Dialoghi noiosi?
Che i dialoghi nella nostra storia siano noiosi può sembrarci secondario. Se abbiamo elaborato una trama valida, creato personaggi interessanti e magari anche ambientazioni azzeccate, non vorremo scivolare sulla buccia di banana dei dialoghi.
I dialoghi possono essere una croce o una delizia, a seconda delle nostre propensioni personali.
Mine da schivare ce ne sono parecchie. Coerenza nelle voci dei personaggi, gestione delle attribuzioni, inserimento oculato di informazioni per il lettore senza che il dialogo ne venga snaturato: sono solo alcuni degli aspetti che nei dialoghi possono costituire un problema.
Ma la mina forse più pericolosa è quella della noia. Perché mai la nostra ricerca dell’interessante e dell’avvincente deve essere sospesa quando i personaggi parlano?
Eppure talvolta succede proprio così, e li ascoltiamo salutarsi, chiedere informazioni sulle rispettive famiglie, dire “pronto?” quando rispondono al telefono, tutto in nome di un malinteso realismo.
I dialoghi devono solo sembrare reali, non rispecchiare fedelmente quelli della vita quotidiana. Se lo facessero, diventerebbero noiosi.
E noiosi i dialoghi sanno esserlo, eccome, quando:
– i personaggi sono sempre d’accordo
– cianciano di banalità irrilevanti ai fini della storia
– declamano l’opinione dell’autore
– le loro parole servono a riempire il tempo di uno spostamento altrettanto noioso, che potremmo evitare facilmente con una doppia interlinea oppure cambiando capitolo.

Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.
Il personaggio accattivante
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