Scrittura,  Vita da scrittori (e non)

Scrivere con il fattore “wow”

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Non il fattore Vov, okay? Niente zabaione alcolico, per oggi (ammesso che qualcuno se lo ricordi). Con “wow” intendo l’esclamazione di meraviglia all’americana, che suona “uau”. Ma è meglio partire dal principio.

Iniziare a scrivere è un’esperienza esaltante per tutti. Io non avevo proprio idea che da quei pochi ingredienti scribacchiati su un pezzo di carta sarebbe venuta fuori una storia. Se solo avessi preso in considerazione l’ipotesi, mi sarei fatta lo sgambetto, decidendo che non ero in grado, che non avevo abbastanza fantasia eccetera. Invece la storia si è scritta da sola, con me che le arrancavo dietro, chiedendole di rallentare un attimo quando avevo il fiato grosso. Grazie, storia magica! Se non fosse per te, non sarei qui oggi a parlare di scrittura.

Dopo tre brevi romanzi fantasy, parti di una stessa saga, pensai di spedire in giro il primo per vedere che effetto facesse, prima a un gruppo di lettura e poi, sulla scia dei commenti lusinghieri ricevuti, a una ventina di editori importanti. Non mi sognai di abbassare il tiro solo perché ero una pivella. Se i lettori – quelli vivi e reali, quelli che avrebbero comprato – erano così entusiasti della mia storia, trovare un editore non poteva essere un problema.

Invece niet, nein, no. Pochissimi rifiuti (uno con incoraggiamento accluso) e tanti silenzi. Non mi domandai se quel primo gruppo di lettura fosse di bocca buona, se davvero la storia fosse unica e speciale. Ne avevo letti di libri poco, pochissimo speciali, eppure pubblicati da fior di editori! Fa ridere dirlo, ma non mi sembrava che l’eccellenza fosse una caratteristica necessaria.

Dopo sei o sette mesi ero disorientata, ma avevo accettato l’incomprensibile: nonostante il giudizio dei miei (pochi) lettori, agli editori la mia storia non interessava. Il nesso che avevo dato per scontato si rivelava inaffidabile, anzi, inesistente.

Non sono per carattere propensa ai rimpianti, ma farei carte false per riprovare quella esaltante, istintiva convinzione di stare facendo ciò che ero nata per fare – parole grosse, di cui oggi posso anche sorridere (storto), ma che corrispondono a come mi sentivo. Era iniziata l’era dei dubbi che, come si sa, tendono a moltiplicarsi più che a sciogliersi, ma c’era anche un sacco di lavoro interessante da fare: scrivere e studiare.

Cosa succede quando di scrittura ne sai di più?

Ti ritrovi tra le mani tanti concetti che mettono in benefica discussione il tuo modo istintivo di scrivere. Non hai da fare altro che rimboccarti le maniche e capire quali siano i tuoi difetti. E correggerli, si capisce.

Ecco, i difetti.

Missione: individuarli ed eliminarli, o almeno ridurli all’impotenza. Se capisco che i miei finali sono fiacchi, mi sforzo di inventarne di migliori. Se qualcuno mi segnala che uso troppe frasi fatte, e mi accorgo che è vero, ci presto attenzione e ne uso di meno. Insomma, dove riconosco che devo cambiare, mi impegno a farlo.

Però.

La mia scrittura cambia grazie alla pratica, alle letture, allo studio, ai consigli dei beta-readers e alle correzioni degli editor. Lo stesso, esiste un mio modo di scrivere, che non può e non deve essere uguale a quello di nessun altro scrittore. Per quanto io mi metta in discussione, non lo faccio per cercare una “buona scrittura” basata su criteri astratti, ma per esprimere al meglio la mia personale e inimitabile “buona scrittura”. Che può anche non piacere, certo. Comunque mia.

Voglio eliminare i miei difetti, non le mie peculiarità.

Tutti gli autori hanno le proprie caratteristiche. Come lettori, li amiamo o li detestiamo per il loro modo di scrivere, ma ciò che a noi non piace può essere uno degli elementi su cui si basano per costruirsi un pubblico.

Questo discorso non serve a giustificare strafalcioni e ingenuità, sia ben chiaro. Un personaggio di cartone è un personaggio di cartone. Qualcuno può sopportarlo, ma non più di questo. Le lunghe descrizioni, però, possono piacere ad alcuni e non piacere ad altri, e così la preponderanza di dialoghi sul narrato, oppure le ambientazioni tratteggiate in modo sommario per rendere più veloce l’azione. Il confine tra difetti e caratteristiche personali è sfumato.

Come scrittori, dobbiamo imparare a valorizzare le nostre peculiarità e renderle motivo di attrazione per il lettore. Questo è importante quanto lavorare sulle nostre debolezze. I nostri “wow factors” – i nostri punti di forza devono diventare pilastri solidi per la nostra scrittura, capaci anche di controbilanciare i nostri difetti.

La scoperta dell’acqua calda, dite? Sì, in un certo senso; ma, come ho sentito dire a Lama Tashi un paio di mesi fa, è sempre la mente a fare la differenza. Se penso spesso alle mie debolezze, mi sentirò debole. Se penso spesso ai miei punti di forza, mi sentirò forte. È una questione quantitativa oltre che qualitativa. Nelle parole di Jack Canfield:Dove va la tua attenzione, lì scorre la tua energia. Dove scorre la tua energia, lì va la tua vita. Dal che si deduce che è fondamentale conoscere quali siano i nostri “wow factors”. Una fetta troppo consistente del nostro tempo di scrittori è spesa nel sentirci inadeguati al nostro compito. Qualche pensiero positivo non ci farà male!

A indicarci quali aspetti dello scrivere ci riescono meglio sono due segnali: le nostre sensazioni mentre scriviamo (e rileggiamo, più tardi) e le reazioni dei lettori. Di solito la risposta è univoca: se le ambientazioni ci appassionano e descrivendole ci sentiamo bene, probabilmente chi ci legge dirà di avere trovato i luoghi della storia tanto reali che gli è sembrato di trovarsi lì. Questo, tra l’altro, sembra dare ragione a Elisabeth George quando afferma che la qualità di ciò che scriviamo si rileva prima di tutto dai segnali inviati dal nostro corpo. Ne riparleremo.

Se non godiamo dell’aiuto di qualche beta reader come si deve abbiamo un problema, perché ci viene a mancare una conferma. È davvero importante trovare qualcuno che sia un lettore competente, sincero e disponibile che si presti a leggere il nostro lavoro prima che lo spediamo in giro per il mondo. Non si può dire “non ho nessuno”. In rete, sui forum o sui social, si possono incontrare altre persone con la stessa nostra passione, che volentieri ci faranno il favore per poi vederlo ricambiato. Sarà fatica spesa bene.

I nostri punti di forza sono anche caratteristiche che ammiriamo nei libri che leggiamo?

Direi piuttosto il contrario. Quando resto estasiata leggendo, di solito è perché l’autore dimostra di eccellere in qualcosa che non mi riesce altrettanto bene. Che dire delle trame imponenti di Sanderson, della gestione puntuale dei mille personaggi di Martin, dello stile asciutto di Carver? Difficilmente mi inchino di fronte ai dialoghi, perché i miei dialoghi mi piacciono. Mi inchino invece in presenza di un sottotesto ben presentato, perché è un aspetto che vorrei migliorare.

Trovati i nostri punti di forza, non ci resta che farli splendere. Facile, no?

Un esempio. Se ci riteniamo bravi a scrivere scene d’azione, analizziamole da vicino, eventualmente confrontandole con quelle degli autori che riteniamo dei maestri in quel campo.

Possiamo aggiungere qualche ingrediente o sostituirlo per migliorare l’effetto?

Possiamo cambiare la posizione della macchina da presa?

Possiamo cambiare ritmo per renderlo più incalzante, o rallentarlo ai massimi per aumentare la tensione?

Possiamo migliorare la gestione dei tempi, cioè l’entrata nella scena e l’uscita?

Infine: c’è qualcosa di veramente tipico nostro, come un certo modo di strutturare le frasi oppure una scelta dei dettagli, che può renderci riconoscibili fino a diventare il nostro marchio di fabbrica?

Non si può diventare speciali a tavolino, questo è ovvio; ma l’attenzione può fare miracoli.

Quali pensate che siano i vostri “wow factors”? Li coltivate, oppure li date per scontati e vi concentrate sul colmare le vostre carenze?

44 commenti

  • Francesca Lia Sidoti

    Articolo interessante, sono d'accordo con quello che dici, e anche un po' sollevata. Finora mi sono impegnata a trovare la mia voce. Adesso penso di doverla esplorare per bene. I difetti e le peculiarità allora salteranno fuori.

  • MikiMoz

    L'articolo è interessante, e alla tua domanda non saprei rispondere in modo preciso, forse proprio perché abbiamo una visione di fondo -come constatato di recente^^- molto diversa.
    Io faccio uso sicuramente di peculiarità mie, nella scrittura… non so se siano wow factors… né se siano debolezze tramutatesi in punti di forza^^

    Moz-

    • Grazia Gironella

      Diamo per certo che io e te vediamo le due facce opposte del mondo. Vorrei però specificare che non passo il mio tempo a fare i prelievi di sangue alle formiche! Sento che lo hai pensato… Dato che questo non è un blog generalista, ma incentrato sulla scrittura, analizzare i vari aspetti della scrittura è il mio "lavoro". Anch'io quando scrivo metto le parole una dietro l'altra come mi vengono in mente, senza usare riga, squadra e bilancino.

  • Francesca

    Io sono ancora "indietro", nel senso che non ho mai presentato nulla a un editore, ma solo a concorsi, dove, purtroppo, è difficile conoscere il parere della giuria persino quando ci si classifica.
    I miei lettori, come spesso accade, sono stati reclutati tra parenti, conoscenti e amici. Ciononostante sono piuttosto severi! Su quali fossero i miei punti di forza e di debolezza hanno avuto dei giudizi quasi unanimi e n'è emerso l'opposto esatto di quanto credevo io.
    I dialoghi mi parevano innaturali e patetici, invece sono piaciuti, le ambientazioni approssimative, invece sono state apprezzate. I personaggi mi sembravano perle, invece sono risultati incoerenti, le storie avvincenti, invece qualcuno non è neppure riuscito ad arrivare alla fine, anche se scrivo testi piuttosto brevi. Mi hanno lasciato intendere che il problema non sono tanto le trame (dalle quali sono ossessionata, nel timore di escogitarne di troppo banali o noiose) ma il fatto che, a parere dei miei lettori, nessuna trama potrebbe riuscire emozionante se utilizzata da me!

    • Grazia Gironella

      Quindi non è detto che le nostre idee corrispondano a quelle dei beta-readers… L'ultima tua frase è troppo, troppo bella! Sto ancora ridendo… Non ti conviene licenziarli tutti, scusa? I lettori non possono esprimersi in questo modo! Allora è meglio darsi in pasto ai nemici.

    • Grazia Gironella

      La mia non voleva essere una presa in giro, sai? E' che mi sono immaginata come un beta-reader possa dire all'autore della storia questa cosa… ed era un bel quadretto. Magari fosse facile suscitare emozione! Per fortuna si può migliorare.

  • Chiara Solerio

    Questo articolo anticipa e leggermente accarezza quello che sto preparando per domani, e che si intitola provvisoriamente "Scrivere ti rende trasparente – L'energia della parola".

    Recentemente sono stata intervistata da Lucia Donati, che mi ha chiesto. fra le altre cose, come può cambiare lo stile nel tempo. Questa è stata la mia risposta:

    "Secondo me lo stile è come il carattere di una persona. Un individuo fragile ed insicuro può rafforzarsi nel tempo, ma non sarà mai Super Man. Una donna che ha bisogno di un uomo per sentirsi al sicuro può conquistare progressiva autonomia, ma quando sarà lasciata i vecchi fantasmi rischieranno di tornare a galla. In poche parole, la personalità evolve e smussa alcuni angoli, ma manterrà le sue caratteristiche di base, quelle che la rendono unica ed inimitabile. Allo stesso modo, lo stile di un autore cresce e migliora, ma non può essere snaturato, gli appartiene."

    Queste considerazioni secondo me ben si adattano anche al senso del tuo post.

    I miei difetti: devo migliorare nei dialoghi, ridurre l'info-dump, acquisire maggiore sicurezza. Le parole devono smettere di farmi paura. è importante avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome.

    I miei pregi: credo di essere brava ad evocare immagini, a connotare visivamente la storia che racconto. E so scrivere, non faccio errori grammaticali. Sembra scontato ma non lo è. Conosco bene i miei personaggi e mi immedesimo con loro, quindi escono abbastanza bene (anche se sono ancora alla prima stesura).

    Il resto lo scoprirò strada facendo. Un nostro comune amico mi ha appena scritto che secondo lui scriverò un tomo da 900 pagine che sarà concluso fra un decennio.

    • Grazia Gironella

      Nel pronostico non sono inclusi dati sulla pubblicazione e sulla diffusione?
      La correttezza grammaticale non è affatto scontata. Lo sa bene chi come me ha partecipato al Torneo IoScrittore, e come da regolamento si è sciroppato in lettura un buon numero di manoscritti…

    • Chiara Solerio

      Il pronostico non credo sia corretto: arrivare a 900 pagine senza esaurimento nervoso è utopico! Ma Salvatore ha una fantasia ferrea ed una fiducia eccessiva nella sottoscritta.

  • Tenar

    Bella l'idea del Wow factor! I miei Wow factor? Ma sai che faccio fatica a identificarli? I personaggi, suppongo, e, per la parte tecnica, i dialoghi. In qualche fortunato caso (soprattutto per racconti gialli medio-lunghi) l'intreccio.

  • Salvatore

    Credo sia davvero difficile giudicarsi, e credo sia ancora più difficile interpretare le opinioni dei lettori. Quando un lettore ti dice, ad esempio: è scritto bene, è bello, mi è piaciuto; quali elementi hai per capire cosa va molto bene e cosa va molto male? Difficile… Inoltre, grammatica a parte, ogni critica e ogni elogio è puramente soggettivo.
    Parli di Carver, eppure il vero Carver scrive in modo molto diverso a quello che siamo abituati a leggere… Migliore? Peggiore? Semplicemente diverso… Il suo editor prendeva i suoi bei racconti e li falciava, facendoli "diventare" minimali. Forse all'epoca si vendevano di più in questa forma, vai a capire… Ad ogni modo è davvero difficile capire e questa è la vera difficoltà di questo mestiere. Un artigiano che crea una sedia, può giudicare obbiettivamente il suo lavoro (se le dimensioni sono quelle giuste, se regge il peso di chi si siede, se è comoda…). Uno scrittore questo non lo può fare.

    Per quanto riguarda i miei fattori wow, posso dire quelli che credo possano essere, almeno per me: la voce narrante, non credo che la mia possa confondersi con quella di altri; i dialoghi, sono realistici e non scontati (spero); i finali a brucia pelo, sempre alla ricerca dell'elemento che possa shoccare il lettore o fargli perdere le certezze accumulate durante la lettura; gli incipit non mi preoccupano, forse non sono fenomenali, ma neanche da buttare via… Insomma, boh! Questa è la mia risposta. Poi magari sono solo un pallone gonfiato e, sinceramente, ci può stare…

    • Grazia Gironella

      I pareri altrui sono, appunto, soltanto pareri. Il loro valore, secondo me, viene fuori sulla quantità, anche in base alle capacità dei valutatori. Se un lettore ti dice che ti dilunghi troppo nei dialoghi, può essere una questione di gusti; se la stessa cosa te la segnalano in tre, già c'è da guardarci meglio. A me poi le critiche azzeccate, in tutto o in parte, fanno un effetto immediato di "ti riconosco", come se avessi sempre saputo in qualche angolo di me che quel difetto esisteva… senza saperlo.
      (Non è che io abbia decine di beta reader da interpellare. Mi baso sulla mia esperienza al Torneo IoScrittore, cui ho partecipato per tre edizioni.)

  • Marco

    I miei punti deboli: a volte eccedo nei dettagli, ed è bizzarro perché a me piace la sobrietà (Raymond Carver per capirci). È un punto sul quale devo vigilare perché non mi accorgo di esagerare. Mi dicono che i dialoghi funzionano, e che riesco a rendere bene i personaggi. Ma c'è da tenere conto che finché scrivi, hai sempre qualcosa da imparare; e questo riempie il cuore di speranza…

  • SamB.

    Mai pensato agli "wow factors".
    Io tengo sempre acceso e sintonizzato lo "shit detector": lavoro quasi esclusivamente per colmare le mie lacune. Forse perché gli elementi delle mie storie che ricevono più apprezzamenti sono quelli che riesco a scrivere con più facilità, tanto da sentirmene soddisfatta nove volte su dieci già alla prima stesura (si tratta soprattutto dei dialoghi e dell'ironia): per questo li classifico tra ciò che è okay – eventualmente solo da limare in revisione – e mi concentro su quello che non va proprio: gli incipit (maledetti!) e la gestione di plot e subplot.

    • Grazia Gironella

      Dovendo scegliere tra gli wow factors e lo shit detector, di sicuro è più utile il secondo. Magari su dialoghi e ironia pensi solo di andare bene e invece sei già "wow".

  • Seme Nero

    L'anno scorso ho partecipato ad un concorso sperimentale, un reality sulla scrittura
    Oltre a una buona dose di soddisfazione nello scoprire che so creare un buon incipit, mi si sono aperti gli occhi su quanto fatichi a caratterizzare i personaggi. È stata una bella botta. Ma adesso lavoro sempre su questo aspetto e sono fiducioso per il futuro. Il mio fattore WOW? Dialoghi decenti, scene cinematografiche, ma soprattutto…TA-DAA! colpi di scena!

    • Grazia Gironella

      Un pregio non da poco il saper creare scene cinematografiche. Secondo me è il modo più immediato di annullare la distanza lettore-storia. Ne esistono anche altri, altrettanto importanti, ma quello è il più rapido e universale.

  • Anonimo

    Premetto che amo molto il vov e me ne berrei un bicchierino pure ora, ti dirò che i miei wow factor sono pochi, ma molto ben indentificati e identificabili per chi mi legge: la voce intesa come stile, come "mio", e il potere di far riconoscere il lettore nelle mie trame. Quanti mi hanno detto "Ilaria (la protagonista del mio primo romanzo) sono io". Sui difetti occorre lavorare tanto, invece. Bacio Sandra

    • Grazia Gironella

      Sono quei commenti a tenere salda la barca quando il vento spazza via il resto. Sì, sui difetti bisogna lavorare tanto. Io mi sono fatta venire in mente di lavorare anche sui pregi! Dovreste complottare per eliminarmi.

  • Lisa Agosti

    Uau! Non sapevo dell'esistenza di questi Wow Factors. Molto interessante. Amo la frase che hai scelto sull'energia che ci guida, in effetti, quando mi sento ispirata da un'idea a cui tengo, scrivere diventa un gioco da ragazzi.

    • Grazia Gironella

      Io ce l'ho spillata sulla mia bacheca-di-scrittrice (una bacheca normalissima, ovviamente), così mi ricordo che il futuro dipende anche da me, e non è qualcosa che mi cascherà in testa dal nulla.

  • animadicarta

    Bello questo approccio, molto rincuorante visto che di solito siamo più concentrati sui punti deboli che su quelli di forza. A dirti il vero non so se quelli che io considero "wow factors" siano realmente i punti di forza, questo lo dovrei chiedere alle mie cavie! Però di certo sono i fattori che mi fanno andare avanti e mi incoraggiano quando rileggo, facendomi dire: beh non me la cavo poi tanto male Mica è poco, considerando quanto spesso tendo a deprimermi…

    • animadicarta

      Ahi! Dunque, vediamo di rispondere a questa imbarazzante domanda…
      Un tempo avrei detto i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi secondari, ora la penso diversamente: l'entrare nelle emozioni dei personaggi e incastrare tutti i fatti della trama. Poi se questo corrisponda o meno alla verità, lo scoprirò

    • Grazia Gironella

      Grazie di avere condiviso con noi! Se le tue impressioni sono giuste, hai fatto un bel passo avanti. Dialoghi e personaggi secondari sono relativamente facili da correggere, mentre emozioni e trama non lo sono affatto.

  • Grazia Gironella

    Mi accorgo ora di avere detto solo in parte i miei "wow factors". Non è carino indurvi all'outing e poi privarvi della soddisfazione di leggere i miei libri e dire "per fortuna che questo era uno wow factor!".
    Mi piacciono i miei dialoghi (già detto), il mio modo di creare emozione nelle scene e certi personaggi – non tutti, ma spero di migliorare. Ecco, adesso ho la coscienza tranquilla.

    • Lisa Agosti

      Ah, non so come facessi a dormire la notte, con questo peso sulla coscienza!
      Concordo che i tuoi WOW factors sono i dialoghi, i personaggi credibili, le atmosfere accattivanti e le trame originali.

      Cordiali saluti,
      Dr L.Agosti, PhD (CEO of IGGFC, International Grazia Gironella Fan Club)

    • Grazia Gironella

      La mia coscienza è ipersensibile… quando vuole. Senti, quasi quasi preparo un logo per l'IGGFC. Poi spero che per la remunerazione ti accontenti, considerati i lauti proventi della mia carriera letteraria. (Vedi come sono brava? Stavo per scrivere ia somma precisa in euro, ma mi sono trattenuta. Se campo mille anni riesco anche a crearmi un'aura di carisma e successo. :D)

  • Eli Sunday Siyabi

    Ho letto questo articolo il giorno in cui l'hai pubblicato, ma quando vengo toccata nel profondo (i tuoi articoli hanno spesso questo potere), poi non mi esce una sola parola di commento: voorei commentare tutto, e così lascio perdere! Ora lascio sedimentare queste tue parole dentro la mia anima da scrittrice, come sempre.
    Sappi comunque che mi hai punta sul fattore Wow!

  • Gloria Vanni

    "Wow factors"… non ci ho mai pensato, Grazia, c'è qualcosa in me che non funziona? Per anni i miei attacchi dovevano rispondere alle regole giornalistiche, oggi cerco di andare dove mi porta il cuore e non so se il mio va a colpi di wow…

  • Renato Mite

    Non mi sono mai fermato a catalogare i miei fattori, anche perché vedo la mia scrittura in un'ottica di continua evoluzione, tesa certo a migliorare ma anche a maturare e cambiare come è giusto che sia.
    Posso dirti che in fase di revisione ho piacevolmente apprezzato alcune frasi ben organizzate, alcune battute di dialogo ben riuscite, alcune scene di azione… certo non posso dire che siano wow factors ma sono i punti di slancio, ovvero parto da quelli per guardare al futuro e puntare sempre al miglioramento.

    • Grazia Gironella

      La definizione "wow factors" è solo un'americanata, ma il punto è proprio quello che dici tu: avere dei punti solidi su cui basarsi nel miglioramento. E' importante non sentirsi solo carenti (che magari non è proprio il tuo caso, ma può capitare).

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