Vita da scrittori (e non)

Quando gli scrittori sono ridicoli

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Lo siamo… al di là dell’atmosfera mistica, s’intende.

È piacevole parlare di scrittura nei suoi aspetti più seri, interessanti, creativi; puoi iniziare oggi e non finire mai. Parlando parlando la figura dello scrittore si avvolge in un’aura piacevolmente mistica: un po’ fuori dagli schemi, sognatore incorreggibile, grande comunicatore… che bella persona!

Ma provate a chiedere ai babbani – le persone normali, quelle che scrivono soltanto quando devono compilare un modulo all’ufficio postale – cosa ne pensano di noi scrittori, quando non siamo ancora baciati dalla fama. Nicchieranno; sorrideranno con simpatia. Le loro prime risposte sembreranno confermare l’aura mistica di cui sopra. Troveremo stima e forse anche un filo di ammirazione. Se però l’interrogato è un familiare oppure un amico stretto, provate a scavare con domande mirate. Scoprirete che l’aura dello scrittore presenta qualche piccola, innocua crepa…

Libri, fiori... ma con tutte le loro manie, a volte gli scrittori sono ridicoli.
Libri e fiori: due amori in una sola foto!

– La diatriba scrittore-aspirante scrittore-esordiente

“Ma cos’è questo dilemma tra scrittore, scrivente e scribacchino? Se facessero tutti così, per sapere che lavoro fa una persona si impiegherebbe una mattinata!”

Mmmh. In effetti.

Per banale che sia, consultiamo il dizionario.

Scrittore è:
chi si dedica all’attività letteraria; chi compone e scrive opere con intento artistico. (Treccani Online)
chi scrive con intenti letterari e artistici. (Grande Dizionario Italiano Hoepli)

Si pone come condizione per definirsi scrittori la pubblicazione? No. La fama, oppure la vendita di un certo numero di copie? Nemmeno. Quindi è così, senza ombra di dubbio: se scrivi con intenti letterari e artistici sei uno scrittore. Intenti, badate bene. La qualità dei risultati non conta.

Perché ne parliamo tanto, allora?

Perché siamo timidi. Ci pare di usurpare un posto che non ci spetta, di metterci all’altezza di Dante e di Proust. Forse sotto sotto ci piace anche un po’ stracciarci le vesti su queste inezie. E se la risposta del dizionario non ci convince, possiamo sempre sceglierci un nome di fantasia. “Pippo”, per esempio, andrebbe benissimo e non turberebbe nessuno, o comunque lo farebbe meno dei nostri rovelli in merito.

– La voglia di scrivere e le resistenze a farlo

“Scusa, ma qual è il problema? Se vuoi scrivere, scrivi. Se non vuoi scrivere, fai qualcos’altro. Mica te lo ha ordinato il dottore.”

Eh già, la fanno semplice, loro. Eppure ne conosco di persone che passano il tempo a fantasticare sulle loro storie e poi, quando è il momento di sedere alla scrivania e battere sui tasti, si fanno venire in mente di controllare la posta, pulire la ciotola del cane e riordinare i cassetti. Perché, vallo a sapere.

Sarà che la scrittura mette soggezione. Soprattutto durante la prima stesura io mi sento sempre come se dovessi fare i salti mortali con un vetro di Murano tra le mani. Ce la farò a raggiungere la parola “fine”? Rovinerò irrimediabilmente un’idea meravigliosa? A qualcuno interesserà qualcosa di leggere la mia storia, se gli astri mi permettono di portarla a termine?

La fanno troppo semplice, loro.

– L’invidia per i colleghi che trovano una buona pubblicazione

So che non è bello dirlo, ma se c’è una cosa che mi fa diventare verde – l’unica, in realtà – è il collega fino a ieri dilettante che firma un contratto con un editore prestigioso. Un collega cui peraltro auguro il meglio, chiunque egli sia.

Che dire di quel guizzo invelenito prima della presa di coscienza? Nella mia testa si scatenano insinuazioni, imprecazioni contro le ingiustizie dell’esistenza umana e le critiche più ostili e ridicole, seguite da un gelido tuffo nello sconforto: lui/lei ce l’ha fatta; io non ci riesco.

Tutto questo non per un successo planetario da milioni di copie o un premio letterario di portata internazionale, ma per una singola buona opportunità. Ormai sono grande, lo so che non basta uscire in libreria con Mondadori o Salani per vedersi aprire i portoni di una carriera dorata; e so anche che talvolta i portoni si aprono per opere davvero discutibili.

Vi succede mai di essere così meschini? Se la risposta è no, beati voi.

– I sogni di gloria e gli abissi della sfiducia

“Ma come, ieri eri tutta convinta della nuova storia e adesso dici che fa schifo?”

Alla faccia della coerenza…

Ne ho già parlato nel post “Volevo andare al Maurizio Costanzo Show”: certe volte si inizia a scrivere con aspettative esagerate o assurde, come nel mio caso. È strano, a pensarci bene. Se ci mettessimo a dipingere non penseremmo subito a esporre al Louvre. Se fossimo maratoneti avremmo bisogno di parecchie conferme prime di ambire alle Olimpiadi. O no?

Da scrittori no. Si sogna per creare storie e si sogna anche sulla propria, di storia. Non costa niente, ed è così bello… se non fosse che questo apparente ottimismo si alterna a periodi di vera depressione, in cui l’autostima finisce chissà dove.

Siamo mediocri. Non abbiamo originalità.
Nessun editore serio vorrà mai pubblicarci.
Come ci è venuto in mente anche solo di provare a scrivere storie?

D’accordo, non è sempre così e non lo è per tutti, ma succede. E il giusto mezzo, dove sta? Non potremmo semplicemente essere discreti scrittori in via di miglioramento? Gli sbalzi nell’autostima di sicuro non ci aiutano.

– Le reazioni viscerali alle critiche

Non mi capita più di reagire male quando qualcuno critica il mio lavoro. Ho imparato a mettermi in discussione e sfruttare le opinioni dei lettori come occasioni di crescita. Nei primissimi tempi, però, quando proponevo i miei racconti su qualche forum e ricevevo commenti negativi, avrei volentieri preso per il bavero il commentatore per spiegargli un paio di cosette, sia sul brano che sulla sua competenza.

In quelle occasioni ricordo le reazioni caute dei familiari ai miei sfoghi furiosi. Non esprimevano pareri – non è consigliabile cercare di arrestare un’eruzione vulcanica con il ragionamento! – ma le espressioni di perplessità dipinte sui loro volti mentre gesticolavo e argomentavo mi sono rimaste impresse. Dovevo sembrare una delle Erinni punta da un calabrone.

– La ritrosia a pubblicizzarsi

“Ma se lo hai scritto e te lo hanno pubblicato, che problema c’è a dirlo in giro/parlarne sulla pagina Facebook/contattare Tizio e Caio per chiedere se ti fa una buona recensione?”

Non siamo tutti così, per fortuna. C’è chi appena pubblica scrive “scrittore” sul biglietto da visita e non perde occasione di parlare del suo romanzo, anche alla cassa del supermercato. C’è chi va a scovare tra i contatti Facebook lo scrittore conosciuto e gli telefona o lo aspetta sotto casa per chiedere una raccomandazione. Non c’è bisogno di nascondersi, in fondo!

Lungi da me criticare queste persone intraprendenti, ma io non sono il tipo. Incontrare conoscenti e infilare a forza nel discorso i libri che ho scritto mi fa un po’ ribrezzo. Da quando ho lasciato (volontariamente) il lavoro, la domanda “che mestiere fa?”, classica per tutte le esigenze burocratiche, mi lascia boccheggiante per una ventina di secondi. Quasi mentirei piuttosto che dire “scrittrice”. Per fortuna riesco a vincere la ritrosia quando serve. È già qualcosa.

Allora che dite, gli scrittori sono ridicoli?

Ma no, non esageriamo. Al massimo facciamo sorridere. Con le nostre paturnie in fondo rendiamo più colorata l’esistenza di chi ci vive accanto. Ogni tanto qualcuno ci guarda perplesso, oppure si astrae e ci lascia sfogare pensando ai fatti suoi. Portate pazienza, ragazzi! Tempo quattro o cinque vite e impareremo a prendere la scrittura con più leggerezza e meno patemi.

Vi riconoscete in qualcuno dei miei comportamenti ridicoli, oppure ne avete altri tutti vostri?

In attesa delle vostre impressioni vi segnalo un interessante articolo uscito su Il Laboratorio di Scrittura in merito all’omosessualità nella fiction. Dell’argomento si parla poco, perciò due riflessioni ci stanno giusto bene.

LO HA DETTO… ALLEGRA GOODMAN

Potreste domandarvi: e se i personaggi non mi parlano? Se non passano nemmeno a trovarmi? L’unica risposta è pensare e ancora pensare, e poi uscire e leggere e guardare e ascoltare. Non restate seduti a deprimervi. Non sospirate. Non arrendetevi, non mandate all’aria il vostro progetto. Non tornate al foglio bianco. Non c’è niente di più deprimente del foglio bianco. Andate nel mondo, invece, il luogo da cui tutti i personaggi hanno origine.

46 commenti

  • SamB.

    Agli inizi provavo anche io un'invidia marcia per chi ce la faceva e ai commenti negativi reagivo come te. Poi mi sono data una calmata, almeno per questi aspetti. Certi modi di esprimere le critiche mi danno ancora sui nervi – lì dove si finisce per colpire la persona e non discutere lo scritto; ma a meno di non avere la luna storta di mio, rispondo comunque in modo abbastanza pacato.

    Invece non riesco a risalire l'abisso della sfiducia e, pur essendo lontana dalla pubblicazione, già mi faccio mille paranoie all'idea di dovermi promuovere. Ho lo stesso problema con il blog, per dire
    Così un po' me ne sto rintanata nel mio angolino e un po' metto il naso fuori, ma non mi decido a restarci.

    • Grazia Gironella

      Intendi i commenti stile "beccati 'sta coltellata, che io mi diverto"? Che gusto, da quando ho lasciato il blog me li sono persi…
      Comunque stanare lo scrittore dall'angolino non è facile. Secondo me su cento ne trovi cinque disinvolti e senza problemi di questo tipo, se va bene. Forse questo si ricollega a ciò che abbiamo detto sul perché scriviamo.
      La mancata fiducia in se stessi purtroppo è una malattia professionale, come i calli sulle ginocchia per i pavimentisti. Con tutte le difficoltà che si incontrano (interne a noi ed esterne) sfido chiunque ad andare avanti per anni senza dubitare!

    • SamB.

      No, quel tipo di commenti sono così plateali che nemmeno mi scomodo più – come per le provocazioni. A meno che non mi ledano in qualche modo.
      Mi riferivo a commenti in cui invece di criticare lo stile ("trovo la tua scrittura sciatta" – che fa male, ma ci sta), si critica la persona ("troppa ironia, se all'autrice piace fare la buffona vada a Colorado").

    • Sam

      Solo di nome. Di fatto, quel genere di commento viene visto da chi lo scrive come una "critica schietta".
      C'è chi lo fa senza cattiveria, solo perché gli manca un po' di tatto nei confronti del prossimo – e in questo caso, chiarita la faccenda, per me non c'è problema.
      Poi c'è chi ti rivolge certe parole con intento didattico… nella sua testa: come se ti stesse dando una dritta fondamentale per il tuo percorso di scrittore, con tanto di sottinteso: "e se non la accetti sei il solito geGno". E qui, come dicevo, a meno di non avere la luna storta, ingoio l'irritazione e provo a spiegare il perché di una determinata scelta. Non fosse altro che c'è del ragionamento, dietro: per dire, mi piace usare l'ironia, ma non la infilo a casaccio in ogni racconto; mi serve magari per caratterizzare il personaggio o dare un certo taglio alla storia. Può essere percepita come 'un eccesso', non lo discuto; ma non permetto al primo pinco pallino di svilire me o il mio lavoro
      Però costa davvero tanto non perdere "la santità" e rispondere a tono

  • Tenar

    In uno dei libri della mia sempre amata Le Guin a un certo punto si parla della differenza tra lo scienziato e lo scrittore. Lo scienziato vede le sue ricerche come altro da sé, un realtà oggettiva che ha portato alla luce. Se molti lo criticano si può consolare dicendo che prima o poi accetteranno una verità di fatto. Se si rende conto che ha sbagliato può dare la colpa alle osservazioni errate, a strumenti difettosi, ad aiutanti incompetenti. In ogni caso la sua interiorità è fuori dai giochi.
    Uno scrittore è la sua opera, è un muscolo del suo corpo, una parte della sua mente, quindi la critica all'opera viene percepita subito come una critica a lui stesso e non è possibile in nessun caso un distacco emotivo tra lo scrittore e il suo scritto. Non del tutto.
    A prescindere dal fatto che nel romanzo in questione lo scrittore impazziva (e lo scienziato no), mi sono ritrovata in tutto quello che hai scritto (a parte il fatto che ho una qualifica professionale diversa da usare nei documenti). Credo che sia proprio inevitabile. Se una torta mi viene male mi arrabbio, magari mi vergogno perché avevo promesso agli amici di prepararla, ma non cado certo in depressione. Al peggio vado a prenderne una in pasticceria. Se non mi esce un racconto o mi viene criticato penso subito che sono io che non vado bene! Si può convivere con questo, imparare che è parte del gioco, sopravviverci (con l'aiuto di MOLTE torte), ma superarlo del tutto ne dubito.

    • Grazia Gironella

      E' proprio vero, quel distacco non c'è; i colpi arrivano direttamente alla nostra autostima, senza altro filtro se non quello dell'esperienza (e magari dell'età), che però non fa miracoli. Bisogna imparare a convivere con queste cose, con il sorriso sulle labbra, quando ci si riesce.

  • Chiara Solerio

    Io mi rivedo completamente in tutto ciò che tu scrivi, forse perché sono agli inizi, ed è normale sia oscillare fra due estremi, sia essere ritrosi a farsi pubblicità (ancora oggi, dopo due mesi, i miei colleghi dell’ufficio non possono vedere, su facebook, i link al post del blog)sia provare invidia per chi ha pubblicato, specialmente se si tratta di qualcuno che non stimo, ad esempio l’ex compagno di classe del liceo che fa tanto lo splendido con il suo romanzo, mi chiede recensioni e poi, se mi incontra per strada, nemmeno mi saluta…
    In generale (e qui mi ricollego anche al discorso che facevamo ieri sul mio blog) in questo periodo voglio scrivere, nonostante le difficoltà. O, forse, voglio essere scrittrice, in linea con la definizione che tu stessa hai dato del concetto. È complicato spiegarlo… è un richiamo che esula dalla sfera dell’attività e ha a che fare, a livello più profondo, con quella dell’identità. Per troppi anni ho rinunciato a questa forma di espressione in nome di un conformismo ipocrita che non avevo scelto. Credo che scrivere sia il mio karma.
    P.S. E comunque no, non siamo ridicoli, siamo fighissimi!

    • Grazia Gironella

      Fighissimi sicuro! Ridicoli, solo un po'. Mi diverte vedermi con gli occhi degli altri. Le occhiate che mi lancia mio marito mentre gli faccio una capa tanta con le mie cose sono tutte un programma!

  • animadicarta

    E' stato bello ritrovare certe emozioni in quello che hai scritto. E' come se tra chi scrive si parlasse un linguaggio diverso e certe cose sono difficili da capire per chi le guarda dall'esterno.
    L'unica differenza che vedo con quello che dici è relativa all'invidia: di fronte ai successi degli altri più che provare invidia mi deprimo terribilmente. Mi dico: "Lui/lei è arrivato là dove io non arriverò mai".
    L'invidia pura invece me la scatenano quelli che sanno promuoversi, che non hanno problemi ha trovare il modo giusto per fare pubblicità ai loro libri e a se stessi.

    • Grazia Gironella

      Condivido in pieno! Spero sempre di trovare un buon editore che organizzi qualcosa per promuovermi, o perlomeno mi sostenga nella promozione. Se tutto deve dipendere dalla mia capacità di mettere in piedi un teatrino per vendere, sono nei guai! E poi l'autopromozione dilettantesca è di una tristezza unica, anche quando dietro c'è la migliore buona volontà. Una volta sono stata alla presentazione del romanzo di un conoscente e ho passato il tempo a prendere nota mentalmente di cosa non si deve fare in occasioni del genere.

    • Grazia Gironella

      Forse ci starebbe un post su questo argomento… però dovrebbe essere un post corale, perché io non mi sento abbastanza ferrata in materia. Magari dopo l'estate, anche con le altre ragazze (e ragazzi), o sotto forma di meme… ci penso su.

    • Chiara Solerio

      Ne parlavo oggi via e-mail con Gaspare/Severance… insomma, il ragazzo di Nuvole Prensili. Siccome siamo un gruppo abbastanza cospicuo, non sarebbe male unire le forze per promuoversi a vicenda. Certo, esistono già i guest-post che un po' assolvono a questo ruolo, ma si potrebbe elaborare una strategia comune. Ad esempio, sulla pagina facebook di appunti a margine ho quasi 7000 persone (perché ho cambiato il nome ad una mia vecchia pagina) e non avrei problemi a mettere i vostri link, insieme ai miei… o i vostri libri… insomma, ciò che vi riguarda. L'ho detto anche a Gaspare

    • Grazia Gironella

      Certo, ma non intendevo questo, bensì un post in cui si parlerebbe delle varie tecniche di autopromozione.

    • Nuvole Prensili

      Il ragazzo di Nuvole Prensili dice che attende di vedere se qualcuno fa quel post, poi ci mette del suo perché è quello che sta cercando di fare (ci sono servizi nel mondo davvero ignoti o sottovalutati).

    • Grazia Gironella

      Gaspare, se ti inventi un altro nome ti faccio arrestare! :S
      Eh, mi piacerebbe farlo, quel post, ma non ho molte esperienze dirette. Non sono sicura che darei un apporto utile. Medito, medito… male che vada parti tu e io ti seguo, o ci provo.

    • Lisa Agosti

      Grazia, ad essere sincera la tua autopromozione potrebbe essere migliorata. Io apprezzo la tua umiltà e aborro gli scrittori snob, ma tu ti presenti ancora come una scrittrice emergente e titubante mentre in realtà hai un talento incredibile e hai scritto romanzi coi controcazzi!! (eh, non mi è venuto in mente un termine migliore per rendere l'idea). "Due vite possono bastare" è una storia incredibile, ci si trova action, feeling, suspence, e coinvolge il lettore a 360 gradi (l'ho quasi finito). Più che farti pubblicità coi meme e i guest post penso che varrebbe la pena investire su eventi e vendite, davvero il talento non manca!

    • Grazia Gironella

      Ma… grazie! (Ah, già, è proprio per queste cose che si scrive…)
      Dici giusto, Lisa, e mi confermi un rimprovero che mi faccio spesso ultimamente: sono abituata a vivere la scrittura sentendomi un esordiente anche se forse sono un passo più avanti. Non sarebbe certo un problema in sé, se non fosse che le persone tendono nelle loro impressioni-valutazioni a basarsi sull'immagine che proietti. In fondo chi mi conosce abbastanza per dire "ehi, questa fa la democratica ma è la nuova Anne Tyler"? Come chi legge un libro parte in generale dal presupposto che tu sia capace di scrivere, cioè sia uno scrittore vero e intero e non un semplice wannabe, così chi mi sente "parlare" avrà l'impressione che io annaspi con i miei primi racconti, se non si fa un giretto sulla pagina del blog dedicata alle mie pubblicazioni e al "dicono di me". Questo non gli farà venire voglia di leggersi il mio romanzo sulla spiaggia, immagino. Perciò grazie di questa conferma, Lisa, che mi dà una spinta al momento giusto. Metto un post in forno… no, non sulle timidezze dello scrittore, ma su "Due vite possono bastare". Per i pareri che ho ricevuto dai lettori, glielo devo.

    • Grazia Gironella

      Precisazione per chi leggendo il post di Lisa si è detto: "romanzi" al plurale? Ho pubblicato un solo romanzo, per ora, ma Lisa è stata così gentile da fare da beta reader per il mio nuovo YA, "Veronica c'è", del che la ri-ringrazio.

    • Nuvole Prensili

      Se sei anche solo leggermente anglofona, per la promozione di un ebook (almeno le basi) ci sono due manuali da leggere a tutti i costi, e sono la
      Smashwords Book Marketing Guide
      e
      The Secrets to Ebook Publishing Success

      Sono entrambi forniti gratuitamente dalla piattaforma di distribuzione Smashwords quando ti iscrivi (anche l'iscrizione è free, ma se mi contatti te li mando via mail). Il sito si occupa di diffondere e promuovere gli autori di ebook, sia indipendenti che dietro piccola casa editrice, e va tantissimo nel mondo.
      I consigli forniti valgono sia per la loro piattaforma che in generale su qualunque rete di distribuzione. Per ora ho questo, poi sto studiando altro, ma non ho trovato di meglio.

    • Grazia Gironella

      "Fortemente anglofona" nel senso che mi piace molto leggere in inglese, non nel senso che sono un fenomeno. Smashwords è un mondo! Ci passerò un po' di tempo, credo.

    • Lisa Agosti

      Nuvole Prensili, grazie per le info, volevo solo precisare che l'iscrizione non è necessaria, ho copiato i titoli su google e scaricato il pdf senza problemi.

  • Lisa Agosti

    Anch'io condivido gli stessi timori e fatico tremendamente a rispondere alla domanda:
    "Cosa fai?/What do you do?"
    La mia risposta striminzita è "Scrivo/ I write".

    La reazione della gente a questa informazione è un misto di:
    – ammirazione e curiosità, vogliono sapere dei miei viaggi e se diventerò famosa
    – invidia e gelosia: son dodici anni che loro vanno in ufficio tutti i giorni, e io non faccio un…
    – confusione: ma dove li trova questa i soldi? ma come, si reinventa così, riparte daccapo un'altra volta?
    poi vedo un guizzo di consapevolezza nei loro occhi:
    – sarà una figlia di papà, una psicologa che non trova lavoro e si vergogna ad ammetterlo e sta là in Canada a farsi mantenere dal moroso e si passa il tempo a scribacchiare il diario.

    A pensarci bene però, purtroppo questi pensieri sono i miei, che io proietto nei loro sguardi, perché, in realtà, chi mi vuole bene fa il tifo per me, e chi non mi conosce bene… non è per niente interessato alla mia risposta!!

    • Grazia Gironella

      Un po' è così: si immaginano i pensieri altrui e magari le nostre risposte se quei pensieri venissero espressi. Il tuo "vogliono sapere se diventerò famosa", però, è mitico! Hai mai provato a rispondere: "certo, tra quattro anni"? Così, tanto per spiazzarli un po'.

  • Cristina M. Cavaliere

    Hai dimenticato una categoria importantissima: lo scrittore che è anche artista! Ci sono anche quelli, e stanno diventando una specie endemica, io ne incontro ad ogni angolo. Quindi non solo persone che scrivono ma che si fregiano anche della nomea di artisti.

    A parte che io non ho ancora trovato una definizione convincente per la parola “arte”: che cosa qualifica una qualcosa come un’opera d’arte? O, stando più bassi nella definizione, che cos’è la qualità in un testo letterario? Difficile a dirsi.

    Ritornando a Harry Potter, mi sa che siamo noi babbani, altro che maghetti!

    • Grazia Gironella

      Su cosa sia l'arte sfondi una porta aperta. Chi lo decide? Ci sono opere vendute agli angoli delle strade che mostrano delle qualità, come anche opere astratte quotatissime cui è del tutto arbitrario attribuire un valore superiore a quello dei disegni dei bambini. So di avere un punto di vista molto "contadino" sulla questione, ma la penso così. E sì, temo che se fossimo maghetti faremmo meno fatica a fare progressi nella nostra passione comune…

  • Barbara Businaro

    Io non riesco a definirmi scrittore, primo perchè è troppo distante dal mio lavoro ufficiale (informatico) che il passaggio tra le due categorie mi sembra quasi impossibile, secondo perchè non ho ancora messo la parola fine a qualcosa di voluminoso per sentirmi tale (e non sto nemmeno parlando di pubblicazione!). Eppure scrivo, e riscrivo, e compongo, e modifico-taglio-aggiungo, e soffro per i miei personaggi.
    Dovrei sentirmi ridicola per questo? Con tanti personaggi pubblici che non riescono a coniugare un congiuntivo o formulare un semplice periodo senza devastare le minime regole grammaticali, dovrei sentirmi ridicola io??
    Certo per mia madre sono ridicola. Quando mi guarda con quel misto di preoccupazione e compatimento dicendo "ah si…scrivi un libro…", si nota la punta derisoria del suo tono nel finale della frase. Ma è una donna pratica, cresciuta in tempi bui, e per lei un libro sarà quantificabile come un traguardo solo quando le sue amiche le chiederanno la dedica della figlia.
    Però pazienza, scrivere fa sentire bene soprattutto me. E se non pubblicherò? Non lo so, passerò alla storia successiva intanto oppure imparerò a promuovermi in internet (l'essere informatico magari tornerà utile). La punta d'invidia per quelli che hanno pubblicato ce l'ho, non sempre hanno fatto un buon lavoro, ma hanno fatto un lavoro che piace al pubblico a quanto pare (e qui si potrebbe disquisire all'infinito).
    Ovviamente anch'io fantastico un po' sul futuro, è nella mia natura. Mi vedo intervistata da Daria Bignardi (e solo perchè il Maurizio Costanzo Show ha chiuso…).
    Non sogno un castello alla Rowling (anche perchè vivere in un castello può essere scomodo, pensateci n'attimo) ma una casetta singola in campagna, lontano da certi fastidiosi condòmini, la vorrei anch'io. Se mi ci mettere anche una piscinetta non dico di no, per carità.
    Sui periodi depressivi alterni, consiglio la lettura dei primi due libri di Antony Robbins, vero guru della PNL (per chi non lo conoscesse, interpreta se stesso nel film A prima svista con Gwyneth Paltrow e Jack Black). Tra le altre cose ha scritto:

    Mi sia permesso di riferirvi un esempio. E la biografia sintetica di un uomo che:
    a 31 anni è fallito come uomo d'affari;
    a 32 anni è stato bocciato a un'elezione;
    a 34, altro fallimento;
    a 35, gli è morta la donna amata;
    a 36, ha avuto un crollo psichico;
    a 38, ha perduto un'altra elezione;
    a 43, non è riuscito a farsi eleggere al Congresso;
    a 46, ci ha riprovato ed è stato bocciato un'altra volta;
    a 48, stessa esperienza;
    a 55, non è riuscito a farsi eleggere senatore;
    a 56, ha perduto la corsa per la vicepresidenza;
    a 58, non ha avuto un seggio senatoriale a 60, è stato eletto presidente degli Stati Uniti.
    Il nome del personaggio è Abraham Lincoln.

    Quindi insomma…pubblicheremo tutti a 60 anni!

    • Grazia Gironella

      Benvenuta, Barbara!
      Hai ragione, alla mia domanda scherzosa la giusta risposta è proprio "ridicola, io?". Se fossimo noi che scriviamo, quelli ridicoli, credo che le cose andrebbero meglio, e non solo nel mondo dell'editoria. Parlando seriamente, penso che già la tenacia e la passione che dimostriamo nel coltivare la nostra passione ci renda fighi, come diceva Chiara. L'esempio di Lincoln mi pare fin troppo calzante!
      Comunque mi riconosco molto nelle cose che hai scritto, a partire dallo sguardo sfumato di compatimento di tua madre…

    • Chiara Solerio

      Mi fai venire in mente il sedicenne inglese che amava suonare la chitarra, a cui la zia un giorno disse "con quella non ti guadagnerai mai da vivere!" … poi incontrò Paul, George e Ringo!

  • Stefania

    Bellissimo!!! Tutte vere! soprattutto "poi, quando è il momento di sedere alla scrivania e battere sui tasti, si fanno venire in mente di controllare la posta, pulire la ciotola del cane e riordinare i cassetti. Perché, vallo a sapere." Già vallo a sapere…oltre alla ciotola del cane controllo anche se i pappagalli hanno l'acqua e in questo periodo faccio il cambio di stagione a rate!
    È meravigliosa poi la faccia delle persone quando mi chedono "Tu nella vita cosa fai?" e la mia risposta è "scrivo". Quasi tutti mi guardano, in silenzio, col sorrisetto. E poi subito dopo continuano "si va bene….ma di serio dico, cosa fai nella vita?" O_o

    • Grazia Gironella

      Benvenuta!
      Ah, vero! "Cosa fai di serio?" Anche quando non lo chiedono vedi che lo pensano. Non varrebbe la pena di sfondare soltanto per lasciarli con un palmo di naso?

  • Francesca

    "se scrivi con intenti letterari e artistici sei uno scrittore".
    Che bella definizione! Mi piace molto!

    Sentirsi ridicoli?
    Sì, spesso, ma purtroppo non solo per quanto riguarda la scrittura, anzi, si può dire che io scriva, oltre che per l'intento artistico della definizione di cui sopra, anche in un'ottica "curativa" per un problema di autostima che riconosco di avere, quindi per me non fa molta differenza sentirmi ridicola mentre scrivo piuttosto che durante altre attività, come lavorare in ufficio o intrattenere relazioni interpersonali o andare a pranzo dai parenti…eccetera.
    Per quanto riguarda le reazioni degli altri, spesso somigliano a quelle che potrebbe suscitare un malato di mente. Ti sorridono benevoli, annuiscono, ti danno le pacche sulla spalla, ma se ne parli troppo spesso nascondono a fatica un'espressione preoccupata e cominciano ad annuire frettolosamente e quasi con timore.

    • Grazia Gironella

      Succede… anzi, si potrebbe fare un album di foto con le espressioni delle persone quando dici di scrivere. Credo che in generale sembri un'occupazione un po' strana, che mette in sospetto di stranezza anche chi scrive. Se poi scrivi e non ti si trova in libreria, né si sente parlare di te come fenomeno letterario, l'ombra dello scrittore fallito incombe…

  • Giordana Gradara

    Mi ritrovo in tutti i pensieri e in tutti i comportamenti.
    Per fortuna la reazione impulsiva alle critiche l'ho accantonata, ma credo che sia anche a causa sua se ho rallentato i ritmi di scrittura. Invece mi ritrovo ancora benissimo nella paura di rovinare idee quasi perfette in un primo momento. Anzi, credo proprio che più che averne paura, in effetti lo faccio. E così riempio il computer di storie che cominciano e che vengono abbandonate dopo i primi capitoli.

    • Grazia Gironella

      Io in un certo senso ho il problema contrario: se inizio una storia e non la finisco, poi mi sento talmente a disagio che rischio di smettere di scrivere. Fa parte del mio lato "disciplina ȕber Alles". Ho soltanto un romanzo breve per ragazzi incompiuto da anni, e per lasciarlo ho dovuto fingere che lo riprenderò in futuro!

  • Renato Mite

    In effetti scrivere non è facile e la scrittura mette soggezione, vuoi portare su carta un'idea magnifica e fragile allo stesso tempo e vuoi farlo con la cura e il rispetto che merita, per questo qualunque scrittore ha avuto almeno un blocco. Come dice Chiara Solerio, la scrittura è parte della nostra identità e Francesa ha ragione, può rafforzare la nostra autostima.
    Io mi riconosco molto nella ritrosia a pubblicizzarmi, forse perché sono un tipo riservato. Per il resto, l'invidia, i sogni di gloria, la sfiducia e le reazioni sono naturali, siamo esseri umani, e questo ci fa essere ridicoli, ma ben venga. Sto imparando che le cose più significative della vita hanno un fondo di ridicolo, un lato comico, questo è il segnale che stai facendo una cosa in maniera autentica e ciò ci rende anche interessanti.
    Quell'aura mistica è un po' meritata, dai!

    • Grazia Gironella

      Un po' meritata lo è, perché no… e poi, anche se non lo fosse, ci pensano già i nostri detrattori a farci volare bassi. Bisogna pur compensare!

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