
Il valore della scrittura
Come scoprirlo? Smettendo di scrivere per i lettori.
Eccomi qui, dopo oltre un anno di silenzio-blog! Come state? Spero bene, e non è un modo di dire. Come avete già capito dal titolo, sono qui per parlarvi di nuovo di scrittura, proprio come nell’ultimo articolo Limiti da superare. Oppure no?
Chi scrive sente spesso il bisogno di condividere con il resto dell’umanità, o quantomeno con i colleghi, i suoi rovelli, tra cui il dubbio amletico: scrivere o non scrivere? Vale a dire: se non ho voglia di scrivere, è meglio insistere per superare il famigerato “blocco”, oppure dedicarmi ad altre attività e poi tornare alla scrittura, si spera rigenerato? E se poi – qui la voce si fa tremolante – volessi tornare a scrivere e… non riuscissi più a farlo?
Parlo soltanto, oppure in primis, per me: questi rovelli, a volte dichiarati, a volte taciuti, mi hanno intasato la mente per molto tempo. Non sempre si scrive con le batterie cariche e l’entusiasmo a mille. A volte lo si fa chiamando all’appello doti quali costanza, disciplina, persino ostinazione – doti che creano un’atmosfera un po’ meno idilliaca, sebbene rafforzino l’autostima.
Chi riesce a scrivere soltanto quando ne ha voglia e divertirsi, è fortunato! Spero che lo apprezzi pienamente. Credo però che questo genere di fortuna di rado si sposi con la pubblicazione e le sue varie esigenze, prime tra tutte le eterne revisioni e le manovre promozionali. Una storia rivolta al pubblico non è uno stralcio di diario personale, che si butta giù in parole e si mette da parte una volta sfogati i sentimenti che l’hanno originato. Quello, per la storia “pubblica”, è soltanto il primo passo di un lungo viaggio dagli esiti incerti.
Qui già le cose si ingarbugliano. Ho sempre detto che scrivevo per raccontare storie ai lettori; ed era vero, per quanto potevo capire. Non ho mai pensato di raccontare storie a me stessa. Questo però mi ha creato difficoltà che, alla lunga, si sono dimostrate insormontabili. Quando focalizzi l’attenzione su un obiettivo esterno a te, ti stai tuffando nel vasto mondo, in cui innumerevoli fattori influenzano e determinano i tuoi risultati; e no, non è detto che la qualità dei tuoi scritti sia il principale.
Troverai un editore? Riuscirai ad autopubblicarti e attivare il magico passaparola dei lettori? Dovrai pagare qualcuno per l’editing, la copertina, la promozione, la rappresentanza? Riuscirai a impadronirti degli strumenti tecnici necessari, non dico ad avere successo, ma a crearti un pubblico abbastanza vasto da essere percepito come accettabile? Perché di percezione si tratta, alla fine. È noto che molto difficilmente si vive di scrittura, ma si può considerare gratificante anche una dignitosa via di mezzo. Purtroppo non ci sono certezze. Scrivere per pubblicare significa convivere con una dose di frustrazione potenzialmente infinita.
Più cruciale di questo è il fatto che il tempo impegnato nella scrittura è sottratto ad altro, che sia famiglia, attività fisica, presenza nella comunità, approfondimento dei propri interessi, possibilità di coltivarne di nuovi, eccetera. Scrivere con l’intento di farsi conoscere, insomma, richiede non solo dedizione – chi ama scrivere ne ha spesso in abbondanza – ma anche la disponibilità a sacrificare diversi altri aspetti della propria vita.
Quando si ottengono soddisfazioni si può ragionare su quelle: ne valeva la pena? Ne vale ancora la pena? È quello che ho sempre fatto, quando il percorso sembrava ben delineato, generoso, percorribile. Quando però i risultati non arrivano, o non arrivano più, per quanto tempo si possono rimandare queste sane domande? Perché il tempo passa, e la vita non si ferma. Preciso: credo nella reincarnazione, ma in questo momento sono qui per vivere questa vita, che ha superato il discreto giro di boa dei sessanta. Fa un certo effetto! Cosa ho combinato? Cosa posso ancora combinare? Cosa lascerò al mondo quando me ne andrò? Ci penso, sì.
Per farla breve – ho già perso la chance, temo… – mi sono sforzata di valutare con chiarezza la mia vita, senza lasciarmi influenzare dalle paure, dai dubbi, dalle abitudini. Ho capito così che la scrittura rivolta al pubblico stava facendo da “tappo” alla mia vita in generale. Per quanto mi sforzassi di elaborare le delusioni, riaccendere l’entusiasmo perduto e quant’altro, mi restava sempre addosso una sensazione di incompiutezza, di impossibilità. Questo non solo in merito alla scrittura, ma anche su tutti gli altri fronti. Iniziavo a sentirmi inefficace, “non riuscita”, nel mio rapporto con la realtà. In altre parole stavo diventando pessimista, sotto la mia illusoria pellicola di ottimismo. La vita offre parecchie situazioni meno che ideali, perciò il materiale per il pessimismo non manca mai…
In definitiva questa situazione mi stava chiudendo una quantità di porte. Porte che esistevano, anche se non le vedevo; possibilità impreviste, piccoli spunti che mi era facile ignorare. Perché, si sa, nella vita non tutto grida e si impone. Sviluppare la sensibilità e l’attenzione giusta per cogliere le opportunità più discrete è un ottimo obiettivo – uno dei miei principali. Purtroppo non tutte le possibilità si ripropongono nel tempo.
A quel punto ho capito che i miei sforzi per continuare a scrivere erano dannosi, oltre che assurdi. Il dispendio di energie poco saggio mi stava presentando un conto molto più alto di quanto fossi disposta a pagare. Soprattutto, le cose stavano già cambiando anche senza il mio permesso. Io stessa ero già cambiata, solo faticavo a prenderne atto.
È stata una scoperta destabilizzante. Per un po’ mi sono sentita sradicata, vuota; non priva di speranza, ma incapace di vedere una direzione verso cui incamminarmi. Di una cosa ero certa, però: non volevo più sentirmi definita dal fatto di scrivere. Scrivere era stata una libera scelta, non un’imposizione del destino. Volevo che il processo di cambiamento avvenisse con me alla guida.
Mi era diventato perfettamente chiaro che il mondo va avanti con o senza le mie storie, senza spostarsi di una virgola. Con i miei libri non credo di essere di aiuto a nessuno. Al massimo posso regalare al lettore qualche ora piacevole, che in mia assenza gli sarà offerta da uno qualunque dei titoli sul mercato. Se invece sono assente nella mia vita, e mi porto addosso pessimismo e insoddisfazione, le conseguenze sono molto più rilevanti, per me e per le persone che mi sono vicine. Ho detto basta – per il momento, nessuna decisione definitiva, ma basta.
È stato, in un certo senso, un pensionamento. Avevo iniziato a scrivere prima ancora di lasciare il lavoro dipendente per trasferirmi in Friuli, e da allora non avevo fatto altro. Non conoscevo il tempo vuoto, che tale può rimanere se non lo riempi consapevolmente. Mi sono accorta che da tempo mi stavo aggrappando a cose, persone, attività, per mantenere solida la struttura della mia vita e frenare il cambiamento. Erano appigli fittizi, da eliminare o rivalutare. Così, a sorpresa, il cambiamento ha avuto un effetto valanga. I birilli erano già pronti a cadere.
Cosa è successo? Niente di epocale, forse, ma i cambiamenti sono stati tanti.
Ho rimpiazzato il dentista e mi sono tolta il dente che già da tempo si dimostrava precario. Dite niente? Il dentista è una figura delicata, che non si cambia volentieri, salvo problemi. C’era già stato qualche disaccordo, senza che io ipotizzassi seriamente di rivolgermi altrove, perché… chissà perché. Bene, il dado è tratto, il dente pure, e già in sostituzione.
Ho intensificato le letture. Sono riprese le perlustrazioni tra generi e autori, e ho scoperto in me stessa un improbabilissimo interesse per la microstoria, che sto coltivando. Da non crederci!
Nel marzo scorso sono volata a Sarajevo per la presentazione di La strada che non scegli, organizzata dall’ambasciata italiana, con la presenza di ministri e personalità, oltre che di Amela (la protagonista) e di suo marito Giorgio. È stata un’esperienza unica, vissuta con persone speciali. Il fatto di essere partita da sola, dopo un lungo tira-e-molla su chi dei miei familiari mi avrebbe accompagnata, ha reso sorprendente il fatto di trovarmi a mio agio in un paese sconosciuto.
La famiglia si è allargata: ho portato qui, a vivere con la mamma novantacinquenne, anche la zia bolognese novantaduenne, sempre vissuta da sola, ormai bisognosa di assistenza. Siamo in bifamiliare, fianco a fianco, e la badante della mamma accudirà anche lei. Un trambusto epocale, ma sta andando tutto bene. Solo un anno fa mi sarebbe sembrato impossibile.
Ho reciso il cordone ombelicale che mi legava alla pratica del Taijiquan. Dopo vent’anni di pratica mi ero convinta di volerlo praticare per tutta la vita. Da tempo, però, il corso era cambiato e i dubbi avevano superato la soddisfazione. Discorso simile per il corso di yoga. Ho girato pagina, grazie a tutti e siate benedetti. Per ora me la cavo bene con il corso di Pilates.
Avevo fantasticato per anni di tornare a camminare con regolarità, ma riuscivo a coinvolgere sporadicamente soltanto mio figlio. Mi sembrava fuori discussione fare escursioni in solitaria. Invece mi sono iscritta a diversi gruppi che organizzano passeggiate e incontri culturali nella mia zona, e ho già partecipato diverse volte, con grande soddisfazione. Ho conosciuto persone, ho scoperto che posso anche fare cose da sola senza sentirmi a disagio.
In queste varie attività, ho avuto modo di scoprire in me il desiderio di incontrare le persone, senza aspettative di sorta, con leggerezza. Anche i contatti superficiali possono essere gradevoli e nutrienti. Anche un sorriso, a volte, può bastare. Quando mi definivo “orso di caverna”, dopotutto, non stavo parlando di me, ma dell’idea che avevo di me.
Mi sono riscoperta creativa in ambiti imprevisti. Faccio piccoli oggetti con materiali che mi ispirano, naturali e non; combino composte e marmellate per creare gusti nuovi, mi ingegno in lavoretti di sartoria spicciola. Trovo soluzioni inusuali ai piccoli problemi pratici, io che mi ero sempre dimostrata troppo rigida per queste cose. Non sempre i risultati sono esaltanti, ma mi butto nelle mie imprese con entusiasmo, senza preoccuparmi della mia inesperienza, né del parere altrui. Mi diverto molto.
Ecco, anche questo è cambiato: il parere altrui, che per me era così importante, ora lo è molto meno. Sto imparando l’autonomia. Meglio tardi che mai!
Se dovessi riassumere in una frase l’evoluzione di questo periodo, direi che mi sento passata dal mondo dell’impossibilità a quello delle possibilità. Mi sembra un bel complimento da fare a questo periodo fertile.
Fertile, ma anche difficile.
Non voglio fingere che il processo di cambiamento sia indolore, né che mi abbia già condotta in porto da qualche parte. Sono spesso inquieta. Il tempo scorre veloce, e ho spesso la sensazione di non concludere niente di importante. Il Pilates mi fa bene, ma il Taijiquan in particolare mi manca. Scalpito per uscire di casa a fare qualcosa, qualunque cosa. Tra l’altro le condizioni meteo degli ultimi mesi – pioggia in primavera, caldo estremo tutta l’estate, ora di nuovo piogge ininterrotte – mi hanno tenuta tra le mura domestiche molto più a lungo di quanto sia opportuno. Le energie sono legate alla natura. Non è un contatto cui si possa rinunciare impunemente.
Non è tutto facile, insomma. Le possibilità sono sfidanti, lasciano spazio a una libertà di scelta non sempre semplice da gestire. Affrontare il cambiamento invece di subirlo è comunque un valore. Imparerò. So di avere tagliato diversi rami secchi. Alcuni spero che ricrescano più sani e forti; su altri spero di non avere più aspettative dannose.
In definitiva, ho davvero smesso di scrivere?
Bè, no.
Mi ero riproposta di terminare la revisione sommaria del romanzo già scritto, e così ho fatto. Prima di affrontare ulteriore lavoro dovrò valutare se e come valga la pena di pubblicarlo. Non ho ancora preso decisioni in merito. A parte questo, ho intensificato la scrittura nel mio diario personale, combinandola spesso con l’uso dei tarocchi, uno strumento sorprendente nella sua capacità di collegarsi con la mia interiorità e con gli argomenti.
La parola scritta è un magico strumento per capire e guarire, oltre che per raccontare storie. Mi aiuta a riflettere, a riconoscere la validità di ciò che penso e i suoi limiti, molto più di quanto io non riesca a fare tramite il semplice pensiero. Il fatto stesso di scrivere a mano anziché al PC mi obbliga alla lentezza – non voglio riempire la pagina di scarabocchi illeggibili – e mi aiuta a mantenere un ritmo adeguato nell’esprimermi, senza che le idee si accavallino e travolgano i ragionamenti.
Come vedete, dopo avere scritto tanto pensando ai lettori, sono arrivata a riconoscere che scrivere è importante soprattutto per la mia crescita personale. Chi lo avrebbe mai detto? E dalle esperienze di questo periodo porto a casa consapevolezze nuove.
Non è facile analizzare con obiettività la propria vita. La psiche per difenderci ci inganna, pur di non affrontare le sue paure.
Resistere al cambiamento può presentare rischi imprevisti.
Scrivere è uno strumento di crescita straordinario. Farlo per il pubblico è un’attività lavorativa diversa.
Anche quando non vedo la direzione, prima o poi qualcosa arriva a guidarmi.
Il processo è faticoso, ma ci sono premi e consolazioni lungo la via, come ritrovare un amico dopo più o meno quarant’anni, e scoprire che l’amicizia è ancora viva e vitale. Che meraviglia.
Sperando che il mio racconto, un po’ troppo personale ed esteso, possa essere di aiuto a qualcuno, vi saluto presentandovi il mio Jey, prelevato dal canile di Bergamo nell’ottobre scorso e qui immortalato in occasione della prima operazione per la displasia. A poco più di un anno, ha già due anche nuove al titanio, piccolino… Alla prossima!


Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.

Limiti da superare. Oppure no?
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12 commenti
Elena
Ehilà che sorpresa, finalmente! Bentornata dalle tue lettrici Grazia e ben trovato a Jey bionico!
Hai scritto un post ricchissimo da cui si evince che qualcosa di profondo è cambiato ma, questa la mia impressione, ancora da assestare. Ma il cambiamento va abbracciato e c’è un altro modo per impararlo e anche per insegnarlo. Il tema del mio ultimo lavoro, lunghissimo, tra saggio e manuale, che mi ha tenuta impegnata per tre anni, mi ha regalato emozioni bellissime (una beta che ti dice che ha respirato ogni parola e che ha cambiato la sua vita non è cosa da poco) ma anche piccole delusioni. In attesa di risposta sembrava molto positiva da due grandi case editrici, sono stata rimbalzata da entrambe. Succede. Mi fermo un attimo, mi riposo e poi riparto. È un po’ il senso credo del tuo anno sabbatico. La scrittura serve soprattutto a noi. Scrivo il mio blog, lo dico sempre, pensando a me stessa e volendo bene a me stessa. Si dice anche che quando ciò accade è inevitabile che benefici anche gli altri. Sarà così, per me non può essere diversamente.
Goditi le novità che hai introdotto nella tua vita e una scrittura spontanea, sporca oppure pulita, purché autentica e solo per te. Regalatela, te la meriti. Baci cara
Grazia
Il processo di cambiamento è in pieno corso, cara Elena, ben lontano da qualunque assestamento! Credo che mi sia necessario esplorare la realtà che da tempo avevo ristretto, senza seguire una traccia definita. La libertà è proprio ciò di cui sento il bisogno. Ti faccio tutti i miei auguri per la nuova impresa letteraria, che sta percorrendo l’iter fin troppo consueto verso – spero – l’esito soddisfacente che merita. Intanto seguo con interesse su YouTube i video legati al tuo “Undici esercizi di autonomia femminile”, sempre stimolanti.
Giuseppe
Bellissimo articolo! La scrittura è davvero un potente strumento di espressione e introspezione. Ogni parola scritta ha il potere di riflettere la nostra identità e le nostre emozioni, creando un legame profondo con chi legge. Sono d’accordo che scrivere non solo aiuti a chiarire i pensieri, ma possa anche trasformare la nostra percezione del mondo. Grazie per aver condiviso queste riflessioni così profonde e stimolanti!
Grazia
Grazie a te della lettura! La parola è stata posta in molte culture all’origine della creazione. Sono convinta che il suo ruolo sia fondamentale, tanto da rendere importante prestare attenzione a come la si usa.
Lisa Agosti
Carissima Grazia,
che bello ritrovarti in questo post pieno di energie nuove e soddisfacenti! Stai scendendo giù sempre più giù verso il centro della spirale della conoscenza di te stessa, e quante gioie e quanti dolori!
Il cagnolino è spettacolare quanto la tua capacità di amare, la tua onestà e la tua voglia di scoprire.
Grazia
Lisa, è un piacere anche per me ritrovarti! E’ come dici: scavo, scavo… trovo pepite d’oro, e anche spazzatura. Credo che sia il bello del viaggio. Jey ti saluta.
Ariano Geta
Bentornata.
La vita è una, e ha i suoi limiti, pertanto è più che giusto che la si viva seguendo l’ispirazione del momento che ci fa stare meglio, per così dire.
E comunque scrivere “controvoglia” sarebbe controproducente, te lo conferma uno che ha smesso da qualche anno per dedicarsi all’altra sua passione di vecchia data, i fumetti.
Quindi segui liberamente il tuo estro, ciò che ti da soddisfazione, e percorri il tuo cammino.
Grazia
Ben ritrovato! Farò proprio come dici.
Barbara Businaro
Benvenuto Jey!! Guarda che occhioni dolcissimi che ha!
E bentornata Grazia! Sospetto che questo fosse quel post in bozza, che poi ha ricevuto quella spinta sul kayak da Oliver Burkeman e dal mio post della ripartenza di settembre.
Sono riflessioni davvero importanti e cambiamenti non da poco, con mamma novantacinquenne e zia bolognese novantaduenne (caspita! qualche segreto da svelarci sulla longevità?). Mi sarebbe piaciuto leggere dell’avventura a Sarajevo, con un romanzo che in un certo senso torna a casa. Dev’essere stata una bella avventura davvero. Sulla pratica del Taijiquan posso dire poco, non lo conosco. E sostituire lo yoga col pilates, almeno per la mia esperienza, si può. Al di là della pratica stessa, per le attività in gruppo in palestra ci sono diversi fattori: dall’istruttore, dal gruppo stesso, dagli orari, dal clima. Per dire, alla fine quest’anno non riesco a tornare in palestra: hanno cambiato orari e non collimano con quelli del lavoro e del traffico. Così sono ancora nella corsa solitaria sul mio tapis roulant, alternata agli allenamenti di My Peak Challenge (prima erano sporadici, ora almeno 2 a settimana), che finiscono sempre con sessione di yoga restore. Che mi piace, e ho pure preso i blocchi. Proprio io, che “lo yoga è troppo lento”. Adesso quella lenta e acciaccata sono io! XD
Si cambia, si dà un colpetto di remo, in qua e in là e avanti con il kayak. La scrittura è fatica, e il rallentamento dei miei post è tangibile, ma continuo a scrivere quando posso. Ho sicuramente tante cose ancora da dire, quello che mi frena è sempre il tempo tiranno.
Grazia
Il post si è sentito autorizzato a uscire proprio dopo il tuo articolo e un commento di Giovanni al mio articolo precedente, quindi grazie a entrambi. Forse racconterò qualcosa in più di Sarajevo. Certo è stata un’esperienza importante per me; forse non per il libro, perché il fatto di non essere ancora stato tradotto in bosniaco lo rende inutilizzabile proprio dove potrebbe essere utile. Qualcuno si è detto interessato alla traduzione, ma vedremo se la cosa è già caduta nel dimenticatoio oppure no. Buona remata a te, che sei sempre un esempio di tenacia.
Giulia Mancini
Bentornata Grazia con questo post così ricco di cose nuove.
Scoprire di poter fare le cose per il gusto di farle senza preoccuparsi della propria inesperienza o del parere altrui è una grande conquista di libertà, così come l’esperienza di Saraievo, partendo da sola e trovandoti a tuo agio in un paese straniero.
Sembra che tu ti sia riappropriata della vita che avevi trascurato per scrivere.
Bellissimo il cagnolino, tenero Jey.
Grazia
Bentrovata, Giulia! Sono quasi sparita dalla rete in questo periodo. Credo di avere avuto bisogno di capire se potevo vivere anche senza tutti gli ammennicoli che mi stavo tirando dietro. La risposta è sì, assolutamente. Questo mi dà una certa serenità. Jey è un tenerissimo… terremoto.