Concorsi letterari: come e perché
Per migliorare come scrittori e per essere pubblicati, partecipare ai concorsi letterari non è assolutamente necessario. Però può essere utile. A cosa?
1 – Fare curriculum.
Se ci piazziamo bene a un concorso, potremo poi citarlo in fondo alla nostra scheda biografica quando proponiamo un nostro lavoro agli editori. Questo non ci garantirà certo un trattamento di favore, però ci farà spiccare almeno un poco sulla folla di aspiranti meno qualificati.
2 – Metterci alla prova.
Finché rimaniamo chiusi nel nostro guscio personale-familiare possiamo cullare facilmente il sogno di essere dei pezzi da novanta, ma cosa penserà il mondo esterno dei nostri scritti?
Il primo modo per scoprirlo – e di gran lunga il migliore – è partecipare a gruppi o forum di scrittura; il secondo è iscriversi a qualche concorso letterario. Nel primo caso avremo contatti che ci frutteranno opinioni più o meno gentili, ma spesso utili. Nel secondo caso avremo solo il riscontro dell’eventuale piazzamento e/o inserimento in relativa antologia. Se riusciamo a farci notare tra due-tre-quattrocento partecipanti, come impulso alla nostra autostima non sarà niente male.
3 – Finire sulla carta.
Molti concorsi per racconti prevedono la pubblicazione di un’antologia con una decina o più di finalisti, spesso provvista di codice ISBN e quindi potenzialmente commerciabile, altre volte soltanto stampata in tipografia.
Avere una copia dell’antologia in cui è incluso un proprio racconto fa un bell’effetto, anche se ai fini pratici il passo avanti sulla strada della pubblicazione è infinitesimale.
4 – Conoscere gente dell’ambiente.
Se si è tra i vincitori o comunque si arriva in finale (a seconda di quanto è previsto dal bando) bisogna mettere in conto di partecipare alla premiazione, pena l’eventuale perdita del premio in denaro e talvolta anche del piazzamento.
Gli organizzatori vogliono evitare di trovarsi con una bella cerimonia pronta e unici partecipanti i tre fortunati vincitori. Quindi si va, si visitano luoghi imprevisti e si conoscono altri aspiranti scrittori, editori e figure di contorno. È un buon modo per sentirsi meglio inseriti nell’ambiente e talvolta fare incontri potenzialmente utili per il nostro futuro.
5 – Guadagnare.
Chi scrive e si propone agli editori spende parecchio in copisteria e spese postali, per non dire in tempo, quindi è cosa buona e giusta che abbia qualche entrata. Tuttavia non tutti i concorsi propongono premi in denaro e abbastanza consistenti da andare oltre il valore di un pranzo al ristorante.
Insomma, possiamo dire che partecipare ai concorsi letterari può essere un’esperienza interessante (per me lo è stata).
Come apprendiamo dell’esistenza di un concorso? Setacciando la rete, ovviamente. Ecco alcuni siti che trattano questo argomento.
Come potrete vedere, quello dei concorsi è un oceano dalle dimensioni inimmaginabili per chi non si sia mai interessato all’argomento. Peccato che, come in ogni oceano che si rispetti, pullulino gli squali; piccoli squali, se paragonati ad altri, ma comunque abbastanza sgradevoli da farci diventare nervosi. Questo perché molti premi letterari richiedono una quota di partecipazione sostanziosa, di solito compresa tra i 10 e i 25 euro; una cifra non proprio simbolica, considerato che le possibilità di vincere sono di molto inferiori a quelle di buttare via i nostri soldi…
Immaginiamo di essere gli organizzatori e di avere duecento partecipanti (vista la diffusione di internet è probabile averne molti di più). Alla fine ci troveremo tra le mani 2000-5000 euro. Una discreta sommetta, considerato che nessuna legge ci vincola a spenderne una certa quota in premi e serata di gala, e per di più il nostro concorso può essere a costo zero, se gestito (male) in rete. Tutto dipende da noi… e dalla credulità dei partecipanti.
Questo per dire, senza entrare troppo in dettagli, che sulla piazza troveremo di tutto, dall’editore sconosciuto e semi-truffaldino che ti fa pagare 25 euro di iscrizione, i racconti li legge solo lui e poi ti premia con un bel diploma da cinquanta centesimi, al premio prestigioso gratuito con premi in denaro e pubblicazione in antologia per i vincitori.
Come fare per non sprecare tempo e denaro? Bisogna scegliere con attenzione a quali concorsi partecipare, leggendo i relativi bandi e andando a farci un giro sui siti degli organizzatori per vedere se ci ispirano fiducia; fiducia che talvolta potrà risultare mal riposta.
Se un organizzatore ti dice che pubblicherà l’antologia e poi si fa di nebbia, cosa fai, lo insegui con una chiave inglese, ricorri a vie legali, ti fai venire un fegato come una mongolfiera, smetti di scrivere?
Meglio non preoccuparci dell’imponderabile e vedere quali caratteristiche prendere in esame per la nostra scelta, che sarà comunque del tutto personale. (Per semplicità e per mia esperienza parlerò di racconti, perché questo è l’oggetto di gran parte dei concorsi; ma esistono anche concorsi per romanzi editi o inediti.)
La lista che segue non va intesa in ordine di importanza. Ogni elemento va valutato in relazione agli altri, anche in base alle nostre propensioni personali.
1 – Organizzatore.
Può essere un associazione, un circolo culturale, una casa editrice. Diamo un’occhiata al loro sito, in particolare alle pagine relative al concorso stesso. Potremmo trovarci, oltre al bando, anche i racconti vincitori di edizioni precedenti o almeno le foto delle premiazioni, il che ci aiuterà a farci un’idea del genere/stile che prediligono. Se scriviamo urban fantasy e fino a oggi hanno premiato degli ottantenni, forse non è il concorso che fa per noi.
2 – Edizione.
Il concorso è alla prima edizione? Occhio, ne spuntano come funghi per i motivi suddetti; quindi valutiamo se altre caratteristiche positive compensano questo segno meno sul registro. Non è assolutamente detto che sia una truffa, ma può trattarsi di concorsi di scarso prestigio che l’anno successivo non esisteranno più.
3 – Premi.
Denaro, pubblicazione, diplomi, medaglie, oggetti d’arte: questi sono i premi più frequenti, singoli o abbinati. Quali di questi troviamo interessanti, dipende esclusivamente da noi.
4 – Giuria.
Un bando che cita la formazione della giuria, con nomi e qualifiche, depone a favore del concorso perché: 1) fa pensare che gli organizzatori siano seri e si preparino per tempo, 2) può implicare il coinvolgimento di sponsor e persone esterne all’ambito dell’organizzazione.
5 – Bando.
Leggiamolo con la massima attenzione, perché ogni concorso fa storia a sé. Per esempio, siamo disposti a perdere del tutto i diritti del nostro racconto, ergo a non utilizzarlo mai più (e sempre senza compenso)? La pubblicazione dell’antologia è certa o lasciata alla valutazione finale degli organizzatori? Si dice quanti racconti verranno pubblicati? Talvolta i partecipanti vengono inclusi quasi tutti nell’antologia, così verranno vendute più copie. La presenza alla premiazione è necessaria per il ritiro del premio, e fino a quale piazzamento? Perché dobbiamo anche tenere conto di…
6 – Luogo e modalità di premiazione.
Ormai quasi tutti i concorsi richiedono la presenza dell’autore per il ritiro del premio, senza però dare in anticipo la certezza della vincita. In sostanza si viene avvisati che si è entrati nella rosa dei finalisti (dieci, quindici) e che il giorno X nel luogo Y si saprà se si è vinto o no.
Pensiamoci bene: se da Lecco ci tocca arrivare a Palermo (a spese nostre), il gioco vale la candela anche se poi non risultiamo vincitori? L’antologia di solito viene spedita al finalista che sia assente alla premiazione e ne faccia richiesta, ma talvolta il premio in denaro viene incorporato nel monte premi dell’edizione successiva o incamerato dagli organizzatori. In caso si sia tra i vincitori, si possono perdere i soldi e pure il piazzamento, che può essere attribuito alla persona che segue nella classifica.
7 – Costo di iscrizione.
Si va dai concorsi gratuiti a quelli che chiedono 10, 20, 25 euro, per arrivare agli 80 del Calvino (che però fornisce anche una scheda valutativa e ha un prestigio indiscusso). Questo discorso va valutato non da solo, ma insieme alle altre caratteristiche di cui abbiamo parlato. Se vogliamo essere sicuri che nessuno mangi alle nostre spalle, i concorsi gratuiti sono quelli che fanno per noi; negli altri casi cerchiamo di capire cosa gli organizzatori sono pronti a dare… oltre che prendere.
Venti euro sono un prezzo alto, che però possiamo trovare accettabile se il concorso sembra serio e da finalisti si ha diritto a una o più copie gratuite dell’antologia. Sul bando di solito questo è specificato; in caso contrario si può sempre chiedere.
Queste le caratteristiche principali da prendere in esame. Destreggiarsi non è affatto semplice, soprattutto se si considera il numero dei concorsi esistenti e magari l’inesperienza. Scelto il concorso, restano poche raccomandazioni:
– Attenersi al bando fin nei dettagli, per quanto arzigogolato sia, per non rischiare di essere esclusi in partenza.
– Evitare di attirare l’attenzione con font estrosi o colori strani, che infastidiscono i giurati anziché renderci simpatici.
– Rispettare il tema seriamente, se richiesto. Buttare dentro il nostro racconto un riferimento fugace al tema tanto per poter partecipare non funziona.
– Se scriviamo racconti di genere (soprattutto nell’ambito del fantastico), pensiamoci prima di partecipare a concorsi che da bando accettano di tutto: spesso le preclusioni sono nella testa dei giurati! Può essere più opportuno scegliere tra i concorsi dedicati a generi specifici, se non si vuole rischiare di sprecare tempo e denaro.
– Ci sono concorsi collegati a qualcosa di particolare che li può rendere interessanti in modo diverso dal solito. Per fare qualche esempio, i racconti prescelti possono finire sull’etichetta di un vino, essere distribuiti in alberghi e ristoranti, venire corredati nell’antologia da illustrazioni e fotografie.
Una volta ottenuto un buon piazzamento, potremo aggiungerlo al nostro curriculum. Quando però dovremo inviare quello stesso curriculum all’editore insieme al nostro manoscritto, se la lista è abbastanza nutrita conviene non citare i premi meno prestigiosi: lo scopo è fare presente che abbiamo una certa esperienza, e inevitabilmente concorsi organizzati da circoli di quartiere o editori a pagamento non danno molto lustro.
In bocca al lupo!
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.
2 commenti
Francesca
Ciao Grazia, questo tuo post mi è stato molto utile, perché io mi trovo in quella fase in cui si partecipa solo a concorsi per testare le proprie capacità, anche perché non ho ancora fatto il salto di qualità dai racconti al romanzo. Quando ti arriva qualche apprezzamento, credo sia normale continuare a provare per vedere se era solo un caso ed è ciò che sto facendo io ora.
Vorrei aggiungere qualcosa alla tua lista di criteri per valutare se sia il caso di partecipare a un determinato concorso: la cortesia e la disponibilità.
Quando ho una mezza idea di partecipare, di solito chiedo info agli organizzatori, per il semplice motivo che nel novanta per cento dei casi trovo il bando non proprio chiaro, specie per quanto riguarda i dettagli pratici, tipo "occorre mettere il titolo nel file del racconto oppure no" e questioni del genere.
Bene: se non rispondono, tardano a rispondere o sono poco cortesi, io lascio perdere, la faccenda comincia a puzzarmi un po'…è un fatto istintivo.
Capisco che se mai mi rivolgerò a un editore non potrò seguire lo stesso criterio, ma nei concorsi secondo me ha senso.
Che ne dici?
Grazia Gironella
Sono d'accordo con te. Deve esserci anche un elemento di simpatia, di feeling per fare qualsiasi cosa con qualcuno. Se per qualche motivo proviamo una resistenza verso quelle persone, anche questo è un buon criterio per decidere. Questo non è un giudizio di valore sulle persone, che nemmeno conosciamo, ma solo una ricerca di sintonia. Credo che spesso il nostro intuito abbia da dire la sua in queste circostanze, ma spesso noi non gli prestiamo ascolto, invece di cercare di svilupparlo per distinguere la sua voce da quella dei nostri pensieri razionali, che non sempre ci azzeccano.