Imparo a scrivere da Charles Bukowski e Henry Miller
Quanti modi ci sono di essere scrittore?
È una strana domanda, cui si può dare una risposta semplice senza timore di sbagliare: infiniti. Ogni scrittore di narrativa è un raccontastorie, ma il suo modo di porsi rispetto all’atto di scrivere è del tutto personale.
Tra un approccio e l’altro, però, può esserci un passo come un abisso. Quanto profondo, vorrei mostrarvelo tramite i consigli di scrittura di due grandi autori, Charles Bukowski e Henry Miller.
E così vorresti fare lo scrittore
(Charles Bukowski)
E così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perché vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos’altro
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall’autocompiacimento
le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
a meno che non ti esca
dall’anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all’omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te.
non c’è altro modo
e non c’è mai stato.
(Qui trovate il testo in inglese e qui una lettura della poesia da parte di Tom O’Bedlam, sempre in inglese.)
Gli undici comandamenti
(Henry Miller)
- 1 – Lavora a un libro alla volta fino a quando non l’hai terminato.
- 2 – Non iniziare nuovi libri, non aggiungere nuovo materiale a “Black Spring” [titolo di un romanzo dello stesso Miller]
- 3 – Non essere nervoso. Lavora calmo, gioioso, spericolato o comunque ti venga spontaneo.
- 4 – Lavora secondo il tuo programma e non in base all’umore. Smetti di scrivere all’orario previsto!
- 5 – Quando non puoi creare puoi lavorare.
- 6 – Rinsalda ogni giorno, piuttosto che aggiungere nuovi fertilizzanti.
- 7 – Resta umano! Vedi gente, vai in giro, bevi se ne hai voglia.
- 8 – Non essere un cavallo da tiro! Lavora soltanto con piacere.
- 9 – Metti da parte il programma quando non ti va di seguirlo – ma riprendilo in mano il giorno dopo. Concentra. Restringi. Escludi.
- 10 – Dimentica i libri che vuoi scrivere. Pensa soltanto al libro che stai scrivendo.
- 11 – Prima di tutto e sempre, scrivi. Pittura, musica, amici, film, vengono dopo. [Miller era anche pittore.]
Ma siamo sicuri di parlare della stessa passione? Non ci saremo spostati da un argomento all’altro?
Definire consigli questi che vi ho appena proposto è in qualche modo una forzatura. Charles Bukowski si esprime con la potenza poetica che gli è tipica, molto lontana dalla equilibrata pacatezza dell’insegnante, mentre Henry Miller scrive i suoi undici comandamenti per se stesso, e non per un pubblico di aspiranti scrittori. Anche per questo motivo l’impatto emotivo dei due testi è completamente diverso.
Ma sapete cosa trovo intrigante? Il fatto che queste due anime della scrittura (e forse molte di più) convivano senza veri contrasti nella mia realtà quotidiana, a prescindere da quelle che sono le mie scelte razionali. Ma forse vale per tutti. C’è un po’ di Bukowski in ognuno di noi, e anche un po’ di Miller, e un po’ di tutti gli altri che hanno detto la loro sull’argomento.
Vi sentite un po’ camaleonti, oppure vi riconoscete in un approccio solo?
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.
33 commenti
Tenar
"a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo"
Ecco, credo il non scrivere mi porti a follia. E, dato che scrivo per lo più gialli, forse mio marito teme mi possa portare anche all'omicidio (no, non sono da suicidio) e per questo mi incoraggia a scrivere…
Per evitare queste estreme conseguenze, poi, i consigli di Miller vanno benissimo.
"Quando non puoi creare puoi lavorare" mi sembra perfetto.
E grazie per un post, come sempre, arricchente.
Grazia Gironella
Io forse non sono a rischio suicidio o omicidio se non scrivo, ma a rischio depressione rapida sì. Ho circa un paio di settimane di bonus, a dir molto.
Sam.B
Bukowski era un tipo viscerale, passionale e non le mandava a dire. Un po' estremo, per me. Ma questi versi me li devo segnare e appiccicare da qualche parte bene in vista, per averli sempre sott'occhio quando scrivo:
le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
Invece trovo più adatti a me i consigli di Miller, anche se lui li ha scritti per se stesso. Soprattutto i numeri 8, 9 e 10.
Mi serve qualcosa di logico e razionale a cui appigliarmi, quando scrivo. Qualcosa che mi faccia da linea guida, altrimenti mi perdo
Grazia Gironella
Sono d'accordo sul fatto che Bukowski sia un po' troppo estremo. Anzi, è strano che certi suoi pezzi (come questo) mi piacciano, perché di solito sento abbastanza lontani gli artisti pazzoidi e intemperanti. Però in alcuni punti trovo l'energia degli scritti di Nietzsche.
Francesca
Sono d'accordo con te : "C’è un po’ di Bukowski in ognuno di noi, e anche un po’ di Miller". Hai scelto due approcci estremi che rendono bene l'idea di quali siano le due facce della stessa medaglia.
Francamente mi viene da dire che se "le biblioteche del mondo hanno sbadigliato" significa che almeno questi scrittori c'erano arrivati nelle biblioteche…Non tutti, quindi, avevano sbadigliato nel leggerli! Adoro Bukowski di cui ho letto tutto, per cui posso azzardare che la logica non era precisamente il suo forte.
I consigli di Miller che hai riportato sono quasi tutti molto utili, logici, consequenziali, ma quello che interessa – e quasi, direi, commuove – è il timore, che celano, di pensare troppo intensamente e troppo in fretta, di essere sommerso dall'ispirazione a scapito dell'umile lavoro quotidiano.
Non riesco ad essere d'accordo, però, con il suo consiglio di dedicarsi soltanto a un lavoro per volta.
Grazia Gironella
Pensando che Miller ha scritto i comandamenti per sé, immagino che fosse un tipo un po' dispersivo, cui serviva ancorarsi all'opera del momento. Io non me lo impongo, ma di fatto non riesco a lavorare su due testi allo stesso stadio, oppure dello stesso tipo.
Francesca
Comunque molto bello anche questo di Bukowski: "Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto"…Ci ho ripensato spesso questa settimana e ho ripreso e terminato un racconto che" mi esplodeva dentro a dispetto di tutto".
Grazia Gironella
Bella esperienza. Non capita spesso!
Francesca
Tornando a questo post, è un po' che mi frullano in testa i versi di Bukowski da te riportati:
"se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto".
Rileggendo le varie risposte, mi sembra che nessuno abbia parlato di questo…Che cosa ne pensi? Io credevo che fosse una buona idea leggere il mio lavoro a un'amica o magari a mio marito (di solito alle amiche, a turno), ma ripensandoci forse ha ragione Bukowski: può essere castrante.
Grazia Gironella
Sinceramente vedo quella frase nello stile di Bukowski, tutto-o-niente. Suona figo, se posso dirlo in un modo un po' rozzo, ma non corrisponde alla realtà. Lui in fondo cosa intende dire in questa che è – teniamolo presente – una poesia, e non un insegnamento agli apprendisti? Che per scrivere devi avere talento ed impeto, e se non li hai non andrai da nessuna parte. Io apprezzo la bellezza e la forza delle sue parole, ma le considero soltanto una faccia della medaglia. Se dovessero scrivere solo coloro che corrispondono al suo ritratto, le librerie sarebbero vuote. Chiedere conferme a lettori esterni è giusto e utile. Come fare senza? Castrante… dipende da cosa hai in mente. Se è la pura espressione di te stesso, forse sì. Se è la condivisione di una storia, allora no.
Francesca
Giusto, Grazia, ha poco senso ridurre il pubblico a se stessi, ma io pensavo non a un lettore qualunque, bensì a quelli a cui secondo me allude il poeta: familiari, il tuo partner, la tua migliore amica… A volte ho paura di non scrivere determinate cose pensando poi che loro saranno i miei "beta readers".
Grazia Gironella
Allora il timore è fondato, secondo me. Familiari e amici di solito sono le persone peggiori cui chiedere pareri, perché raramente hanno la competenza giusta e soprattutto sono legati a noi in un modo che impedisce una lettura imparziale. Serve il giudizio di qualcuno esterno alla nostra cerchia di legami. Io mi sento abbastanza fortunata perché mio figlio legge da sempre e ha una grande sensibilità all'uso delle parole, oltre a capire la necessità di essere obiettivo, perciò gli faccio leggere tutto, ma non potrei basarmi solo sul suo parere. E' davvero importante, direi quasi necessario, avere dei beta-readers esterni. Bukowski però credo che criticasse il fatto di chiedere pareri ad altri in generale ("o comunque a qualcuno").
Francesca
Quanto a questo:
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo
mi sembra contrario a tutto quello che hai sempre detto. Non è così?
Credi poco nell'ispirazione e dici che bisogna lavorare, mi sembra che tu inviti lo scrittore o aspirante tale a cercare di tirare fuori le proprie idee, mettendo in conto che possa non riuscirgli all'istante.
Mi pare che invece in questa poesia si parli d'ispirazione pura.
Grazia Gironella
Per quanto riguarda il mio pensiero, è più o meno come dici. Non è tanto che io non creda nell'ispirazione e nel talento, che sicuramente esistono, ma senza una base di lavoro pressoché quotidiano, fatto di studio e di pratica, non ci si può aspettare di incontrarli. Per questo dico spesso di rimboccarsi le maniche, senza aspettare fattori esterni. Non credo ci sia altro modo per migliorare e giocarsi bene le proprie possibilità, quali che siano. Ma non mi piace proporre a chi legge soltanto il mio personale modo di vivere la scrittura; ci sono tante voci, e non c'è una sola verità, ma tante verità parziali, che si applicano meglio o peggio a seconda della persona e della situazione. Mi piacerebbe che chi frequenta il blog entrasse in contatto con i tanti approcci esistenti, in modo da poter individuare quello che più risuona con il suo modo di essere, e soprattutto funziona alla prova dei fatti.
Teniamo però presente che questa di Bukowski è una poesia, non una lezione agli aspiranti o la risposta a un'intervista. Ci sta bene con il suo personaggio scrivere questo brano a tinte forti, molto bello a mio parere, ma gli scrittori che scrivono come intende lui penso siano due su cento.
Giordana Gradara
Adoro questo pezzo di Bukowski e non potrei aggiungere altro.
Poi leggo il pezzo così calcolato di Miller e quasi ho l'orticaria. Come sarebbe: "Lavora a un libro alla volta fino a quando non l’hai terminato"?
Io voglio scrivere quello che mi va di scrivere sul momento.
Poi capisco che anche Miller forse voleva scrivere quello che gli andava al momento, ma si è costretto a incanalare la sua passione, per non lasciarla fine a se stessa.
Alla fine, mi rivedo in MIller.
Grazia Gironella
Il paragone fa più o meno lo stesso effetto anche a me. Forse, per diventare un Bukowski, bisogna prima essere un Miller. E' una delle possibili letture.
Lisa Agosti
Anch'io non riesco a lavorare su una sola cosa alla volta. E non riesco a scrivere ogni giorno. Il libro che sto scrivendo ha una trama che cambia e dei personaggi che crescono da ormai 9 mesi (praticamente un parto!) e sono convinta che se avessi deciso tutto subito e mi fossi fossilizzata sulle idee iniziali avrei perso molti spunti che sono venuti nel tempo e nel sonno. A volte persone, gesti, odori della vita reale ci sembrano perfetti per la nostra storia, ma dobbiamo darci il tempo di scovarli. Quindi anche se apprezzo molto entrambi i consigli non ne seguirò neanche uno…
Enzo Pallotta
Ciao Grazia,
ho appena ordinato il libro di Bukowski "E così vorresti fare lo scrittore? Testo inglese a fronte)". Credo che sia istruttivo. E quindi, ora non saprei esprimermi circa le sue idee.
Diversa cosa è per l'altro: Miller. Tu proponi il suo decalogo. Su questo ho qualcosa da dire.
Innanzitutto, diffido un po' quando ci sono "Istruzioni per l'uso", specie in questo campo.
Obiezioni sugll 11 punti.
Il consiglio n° 1 mi sembra ingiusto. Io credo che si possa tentare questa esperienza. A meno che l'opera che si sta scrivendo sia importante".
Le osservazioni al 9° e all'11° mi sembrano "litighino" tra loro.
Ehi Grazia, sempre gentile te.
Grazia Gironella
Infatti Miller ha scritto questo decalogo per se stesso. Non so come si sarebbe espresso in una versione rivolta agli aspiranti colleghi. Se sapeva di essere dispersivo, sicuramente gli ha fatto comodo imparare a focalizzare l'attenzione su un lavoro singolo.
Il 9 e l'11 non mi sembrano in conflitto; immagino che il 9 sia relativo al programma interno alla seduta di scrittura, e che l'11 si riferisca alla vita in generale. Però bisognerebbe chiederlo a lui!
Grazia Gironella
Insisti pure, Enzo, non credo che litigheremo su Miller!
Confesso che cosa voglia dire con "concentra, restringi,escludi" non lo capisco. Parla di focalizzazione, oppure di altro? Comunque io non ci trovo contrasto perché interpreto il "metti da parte il programma" come un "se ti va di più di scrivere a braccio, senza seguire la pianificazione, fallo", mentre tu pensi che lì lui parli della vita in generale. Temo che resteremo con il dubbio, visto che Miller è morto nel 1980…
Enzo Pallotta
9 – Metti da parte il programma quando non ti va di seguirlo – ma riprendilo in mano il giorno dopo. Concentra. Restringi. Escludi.
(Quindi: segui le tue sensazioni del momento, no?)
11 – Prima di tutto e sempre, scrivi. Pittura, musica, amici, film, vengono dopo.
[Miller era anche pittore.]
(Cioè: scrivi sempre)
Perdonami se insisto, ma mi sembra sintetizzare due intendimenti contrari fra di loro. A prescindere a chi sono rivolte 'ste norme.
Attenzione, io a Miller non sono degno manco de raccoje appunti pe 'n racconto, ma devo di' quello che penso. E quel che penso te l'ho scritto.
Buon w.e.
Anonimo
9 – Se hai una scaletta per la stesura, e non ti va quel giorno di seguirla, divaga pure. Ma quando puoi, ritorna a seguire la scaletta. Concentra lo sforzo, restringi il campo di azione, escludi le divagazioni.
11 – Se scrivi, scrivi. Quando scrivi non c'è altro. Non ci sono gli hobby o il divertimento: devi focalizzarti su quello.
Grazia Gironella
Mi sembra un'interpretazione molto plausibile. Thanks!
Cristina M. Cavaliere
Ciao, Grazia, eccomi di ritorno in Italia e pronta a commentare i tuoi post, o anche a straparlare! Di Bukowski non ho letto nulla, mentre di Miller avevo letto solo "Tropico del Cancro", ai miei tempi uno dei cosiddetti libri proibiti alle fanciulle la cui lettura non mi aveva nemmeno troppo turbato. Avevo pubblicato le sue istruzioni per l'uso sul mio blog, proprio all'inizio.
Sono sempre più convinta che ogni persona che scrive abbia un rapporto unico con la scrittura. Quello che accomuna tutti, però, gli scrittori tutto genio o sregolatezza o quelli del genere "a nanna dopo Carosello", è la ricerca di un metodo. Magari questo avviene a livello irrazionale, ma c'è. Quindi in uno scrittore dispersivo si prova il bisogno di elencare una serie di punti, perché si è consapevoli che l'energia esiste, ma si distrae in mille rivoli. Viceversa, coloro la cui fiamma si sta spegnendo per mille motivi, potrebbero avvertire il bisogno di ritrovare l'impulso irresistibile con cui avevano iniziato a scrivere.
Grazia Gironella
Bentornata! Da dove, se posso chiedere?
In effetti è come se tutti gli scrittori si impegnassero a correggere le proprie carenze per raggiungere l'obiettivo comune di entrare in sintonia con il lettore. Sono sempre più le somiglianze delle differenze, quando parli di esseri umani.
Cristina M. Cavaliere
Ho fatto un giro in Normandia, un viaggio che era nella mia wishlist ormai da anni. Tra l'altro siamo stati baciati dalla fortuna, perché, a parte la prima mattina, dove diluviava e però eravamo al chiuso della reggia di Fontainebleau, il tempo è sempre stato bello o con cielo variabile, proprio da pittori impressionisti!
Grazia Gironella
Bellissima la Normandia! Mi è rimasta impressa una passeggiata durante la bassa marea sulla spiaggia sotto le falesie, vicino a un paesino il cui nome conteneva in qualche forma le rose. E il cielo… lì capita spesso di avere nubi, sole e vento, e l'effetto è magnifico. Fortunata a restare chiusa nella reggia! C'è di peggio…
Cristina M. Cavaliere
Sìsì, in effetti mi aspettavo poco complice anche il pessimo tempo ovunque, a parte Mont Saint-Michel che agognavo di vedere da tempo. Invece ho ricevuto dieci volte di di più. (Forse è il segreto della felicità!) La spiaggia cui ti riferisci potrebbe essere quella di Etretat con le falesie a forma di elefante? Però non c'è la rosa nel nome… Il cielo era fantastico e in continuo movimento, e ho visto nuvole del genere solo in Tanzania.
Grazia Gironella
Ho fatto un po' di confusione con i nomi: Veules des Roses è un paesino carino tra Dieppe e Fecamp, ma non erano lì le falesie. Sempre in zona, comunque. (Per fortuna dimentico titoli e nomi ma mi resta impresso il resto…)
Anonimo
Bukowsky sempre e comunque, anche se mi sta antipatico, ma lui lo sa e lo faceva apposta.
La via di mezzo?
Secondo me è ritrovare quella gioia spontanea, dilagante, immensa del primo temino scolastico che si scrisse praticamente da solo. Quindi non c'è nessuno scrittore famoso che possa dirci come fare a, forse dovrebbe insegnarci come tornare a.
Se c'è qualcuno che l'ha fatto, segnalatemelo, per piacere. Io non voglio imparare a scrivere bene, voglio smetterla di tentare di farlo!
Grazia Gironella
C'è del vero in ciò che dici, Gas. Eppure cercare di scrivere bene è un passaggio necessario per andare oltre, almeno secondo me. Si può anche andare a istinto, senza sfruttare le esperienze altrui e tutto il popò di materiale disponibile, ma è un po' come ripartire daccapo per reinventare da soli la ruota. Ne vale la pena? (E' vero, Bukowski faceva apposta.)
Anonimo
Sai, parlavo di quel tipo di pesantezza, che almeno sto vedendo accadere in me. Com'era bello tanto tempo fa, quando potevo scrivere "albero sole estate", c'erano pochissime regole, e bastava questo a far felice qualcuno. Per dire la stessa cosa oggi, devo viaggiare in sei dizionari, ho venti autori che rimbrottano e si sentono stridere le ossa. Prima o poi lo troverò il decalogo dello scrittore leggero!
Grazia Gironella
Hai perfettamente ragione. Io ho l'impressione di essere stata "leggera" all'inizio, pesante dopo, e di nuovo leggera adesso, dopo un periodo di muta crisi scrittoriale. Andando avanti, chissà.