Quando il censore interiore non serve
Lo scrittore, un solitario?
Può essere vero, ma non così spesso come si crede. Spesso allo scrittore basta avere una dose quotidiana di tempo per farsi i fatti suoi, se possibile in un luogo dove gli altri non si intrufolino per proporre cose interessanti quali tosare il prato, pulire il pavimento, pagare bollette e altre delizie consimili (“tanto stai solo scrivendo, cosa ti costa?”).
Potremmo definire lo scrittore un potenziale solitario quotidianamente sabotato. E non ci sono solo le persone intorno a farci tanta compagnia, ma anche il nostro simpatico censore interiore, impegnato per tre quarti del tempo a ricordarci che siamo pessimi scrittori, le nostre storie non interessano a nessuno e non riusciremo a pubblicare nemmeno in cent’anni.
Che dire? Altro che solitari, siamo decisamente in troppi intorno alla nostra piccola tastiera! E la vocina del nostro Censore interiore non si limita a romperci le scatole, ma riesce a fare dei veri e propri danni, soprattutto in un momento specifico: quello della prima stesura.
Durante la prima stesura il nostro obiettivo è far fluire sulla pagina la storia che abbiamo in mente nel modo più impetuoso e libero possibile (un flusso controllato dal nostro emisfero destro, per chi si ricorda un mio vecchio post sull’argomento). Ogni lavoro di preparazione della trama e dei personaggi, infatti, dovrebbe svolgersi prima che si inizi a scrivere, in modo
da diventare un filo sottile che ci guiderà dall’incipit al finale senza diventare un cappio troppo stretto per la nostra creatività.
Il nostro amico Censore ha avuto un suo ruolo da giocare nella programmazione, quando si è trattato di organizzare le idee concepite tramite il brainstorming, e vivrà il suo momento di gloria durante la revisione, quando ci aiuterà a scoprire e sanare i difetti presenti nella
storia.
Adesso, durante la prima stesura, il censore interiore deve starsene zitto e muto, o ci troveremo a ritornare continuamente sui paragrafi già scritti per aggiustarli, rallentando la scrittura per trovare da subito la forma migliore, magari con l’intento di lavorare meno nella revisione. Saremo tesi, controllati, e scrivere sarà tutto il contrario della cavalcata a briglie sciolte sulla spiaggia che dovrebbe essere.
Come fare per mettere il nostro Censore a tacere, visto che è un tipo ostinato e un po’ troppo sensibile alle lusinghe del pessimismo? Per fortuna qualche strumento a disposizione lo abbiamo.
1 – La velocità
Se ci resta qualcosa da decidere per il capitolo che stiamo scrivendo, pensiamoci prima di appoggiare le dita sulla tastiera. Dopo, filiamo il più possibile spediti, senza ricontrollare e correggere i paragrafi appena scritti.
È ammessa un’occhiata veloce al finale del pezzo scritto in precedenza per ricollegarsi a esso in maniera plausibile, ma senza fare correzioni! Se non resistiamo a lasciare tutto così com’è, prendiamo un appunto veloce su un foglio a parte; ci servirà più avanti. Per ora, velocità, come se qualcuno ci inseguisse.
C’è chi non corregge nemmeno l’ortografia, tanto per non cadere in tentazione. Per lo stesso motivo, se solo ci è possibile non lasciamo trascorrere troppo tempo tra una seduta di scrittura e la successiva. Se la storia si raffredda, nel tempo che serve a riscaldarla ci verrà ogni sorta di dubbi e il Censore ci metterà i bastoni tra le ruote.
2 – Prima stesura = spazzatura
Sforziamoci di interiorizzare questo fatto: la prima stesura è solo una bozza di ciò che sarà la nostra storia. È una schifezza. DEVE essere una schifezza. Serve solo ad avere qualcosa di reale su cui lavorare.
3 – Obiettivi precisi
Anche se nessun editore ci mette sotto pressione, fissiamoci dei traguardi: terminare un capitolo entro domani, finire il romanzo in sei mesi e la revisione in un anno, per esempio. Che siano realistici, o partiremo già sapendo di fallire.
Prendiamoci qualche piccola gratificazione quando rispettiamo le tappe intermedie, e facciamo un bel festeggiamento alla fine della prima stesura. Non abbiamo compiuto un’impresa da poco.
4 – Fiducia
Abbiamo paura di perdere l’aiuto del nostro Censore ignorandolo? Questo timore può esistere se siamo molto razionali, ma non corriamo nessun rischio: di solito il Censore è la parte più sviluppata, coccolata e stimata di noi fin dal nostro primo anno di scuola, se non prima. Stare zitto per un po’ gli farà soltanto bene.
5 – Esperienza
Se impariamo a far lavorare l’emisfero giusto al momento giusto ne vedremo i risultati, e per di più impareremo a farlo ancora meglio in futuro. Non è un lavoro fine a se stesso, ma un investimento per il nostro futuro di scrittori. Il nostro amico Censore ci farà da rete dopo la caduta libera di ogni prima stesura, e finalmente le nostre capacità collaboreranno, invece di litigare.
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.