Gli errori-orrori della prima stesura
Oppure sarebbe meglio mantenere il segreto?
Non so bene se per gli scrittori sia consigliabile lavare i panni sporchi in casa propria. Forse sì, considerato che sui media italiani il numero di autori che offrono consigli ai colleghi è di gran lunga superiore a quello degli autori che confessano le proprie carenze. Questo ci differenzia molto dal mondo anglosassone, dove sono tanti gli scrittori professionisti, anche famosi, disposti a mettere in comune con i neofiti le proprie conoscenze e anche le proprie difficoltà. All’apparenza qui da noi “ce la tiriamo di più”, come direbbe Dante.
Mi piace questa cosa? Poco.
Per questo vi racconto cosa trovo quando metto le mani nella mia prima stesura. Parlo del preciso momento in cui, dopo la lunga pausa di decantazione, finisco di rileggere il manoscritto e mi dico: “Dunque…”. È il momento in cui mi rimbocco le maniche, in sostanza, e lavorando a fasi successive, come sono abituata a fare, vado a integrare, tagliare, modificare e correggere tutto ciò che rende la mia prima stesura “crappy”. Uno schifo, insomma.
Un momento.
La mia prima stesura non fa schifo. Se lo affermassi mentirei, proprio come i ragazzini secchioni che a scuola insistono a dire che non sanno niente e poi prendono otto a tutte le interrogazioni. (Io ero così. Non trovavo altro modo per fare sentire ai compagni di non appartenere a una razza aliena, visto che anche allora studiare era visto dai più come un affronto all’umanità. Fine dell’off-topic.)
Insomma, se leggeste la mia prima stesura ci trovereste già la storia abbastanza ben delineata (secondo le mie capacità, naturalmente) in una forma scorrevole e corretta. Non certo un’opera d’arte, ma un testo discreto, questo sì. Lavorando molto, prima di scrivere, di approfondimento e pianificazione, non produco assurdità e nefandezze da lasciare me stessa a bocca aperta.
Però ce n’è di roba da correggere, altro che.
· Dialoghi frammentati
Dal momento che non amo le attribuzioni (i vari “Renzo disse” e “Lucia rispose”), mi viene spontaneo sostituirli con gesti o pensieri del personaggio. Un piccolo esempio, purtroppo per niente casuale:
«Non ho mai visto un sito così infestato da malware!» disse Grazia, imprecando tra i denti. «Dovrò ricorrere a metodi forti.»
mi piace meno di:
«Non ho mai visto un sito così infestato da malware!» Grazia imprecò tra i denti. «Dovrò ricorrere a metodi forti.»
Non è questione di regole, ma di preferenze personali. Peccato che spesso il “Grazia imprecò tra i denti” si trasformi in una frase di un paio di righe, che finisce con il far perdere scorrevolezza alla battuta in questione, oppure con il separarla in modo sgradevole dalla battuta del secondo personaggio, sempre con lo stesso effetto. Perciò questa è una delle operazioni che devo svolgere a tappeto: ricompattare le battute che hanno perso ritmo, utilizzando più spesso le attribuzioni oppure spostando le frasi incriminate in modo da migliorare l’effetto. Complicato da spiegare, ma spero che abbiate capito lo stesso.
· Assenza totale di dettagli olfattivi e tattili
Ho un naso? Ho una pelle, dei polpastrelli?
All’apparenza no. I dettagli visivi e uditivi nelle mie scene sono sempre presenti già dalla prima stesura, anche se vanno aggiustati per essere più efficaci, ma quelli olfattivi e tattili devo inserirceli a forza.
Rimedio: ogni tanto mi dedico a tour di naso e di tatto. Esco a fare una passeggiata e passo il tempo ad annusare tutto ciò che trovo sulla mia strada, aria inclusa. Sembro la mia Maya, che spesso mi accompagna. Oppure mi aggiro per casa toccando tutto, scorrendo le dita sulle superfici, “ascoltando” le temperature degli oggetti, la grana delle superfici.
Esiste qualche altro modo per riattivare ai sensi perduti? Si accettano suggerimenti.
· Possessivi in eccesso
Non vorrei che la mia prima stesura con i suoi errori rendesse difficile ai miei lettori immergersi nelle mie atmosfere.
Via tutti, a parte quelli necessari e in armonia con la frase che li contiene.
· Ambientazioni scarne
Nella prima stesura sono sempre molto concentrata sulle emozioni e scelte dei personaggi. Tutta la trama nasce da lì, in fondo. Se però non integro con dettagli materiali, alla fine i personaggi stessi sembreranno muoversi in un fluido virtuale privo di connotazioni.
· Tendenza al melodramma
Qui l’attenzione ai sentimenti rischia di scivolare in uno sgradevole sentimentalismo. Melassa, melassa! Casso lacrime e grida qua e là, e qualche personaggio che dava testate al muro finisce con l’alzare un sopracciglio. Spesso basta.
· Struttura delle frasi troppo lineare
Soggetto, verbo e complementi; e poi di nuovo soggetto, verbo e complementi. Okay, le scuole elementari sono finite. Proviamo a fare di meglio.
· Eccesso di coordinate avversative
Ma, invece, mentre, eppure, però, tuttavia.Avrà un significato psicologico di qualche tipo? Sento molto vive le mie contraddizioni e/o gli ostacoli esterni che si frappongono tra me e i miei obiettivi? Varietà, per pietà (e vai con la rima)!
· Tormentoni personali
Di questi ho parlato anche in un altro post: il vecchio saggio, personaggi che si passano le mani nei capelli (sempre scompigliati) e guardano fuori dalla finestra, certi termini ripetuti… cambiano nel tempo, questo sì, ma nascono tormentoni nuovi. Per fare fronte lavoro di demolizione e di brainstorming, uso il dizionario dei sinonimi e quello delle emozioni (The Emotions’ Thesaurus, di Angela Ackerman e Becca Puglisi. Ne parlo qui.) La mia revisione non è tutta qui, naturalmente. Prima di rimediare ai peccatucci che ho citato devo controllare la trama, le scene una a una, i personaggi e molto altro.
Cosa siete sicuri di trovare rieleggendo la prima stesura?
Anche qualcosa di antipatico, come previsto dal copione dell’imperfetto scrittore?
LO HA DETTO… JANE AUSTEN
Oh, è soltanto un romanzo… in breve, soltanto un lavoro in cui si manifestano i più grandi poteri della mente e vengono trasmessi al mondo – nel miglior linguaggio possibile – la più profonda conoscenza della natura umana, la più riuscita descrizione della sua varietà e la più vivace espressione di acutezza e umorismo.
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.
32 commenti
Chiara Solerio
Sebbene non abbia ancora terminato la prima stesura, ho l'obiettivo di rileggere ogni capitolo dopo averlo concluso annotando però solo le questioni "formali" perché, se mi soffermo sul contenuto, rischio di rallentarmi troppo.
Mi rivedo molto in alcune delle cose che scrivi, soprattutto a proposito dei dialoghi: anche io odio le attribuzioni, inserisco quindi molto gli elementi gestuali allungando il brodo da morire. Dei tormentoni personali, poi, non ne parliamo: il mio protagonista (testa calda) dovrebbe avere le nocche in frantumi a forza di pugni sul muro.
Per le ambientazioni, oscillo fra due estremi: a volte sono scarne, altre volte schiacciano il personaggio rubandogli il posto. Al contrario, do anche troppa attenzione ai dettagli olfattivi. Credo, comunque, che il mio grande problema sia la sovrabbondanza di informazioni. Mi trovo sempre a tagliare tantissimo.
Non pianifico tutto nel dettaglio e questo mi porta a tornare indietro più volte…
Neanche io penso che la mia prima stesura faccia schifo in linee generali. Ma di alcuni singoli brani sì, lo penso. E mi vergogno un sacco di averli mandati in giro. Credo di essere umile, a volte al limite della prostrazione. Per questo, avere dei lettori anche in sede di prima stesura mi fa molto comodo… purché siano quelli giusti! C'è anche chi prova un gusto perverso nel distruggere i brani altrui (anche quelli che hanno ricevuto riscontri positivi altrove) e questo non fa di certo bene a chi vuole rafforzare la propria autostima.
Grazia Gironella
Bisogna sempre prendere un attimo le distanze dalle critiche, e soprattutto distinguere la sostanza dalla forma. Una critica portata in toni sgradevoli causa una reazione emotiva che ostacola il miglioramento. Se chi la porta non si pone il problema, sta a chi la riceve tirarci fuori l'eventuale valore.
Pugni al muro, eh? I miei personaggi non li danno mai, potrei inserirli…
Chiara Solerio
Facciamo uno scambio: io ti do i pugni al muro, tu mi dai qualche altra reazione di rabbia!
Scherzi a parte, se mettessimo insieme i nostri cliché personali quante idee verrebbero fuori
Grazia Gironella
Vero!
Francesca
Riguardo a ciò che avete detto sui dialoghi, una piccola osservazione: mi capita spesso di leggere romanzi di autori molto considerati e accorgermi che non capisco chi stia dicendo cosa. Allora rileggo, anche due o tre volte…e continuo a non capire. Mi sembra un bell'errore! E non nella prima stesura bensì nella versione definitiva! Per cui secondo me potete consolarvi.
Grazia Gironella
Mi consolo davvero, e non soltanto per le attribuzioni. Forse però c'è da piangere più che consolarsi… Credo che una delle cose più frustranti in generale sia rendersi conto di quanto sia difficile essere ben pubblicati… e quante opere piene di difetti vengano pubblicate da editori importanti! Parlo proprio di difetti macroscopici, non di questioni più sottili e opinabili. Ma non vale certo la pena di rovinarsi il piacere di scrivere per questo!
Arj74
-Eccesso di coordinate avversative
Qua mi sono letto io
Al termine dell'ultimo manoscritto m'era sorto il dubbio di avere esagerato, rileggendo tutto ne ho avuto la conferma. E' stata dura porvi rimedio e ancora non sono soddisfatto.
Degli avverbi che mi dici? Io li detesto, ma a molti piacciono. Cioè, a loro piace usarli, a me un po' meno a leggerli, va da sé che se li becco li uccido.
Grazia Gironella
Benvenuto!
Quella degli avverbi è una questione eterna e per niente sciocca. I maestri esortano a non usare gli avverbi per puntellare dei verbi banali, e qui sono proprio d'accordo. Una volta che i verbi siano scelti bene, usare qualche avverbio oppure no diventa solo un fatto di gusto personale, dell'autore e del lettore.
Non è semplice correggere l'eccesso di avversative, perciò auguri, a te e a me!
Anonimo
Ciao Grazia.
Post molo interessante come sempre.
Mi ritrovo in molti dei tuoi punti (priva versione abbastanza delineata visto che tendo sempre più a partire da indice delle scene e del contenuto, carenza di dettagli olfattivi e tattili e nell'ambientazione, ecc.)
Forse uno dei punti più critici è quello dei tormentoni, talmente incisi nella mia mente da risultare difficili da individuare
D'altra parte, anche nel modo di parlare ogni giorno ne abbiamo tutti, ma è più facile accorgersi di quelli degli altri che dei propri
Ciao
Angelo F.
Grazia Gironella
Benvenuto!
Le espressioni fatte sono tra i tormentoni peggiori, secondo me. Sono passati anni da quando ho iniziato a scrivere, ma ancora non me ne faccio una ragione che tutti i modi di dire vadano schivati. Ovvero: visto che gli editori li schifano, mi limito, ma appena c'è un dialogo dove stanno bene mi rifaccio. Bisogna pure trovare un compromesso!
Francesca
La prima stesura?
Ahimé! Ripetizioni! Moltissime! Ripeto qualsiasi cosa (sto ripetendo anche ora…), credo sia colpa del fatto che fino a qualche anno fa scrivevo solo poesie. Lì la ripetizione va benissimo, ma nella prosa…
Inoltre una grande incoerenza. A volte scene, ambientazioni e dialoghi sono dettagliatissimi, altre volte sembrano poco più di un'annotazione. Direi: disomogeneità. Anche nel registro.
Banali errori di sintassi e a volte persino di ortografia.
Grazia Gironella
Però come figura retorica la ripetizione anafora, anadiplosi e parenti) funziona bene anche in prosa. Io la uso molto spesso.
Riconoscere i propri lati deboli è importante, per quanto sia banale dirlo. Dopo ti si accendono le lampadine di avviso mentre analizzi il testo, ed è molto più facile correggere.
Tenar
Allora, io sono sempre in affanno. O c'è un concorso che incombe, oppure ho promesso di consegnare entro una certa data (poi passa un anno e mezzo prima della pubblicazione, come per quella finalmente imminente, ma questo è un altro discorso…) e quindi cerco di ottimizzare la prima stesura. Ma… Ah, quanti ma…
– orrori ortografici. Io sono "lo strano caso della scrittrice dislessica". Li odio, li posso seminare ovunque. Non li vedo in lettura. Non li trovo neppure quando mi sono segnalati dai lettori cavia.
Un incubo.
– Incongruenze varie. Appartamenti che cambiano disposizione, caratteristiche fisiche di personaggi secondari ballerine. Nomi di personaggi secondari che cambiano. Fatico a ricordare i nomi delle persone reali, figuriamoci quelli delle comparse di un romanzo!
– Le scene d'azione le devo riscrivere. Sempre. A ogni scrittura cambio qualcosa. Scopro che al personaggio X serve avere con sé l'oggetto Y. E come ha avuto Y? L'ha comprato? Preparato? Gli è caduto dal cielo? Si torna indietro e si mette Y dove serve.
– Ho paura di annoiare il lettore con le spiegazioni che, in un giallo, a un certo punto spuntano di certo. Il risultato è che le spiegazioni risultano criptiche. Da riscrivere.
E questo è un elenco molto, molto incompleto!
Grazia Gironella
Le scene d'azione, difficili! Come le scazzottate e le battaglie, sono un vero guaio. Ne abbiamo già parlato altrove, vero? Alla fine della mia prima stesura fanno sempre, semplicemente ridere. Devo rimaneggiarle tre o quattro volte,e spesso riscriverle per intero.
Anonimo
Non so che dire di preciso perché racconto e romanzo hanno economie diverse.
Mentre scrivo-riedito questo ultimo, noto delle cose.
Sono un po' più complesse.
A: ordine sballato delle riflessioni
E' uno strano fenomeno. A volte devo spostare parti del discorso. Ad esempio una descrizione si interrompe per una valutazione di tipo morale, o storica, per poi ripartire con la descrizione. In pratica il discorso non è perfettamente lineare. Stranamente si tratta di periodi isolati che vanno solo spostati.
B: I pronomi personali
IO IO IO. Ce ne sono una valanga.
C: TUTTO, NULLA, SEMPRE
Secondo me li metto per pigrizia. Definire qualcosa con un "tutto" o un "nulla", o un evento come "sempre" è troppo indefinito. In alcuni casi si, ma eccedo. Quando vado a correggere vedo che il lessico ne guadagna molto.
D: Riferimenti criptici.
Non perché incomprensibili, ma perché riefriti a cose che non fanno parte del bagaglio culturale di chi mi legge. Ad esempio, se dico "Mario impugnava una guisarma" io so cos'è, ed è il termine giusto. Però sono anche certo che qualcuno dirà: ma che cos'è una guisarma?
Peggio ancora se scrivo riferimenti pop. Che per me sono evidenti, ma non posso sapere se lo sono per chi mi legge. Una volta scrissi "non era un omicidio dettato dall'helter skelter, era stato calcolato".
Per me tutto ok. Pensavo si sapesse di Manson e delle sue malefatte. Macché. Proteste vibranti.
Ci devo fare sempre più spesso i conti. E non so come :/.
(Una nota sola: seguo anche io molti blog anglosassoni, e da una parte ciò che dici è concreto, ma è anche notevole il fatto che non si parla MAI di stile, sempre di mercato ;D. Sono molto pratici, diciamo).
Grazia Gironella
Eccome se lo sono. Da un certo punto di vista possono anche sembrare gretti. Nel mio caso mi sento piuttosto in sintonia, perché fatico a immaginare di scrivere senza un mercato. Scrivo perché ci provo; scrivo perché ci spero. Sono convinta di poter accettare compromessi a questo scopo, anche se non snaturanti. Un mio amico che ora non c'è più troncò una volta i miei discorsi su quello che intendevo dire e quello che ero e quello che gli altri vedevano in me, con un "sì, ma ti interessano di più tutti questi discorsi oppure fare arrivare il tuo messaggio?". Una lezione di vita, per me.
Strano davvero il tuo primo punto. Non deve essere male però scoprire che basta spostare per risolvere.
(Cos'è una guisarma? No, aspetta, guardo in rete…)
Anonimo
Non è malvagio in senso assoluto, ma è snervante. A volte coinvolge paragrafi. Cerco di farti un esempio.
"Il sorriso di Grazia era aperto, solare. Vidi argomenti del genere soltanto in mia madre, quando ancora non era caduta in sè stessa. Pure modesto, andava oltre le dimensioni fisiche per entrare nella metafora del vero sorriso, quello unico, che si disegna sulla carta".
Sembra andare bene, carino, ok.
Ma non è così XD. Infatti se sposti…
"Il sorriso di Grazia era aperto, solare. Pure modesto, andava oltre le dimensioni fisiche per entrare nella metafora del vero sorriso, quello unico, che si disegna sulla carta. Vidi argomenti del genere soltanto in mia madre, quando ancora non era caduta in sè stessa. "
Torna molto molto molto di più, perché la descrizione è unificata, lo vedi benissimo il sorriso, e poi c'è una riflessione seguente. Scoprirlo ogni volta è disarmante,vuole dire che "penso" male. E come correzione è lunga, impegnativa.
Senza dire che comunque ci sono gli errori classici, a pioggia, i tuoi e molti altri. Che fatica!
Sul mercato vs arte ci si infognerebbe in mille discorsi. Chiara Solerio saprebbe che dirti ;).
Renato Mite
I vari punti che hai elencato sono tutti degni di revisione. Per quanto mi riguarda uso poche attribuzioni ma cerco di metterele dove servono o per ricordare chi sta parlando o per dare ritmo al dialogo.
Le descrizioni non sono il mio forte quindi devo lavorarci molto in fase di revisione. Cliché e tormentoni sono in agguato, ma si possono ridurre ben volentieri. Qualche possessivo in eccesso c'è sempre e la subordinazione richiede molta attenzione, soprattutto perché spesso devo riordinare le frasi nei periodi per conferire al testo la sequenza logica che voglio. Qui si apre il discorso sulla coerenza della storia che riesco a mantenere abbastanza bene, ma sono pignolo e metodico quindi ricontrollo tutto, in genere non c'è nulla che non va ma posso apportare delle migliorie.
Sulla questione dello stile, l'Italiano è proprio ad un livello diverso dalle altre lingue, più ricco. Ho letto poco fa degli articoli sul blog di Isabel Giustiniani riguardo allo "show, don't tell" che sottolineano proprio questo.
Grazia Gironella
Essere esigenti è importante. Se chiedi a te stesso sempre di più, ti trovi a darlo senza nemmeno accorgertene.
Renato Mite
Risposta perfetta per me.
Bella frase, dovrei incorniciarla come conforto e anche come monito, a volte bisogna fermarsi e non esigere troppo, solo quanto basta.
Cristina M. Cavaliere
La mia prima stesura non fa schifo: è un autentico capolavoro, perbacco! Poi comincia la rilettura e i pareri dei lettori-cavia che smorzano molto gli entusiasmi. Alla terza rilettura, mi stanno già venendo i conati e alla quarta, sto proprio male.
Problemi attuali, fresca di correzione del Libro II Le Strade dei Pellegrini:
. aggettivi possessivi in eccesso;
. verbi di percezione inutili;
. frasi lunghe e involute, che si aggrovigliano come un gomitolo sotto le unghie di un gatto;
. mancanza di soggetto al punto giusto, per cui non si capisce in un dialogo chi sta parlando (il bello è che è una cosa che mi manda su tutte le furie come lettrice);
. mancanza di sensazioni non solo tattili e olfattive, ma anche uditive. I miei personaggi non ascoltano mai musica, e non perché siano sordi.
. mancanza di controllo sui personaggi minori: di recente mi sono accorta che, in pochi mesi, uno di loro da giovane si ritrovava canuto, neanche avesse la sindrome di Matusalemme, poverino.
Soprattutto, perché dico in quaranta righe qualcosa per cui ne servono solo cinque?
Grazia Gironella
Credo che ognuno abbia anche un proprio stile e faccia bene a valorizzarlo, oltre che correggerlo dove serve. Se quelle quaranta righe danno gusto nel leggerle, ben vengano. Quanto a sapere cosa va valorizzato e cosa corretto, beh, se scopro l'arcano ti avviso! Forse tocca accontentarsi dei pareri dei lettori (e scusa se è poco).
Cristina M. Cavaliere
Ho dimenticato nell'elenco anche gli avverbi: "poi", "allora", ecc. Fastidiosissimi quando si rilegge e se ne trovano tre in tre righe. Per quanto riguarda l'arcano da scoprire, io sono qui come un cagnolino scodinzolante in attesa dell'osso.
Grazia Gironella
Temo che sarà un'attesa lunga!
Lisa Agosti
il primo romanzo che ho scritto è talmente orrendo che non riesco a rileggerlo. Non so se lo riprenderò mai in mano… mi sembra scontato, infantile e poco chiaro. Il romanzo che sto scrivendo adesso è più divertente, dinamico, ha una trama un po' più sensata, ma ci sono errori grossolani tipo che un personaggio ha una figlia che poi si scopre ha la stessa età della madre.. haha direi che ho ancora un bel po' di lavoro da fare! Per fortuna non sono l'unica
Grazia Gironella
Figurati, quisquilie! Però fai bene a guardare avanti senza incaponirti su quello che hai già scritto. I primi lavori sono sempre zoppicanti; se ti ostini su quelli non riesci mai a risanarli del tutto, e per di più rallenti il miglioramento. Avanti il prossimo!
Aislinn
Bellissimo post. Ti risponderò con un post anch'io… ne avrei troppe da dire e devo rifletterci
Grazia Gironella
Aspetto il tuo post, allora!
Anonimo
A me non infastidisce affatto il: disse Graziella (per dirne uno); non è affatto fastidioso, anzi trovo dia ritmo al dialogo. Invece non abbonderei di odori e rugosità; ho sempre pensato che il lettore sia più interessato alla storia, a volte ai pensieri, piuttosto che alle descrizioni. Vanno centellinate, giusto per dare delle coordinate. Questo sulla base della mia esperienza (di lettore e aspirante scrittore), dei miei gusti e del mio stile.
Grazia Gironella
Secondo me è questione di equilibrio, oltre che di stile e gusti personali. Le descrizioni non dovrebbero rubare spazio e attenzione in modo sproporzionato, perché al centro della storia ci sono sempre i personaggi e i loro problemi. Credo però che il loro ruolo sia centrale nel delineare il mondo narrativo e trasmetterlo al lettore. Come sempre, bisogna dosare tutto.
Juana
A me durante la prima rilettura capita di insultarmi tra i denti. Continuamente. Taglio via le ripetizioni con un segno di penna talmente netto, a volte (alla terza che becco, in genere) da passare dall'altra parte. Mi siedo al tavolo della revisione con un occhio molto critico verso il mio stesso scritto, e questo a prescindere dal fatto che mi piaccia, lo ami o lo adori. Penso sia importante, perche', tanto, se non lo faremo noi lo fara' qualcun altro, e in quel caso potrebbe gia' essere troppo tardi per tornare indietro e cambiare cio' che va cambiato.
Grazia
Benvenuta!
La revisione richiede proprio questo tipo di determinazione. Quando si fa una pausa abbastanza lunga tra prima stesura e revisione, molte pecche del testo diventano evidenti. Non tutte, purtroppo, ma per quello ci sono i beta readers, per fortuna.