Emozioni al microscopio: la rabbia
Oggi vi propongo il primo di una serie di articoli dedicati alle principali emozioni che persone e personaggi sperimentano in quanto esseri umani.
Un viaggetto nella psicologia? Non proprio, visto che non avrei la preparazione giusta per farvi da guida. Sarà piuttosto un tentativo di osservare meglio questi turbamenti di corpo e spirito che tanto determinano la nostra vita, e naturalmente anche quella dei nostri personaggi. Non per niente la mancanza di reazioni emotive è considerata patologica ed è alla base delle azioni di molti assassini seriali.
Le emozioni sono il principale punto di contatto tra noi autori e ciò che scriviamo. Nel momento in cui scegliamo di raccontare una specifica storia e non un’altra, non stiamo ascoltando la ragione ma “la pancia”, come si dice. C’è qualcosa nelle vicende che vogliamo raccontare o nei personaggi che suscita in noi una reazione emotiva intensa. Cosa sia di preciso questo “qualcosa”, talvolta lo intuiamo scrivendo; altre volte ce lo fa capire il commento di un lettore; altre volte non lo scopriamo affatto.
Le emozioni sono anche il punto di contatto tra la storia e il lettore o, più precisamente, tra i personaggi e il lettore. Se come autori riusciamo a suscitare in chi legge interesse, simpatia, curiosità, ma nessuna emozione, il bilancio della lettura sarà comunque in passivo. Io, quanto meno, la penso così. Per questo vedo le emozioni al centro della narrativa come forma di comunicazione.
Ma veniamo al nostro argomento: la rabbia.

Se parto da qui non è per caso. Certo la rabbia è un sentimento intenso, molto vantaggioso per drammatizzare le storie, perciò può essere utile parlarne; ma è anche vero che ho convissuto per gran parte della mia vita con un temperamento impetuoso, se non collerico (il mio), perciò mi riconosco molto nei personaggi che reagiscono in modo veemente alle situazioni. [N.d.R.: Per fortuna invecchiare funziona!]
Tra tutte le emozioni, la rabbia non solo è la più universalmente diffusa (persino i bambini piccolissimi e gli animali la provano) ma è anche quella che percepiamo come più potente, carica di energia, in grado di modificare – e minacciare – l’ambiente. La sua origine si trova nella tendenza biologica alla sopravvivenza, che implica la necessità di difenderci quando siamo attaccati o quando vengono violati i confini del nostro territorio.
Nella realtà quotidiana, però, la rabbia nasce in contesti diversi.
Reazione a una violazione reale, dove la rabbia può manifestarsi oppure essere repressa, e richiedere allora una “deviazione” verso le lacrime, la razionalizzazione o la minimizzazione dell’accaduto.
Reazione disadattativa, che non risponde a una violazione reale, ma si scatena quando la situazione ricorda un’esperienza simile nel passato che ha suscitato rabbia.
Rabbia strumentale, usata per avere il controllo sugli altri.
Ci sono, infine, i tantissimi casi di rabbia secondaria, in cui la reazione serve a scaricare o coprire un’emozione diversa. In quest’ultima famiglia ritroviamo la maggior parte delle situazioni quotidiane, nostre e dei personaggi.
La rabbia del padre verso il figlio che rientra tardi (vera emozione: la preoccupazione). Lo scatto di stizza per il PC che si blocca, il cacciavite che non si trova (vera emozione: la frustrazione perché non si può proseguire nella propria attività). La reazione spropositata verso un familiare che ci fa notare una nostra mancanza (vera emozione: senso di colpa).
Lo stesso meccanismo vale quando a essere in gioco sono la sofferenza per una perdita, la sensazione d’impotenza, l’invidia, la paura. La rabbia è una reazione alternativa cui ricorriamo d’istinto per sostituire sentimenti più dolorosi e difficili da affrontare.
Come si riflette tutto questo sul nostro scrivere?
Analizzare le motivazioni alla base della rabbia può farci capire meglio i personaggi, come dicevo, ed evitare che attribuiamo loro reazioni grossolane e poco plausibili. Può anche renderci più consapevoli del crescendo di tensione, magari silenziosa, che sfocia nello scoppio d’ira. Non ultimo, può fornirci qualche spunto per la trama.
Ma dobbiamo anche trovare in ogni situazione il modo giusto per fare esprimere la rabbia al personaggio.
Un semplice “Marco era furioso”, ci insegna il vecchio, caro “show, don’t tell”, non è affatto indicato. Se non sfruttiamo fino all’ultima goccia l’energia che la rabbia del personaggio porta in superficie, perché mai lo facciamo arrabbiare? Dobbiamo far vivere al lettore le sue reazioni, e per farlo non c’è niente di meglio che mostrargli la rabbia tradotta in gesti, parole e sensazioni, senza dimenticare di condire il tutto con i giusti dettagli sensoriali.
Ma vediamo un po’ come può manifestarsi la rabbia, pescando qualche esempio (non esaustivo) tra le mie idee e tra le righe di The Emotion Thesaurus, di Angela Ackerman e Becca Puglisi.
Reazioni fisiche
Sudorazione accentuata, narici dilatate, volto arrossato, tono di voce alterato o più basso del normale, postura contratta, respirazione rumorosa, accelerazione del battito cardiaco e del polso. Trattare rudemente persone e oggetti vicini, scoprire i denti, impedire alle persone di parlare, fare scrocchiare le nocche, arrotolare le maniche, slacciare il bottone del colletto, dare pugni e calci, lanciare oggetti, stringere gli occhi, digrignare i denti, contrarre i muscoli.
Reazioni verbali
Frasi brevi e interrotte, turpiloquio, minacce, sarcasmo, accuse, maledizioni, riferimenti sgradevoli al passato.
Reazioni mentali
Scarsa capacità di ascolto, reazioni irrazionali a stimoli estranei, fantasie di violenza.
Indizi di rabbia intensa o protratta
Ulcera, ipertensione, vandalismo, aggressività durante la guida.
Indizi di rabbia repressa
Tono di voce controllato, respiri lenti e profondi, sorriso forzato, mal di testa. Sfuggire lo sguardo dell’interlocutore.
Di sicuro questi elementi li usate già nelle vostre storie, senza bisogno che qualcuno ve ne fornisca una bella lista. Oppure succede anche a voi, come a me, di usare una gamma ristretta di manifestazioni della rabbia?
I miei personaggi, almeno in prima stesura, quando si arrabbiano tendono ad avere sempre gli stessi comportamenti: stringono i pugni, li sbattono sul tavolo, gridano o sussurrano minacciosi, se ne vanno a metà conversazione sbattendo la porta. Ripetitivi, un po’ come i personaggi tormentati, che guardano sempre fuori dalla finestra. (Cosa vedranno di interessante, poi?)
È come se ogni emozione fosse un binario: inizia l’emozione, si imbocca il binario, ed ecco fatto l’esito. Ma il binario non esiste. Ci sono molte, molte opzioni in più di quelle che ci vengono in mente al primo colpo, e vale sempre la pena di esplorarle. Senza dimenticare che l’alto contenuto energetico della rabbia la rende un potente motore di evoluzione personale, quando si comprende il suo significato e si trovano modi costruttivi per incanalarla. Forse il personaggio aspetta proprio questo per fare il passo avanti decisivo nella storia.
Cosa mi dite dei vostri personaggi? Come si arrabbiano?
Lottate anche voi con il binario?

Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.
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26 commenti
Chiara Solerio
Ottima idea quella di dedicare una serie di post alle emozioni. Credo che mi saranno particolarmente utili per due motivi.
Innanzi tutto, uno dei limiti su cui sto lavorando ultimamente riguarda proprio la mia difficoltà nell' "osare", forse per paura di assorbire a mia volta le emozioni che intendo rappresentare. è la censura interna di cui parlavo in uno degli ultimi post.
In secondo luogo, anche io come te ho il "binario" prediletto, ma vorrei essere in grado di esplorare anche nuove strade soprattutto considerando che una delle problematiche psicologiche che dovrà affrontare il mio protagonista riguarda proprio la trasformazione della rabbia accumulata dentro di sé dopo un'infanzia ed un'adolescenza difficile ed una progressiva apertura al perdono di se stesso e degli altri. Questo è uno dei punti (perché saranno tanti) che segneranno la sua evoluzione.
Proprio perché la rabbia è un'emozione così importante nella storia che sto raccontando non posso permettermi di esprimerla in modo "piatto". A volte la interpreto in chiave comica, altre volte cerco di andare oltre. Però mi sono un po' stufata di fargli spaccare tutto e tirare pugni contro il muro. Credo che dovrò sperimentare presto altre strade. E magari questi post mi aiuteranno
Grazia Gironella
I post sulle emozioni saranno utili a me per prima. Sembra strano, ma parlando di scrittura restano sempre angoli in ombra, anche quando ti sembra di avere letto e pensato di tutto.
Chiara Solerio
è un lavoro fondamentale per garantire completezza ai personaggi. Ti seguirò con grande interesse.
Anonimo
Ciao Grazia!
Davvero interessante questo post e tutt'altro che scontato! Non ci avevo mai pensato in questi termini e, in effetti, anch'io sento che per far esprimere determinate emozioni ai miei personaggi finisco con l'utilizzare una gamma di reazioni limitata!
Ciao
Angelo
Grazia Gironella
Credo che quella di essere un po' superficiali nell'espressione delle emozioni sia una tentazione di tutti, forse perché le emozioni sono così quotidiane per noi da sembrarci scontate.
Francesca
I miei personaggi stringono le labbra, guidano effettivamente in maniera distratta rischiando di finire fuoristrada. Questo soprattutto le donne. Gli uomini: buttano lì una frase burbera per troncare la conversazione, si alzano e se ne vanno. Anche le donne a volte si alzano e se ne vanno. Le donne qualche volta hanno una crisi isterica, gli uomini qualche volta sono maneschi (ma queste due ultime cose sono proprio degli eccessi e le faccio succedere di rado e solo a certi personaggi non proprio stabili).
Comunque non ci avevo mai pensato. Ora che mi ci fai pensare, i miei personaggi (guarda caso!) reagiscono in maniera simile a me: o con troppa rabbia o reprimendola e magari facendola sfociare in crisi di ansia. I miei "ragazzi" sono fatti un po' troppo a mia immagine e somiglianza!
Grazia Gironella
Gli uomini che "buttano lì una frase burbera per troncare la conversazione, si alzano e se ne vanno" mi ricordano troppi uomini reali…
E' vero, spesso si tende a fare esprimere le emozioni ai personaggi come lo faremmo noi. Per me, per esempio, è inimmaginabile un personaggio che incassa l'ira altrui senza prendere fuoco all'istante; eppure è una possibilità, ed è anche molto normale. Non per me, evidentemente. Per fortuna c'è la santa revisione…
Francesca
Se in fase di revisione arrivi anche a cambiare radicalmente il modo in cui un personaggio (magari il protagonista) esprime un'emozione, probabilmente riscrivi da capo intere scene quando non le tagli addirittura!
Grazia Gironella
Secondo me dipende. Se devi cambiare il modo in cui il personaggio vive l'emozione, allora sì, le correzioni sono impegnative, anche perché a quel punto stai cambiando il personaggio stesso. Se invece modifichi solo i gesti attraverso i quali l'emozione si esprime, restando all'interno della sua personalità, non è così complicato.
Michele Scarparo
Bel post. Sto iniziando un percorso analogo anche io, comperando qualche manuale di psicologia e comunicazione per avere sottomano degli esempi dai quali attingere per rappresentare le emozioni invece di raccontarle, e quindi ti seguirò con piacere.
Grazia Gironella
Mi fa piacere che trovi l'argomento interessante. Lo è stato anche per me scrivere questo post.
Sam
Non ci avevo mai fatto caso, però è vero: i miei personaggi, quando si arrabbiano, compiono sempre gli stessi gesti – come stringere i pugni. Lo fanno tutti, a dispetto delle loro diverse caratterizzazioni.
Mi rendo conto che, davanti a certe emozioni particolarmente forti, li faccio reagire come reagisco io. Quando sono davvero arrabbiata, stringo i pugni e mi allontano, per evitare di dire cose di cui poi so che mi pentirei. E i miei ragazzi e ragazze fanno altrettanto.
Penso che comincerò a far tirare pugni a qualcuno di loro.
Grazia Gironella
Riflettere sulle emozioni ci aiuta ad allontanarci da noi stessi per andare verso il personaggio, allora. E' incoraggiante. (Anche nella realtà certe volte fare a pugni, magari verbali, è meglio!)
Tenar
Un altro bel post, mi ha fatto capire anche quanto siamo diversi come autori nel descrivere le emozioni.
La maggior parte dei miei protagonisti è introversa. Non urlerebbe mai e non sbatterebbe mai i pugni per la rabbia. Potrebbero reagire a scoppio ritardato (padre Marco), facendo in un secondo momento qualcosa di avventato per smaltire l'adrenalina accumulata.Il mio Holmes, invece, diventa molto pallido e molto cortese, fedele all'idea che una bella vendetta si gusta fredda e senza fretta.
Grazia Gironella
In effetti dalle parole di tutti emerge un affresco bello variegato. Non c'è da meravigliarsi se nella realtà è così difficile intendersi, certe volte. Apparteniamo alla stessa specie, ma usiamo spesso codici diversi.
Giordana Gradara
Lotto con il binario, eccome!
I miei personaggi quando si arrabbiano digrignano i denti e usano il sarcasmo. A volte, quando proprio mi sento in vena di sperimentare cose nuove, sbattono oggetti/pugni sul tavolo.
Da domani prometto di migliorarmi.
Grazia Gironella
Potrebbe essere carino anche combinare gesti di solito incompatibili. Per esempio il personaggio si arrabbia restando all'apparenza freddo, poi apre la finestra (insisto con la finestra…) e butta di sotto la borsa della spesa, oppure la persona che lo ha fatto arrabbiare… ma no, allora siamo già al banale, purtroppo.
Eli Sunday Siyabi
Questo commento per informarti che, dato lo spazio ridotto della mia parete cui usavo appendere i tupi post, ora ho creato un documento chiamato "Consigli di Gironella": il mio futuro libro ringrazia.
In alcuni miei post avevo utilizzato l'espediente "ulcera" e "gastrite" per esprimere la mia, di rabbia inespressa. Devo dire che è stato efficace! Grazie per questo bellissimo articolo.
Grazia Gironella
Upgradata da parete a documento, che onore!
Non ho mai usato nelle mie storie delle patologie di quel tipo. Credo che faccia parte di un grado di approfondimento dei personaggi cui non sono ancora arrivata. Tendo a immaginare per loro un passato-sfondo, non un passato-presente, forse perché io stessa per carattere mi sento poco legata al passato, ma è qualcosa su cui riflettere per le prossime storie.
Anonimo
Ora che ci penso i miei personaggio digrignano spesso i denti
Cerco, però di rendere i personaggi più completi e unici nel modo migliore a me concesso.
Sono curiosa di leggere qualche tuo racconto
Grazia Gironella
La perfezione non è di questo mondo… il modo migliore a noi concesso è il meglio che possiamo dare in questo momento. Domani, chissà.
Hai visto la pagina del blog dedicata ai racconti, vero? Sono stati scritti in anni diversi, perciò in alcuni mi riconosco meno che in altri; ma ormai sono abituata a questo distacco. Tra qualche anno mi sembrerà strano anche quello che scrivo oggi, credo.
Cristina M. Cavaliere
Mio figlio quand'era piccolo aveva grandi problemi a gestire la rabbia, cosa che per fortuna ha superato. Nel corso di una lezione a scuola era stato chiesto ai bambini di disegnare come vivevano la rabbia: lui aveva disegnato se stesso con un vulcano rosso nella pancia!
In generale i miei personaggi vivono la rabbia soprattutto in funzione dell'età e della posizione sociale, quindi ognuno a modo suo: il perfido adulto vive la rabbia (e la gelosia) in maniera fredda e controllata, e medita vendette in grande stile, il ragazzo esplode con gesti scomposti e viso rosso, la donna – in questo caso una regina – distrugge tende e suppellettili, quindi cose materiali.
Grazia Gironella
Con tuo figlio l'immagine del post non ci azzecca, allora. Potente, invece, l'immagine prodotta da lui! Il "vulcano" l'ho provato tante volte anch'io… l'avrei messo nella gola, però.
Credo che il punto come autori sia uscire dall'ottica per cui i sentimenti dei personaggi vengono espressi nei modi che sono tipici nostri. Una volta riconosciuta la tentazione, è abbastanza facile ampliare la panoramica.
Cristina M. Cavaliere
Quasi sicuramente aveva disegnato il vulcano nella pancia perché non vi dava sfogo nella maniera giusta, per cui l'aveva situato proprio lì, a bollire.
.
Come autori, anche per quanto riguarda la rabbia, come per altri sentimenti, bisogna forse uscire dagli schemi e offrire maggiori sfumature, poi ogni personaggio si comporterà di conseguenza come un bravo attore.
Lisa Agosti
Che bello, un'idea stupenda quella dei post sulle emozioni. Se vuoi ti faccio da cavia per quello sull'ansia, sono un'esperta! La rabbia è un'emozione che non provo spesso, di solito la sostituisco con dolore fisico e avvilimento, nel senso che tendo a darmi la colpa anche per gli sgarbi che subisco. Quindi l'elenco delle reazioni tipicamente associate alla rabbia mi sarà molto utile per descrivere il comportamento dei miei personaggi!
Grazia Gironella
Bene bene, appena arriva il turno dell'ansia ti interpello.