affidabile, nascono racconti, poesie, romanzi. Il processo è tanto affascinante che chi lo conosce non ci rinuncia per futili motivi… “sempre che ci sia l’ispirazione!”, direbbe qualcuno.

Quello dell’ispirazione è un argomento molto dibattuto. Io stessa ne ho parlato a più riprese sul blog, per esempio QUI e QUI. Nel tempo le esperienze e le riflessioni si sono susseguite, ma tutto sommato le mie idee in merito non sono cambiate di molto: l’idillio scrittore-ispirazione non può essere costante. Quando si continua a scrivere per molto tempo, prima o poi capita di andare a sbattere contro un ostacolo, imprevisto – ma come, andava tutto così bene… – o tanto previsto da essere quasi atteso – ah, ecco il famigerato blocco dello scrittore!

Cosa lo causa, come lo si inganna? Cento modi per risolverlo, al modico prezzo di un quintale di pazienza e una tonnellata di tenacia! Scherzi a parte, rientro nella famiglia di coloro che al blocco dello scrittore non credono molto. Mi sembra un’espressione vuota, un timbro messo su qualcosa di sgradito e incomprensibile per renderlo meno alieno, quando in realtà alla sua base c’è la natura umana, con tutte le sue complicazioni.

Quando ci si “blocca”, ovvero si vuole scrivere ma non ci si riesce, vale la pena di cercare una causa, senza fretta, perché la tensione non aiuta. Parto dal presupposto che a soffrire di blocco dello scrittore sia una persona che scrive da tempo. Quando si è scritto un singolo racconto, oppure si è interrotta la stesura del primo romanzo, si dovrebbe essere ancora nella fase della meraviglia, non in quella dei dubbi. Se fin da subito ci si trova a scrivere poco e con fatica, forse l’interesse verso la scrittura è limitato. In ogni caso, perché capita di voler scrivere e non riuscirci?

Si può iniziare ad avere paura della pagina scritta dopo avere scritto qualcosa di ben riuscito, o presunto tale. Non scrivere, in questo caso, può essere un modo per non scoprire se si è in grado di ripetere la performance. Altre volte l’impressione è quella di non avere più un’idea in testa. Vuoto totale. Le trame sono finite, i personaggi spariti. I libri altrui, intanto, sono più speciali che mai. Beati quegli autori, che hanno un serbatoio di idee sempre pieno! Anche se poi, a guardarci bene, non tutti sparano romanzi o racconti a raffica, come se fossero palline da ping-pong. C’è spazio per tutti, insomma… o forse non c’è spazio per nessuno, verrebbe da dire a volte.

Anche questo può essere un ottimo motivo per bloccarsi: rendersi conto che il mondo dell’editoria è duro e complicato. Puoi essere bravo e invisibile. Magari se sei bravissimissimo emergi di un palmo dal tappeto di teste e qualcuno ti vede, ma non è da dare per scontato; per non parlare di quanto sia difficile arrivare a quel livello qualitativo. In definitiva, scrivere richiede tempo e impegno a volontà, ma alla fine puoi anche sentire di essere rimasto con un pugno di mosche in mano. Non dovresti, perché niente è inutile quando si ama ciò che si fa, ma l’animo umano… è umano. Esitare a ripartire per un nuovo viaggio può essere più che normale.

Altre volte non si ha proprio voglia di scrivere. Si adducono cento motivi diversi, dalla moglie che disturba al mal di testa, alle tante incombenze che non lasciano tempo libero, solo per non ammettere il misfatto: all’idea di scrivere si prova un vago senso di fastidio. Anche quando si decide di sedersi alla tastiera una mezz’ora, quei vigliacchi trenta minuti evaporano come se non fossero mai esistiti, sperperati nei modi più diversi e inutili.

Rovinoso è anche il paragone con altri autori, bravi e già affermati, oppure fino a poco tempo fa sconosciuti, ora lanciati in una rapida ascesa che ci lascia con la mascella penzolante. Che dire, poi, del paragone con gli autori che amiamo di più? Per sentirsi mediocri, o peggio inutili, è l’ideale. Anche se qualcuno dice che ogni voce nel coro è unica e fa la differenza ai fini del concerto…

Il blocco dello scrittore, insomma, non è un’unica “malattia”, se non nel risultato: per un motivo qualunque o la somma di tutti, scrivere diventa impossibile. Alla base del problema si intrecciano due fatti incontrovertibili: da un lato nella vita si cambia, dall’altro qualunque nostra attività viene disturbata da ciò che ci disturba. Gli esiti non sono affatto scontati, nella scrittura come nel resto.

Rinunciare a scrivere, però, non è cosa che si viva con leggerezza, a meno che non si accompagni a un vero calo d’interesse. Lo scrittore che non riesce a scrivere di solito continua ad amare la scrittura, senza però sentirsene riamato. È una brutta situazione.

L'ispirazione ti porta in un mondo diverso...
Foto di Mystic Art Design da Pixabay

Qual è il modo migliore per superare l’ostacolo? Dobbiamo sforzarci di abbatterlo a testate, assecondarlo tenendolo d’occhio per individuare una possibile breccia, oppure rinunciare senza lottare?

I metodi che vengono suggeriti sono giustamente tanti, vista la molteplicità delle cause. Vale la pena di ricordarne alcuni.

  • Crea una vera abitudine alla scrittura. Se scrivere diventa come lavarti i denti – sempre alla stessa ora, senza saltare un giorno – puoi sfruttare l’instaurarsi dell’abitudine (ne ho parlato anche in questo articolo sul sito Veggie Channel, con cui collaboro) per vincere le tue resistenze interiori.

  • Non correggere il testo fino a quando non hai terminato la prima stesura. Questo permette di scrivere senza dubbi e preoccupazioni, assecondando il flusso di idee mentre si manifesta… persino quando questo significa inserire in un racconto qualche paragrafo sulla fatica nello scrivere, da eliminare in seguito! Come disse Charles Bukowski, “scrivere del blocco dello scrittore è sempre meglio che non scrivere affatto”.

  • Accetta la necessità di una pausa dopo un lavoro impegnativo. Può trattarsi di semplice stanchezza. Anche un goloso riesce a nausearsi di pasticcini, se esagera! In questo caso aiuta dedicarsi ad altre attività, meglio se non imperniate sulla parola scritta. Abbiamo bisogno di stimoli diversi per restare sani e vivaci.

  • Datti il permesso di non avere voglia di scrivere, senza bisogno di un motivo valido. Le passioni sono libere. Più cerchi di incatenarle, più ti sgusciano tra le dita.

  • Fissa un tempo brevissimo (5-10 minuti) da dedicare alla scrittura inutile, scrivendo tutto quello che ti passa per la testa. Può diminuire la tensione di trovarti davanti alla tastiera.

  • Salta a piè pari il punto difficile della storia che sta causando il blocco. C’è chi inizia a scrivere un romanzo dal finale, o da un capitolo intermedio. A volte funziona; altre volte, invece…

  • …se incontri un dubbio dopo l’altro, nella storia trovi bivi dall’esito problematico, qualcosa ti suona incoerente, fiacco, stupido, torna indietro. Cosa c’è prima della stesura? La pianificazione. Anche se non ami schemi e scalette, non sempre si può farne a meno. Oppure…

  • …se non riesci a capire come si sviluppa la scena che stai scrivendo, prova a domandare ai personaggi. Spesso sanno cosa sta per succedere, meglio di noi.

  • Dedicarsi a un’attività che lasci correre libera la mente. Portare a spasso il cane, fare una doccia, ascoltare musica, cucinare. In quei momenti il critico(ne) interiore non è abbastanza vigile da disturbare le fantasticherie e i messaggi provenienti dall’inconscio.

  • Eliminare le distrazioni (tutte!) per il tempo che si dedica a scrivere, o a tentare di farlo.

  • Dimenticare l’esistenza di potenziali lettori. Scrivere, insomma, con la certezza di farlo solo per se stessi. Su di me non funziona affatto, ma c’è chi usa questo metodo con buoni risultati.

  • Blandire il critico interiore. Riservare un paio di minuti all’inizio di ogni seduta di scrittura al suo vacuo blaterare, incoraggiandolo a dire il peggio di noi, senza in realtà prendere sul serio ciò che dice. Non prendersi troppo sul serio aiuta, a volte.

  • Scrivere a mano libera su carta. È scomodo, perché poi è necessario ricopiare il tutto destreggiandosi tra cancellature e pasticci, ma la stranezza della pratica fa sì che si mobilitino risorse diverse.

La lista non si esaurirebbe qui, ma credo di avere reso l’idea. Tutti questi metodi per superare il famigerato blocco possono funzionare, ma non sempre è così; e anche quando funzionano, non è detto che l’esito positivo, ovvero il fatto di rimettersi a scrivere, sia accompagnato dalla caratteristica più auspicata: l’ispirazione. In sua assenza, vale la pena di scrivere? Partiamo dal dizionario Treccani online.

Ispirazione – 1. a. Intervento di uno spirito divino che, con azione soprannaturale, determina la volontà dell’uomo ad agire o pensare in un determinato modo, o rivela alla sua mente delle verità, spesso stimolandolo e guidandolo a esprimerle con la parola o con gli scritti. […] 2. Stato di entusiasmo, di eccitazione fantastica in cui l’artista crea la sua opera, e il motivo stesso che eccita e feconda la sua fantasia.

Si parte da un contatto con il soprannaturale, dove la persona ispirata diventa quasi un veicolo per trasmettere al mondo delle verità, per arrivare al significato forse più usato di entusiasmo ed eccitazione nello svolgimento dell’attività artistica. Quale di queste “ispirazioni” è necessaria per scrivere? La prima, la seconda, oppure entrambe?

Non posso che parlare per me. Mi è capitato – capita a tutti, credo – di scrivere come se il materiale sgorgasse da una fonte invisibile, al di fuori del mio controllo. Non mi sono mai sognata di ostacolare questo processo. Chi mai lo farebbe? L’energia liberata in quei momenti è forte e “giusta”, fa sentire bene, e sì, sembra di toccare il cielo con un dito, per utilizzare un’espressione comune che si lega bene alla definizione di cui sopra. Che la voce che sento in quei momenti possa provenire dal mio subconscio o da dimensioni superiori, per me non fa differenza: quella voce è dentro di me, così come fuori. È intessuta nell’universo.               

Tra questa esperienza eccezionale – che in quanto tale non può essere quotidiana, secondo me – e quella dell’entusiasmo e dell’eccitazione creativa non vedo una vera differenza; mi sembrano sfumature diverse dell’intensità che si prova scrivendo. Quando quell’intensità non si presenta all’appuntamento, reagisco in base all’entità del problema: se non sono ispirata oggi, posso rimandare a domani; se l’ispirazione non si presenta per una settimana, riproverò la settimana successiva… ma se passano mesi e tutto tace, vale la pena di cambiare approccio. So di poter scrivere anche senza sentirmi su di giri, utilizzando fantasia e razionalità insieme. Il processo avverrà comunque, più quieto e senza dubbio meno affascinante, ma a suo modo affidabile. Contare sull’eccezionalità equivale a prepararsi a morire di fame scrittoria, secondo me.

Che dire della qualità? Scrivere senza ispirazione significa scrivere male, creare materiale che verrà automaticamente cestinato? Non è detto. Ricordo le parole dell’autrice di uno dei miei manuali di scrittura creativa: quando tornerai a rileggere ciò che hai scritto, non distinguerai le parti prodotte sull’onda dell’ispirazione da quelle che hai scritto con fatica. Possiamo farci trasportare dall’impeto dell’ispirazione, quindi (una Ferrari, nel suo genere), senza per questo rinunciare al nostro motore personale (una Panda? ma no, dai…), che tra le altre cose ci permette di continuare a esercitarci, e quindi a migliorare, anche in assenza di momenti di estasi.          

Prima di salutarvi, ecco il sesto capitolo del Tao tê ching e il mio breve commento, che d’ora in poi riporterò in un riquadro a sfondo diverso, in modo da aiutare i lettori nella lettura… o nella sospensione della stessa.

6

Lo spirito che non muore mai
è chiamato la misteriosa energia femminile.
Abbraccia tutto l’universo,
ma non perde mai la sua immacolata purezza.
Assume innumerevoli forme,
ma la sua identità rimane intatta.

La porta della misteriosa energia femminile
è chiamata radice della creazione.

Ascoltate la sua voce,
riecheggia in tutto l’universo.
Rivela la sua presenza senza errore
e ci conduce alla perfezione.
Pur essendo invisibile, perdura nel tempo;
non finirà mai.

Non credo di poter commentare adeguatamente questo capitolo, ammesso che io ci sia riuscita con gli altri. Visto che la mia “pancia” sembra più propensa ad ascoltare che a dire la sua, mi ricollego alle parole di Wayne W. Dyer, autore del libro La saggezza del Tao (Corbaccio, 2010), secondo il quale questa energia inestinguibile e feconda rappresenta sia la nostra eredità che il nostro destino. Diventarne consapevoli significa partecipare al processo creativo e raggiungere la pienezza della vita, il nostro fondamentale compito terreno.

Deng Min-Dao, nel libro Il Tao per un anno: 365 meditazioni (Harperone, 1992), parlando degli effetti di questa energia femminile creatrice vissuta consapevolmente, dice:

Potete sentirlo nella vostra vita: gli eventi assumeranno un moto perfetto, un ritmo glorioso. Potete avvertirlo nel vostro corpo: l’energia scaturirà in voi con un crescendo emozionante, scorrerà ardente in ogni vostra fibra. Potete sentirlo nello spirito: entrerete in un perfetto stato di grazia, vi renderà come il canto effimero di un uccello che risuona nel paesaggio della realtà.
Quando il Tao viene a voi in questo modo, cavalcatelo per tutto ciò che meritate. Non interferite. Non fermatevi… Non cercate di dirigerlo… Lasciatelo scorrere e seguitelo. Finché dura il canto, seguite. Seguite soltanto.
  

Pensandoci bene, le parole di Deng Min-Dao non sembrano collegarsi al nostro discorso sull’ispirazione? Sapevo che il Tao doveva riuscire a creare un nesso, in un modo o nell’altro!   

E voi, scrivete quando non vi sentite ispirati?
Cosa ne pensate del famigerato blocco dello scrittore?

29 commenti

  • Giulia+Mancini

    Questo tuo post cade a fagiolo, come si suol dire…
    In questo periodo non posso dire di avere un vero e proprio blocco dello scrittore, diciamo che mi sono presa una pausa piuttosto lunga dall’ultimo romanzo, sono diversi mesi che non scrivo e, nonostante mi sia tornata la voglia di scrivere, ho buttato giù una bozza di primo capitolo e poi più nulla. In realtà sto cercando un’idea intorno alla quale sviluppare la trama, ma tutto mi sembra già sfruttato oppure banale. Per ora insomma continuo la pausa e leggo…

    • Claudia+Turchiarulo

      Non ho mai avuto il blocco dello scrittore, ma mi è capitato spesso di non aver voglia di scrivere, a causa di pensieri o eventi che mi turbassero.
      Sono d’accordo col fatto che sia utile abituare la nostra mente a scrivere ogni giorno per un’oretta (ad esempio).
      Io scrivo dalle 13 alle 14, dal lunedì al venerdì.
      Quando non ne ho voglia, leggo.
      Devo dire che finora ha sempre funzionato e non ho mai perso le parole.
      Anche se non scrivo libri, e da quando non lavoro più come giornalista, non ho nemmeno delle scadenze prefissate.
      Dunque potrei evitare di scrivere per due settimane intere, senza nessuna conseguenza.

      • Grazia

        Di vere conseguenze, nel bene e nel male, non ne avrei nemmeno io. So però che scrivere mi fa sentire bene e la continuità mi mantiene produttiva, anche se al mio ritmo tranquillo. In parte temo che, non scrivendo, il resto dei miei interessi prenderebbe il sopravvento. Non dovrei. Quello che resta è importante, quello che se ne va deve restare libero di andare.

  • Elena

    Un post molto denso Grazia, con una serie di suggerimenti molto utili
    La penso come te, in fondo il blocco non esiste. Per chi ha la fortuna di non dover produrre scrittura per vivere, il che, in presenza del famigerato blocco, sarebbe la iattura, il blocco è semplicemente un messaggio che viene da dentro, il luogo dove nascono le nostre storie, per dirci che manca qualcosa, che occorre attendere. Di solito non mi scompone quando accade che mi manchi l’ispirazione. Attendo, con pazienza, perché so che qualcosa di bello sta per arrivare. Quanto alla scrittura senza ispirazione, a meno che non si pretenda di vivere in estasi, è utile, forse addirittura necessaria. Non credi? Grazie per questo post molto utile. Un saluto

    • Grazia

      Scrivere comunque, anche in assenza di estasi, mi sembra un’ottima scelta, nei confronti di noi stessi e delle correnti che ci pervengono e attraversano. E’ un po’ come dire “io ci sono”. Mi hai fatto venire in mente un’immagine molto viva, di una persona in piedi con le braccia aperte davanti a sé, i palmi delle mani verso l’alto, pronta a ricevere.

  • Ariano Geta

    A me è sempre bastato uno solo dei tuoi suggerimenti: “dimenticare l’esistenza di potenziali lettori”. Alla fine ho sempre scritto per me stesso, e tanto è bastato.
    Però, anche se sembra una contraddizione, se non mi sento ispirato io non scrivo. Sono pienamente d’accordo che la cosiddetta “ispirazione” è piuttosto un mito, il vero scrittore macina pagine con professionale dedizione, magari scrivendo un romanzo che gli è stato commissionato dal suo editore e che neppure gli piace granché come genere, però esegue perché viene pagato per farlo. Ecco, forse è proprio questo il punto: io mi concedo di scrivere solo ciò che ho voglia di scrivere perché per me è un’attività “extra”, quindi cerco di farla con piacere.
    Se per assurdo un giorno mi offrissero una certa cifra per scrivere un romanzo di un genere che non mi intriga, comunque probabilmente lo sfriverei eccome perché lo valuterei come un “lavoro” e non come un hobby.

    • Grazia

      Tra i due estremi che hai citato ci sono tante vie intermedie. Io credo di camminare su una di queste. Scrivo solo quello che mi piace e mi convince – nessuno mi ha mai chiesto di fare altro, in effetti – ma non sento di scrivere per me stessa. Per me la scrittura è comunicare; farlo solo con il mio subconscio non mi motiva a sufficienza. Forse dovrebbe.

  • Sandra

    Scrivere senza che lo spirito ti faccia visita con idee e motivazione è… una vaccata, ma l’ho fatto. Una fatica immensa che non ripeterei/ripeterò nell’illusione concreta, ossimoro forse, che le indicazione e l’esortazione dell’agente fossero sufficienti. Un disastro, una caduta libera, un libro che alla fine è uscito bene perché a lavorare come matti qualcosa comunque si porta a casa, ma non ne è valsa la pena. Agente salutata, romanzo che sta vendendo pochissimo. Attualmente in effetti sono bloccata, è triste perché – ne ho scritto su IG – la cosa bella di scrivere è scrivere, soprattutto la magia della prima stesura priva di vincoli editoriali, ma se non viene, non viene, punto. Ci sono metodi per sbloccarsi, come ben dici, ma preferisco assecondare il momento e cercare di dedicarmi alla prossima uscita di un libro molto ispirato, anche dal tuo, e alla corsa.

    • Grazia

      Bisogna sempre avere la mano leggera con le forzature. In certi momenti sono soltanto controproducenti, altre volte ti rimettono in moto. Riconoscere il momento, però, non è facile. (Che bella cosa essere di ispirazione! Grazie.)

  • Brunilde

    Non riesco a rinunciare o a ridurre le letture, sarebbe una forzatura.
    Anche a me capita di essere sfiduciata , demotivata, o forse priva della famosa ” ispirazione”, e allora anche lì ho deciso di non forzare.
    Però mi sono riproposta di scrivere lo stesso, ogni giorno: pensieri, emozioni, riflessioni, sogni, ricordi, rigorosamente a mano. Sembra mi sia utile, per mantenere la familiarità con la parola scritta, per non predere ulteriormente l’abitudine alla grafia ( sempre più zampa di gallina purtroppo ) e in attesa di riaprire un certo file, con una storia interrotta.
    Ha ragione il Tao, bisogna ascoltare la voce. Solo seguendo con naturalezza il flusso della propria energia si può ritrovare il gisto equilibrio, anche nello scrivere.

  • Luz

    Molto bello questo tuo post, con il valore aggiunto di pensieri scaturenti dal Tao.
    Che dire sulla mancanza di ispirazione. Percepire un senso di vuoto creativo è una brutta sensazione. Tutti i tuoi consigli possono valere, ma in fondo finisco col pensare che è sempre una questione di tempo, di periodo.
    Stranamente, l’ispirazione più tornare “impetuosa” anche senza forzare nulla.

    • Grazia

      Erano consigli tratti da altri autori. Alcuni li ho sperimentati anch’io, con risultati diversi. Sono convinta di quello che dici, ma faccio anche altre considerazioni, che mi spingono a essere meno libera in questo senso.

  • Marina

    Per me l’ispirazione ha un peso, nel senso che dev’esserci qualcosa che mi spinge a scrivere, altrimenti le idee rimangono congelate. Fondamentalmente devo trovare un interesse in quello che scrivo e devo immaginare che ciò che scrivo sia interessante anche per chi mi legge. Mi rivedo in alcuni punti che hai elencato, nel non forzarmi quando proprio manca la voglia, nel dedicarmi ad altre attività che stimolino la mia creatività in campi alternativi. Una cosa è certa: ogni anno mi capita di ingranare molto lentamente quando finisce l’estate. Sono sempre lì a cincischiarmela finché non arriva il momento giusto.

    • Grazia

      Anche quella è una bella libertà, Marina. Io ne cedo una piccola parte per dare al mio percorso una certa continuità. Non che il mondo collassi se non esco con un libro nuovo ogni anno! Io però in questo modo mi sento… sempre in sella. Mi piace.

  • Cristina

    Anche secondo me il blocco dello scrittore non esiste, c’è semplicemente la poca o nulla voglia di scrivere. In fondo per noi scrivere dovrebbe essere un piacere e una gioia, l’unico motivo legittimo per sentirci incatenati alla tastiera è un contratto milionario con qualche casa editrice da favola… cosa che a me non è capitata e non penso mi capiterà mai!
    Sono d’accordissimo sugli espedienti che hai elencato per superare i momenti di impasse, di recente ho sperimentato il punto su “chiedi al personaggio”, anzi, a dire la verità è uno dei personaggi minori che ha attuato un vero colpo di mano e adesso non so come ne verrò fuori.
    Comunque è proprio questo il bello della scrittura, le sorprese che ti riserva. Magari ne parliamo dopo…

  • Maria+Teresa+Steri

    Soffro in modo ciclico di mancanza di ispirazione. Quando succede, spesso mi sforzo di scrivere lo stesso e il risultato è pessimo. D’altra parte anche se lascio che la storia si raffreddi, ci sono delle conseguenze pessime. E quindi, cerco di trovare un faticoso equilibrio tra il prendermi delle pause e il manterere una certa continuità. Penso che i consigli che hai dato sono tutti molto validi, d’altra parte devo dire che per mia esperienza la Musa ogni tanto va in vacanza e ci si può fare ben poco, se non aspettare che rientri. Nel frattempo… ognuno fa quel che può

    • Grazia

      E’ esattamente così: un faticoso equilibrio, perché se ci si sposta troppo da una parte o dall’altra, comunque non si è contenti del risultato. Tanto vale prenderla con filosofia.

  • Barbara

    Io quest’estate non ho scritto nulla di creativo, nel senso di racconti, perché per il blog ho sempre scritto. Non posso definirlo “blocco”, perché in realtà ogni tanto mi appunto qualche idea, ma è proprio stanchezza fisica, non di muscoli, ma mentale. Del resto sono uscita da un’esperienza quasi paranormale, tre mesi di studio assurdi, lavorando a tempo pieno e nel periodo peggiore, per un concorso pubblico (poi passato, e da metà ottobre sarò assunta in PA). Io che c’ero in mezzo non me ne sono accorta, “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a ballare” e ballavo. Ma lo intuisco sia dalla parole di amici e parenti (un coro di “ma come diavolo hai fatto a studiare tutte le sere??” Risposta: non ho né Sky né Netflix), sia dalla stanchezza che mi ha colpito dopo. E quindi adesso, aspetto. Con calma, so che l’onda arriva.
    E in quanto al sesto capitolo del Tao tê ching, è chiarissimo. Quello spirito, la misteriosa energia femminile, è il Peaker Power! Punto.

  • Marco Lazzara

    Io ho sempre pensato che ci sia un fraintendimento di fondo col concetto di “blocco dello scrittore”: ovvero l’idea secondo cui una persona si sieda davanti alla macchina da scrivere/computer e dal nulla si metta a trarne un racconto, e se non ci riesce ha il blocco dello scrittore per me non ha senso. Si scrive se si ha qualcosa da dire; se si ha difficoltà nel trovare il modo di dirlo, allora è quello il blocco dello scrittore.

    • Grazia

      “Avere qualcosa da dire” non esprime del tutto la situazione, secondo me. Io le storie le invento, non nascono da sole per poi riversarsi fuori spinte da una pulsione inarrestabile, anche se nel decidere di raccontare di certi personaggi cui accadono determinate cose ci metto inevitabilmente del mio. L’idea nasce da sola oppure la cerco, la voglia di sedermi alla scrivania anche. Insomma, mi sembra un po’ più complicato di così… o forse più semplice?

  • Tenar

    Io al massimo sperimento il blocco del tempo per scrivere, perché purtroppo è sempre meno e il blocco dell’affrontare il post scrittura: cercare una strada per il mio scritto. Non ho quasi più energie mentali per cercare un editore, per sgomitare per farmi notare, per… E mi spiace moltissimo, perché scrivo e lascio nel cassetto, senza quasi provare a fare uscire. Sto cercando di sbloccare questo aspetto, ma ammetto che al momento è davvero dura. Perché non basta uno schiocco di dita per far arrivare il testo alla scrivania giusta e da lì in libreria?

    • Grazia

      Perché?, mi domando sempre anch’io. Il blocco dell’affrontare il post-scrittura affligge pesantemente anche me. Proprio stamattina mi sono detta: è inutile, non ne ho più voglia. Posso sempre scrivere e basta, senza pensare ad altro. Ma riuscirei davvero a farlo, sapendo che nessuno potrebbe leggere le mie storie? Ne dubito. Spero in un’illuminazione. La auguro anche a te.

  • Erges N.

    Buongiorno, e complimenti! Un articolo molto empatico, trovato su internet tramite “OK Google.” Empatico ma anche molto esaustivo oltre che ricchissimo di consigli.
    Dal 2020 a oggi ho scritto 3 libri, e ora con il quarto sono decisamente sfiduciato perchè mi trovo in una serie di situazioni artistiche descritte in questo bellissimo articolo. Ma come si cita Bukowski, (e come lo intendo io) dare forma a un problema, descriverlo, descriverlo bene soprattutto, come fa l’autrice del Blog, significa normalizzarlo, e quindi prendere delle misure. Appena torno sul blog mi iscrivo!

    • Grazia

      Ciao Erges, benvenuto! Grazie per i complimenti, che fanno sempre piacere. Spero che il materiale del blog ti sia utile nel tuo percorso. Mi trovo molto in sintonia con una frase che ho trovato sul tuo sito: “Non so mai se leggere o mettermi a scrivere!”. Smettere di scrivere, non saprei, per quanto mi riguarda, ma smettere di leggere, mai!

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