Scrittura

Descrivere i personaggi

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Facilissimo, che ci vuole? Per descrivere i personaggi basta… immaginarli, no?

Seriamente: la cosa non è facile, e c’è anche chi avanza dubbi sulla sua utilità. Secondo alcuni, infatti, dell’aspetto fisico dei personaggi non importa più niente a nessuno. Le descrizioni in generale costituiscono un rallentamento, una distrazione, e il lettore moderno non solo non ama perdere tempo, ma preferisce non vedere limitata la sua fantasia. “Lascia che me lo immagini come mi pare”, insomma.

In parte posso essere d’accordo con chi la vede in questo modo. Che siamo tutti diventati lettori più o meno frettolosi è dolorosamente vero, così come è vero che pagine di descrizioni possono ammazzare di noia. Lo so bene io, che amo Il Signore degli Anelli e per cinque o sei volte mi sono destreggiata tra i passaggi più pesanti della storia per arrivare a vedere la luce!

Ma quella si chiama passione. Lo faccio per Tolkien, non per chiunque.
Però, dico, il problema non sarà invece nella qualità delle descrizioni fisiche, cioè nel modo in cui vengono presentate?

In alcuni casi è perfettamente indifferente che una ragazza sia bionda o mora, un uomo alto o basso, ma in teoria il personaggio è una persona in carne e ossa che vogliamo trasmettere al lettore nella sua interezza. Non a scapito della storia e della sua attenzione, però.

Quindi, prima di decidere che si possa scegliere l’aspetto dei personaggi con un bel sondaggio popolare, varrebbe la pena di valutare alcuni trabocchetti. Schivati quelli, forse le descrizioni dei nostri personaggi possono avere un loro posticino nella storia. In fin dei conti, una cosa è sommergere il lettore di dettagli, un’altra è dargli qualche particolare su cui far leva per antasticare.

1 – Evitare le descrizioni fisiche del tutto inutili per la storia.

Non c’è bisogno di dettagliare qualunque comparsa.

2 – Evitare come la peste i cliché.

Abbasso le bionde svampite, i cattivoni con lo sguardo truce e la cicatrice sulla guancia, i bambini con gli occhioni innocenti. Almeno, se proprio vogliamo un personaggio di questo tipo, diamogli sapore con qualcosa di sorprendente. Magari la bionda svampita è una campionessa di scacchi, e il cattivone adora il suo criceto. Chissà.

3 – Evitare di dilungarsi nella descrizione.

I dettagli vanno selezionati, non buttati lì a caso, e l’effetto “carta d’identità” è sempre in agguato: altezza, corporatura, colore degli occhi e dei capelli. Citiamo quello che serve e può rimanere impresso nel lettore. L’altezza, per esempio, è quasi sempre irrilevante, ma smette di esserlo se nella storia il personaggio si salva perché riesce ad aggrapparsi a una corda che i compagni non riescono ad afferrare.

4 – Evitare di posizionare la descrizione nel punto sbagliato.

I dettagli fisici elencati alla prima entrata in scena del personaggio hanno un effetto innaturale e sanno di intrusione da parte dell’autore. I dettagli che ci interessano possiamo diluirli e filtrarli attraverso gli occhi e le parole degli altri personaggi, oppure farli arrivare indirettamente: il personaggio che si ravvia i capelli con le dita difficilmente sarà calvo, quello che fatica ad allacciarsi le scarpe non sarà smilzo (oppure sarà artritico).

In particolare, evitare di citare una caratteristica importante del personaggio dopo averla taciuta per interi capitoli, che sia una zoppia o un occhio di vetro. Non è piacevole per il lettore vedersi rammentare per la via che la sua immagine mentale del personaggio è grossolanamente sbagliata.

5 – Evitare le sproporzioni.

Per il lettore, “molte parole = grande importanza”, perciò rispettiamo la gerarchia dei personaggi, definendo meglio quelli più importanti e lasciando gli altri più sul vago. Per un barista nominato di passaggio un paio di baffi può bastare.

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