Scrittura creativa: riconoscere l’idea giusta
Vi racconto gli indizi che seguo. E voi, quali seguite?
In questo periodo sono particolarmente creativa. No, non mi sto dividendo tra gli acquerelli e la fisarmonica, né ho pronte idee per cento storie, tutte promettenti. Quella non sono io! È vero che sto trovando più facilmente soluzioni ai miei dubbi nella stesura del nuovo romanzo, ma soprattutto mi accorgo di avere un approccio creativo alla realtà nei suoi aspetti più quotidiani.
Invento ricette, e quando serve le modifico senza fatica, con buoni risultati. Di fronte ai problemi che si presentano, dalla burocrazia alle spese, il ventaglio di possibilità che elaboro è più vasto del solito. Mi piace! Forse qualcuno di voi ricorderà che mi paragono a una mucca per la mia stolidezza. Di solito (oppure dovrei parlarne al passato?) per me c’è una sola via che conduce da A a B. Se quella via mi è preclusa per qualche motivo, non c’è storia, B non lo raggiungerò mai. Salvo scoprire su consiglio dei miei familiari, oppure dopo un numero insensato di capocciate contro il muro, che esistono altri modi per ottenere il risultato voluto.
Non è un vero problema. In qualche modo me la cavo sempre. Questo non significa che la mia rigidezza non abbia conseguenze, palesi e nascoste. La sua origine è nel desiderio-bisogno di tenere tutto sotto controllo, uno dei maggiori ostacoli a una vita serena e soddisfacente, quindi è comprensibile che io mi senta bene in questo periodo di libertà dal suo giogo.
Le idee di cui voglio parlare oggi, però, non riguardano i miei successi nelle battaglie del quotidiano, ma l’elaborazione delle mie, delle nostre amate storie; quelle che scriviamo, progettiamo di scrivere o rimpiangiamo di non avere ancora scritto… proprio quelle.
Ogni storia parte da un’idea che dà inizio al processo creativo. È una piccola cosa, un pizzicotto, una spintarella, un semino che decide di germogliare nella mente, e a volte diventa subito una stuzzicante ossessione. Di solito è una persona, vista o immaginata, che si trasforma per motivi imponderabili in un personaggio; oppure è una situazione che mi colpisce, a volte un semplice paesaggio.
Così com’è, questo semino iniziale è inutile, sempre che non abbia in mente di scrivere un racconto, cosa che non capita da tempo. Nel caso del racconto, il flash di un istante può bastare ad azionare la gioiosa macchina da guerra; anzi, a volte conviene investire nella purezza di quel lampo, senza complicare e cercare sviluppi, per scrivere qualcosa di potente (o provarci). Un romanzo, invece, non è limitato e intenso come uno sparo nella notte. Ha bisogno di mille caratteristiche per reggere il suo lungo viaggio, e io ho bisogno di mille considerazioni preliminari per decidere di mettermi al timone.
Per prima cosa devo decidere che quel semino merita la mia attenzione, poi devo giocarci per un po’, per capire se può diventare qualcosa di più. Il processo, che ha un inizio razionale, deve concludersi con un’emozione perché io possa passare alla fase successiva. Da sola, senza la partecipazione del cuore, la mente non partorisce niente di creativo. Non per questo la razionalità smette di aiutarmi nel soppesare l’idea e rigirarmela in mente per vederne ogni aspetto; ed ecco come deve essere, questa idea.
Eccitante per me
Non posso essere tiepida di fronte alla candidata. Devo trovarla entusiasmante, almeno io! Ma devo anche essere convinta che abbia le potenzialità per diramarsi ed espandersi. Se la metto al centro del mio foglio di brainstorming, le “nuvolette” le si affollano intorno, oppure sono scarse e difficili da trovare? Se l’idea si dimostra povera già nella fase della fantasia, o rinuncio ad adottarla, oppure sono avvisata che avrò il mio bel daffare per compensare le sue mancanze.
Interessante per il lettore
Tutti hanno passioni e interessi. Questo non significa che siano sempre condivisibili su larga scala. Io posso anche andare in estasi per una pianticella di euforbia a lato del sentiero, ma è ragionevole credere che il lettore medio troverà questo incontro irrilevante. Cerco quindi di distinguere tra i motivi di interesse di vasta portata e quelli di nicchia, che mi porterebbero a ridurre già a monte il mio pubblico di lettori.
I temi che mi sono cari compaiono comunque, se non come fulcro delle storie stesse, nello spazio che creo per loro, di supporto e accompagnamento. Questo spazio, che spesso diventa frizzante e foriero di sorprese, può suscitare curiosità e fare scoprire al lettore qualcosa di inaspettato.
Viva e vivace
Da lettrice non amo le storie prive di vitalità e di respiro. Mi fanno sentire pesante, condannata (in teoria) a trascorrere qualche centinaio di pagine nel chiuso mondo dei personaggi, che riflettono, discutono, sopravvivono, senza che mai un raggio di luce arrivi a illuminarli. A ogni idea per le mie storie chiedo quindi di avere almeno una finestra aperta. Inoltre la situazione deve essere in grado di fare accadere qualcosa di non soltanto interiore. I personaggi dovranno pure muoversi, se vogliono raggiungere la finestra.
Il mio è un giudizio del tutto personale, naturalmente, senza pretese di obiettività. Ognuno cerca in una storia ciò che gli serve, o ciò con cui sente di potersi connettere in modo proficuo, qualunque sia il motivo. Questa caratteristica, dunque, mi aiuta soltanto a scegliere su quale storia investire. Perché no, le storie non mi tormentano, come a volte si sente dire. Quello succede agli autori immortali. A me si propongono, semplicemente.
Combinabile con altre idee
Non alludo alla ricchezza di diramazioni di cui ho parlato nel primo punto, ma alla possibilità di unire due o più idee principali per fare nascere dalla loro sinergia la storia.
Questo indizio mi fa decisamente guardare l’idea con favore. Si collega con l’originalità, cui in questo caso attribuisco maggiore importanza del solito. In generale sono convinta che sia quasi impossibile inventare personaggi e fatti nuovi, mai esistiti o accaduti. Quello che è nuovo per me, lo è probabilmente perché non ho letto il libro o visto il film in cui se n’è parlato. Quando però si combinano due idee di per sé normali, il loro intreccio crea quasi automaticamente punti di trama, motivi di conflitto e possibili svolte non banali, che fanno bene alla storia.
Ambientabile in modo interessante
Lo so, il termine “interessante” compare nel mio post più volte di quanto persino la SEO consiglierebbe, se fosse il termine chiave. Del resto proprio questo è al centro dei miei pensieri, quando mi domando se una storia merita l’anno e mezzo di lavoro che mi aspetta: “da qui può uscire una storia interessante?”
Arrivare ai lettori è un’impresa ardua, sempre e per tutti. Perché tentare di farlo con una storia che prevedo già noiosa? Quindi mi domando anche se l’idea che sto valutando mi permetterà di avere scene in luoghi diversi e… interessanti, o comunque diversificati, in modo da creare movimento. È qualcosa che apprezzo nelle storie che leggo, e non lo dimentico.
Queste sono le caratteristiche principali che prendo in considerazione nel valutare l’idea. Hanno ovviamente un valore relativo. Esistono ottime storie che non rispettano affatto i miei criteri. Per esempio l’esplorazione dell’animo umano può rendere un testo avvincente già di per sé, quando l’autore la sa portare avanti in modo eccelso – eccelso, dico, non buono. Secondo me soltanto un mago della scrittura può permettersi di raccontare una storia povera e nuda, e riuscire ugualmente a portare con sé il lettore in un viaggio importante.
Dunque il semino è diventato una pianticella. È ancora debole, ma crescerà. Scommetterei su di lui, ecco. Non si va tanto oltre con le sicurezze!
A questo punto inizieranno a frullarmi in mente le famose Five Ws, le cinque domande alla base della raccolta di informazioni nel giornalismo: who, what, when, where, why, ovvero chi, cosa, quando, dove, perché. A queste si aggiungerà inevitabilmente il how: come? La storia, insomma, inizierà a prendere forma. Dovrà passare molto tempo prima che le sue premesse – e promesse – si traducano in qualcosa di solido e convincente. Non è nemmeno detto che questo momento arrivi. Partire bene, però, aumenta la mia determinazione e mi fa sperare in un buon risultato finale.
Concluso l’argomento idee, una notizia tecnico-pratica, prima di passare all’undicesimo capitolo del nostro Tao tê ching: a partire dal 4 luglio, per qualche giorno il blog potrebbe essere in manutenzione, oppure manifestare problemi a causa del cambiamento di dominio e hosting. Non ci sarò io alla consolle, cosa che mi rende più tranquilla. A ognuno il suo lavoro!
La notifica della pubblicazione di questo post vi arriva in un modo un po’ inconsueto, tramite un messaggio manuale. Portate pazienza, in particolare se non eravate iscritti al mio blog: nel sito si sono mescolati gli indirizzi in un modo per me incomprensibile, perciò, in attesa dei lavori di cui sopra, ho preferito avvisarvi tutti in questo modo. Confido che non si ripeterà.
Vi saluto con la saggezza di Lao Tzu. Alla prossima!
11
Trenta raggi convergono sul mozzo,
ma è il foro al centro che
permette di usare la ruota.
Si plasma un recipiente con l’argilla,
ma è lo spazio all’interno che lo rende utile.
Scolpite con maestria porte e finestre,
ma è lo spazio vuoto della stanza che si usa.
L’utilità di ciò che è
dipende da ciò che non è.
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.
14 commenti
Claudia
Anch’io non amo le storie piatte.
Perciò, considerando che scrivo solo storie vere, prima di accettare l’incarico valuto se la vicenda mi cattura davvero, o se è noiosetta.
In quel caso, come dicevano in un celebre programma televisivo, “ringrazio, rifiuto l’offerta e vado avanti”.
Grazia
Capisco bene. Chi scrive legge anche, e sa cosa apprezza e cosa abbandona. A volte, poi, sembra implicito che scrivere pensando al gradimento da parte dei lettori sia qualcosa di degradante. Io non la penso così. Per me scrivere è come raccontare la storia a qualcuno. Se mi annoio io, figurati chi ascolta-legge.
Ariano Geta
In genere il mio punto di partenza è una “immagine” (con questo termine sottintendo una scena, una situazione, qualcosa anche di più lungo di un fermo immagine per capirci, intendo piuttosto una sequenza di fotogrammi) che in qualche modo mi balena in testa. Partendo da quella “immagine” la mia mente spesso comincia a svluppare idee attinenti. Talvolta resta una cosa così, una mera fantasia della mia mente sempre troppo impegnata in attività inutili, e non ha alcun seguito. Altre volte (casi molto minoritati, lo ammetto) segue un abbozzo, una stesura iniziale. Tra queste stesure, qualcuna mi spinge a mettermi al pc e scrivere, riscrivere, elaborare, rielaborare…
La citazione che riporti di Lao Tsu è una delle più intriganti dell’intero testo, in effetti ci rammenta che lo spazio vuoto è il vero ambiente di cui abbiamo bisogno. Tutto ciò che gli costruiamo attorno ci serve solo per delimitarlo in base alle nostre necessità.
Grazia
La cosa divertente è che ti ho risposto, e subito dopo WP ti ha di nuovo cestinato… e ha cestinato pure me! Figlio degenere…
Spero che tu avessi fatto in tempo a leggere la mia risposta. Ho resuscitato te, ma non posso resuscitare me stessa, perché non sono nemmeno nel cestino! XD
Giulia Mancini
La nascita di una storia in me nasce sempre da un’idea dominante, perché le idee spesso sono tante ma serve quella unica più interessante o semplicemente quell’idea che non va via dalla mente e persiste, finché non la scrivo. Mi è capitato con alcuni miei romanzi nati da idee vecchie di anni che sono rimaste solidamente attaccate al mio desiderio di scriverne una storia.
Poi tra l’idea e la scrittura vera e propria passano ore e ore davanti al mio computer per sviluppare concretamente la trama, senza questa fatica l’idea resterebbe una cosa bella ma del tutto astratta…
Grazia
E’ vero, ci sono sono idee che resistono al tempo, fino a quando non ti decidi a usarle. Il lavoro preparatorio è sempre intenso. A volte fila liscio, a volte è estenuante. Nel caso del romanzo che sto scrivendo, avevo riempito due quadernoni di appunti, poi mi ero decisa a iniziare a scrivere, sennò non sarei mai partita. Qualche giorno fa, a due terzi della prima stesura, sono andata a rivedere il materiale e ho scoperto di non avere usato quasi niente di ciò che avevo elaborato. Si vede che va bene così.
Marco
Ricordo che anni fa avevo detto a una studentessa la massima zen: “L’uomo fa il vaso, ma è il vuoto all’interno che utilizza”. Non avedo idea che fosse di Lao Tzu.
Secondo me non solo l’idea deve essere buona, ma deve arrivare nel momento favorevole. Se non si ha quella certa predisposizione d’animo giusta, potrebbe non arrivare a concretizzarsi.
Per esempio la maggior parte dei miei racconti in La PIccola Magia del Quotidiano sono spuntati in un periodo particolarmente positivo, e questo ne ha influenzato la resa e lo spirito. Se fosse stato un altro momento, sarebbero stati diversi. Oppure avrebbero potuto non esserci affatto.
Grazia
Vero. Il momento favorevole viene prima di tutto il resto ed è condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché ci sia una storia. Gli sforzi fatti nel momento sbagliato sono vani e frustranti, ma io spesso insisto… Ne ho da imparare da Lao Tzu.
Ariano Geta
Avevo lasciato un commento, è sparito… Per caso è finito fra i commenti-spam?
Ariano Geta
Ah, ok, visto adesso il “recupero” del commento.
Comunque, non prendertela con WP perché ti garantisco che ultimamente anche blogger fa scherzi del genere: mi ritrovo commenti di utenti abituali del mio blog misteriosamente dirottati nello spam, senza alcun motivo… Non so proprio da cosa possa dipendere
Barbara
E quindi adesso il trasloco del blog è finito? Sono arrivata tardi per il brindisi?!
Condivido un po’ il percorso dall’idea alla storia, anche per i racconti funziona (almeno per me) così. Non sempre i semini diventano una storia, e infatti da parte ho un quadernetto pieno di semini. Qualcuno resterà là senza mai germogliare, altri invece si ricombinano, a distanza di tempo un semino che in teoria sembrava di una margheritina mi fa germogliare una bella di notte (in questo momento ne ho invaso il giardino, quello vero intendo )
Invece per le storie lunghe… mah, ho il germogliatore rotto. Giro e rigiro il semino ma non trovo lo slancio, perché so che è una coltivazione lunga, mica solo una primavera. Vedremo se col nuovo anno riesco a migliorare le mie coltivazioni.
“L’utilità di ciò che è
dipende da ciò che non è.”
Mi fa venire in mente una cosa. Quando ho cambiato casa, avevo da parte una serie di stampe e disegni e fotografie da incorniciare e appendere, in più avevo visto altri poster o quadri senza cornice molto belli, anche quelli grandi grandi, a mezza parete. Non vedevo l’ora di riempire ogni angolo, un po’ stile catalogo Ikea (se guardi le foto dei loro soggiorni-tipo, capisci cosa intendo). Ma dopo aver messo i mobili, e toccava ai quadri, mi sono fermata. Avevo (e ho tuttora) bisogno del “vuoto” delle pareti bianche. Che poi sono quelle che fisso per rilassare la mente.
Grazia
Anch’io ho il quadernetto dei semini, comprato a Capo Nord. La maggior parte dei semini resta nel quadernetto, ma diversi sono usciti e hanno fatto un giretto per il mondo. Quello che poi viene fuori, a volte sembra soltanto un lontano parente del semino originale. Per il romanzo che sto scrivendo ora, per esempio, avevo preso ben due quadernoni di appunti. I quaderni mi sono capitati in mano per caso in questi giorni, e sul momento non ho riconosciuto cosa riguardassero! Tanto per dire che poi ogni storia segue una sua strada, anche alla faccia dei progetti dell’autore. Però a me il progetto serve, per prendere il via o per seguirlo davvero, a seconda del caso.
Renato Mite
Io la penso come te, nel senso che per potermi dedicare anima e corpo ad una storia, l’idea mi deve prendere totalmente, mi deve smuovere qualcosa dentro, deve alimentare quella voglia di scrivere. La maggior parte delle volte si tratta di idee semplici, per questo scaturiscono racconti. I romanzi, invece, nascono proprio dall’incontro di più idee che si fondono fino a diventare un concetto più grande.
Alcune idee sono più forti di altre, alcune storie “vogliono” essere scritte prima di altre e di fatto ho un paio di romanzi fermi, ma conto di riprenderli e concluderli dopo i racconti che sto scrivendo in questo periodo.
Grazia
Io credevo di non essere capace di interrompere la stesura di una storia e poi riprenderla dopo essermi dedicata a un’altra storia; invece, ecco qua, l’ho fatto. E’ bella questa capacità che ha la scrittura di stupirci sempre. Grazie di essere passato.