Non dire scrittore finché non lo hai nel sacco
Gli scrittori sono strani. Come se non bastassero le difficoltà oggettive della loro comune passione, navigano tra simboli e illusioni di vario genere che vanno ad affollare i loro cervelli già intasati. Dire scrittore, parlando di se stessi, pare essere un problema nazionale.
Il tormentone in questione colpisce tutti, almeno nei primi tempi. In quale momento puoi definirti scrittore? Quando scrivi, semplicemente? Quando hai pubblicato? Quando hai pubblicato con un editore importante? Quando ti mantieni con i proventi del tuo scrivere?
La questione è futile all’apparenza, ma si ripropone periodicamente, magari in chiave diversa. Può essere un amico che ci fa sopra la battuta: “Ecco qui la nostra scrittrice!”, con inevitabile codazzo di commenti: “Davvero, sei una scrittrice?”, “Ma una scrittrice vera?”, “E cosa scrivi?” Oppure è una semplice scelta quotidiana, come un modulo da compilare con la professione.
Si scrive la propria professione “vera”, dite? Troppo facile. Io non ho altro lavoro, perciò devo scrivere “casalinga” o “scrittrice”. Per quanto scrivere mi interessi molto più della pulizia dei pavimenti e delle pentole, fino a oggi ho sempre optato per “casalinga”, contro la volontà di mio marito.
“Non devi mica vergognarti di scrivere!” mi ha detto una volta, allibito dalla mia reazione seccata. Dopo è stato il mio turno di restare allibita, perché sì, in effetti la mia resistenza interiore a definirmi scrittrice era stranamente forte, tanto da far pensare a qualche significato profondo.
Ci ho pensato su qualche volta, senza giungere a nessuna conclusione. Da un lato è vero che chi scrive storie è uno scrittore, penoso o mediocre o bravo che sia. Dall’altro non definiamo cuoco una qualunque persona che cucina, o muratore uno che dà due colpi di mazzetta su uno scalpello. Se poi volessimo legare il concetto al sostentamento economico, dalla categoria dovremmo escludere fior di scrittori conosciuti.
E così la questione resta aperta. Possiamo ignorarla, perché in fondo che influenza avrà mai come ci definiamo su ciò che realmente siamo?
In teoria, nessuna. Ma gli uomini vivono di pane e simboli. Se ci sentiamo “veri” scrittori, forse riusciremo anche a comportarci come tali, cioè ad approcciarci alla scrittura nel modo giusto. Così mi accontento di proporvi la risposta che più mi convince in questo periodo: “Si definisce scrittore chi pratica la scrittura regolarmente e con intenti professionali.”
Forse me la sono cucita addosso, chissà. Aspetto con ansia di sapere come la penserò domani…
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.