Scrittura

Lo scrittore creatore di mondi

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Non solo nel genere fantastico

Che titolo altisonante! Allora che gli scrittori se la tirino non è soltanto un cliché… ma in fondo, che piaccia o no, è vero: chi scrive crea non soltanto le storie intese come trame, ovvero concatenazioni di eventi che coinvolgono i personaggi, ma anche il mondo in cui esse si sviluppano.

Non è certo un lavoro da poco. Se qualche volta siamo tentati di vedere il mondo della nostra storia solo come una cornice più o meno gradevole, facciamo meglio a ricrederci. Il lettore può non riuscire a individuare la pecca specifica del romanzo che sta leggendo, ma il proprio generico non-gradimento quello sì, lo riconosce benissimo; e più spesso di quanto crediamo all’origine della sua insoddisfazione c’è proprio il fatto che la storia non ha radici sufficientemente salde nel mondo narrativo.

Questo problema si presenta più che mai impellente quando si scrive nell’ambito del fantastico, sia esso fantasy classico, paranormal o urban. Se dobbiamo convincere il lettore che i nostri personaggi volano e mangiano sassi, come minimo dovremo aiutarlo a immaginare un mondo in cui cose simili possano accadere, e magari siano considerate normali. Non trovando nessun appiglio nella realtà conosciuta, inoltrarsi nella storia gli causerà una certa dose di fatica e di sconcerto. La sua sospensione dell’incredulità dipende solo da noi, dalla nostra bravura e sollecitudine. In fondo lasciarci perdere è molto più facile che seguirci nel viaggio, anche per gli amanti del genere.

con la sua fantasia, lo scrittore è creatore di mondi

Ma la creazione del mondo narrativo non è fondamentale solo nel fantastico. Pensate ai romanzi storici, ma anche a quelli ambientati in culture diverse dalla nostra. Togliendo il contesto che è alla base delle azioni dei personaggi, la storia si fa inconsistente, nebulosa. Anche quando possiamo permetterci di lasciare molti elementi impliciti, lo stesso il mondo è lì – deve esserci! – con i suoi presupposti, le sue regole e le sue usanze. Se lo conosciamo bene, la nostra consapevolezza darà coerenza alla storia, anche quando niente finirà sulla pagina.

Per questo stare in guardia contro il problema del “mondo approssimativo” significa non solo curare le ambientazioni (ne parlo qui e qui), ma anche e soprattutto essere consapevoli dei vari fronti che l’ambientazione comprende. In questa ottica mi ispiro alla lettura del libro Writing the Paranormal Novel, di Steven Harper, autore statunitense di fantascienza, per ricapitolare otto elementi fondamentali nella creazione del mondo fantastico, che lui riunisce nel concetto di “cultura”. Come vedrete sono gli stessi che è importante considerare, in misura diversa, per qualunque genere di narrativa.

Forma di governo

Qualunque mondo ha bisogno di una forma specifica di governo. Da essa dipenderanno le leggi, le figure deputate a idearle e farle osservare, le pene per i trasgressori e, in una certa misura, gli ideali cui i personaggi cercheranno di uniformarsi, oppure decideranno di sovvertire. Se il mondo fantastico convive in qualche modo con il mondo normale, nel loro interfacciarsi esisteranno equilibri e squilibri interessanti da analizzare e capaci di generare conflitto.

Economia

Il concetto di economia è basato su quello di proprietà – chi possiede cosa, e come. Semplificando, in un sistema capitalistico il cittadino possiede tutto ciò che riesce ad acquisire e si rivolge agli altri per comprare ciò che gli manca; in un sistema socialista lo stato gestisce tutte le risorse più importanti e il cittadino possiede il resto, mentre in un sistema di tipo comunista lo stato possiede e gestisce quasi tutto. È facile immaginare le ripercussioni del sistema economico sulle vite dei personaggi. Ma oltre al concetto di proprietà e quindi di denaro, l’economia tocca anche quello di “valore”. Culture diverse (reali o fantastiche) attribuiscono valore a cose diverse, perciò i personaggi si troveranno a desiderare o odiare certi elementi piuttosto di altri, e a concepire mezzi diversi per procurarseli. Nel fantastico l’accostamento tra le economie di razze diverse può dare profondità alla storia e ispirare la trama.

Spiritualità

La spiritualità è una forza potente all’interno di qualunque cultura. Che si parli di uomini, elfi o fatine dei boschi, è fondamentale conoscere la loro opinione sulla morte e sull’aldilà, che a sua volta influenzerà i loro comportamenti. Altrettanto importante è l’atteggiamento dei singoli personaggi verso la spiritualità, che può essere vista come una lista di regole da osservare rigidamente o come una massa di inutili sciocchezze.

Famiglia e comunità

Ogni famiglia ha una sua gerarchia, abitudini, una suddivisione dei compiti, scherzi, rituali e rivalità, un lessico specifico; inoltre il termine “famiglia” può indicare la famiglia di nascita ma anche quella acquisita. Le famiglie, poi, si legano a formare comunità che si differenziano tra loro in base alle caratteristiche appena citate. Questi elementi influiscono enormemente sulla vita dei singoli, in narrativa come nella vita reale.

Arte e divertimenti

Cosa i personaggi fanno nel loro tempo libero ci dice molto di loro e della società in cui vivono. Se siamo nell’ambito del fantastico, ci si può sicuramente sbizzarrire.

Cibo

Le persone mangiano i cibi cui hanno accesso, cosa che influenza la loro cultura. La cultura, a sua volta, influenza l’atteggiamento verso i cibi. Quando si rendono disponibili nuovi cibi, essi vengono integrati nell’alimentazione comune oppure rifiutati, non solo in base al loro costo e gradimento, ma anche in base ai presupposti culturali. Le cavallette sono considerate un delizioso snack in molti paesi, ma da noi non vengono prese nemmeno in considerazione. Importante è anche il modo in cui le persone si procurano il cibo e i modi di prepararlo.

Attrezzi e tecnologia

Fanno parte di questo gruppo le armi di difesa e di offesa, i mezzi di trasporto, la medicina, i sistemi di produzione e le comunicazioni. Tutti questi elementi possono essere appannaggio dell’intera popolazione oppure di alcuni gruppi soltanto.

Cultura popolare

Secondo Harper la cultura popolare è qualcosa di cui siamo divenuti consapevoli solo negli anni Sessanta, sebbene essa sia sempre esistita. Sono le abitudini, le canzoni, i film, le trasmissioni televisive e molto altro. La differenza con la cultura “regolare” è che quest’ultima cambia lentamente, mentre quella popolare lo fa in modo molto più veloce.

Se vogliamo costruire un mondo di fantasia dal nulla non possiamo trascurare questi aspetti, almeno nella nostra conoscenza personale, senza penalizzare la storia. Ma anche in qualunque altra storia che si scosti appena dal nostro tempo e dal nostro contesto, questi elementi restano fondamentali. I personaggi non possono galleggiare in una bolla senza luogo e senza tempo, o le loro reazioni agli eventi sembreranno arbitrarie e meno drammatiche; inoltre molti conflitti nascono proprio dall’attrito tra ciò che essi desiderano per se stessi e ciò che il contesto socioculturale cerca di imporre loro.

E voi, quali aspetti dei vostri mondi curate, e quali invece tendete a trascurare? C’è qualche mondo che vi riesce meglio degli altri? 

Lo ha detto… J. B. Priestley

Forse sarebbe meglio che tu non scrivessi, ma se proprio devi, allora scrivi. Ti senti apatico, hai mal di testa, nessuno ti ama? Scrivi. Se tutto sembra senza speranza, se la famosa “ispirazione” non arriva, scrivi. Se sei un genio, sarai tu stesso a creare le tue regole, ma se non lo sei – e le possibilità sono chiaramente contro di te – vai alla scrivania, qualunque sia il tuo umore, e affronta la sfida della pagina: scrivi.

23 commenti

  • Salvatore

    La difficoltà di creare mondi e renderli realistici non è limitato solo al genere fantastico (in tutte le sue eccezioni), ma anche al mainstream. Anzi, posso tranquillamente affermare che nel maistream è più complicato, perché ci si confronta inevitabilmente con la realtà che il lettore già ben conosce. Questo non è un vantaggio, ma un arma a doppio taglio. Inoltre anche nel mainstream si creano, se non propriamente mondi, ma città, locazioni varie e il tutto deve essere allineato alla percezione e conoscenza che il lettore ha della realtà, cioè deve essere realistico.
    Prova a immaginare di dover inventare di sana pianta una città – succede anche nella narrativa classica di doverlo fare, mica solo nel fantasy -, be' nel fantasy, per quanto il lavoro risulti sicuramente più corposo, c'è anche una maggiore flessibilità. Nel senso che si può lavorare di fantasia lasciando che la sospensione della realtà del lettore aiuti il lavoro dello scrittore. Nel mainstream non è così. Tutto deve essere logico e coerente con la realtà che il lettore ha sotto gli occhi ogni giorno… Il lettore, in genere, è un critico spietato su queste cose.

    • Grazia Gironella

      Hai proprio ragione. Mentre nel fantastico lavori sull'immaginazione del lettore che è una lavagna pulita, nel mainstream devi riuscire a tratteggiare un quadro più vivo di quello che c'è già dipinto di default. E poi rendere evocativo un mondo in cui le persone vanno in ufficio la mattina e mangiano la pizza il sabato sera può essere una sfida molto, molto ardita…

    • Salvatore

      Esatto, una sfida davvero ardita. Infatti le difficoltà maggiori che riscontro sono: la coerenza; l'interesse. Per la prima si lavora molto fuori dalla storia, nel materiale a supporto. Per la seconda, invece, si lavora molto nella storia – con l'intreccio -, ma soprattutto, nel mio caso, con il linguaggio. Uno scrittore di mainstream deve dire le stesse cose che direbbe qualunque altra persona, ma in modo più gradevole.

    • Grazia Gironella

      Nel mainstream il modo in cui racconti è davvero il fulcro di tutto; ma c'è qualche autore che ci punta un po' troppo. Hai presenti gli scrittori che passano pagine e pagine a fare la ruota, succhiandosi le parole come se fossero caramelle? Per usare un eufemismo, non li sopporto.

    • Grazia Gironella

      Non so farti un esempio preciso, però credo di avere avuto questa sensazione anche leggendo Baricco. Mi è piaciuto all'inizio, poi mi è sembrato che ci fosse troppo autocompiacimento nel suo modo di scrivere. Si sente quando c'è un impeto spontaneo, anche poetico, e quando l'autore si sta esaltando non per la storia, ma per le sue stesse frasi. Naturalmente questa mia opinione può non corrispondere alla realtà. Per me la storia deve restare al primo posto. Non puoi sostituire la torta con una manciata di ciliegine.

  • Tenar

    Wow! Che bel post, chiaro e articolato, su una questione assai spinosa. Ricordo la rabbia che mi ha fatto un romanzo storico, per altro assai ben documentato, che dimenticava tutto il substrato filosofico/letterario del periodo, ogni idea era generata autonomamente dai personaggi, senza che avessero sistemi filosofici di riferimento. Avrei buttato il libro dalla finestra, eppure è facile fare lo stesso errore, dimenticare che i personaggi sono immersi in un mondo, che magari non è il nostro, leggono, ascoltano musica, hanno idee politiche, modelli di riferimento e tutto ciò dipende dal loro vissuto e dal passato della loro società. A volte sembra che i mondi fantastici o storici, vivano di solo presente/passato mitico, dimenticando il passato prossimo. Del resto, dare quest'idea di mondo culturale a tutto tondo è difficilissimo!

    • Grazia Gironella

      Eh sì, serve una bella fetta di lavoro supplementare. Però hai ragione, sul passato prossimo si tende proprio a sorvolare. Lo si dà per scontato? E' troppo fresco? Mah.

  • Francesca

    Che bella citazione!
    E’ davvero incoraggiante e anche fuori dagli schemi.
    Per quanto riguarda l’argomento del post, sono d’accordo con Salvatore: un’ambientazione realistica e contemporanea presenta altrettante difficoltà di una fantastica e/o storica.
    Di fatto, i nostri contemporanei vivono in una quantità di “mondi” diversi, persino all’interno dello stesso territorio! Dipende da tante varianti personali e sociali. Io trovo grande difficoltà a documentarmi. Internet è un grosso aiuto, certo, ma credo che una volta gli scrittori cercassero di verificare di persona quante più situazioni possibili. Non è sempre fattibile…

    • Grazia Gironella

      La ricerca dal vivo è solo parzialmente sostituibile, come diceva Maria Teresa (Anima di carta) in un recente post. Nel libro citato nel mio post, l'autore caldeggia anche le interviste agli esperti (se l'argomento è adatto), sia per la possibilità di acquisire molti dati in pochi minuti, sia perché tra le loro parole ci si può imbattere in spunti imprevisti. Devo provare, una di queste volte. Per ora mi sono limitata alle email di richiesta informazioni.

  • Sam

    "Spiritualità" e "Arte e Divertimenti" ammetto di non averli mai considerati, nella costruzione dei miei mondi. Non solo a livello di scrittura, ma anche di brainstorming: non mi sono mai dovuta confrontare con la caratterizzazione di questi aspetti, perché nessuna storia me li ha chiesti. Però me li segno: non ci ho mai pensato, ma in effetti non sarebbe male curarli, anche se poi non dovessi scriverne.
    Ormai creare mondi è quasi più un gioco, che una difficoltà, ed è sempre una sfida divertente ed esaltante… Eppure guarda quante cose si possono sempre imparare!

    • Grazia Gironella

      Di imparare non si finisce mai, in effetti; il detto non falla. L'espressione "inventare mondi" è pericolosa solo a pronunciarla, per me, con la voglia di tornare sul genere fantastico sempre in agguato…

  • Daniele

    "Spiritualità" e "Arte e Divertimenti" non li avevo considerati neanche io, però sono senz'altro utili, perché definiscono meglio l'ambientazione, la completano. Nel mio primo tentativo di scrivere un romanzo fanrasy, che risale a 20 anni fa, avevo però creato delle festività.

    Hai paura di ritornare al fantastico?

    • Grazia Gironella

      Abbastanza. Il rischio di essere banali è molto forte, e pare che al momento gli editori vedano il fantastico come fumo negli occhi. Siccome per ora non sono orientata verso l'autopubblicazione, sono due freni molto forti.

  • Cristina M. Cavaliere

    I tuoi post sono sempre chiari e riprendono argomenti ricchi di spunti! È vero che l’autore è un creatore di mondi, ma parte comunque da dati concreti, sia che li attinga dalla Storia dell’essere umano, sia che li cerchi nella letteratura sia che li trovi nella realtà che lo circonda. Quindi secondo me è un creatore “di seconda mano”, senza voler togliere nulla ad un lavoro complesso e faticoso. Persino Tolkien si era basato sui miti celti per scrivere i suoi libri, la sua eccezionalità è che li ha trasposti in un mondo rigenerato da lui stesso, inventandosi una geografia, una lingua, popoli diversi, ecc. Nel mio caso attingo molto dalle fonti storiche, ma quando non c’è sicurezza su un dettaglio di ambientazione, e non riesco ad avere risposte, preferisco sorvolare. Ad esempio, chi sa se a Bruges nel 1100 c’erano già i famosi canali che rendono questa città così pittoresca? Posso lanciarmi a passo di danza in una descrizione, con il rischio a libro pubblicato di imbattermi in una fonte che spunta come un pupazzo a molla da una scatola, che provi come nel 1100 c’era un fiume, quattro case e una landa desolata? A volte dovrei fare delle sedute spiritiche per risolvere i miei dubbi!

    Gli aspetti che curo con maniacalità sono quelli dell’ambientazione senza dubbio, e sono talmente “malata” che se devo ambientare una scena con la luna in un dato giorno dell’anno, consulto il calendario perpetuo per sapere se posso inserire il plenilunio. Controllo quando cadeva la Pasqua in un certo anno, se devo collocare le festività religiose pasquali o altro. Ricordo che nella prima stesura de La terra del tramonto, avevo dovuto correggere parecchie scene, perché erano situate nel periodo di Ramadan e i miei musulmani banchettavano che era un piacere. Riscontro invece le maggiori difficoltà quando m’addentro nelle questioni politiche ed economiche dell’epoca (trattati, scambi commerciali, moneta…), forse perché mi annoiano un po’ anche nella vita reale.

    • Grazia Gironella

      La "creazione" in effetti nasce quasi sempre un assemblaggio personale di dati già esistenti, anche nell'ambito del fantastico. Non è frequentissimo inventare qualcosa dal nulla. Il tuo modo di procedere per i tuoi romanzi mi suscita una vera ammirazione. Mi domando se riuscirei mai a essere così precisa e meticolosa… chissà che prima o poi una storia non me lo richieda! Non si può mai sapere…

    • Cristina M. Cavaliere

      Nel momento del bisogno, sarò a tua disposizione. Meno tempo si perde con le questioni di documentazione, più tempo si ha per scrivere e inventare, che poi è la parte che dà più soddisfazione.

  • Renato Mite

    Sono del tuo stesso parere, scrivere comporta la creazione di un mondo. A volte sono dei piccoli dettagli che coinvolgono il lettore e lo fanno sentire in quel mondo, ma devi pensare a tutto tondo, un po' come le controfigure o dei panorami presenti nei film. A dirla tutta, creare i mondi è il secondo divertimento degli scrittori dopo il creare personaggi e trama. Io mi sono divertito molto a costruire un mondo futuribile ma non tanto lontano per il mio Apoptosis. Credo di aver messo un po' di tutti gli elementi fondamentali da te elencati, eccetto la forma di governo. Di sicuro ci ho messo molta medicina.

    • Grazia Gironella

      E' davvero importante crearlo bene, quel mondo. Sembra incredibile, ma certi piccoli dettagli fanno più effetto di grandi descrizioni. Me ne ha dato prova mia zia che, dopo avere letto il mio racconto lungo "Tarja dei lupi", mi ha chiesto: "Ma l'hai inventata tu la storia?" (notare che si tratta di un fantasy). "Ma certo." "Credevo di no, ci hai messo anche il nome delle monete!"
      Pensa un po': semplicemente avere attribuito un nome proprio alla valuta locale aveva creato per lei questo effetto!

    • Renato Mite

      Per te deve essere stata una gioia immensa ricevere questo grande complimento, anche se in maniera indiretta. Qual è il nome delle monete?

    • Grazia Gironella

      Le monete si chiamavano khor. Mi è venuto un attacco di nostalgia a pensare a Tarja! Ho sempre pensato che quella storia avrebbe meritato lo spazio di un romanzo. Chissà, non si può mai dire.

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