Effetto pentola a pressione
Serve a scrivere, non solo a cucinare!
Qualche giorno fa ero alle prese con una scena del mio ultimo romanzo, in cui la protagonista sfugge agli inseguitori grazie all’aiuto di un amico. Ero in un momento adrenalinico della narrazione – almeno nelle mie intenzioni – ma non mi sentivo particolarmente coinvolta, quando all’improvviso i due fuggitivi si sono rifugiati in un portone buio e mi sono ritrovata a scrivere con il batticuore.
Va bene, noi scrittori siamo capacissimi di emozionarci per quello che scriviamo (magari riuscissimo a contagiare i lettori!), ma questa volta il cambiamento è stato così repentino da darmi qualcosa su cui riflettere.
Studiando le tecniche narrative sentiamo spesso parlare di tensione e dei modi per farla aumentare in modo da tenere il lettore ben invischiato nella nostra tela. Di solito, però, mi viene più istintivo cercare questi modi negli sviluppi della storia oppure nell’accompagnamento meteorologico (temporali, vento & co.).
Invece in questo caso mi sono imbattuta in una situazione diversa ma non meno efficace, che nel mio linguaggio personale ho definito “pentola a pressione“. Il presupposto è che la scena contenga già un certo grado di tensione, per avere almeno qualcosa da “cuocere”. La constatazione è che quando un elemento esterno di qualunque genere va a mettere sotto pressione i personaggi, si enfatizza il contenuto emotivo della scena.
Nel mio caso a creare la pressione era il fatto che i personaggi rimanessero nascosti nel buio del portone a parlare sottovoce; quindi la mia pentola era la combinazione buio + silenzio di sottofondo. Era come se di colpo i personaggi fossero più coscienti della propria fisicità e anche delle proprie parole, che finivano con il sembrare rivolte a un nulla indistinto.
L’effetto pentola a pressione è… la scoperta dell’acqua calda, naturalmente, ma tutte le verità sembrano nuove quando si percepiscono con chiarezza.
Pensate a una scena in ascensore: imbarazzo di fronte agli estranei, eventuale imbarazzo tra i personaggi se non sono in confidenza, momentanea impossibilità di allontanarsi. Bella pressione anche questa. E che ne dite del cinema? Folla concentrata sullo spettacolo, buio, le voci del film che coprono il resto.
Ma non è questione di buio o di luogo chiuso: c’è pressione esterna anche nel litigio tra due personaggi in coda all’ufficio postale, oppure nel silenzio che avvolge lo svolgimento di un esame a scuola.
Per non dire delle dinamiche che si scatenano quando un gruppo di persone è costretto a condividere un ambiente ristretto per un tempo abbastanza lungo. Pensiamo alla super-classica tormenta di neve che blocca i personaggi per giorni.
L’effetto pentola a pressione è garantito, e ottimo da sfruttare al momento giusto.
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.