Dare un nome all’emozione?
Meglio di no, secondo K. M. Weiland
Perché è meglio non dare un nome all’emozione? Scrivere bene richiede molto più del semplice “dire” al lettore come si sente il personaggio. Come lettori, ci interessiamo di cosa accade ai personaggi, ma ci importa molto di più quello che noi viviamo tramite le loro vicende.
Uno dei migliori trucchi in questo senso è: “mai nominare l’emozione”. Amore, odio, felicità, tristezza, frustrazione, dolore, sono tutte emozioni facilmente riconoscibili per il lettore, ma le parole da sole sono incapaci di fargli provare ciò che vogliono trasmettere.
Per fare un esempio, è facile dire al lettore “Sam rimase scioccato.” Descrizione breve ed efficace, all’apparenza; qualunque lettore al mondo comprenderà all’istante ciò che Sam sta provando.
Qual è il problema? Stiamo “dicendo” al lettore cosa prova Sam invece di “mostrarglielo”. Questo ci richiede minore sforzo come autori, ma il quadro che ne risulta manca di vividezza. Dire che Sam è scioccato è una cosa; dire “Sam rimase a guardare senza fiato, con il cuore che sembrava balzargli fuori dal petto” fa avvertire meglio al lettore lo stato d’animo del personaggio.
Siamo nell’ambito del vecchio e sempre valido “show, don’t tell” (“non raccontare, mostra” – N.d.R.), ma questo specifico aspetto è spesso trascurato.
Allenatevi a riconoscere i termini concreti che possono dare vita a descrizioni più evocative. È incredibile come questo semplice accorgimento possa infondere colore ed energia in quelli che altrimenti risulterebbero semplici passaggi informativi.
Naturalmente non tutti i “riassunti” di emozioni sono sbagliati. Occasionalmente la storia può richiedere che forniamo ai lettori una versione ridotta, e talvolta affermare un’emozione all’inizio di una descrizione può rafforzare anziché diluire l’effetto complessivo del “mostrare”.
Come sempre nella scrittura, è un equilibrio da raggiungere tramite la propria sensibilità; ma se saprete padroneggiare questo aspetto della scrittura, darete ai vostri scritti un’importante virata verso la vivacità.
K. M. Weiland, americana, è cresciuta cavalcando sulle tracce di Billy the Kid e Jesse James sulle colline del Nebraska, dove vive tutt’ora. Oltre a contribuire al blog Wordplay: Helping Writers Become Authors, scrive romanzi e racconti.

Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.
Il personaggio al centro della storia
A chi appartiene la storia?
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