Scrittura

Incipit: gli autori famosi iniziano così

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Stavo per dire “quelli seri”, ma mi sono fermata in tempo. È detestabile questa tentazione di giudicare il valore di un autore dai suoi risultati! Parliamo invece di incipit, uno degli argomenti più spesso trattati nei libri di scrittura creativa e nei lit-blog. Ne ho scritto anch’io in questo articolo, ma mai nel modo di oggi, cioè tramite esempi.

Con gli esempi io non vado molto d’accordo. Già in Nel cuore della storia ho evitato di proposito di riportare brani di autori blasonati e mi sono limitata ad esempi miei, semplici e terra-terra. Per un apprendista scrittore, paragonarsi a Hemingway o a Faulkner può essere più una zavorra che un aiuto. Ciononostante, gli esempi servono, e oggi intendo sfruttarli a dovere.

A cosa serve l’incipit lo abbiamo capito tutti, giusto? Il potenziale lettore prende in mano il nostro romanzo, dà un’occhiata all’affascinante quarta di copertina, poi alle prime frasi del romanzo (l’incipit, appunto), per farsi un’idea di cosa gli stiamo offrendo. Noi agganciamo la sua attenzione con i nostri laidi artifizi e lo persuadiamo a traghettare il romanzo dallo scaffale della libreria alla sua comoda poltrona nel soggiorno, dove esso potrà esprimere il suo devastante potenziale.

Ombrelli fluttuanti per le strade di Águeda, in Portogallo
Ombrelli fluttuanti per le strade di Águeda, in Portogallo

Esagerazioni a parte, questo è nella sostanza l’incipit: un gancio, non tanto lontano dal suo significato pugilistico. In fondo vogliamo o no lasciare K.O. il lettore rendendolo curioso, dandogli un brivido, stimolando la sua mente?

I modi per farlo sono tanti, e tutti si giocano nei primi paragrafi del romanzo. In questo articolo voglio però prendere in esame l’incipit più ristretto, limitato alle primissime righe del romanzo, spesso a una sola frase. Mi interessa vedere in che modo queste poche parole, usate da autori
che hanno avuto successo, possano captare l’attenzione del lettore e far
nascere in lui le domande cui cercherà risposta nella lettura.

Iniziamo il nostro viaggio tra gli incipit di scrittori famosi.

Poco dopo le guerre, arrivò nel comune un uomo molto alto che disse di chiamarsi Gunnar Huttunen.
(Il mugnaio urlante, Arto Paasilinna)

Diretto, pulito, oggettivo; ma le domande nascono subito, quasi scatenate da questo tono pratico. Dove ci troviamo, e di quali guerre si parla, innanzitutto? Guerra equivale a conflitto, perciò l’atmosfera si riscalda. “Lui” è un uomo molto alto, quindi fuori del comune. E poi, perché “disse di chiamarsi”? Esistono dubbi sul suo vero nome?

Accadeva ogni anno, era quasi un rituale. E questo era il suo ottantaduesimo compleanno.
(Uomini che odiano le donne, Stieg Larsson)

Il rituale già contiene in sé una nota di mistero. Accostato a un’età così avanzata, ci incuriosisce. Che rituale può avere una persona di quell’età?

Sono diventato la persona che sono oggi all’età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975.
(Il cacciatore, Khaled Hosseini)

Chiaro riferimento a un evento fondamentale per il protagonista, che immaginiamo drammatico. Non possiamo non domandarci quale sia.

Che cos’è il tempo? Salivamo cinque piani verso la luce e ci distribuivamo in tredici file rivolti verso il dio che apre le porte del mattino.
(I quasi adatti, Peter Høeg)

Suggestione pura, basata sull’uso del linguaggio e sul fatto che non capiamo cosa stia accadendo. Chi sono queste persone, e perché sono disposti in file? Perché la domanda sul tempo?

In sogno ho di nuovo cinque anni, una sera d’estate a Spring Creek.
(L’indomabile tribù delle Ya-Ya Sisters, Rebecca Wells)

Entriamo subito in un ricordo, che supponiamo speciale, visto che dà il via alla storia. Il fatto stesso di ricordare contiene un senso di magia. La sera d’estate e l’ambientazione americana già ci tratteggia, seppure in modo vago, la situazione che seguirà.

Sono un uomo di cui ci si può fidare. Così mi considerano i miei clienti, o almeno questa è la mia impressione.
(Le storie degli altri, Anne Tyler)

Sono curiose queste parole, pronunciate in prima persona. Un’affermazione lapidaria, seguita da una precisazione che rivela un animo incerto e turbato.

Quando si svegliava nei boschi nel buio e nel freddo della notte allungava una mano a toccare il bambino che dormiva al suo fianco.
(La strada, Cormac McCarthy)

Un inizio in medias res, forte in un modo che prepara al tono dell’intera opera. Cosa ci fa il protagonista in un bosco d’inverno, con un bambino? Perché questo gesto, che sembra cercare sicurezza in una situazione ostile?

Essendo un animale notturno, in genere vado a letto dopo lo spuntare dell’alba. E di regola non mi sveglio mai prima dell’una.
(Amrita, Banana Yoshimoto)

La protagonista si presenta tramite una sua caratteristica che la rende un po’ particolare, anche se non unica. L’accenno alla notte dà un tocco di mistero.

Il giorno in cui arrivò la lettera il caprifoglio era dappertutto, come il caldo.
(La lettera d’amore, Cathleen Shine)

Una lettera, anzi, la lettera. Immaginiamo una busta chiusa. Cosa ci sarà dentro? In che modo cambierà la vita della protagonista? Perché intuiamo subito che lo farà. E intanto l’autrice introduce l’elemento scatenante.

Tutto era cominciato con la morte, e con la morte si sarebbe concluso.
(L’uomo che sussurrava ai cavalli, Nicholas Evans)

La morte non può essere nominata in modo così repentino, al di fuori di ogni contesto, senza creare inquietudine – un’inquietudine che la frase accentua ulteriormente.

Le storie d’amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da molti anni.
(Follia, Patrick McGrath)

Tono oggettivo, adatto appunto all’interesse professionale che viene nominato. Chi è costui? Il richiamo alla sfera sessuale, come sempre, aggiunge pepe alla curiosità.

Il bambino era inchiodato alla porta come un uccello del malaugurio. I suoi occhi plenilunio erano quelli di una civetta.
(Signor Malaussène, Daniel Pennac)

Inquietante questo bambino, no? Inchiodato. È una scena da brividi, oppure…?

Maggio ad Ayemenem è un mese caldo, meditabondo. Le giornate sono lunghe e umide.
(Il dio delle piccole cose, Arundhati Roy)

Qui il tono è pacato, quasi dimesso, ma si cita un luogo sicuramente sconosciuto ai più e potenzialmente esotico, considerato il nome dell’autrice. Inoltre il caldo e l’umidità toccano la sfera sensoriale del lettore, dandogli una sensazione di vago disagio, o di attesa che qualcosa accada.

Il 26 ottobre 1949 non fu una giornata con grandi notizie.
(Dell’amore e di altri demoni, Gabriel Garcìa Marquez)

Cosa sarà successo in questa data, che l’autore nomina nonostante sia stata priva di grandi notizie? L’apparente contraddizione suscita curiosità.

L’isola di Gont, costituita da un’unica grande montagna che eleva la sua vetta un miglio sopra il tempestoso Mare di Nord-Est, è una terra famosa per i maghi.
(Il mago, Ursula K. Le Guin)

In un romanzo fantasy inquadrare il mondo in cui si muove la storia è fondamentale. Qui l’autrice ci presenta un’ambientazione molto chiara su cui fantasticare, unita alla specifica sulla presenza di maghi.

Quando il signor Bilbo Baggins di Casa Baggins annunciò che avrebbe presto festeggiato il suo centoundicesimo compleanno con una festa sontuosissima, tutta Hobbiville si mise in agitazione.
(La compagnia dell’anello, J. R. R. Tolkien)

Anche qui ci troviamo nel bel mezzo della situazione, con un “chi”, un “dove” e un evento sontuoso e strano. Non capita proprio a tutti di festeggiare il proprio centoundicesimo compleanno!

Era la notte di felling e la solita folla si era radunata alla Pietra Miliare. Cinque persone non erano proprio una folla, ma era il massimo che la locanda avesse mai visto in quei giorni, dati i tempi che correvano.
(Il nome del vento, Patrick Rothfuss)

Ancora fantasy. Di nuovo un luogo preciso, unito a una festività sconosciuta (felling) e al fatto che quelli della storia siano tempi duri. Cosa sarà a renderli tali?

Szeth-figlio-figlio-Vallano, Senzavero di Shinovar, indossava il bianco nel giorno in cui stava per uccidere un re.
(La via dei re, Brandon Sanderson)

Fantasy. Un luogo, un nome strano ed elaboratissimo. Si parla di un assassino abituale, non occasionale. Szeth-eccetera si veste di bianco nel giorno in cui uccide un re, non il re. Chi è lui, chi è il re che sta per uccidere, e quale situazione può produrre una figura di questo genere?

Le reazioni alle frasi sono mie, naturalmente, perciò può darsi che voi le percepiate in modo diverso. Alcune mi piacciono molto, altre meno, ma non posso non riconoscere che, nel loro particolare modo, funzionano tutte, pur nella loro brevità (o grazie a essa). Questo mi fa riflettere sugli incipit delle mie storie. Ho sempre dedicato la mia attenzione a uno spazio più ampio, diciamo una facciata, suppergiù, convinta che in fondo serva un minimo di spazio per far nascere le famose domande. Ripensandoci, in parte mi ricredo: i primi paragrafi sono importanti, ma questo non impedisce che la prima frase possa e debba essere, già da sola, un gancio di serie A.

Voi cosa ne pensate?
Avete qualche frase d’apertura speciale da proporre?

P.S. Vi segnalo un interessante articolo sullo stile, ospitato dal blog di Salvatore Anfuso. L’autrice non la conosco, ma credo sia da tenere d’occhio…

25 commenti

  • Tenar

    Praticamente hai beccato tutti i miei incipit fantasy preferiti (tra l'altro, maledetto Sanderson, non è che a fine libro si abbia proprio una risposta chiara alla tua domanda). Io posso aggiungere solo che il mio incipit preferito è quello che cito sul mio blog, da "La mano sinistra delle tenebre" di U.K.Le Guin.
    Come autrice invece non so. Non credo di scrivere grandi incipit. Comincio, spesso un po' a fatica. Ma è meglio che niente.

    • Grazia Gironella

      Povero Sanderson, ha avuto solo 1200 pagine per raccontarci l'inizio della storia… vorrai lasciargli il tempo! (Ho appena ordinato "Parole di luce", secondo della saga.)
      L'incipit da "La mano sinistra delle tenebre" lo riporto per chi legge anche i commenti:
      "Stenderò il mio rapporto come se fosse una storia. Mi è stato insegnato, quand'ero bambino, sul mio pianeta natale, che la Verità è una questione di immaginazione." Bellissimo.
      Iniziare è molto meglio di niente, senza trombe e senza petali di rosa. E' quello che sto facendo anch'io. Però alla fine credo che dedicherò un po' di attenzione in più alla frase di apertura.

  • Francesca

    Che bello che tu abbia citato Paasilinna, uno dei miei autori preferiti!
    Hai ragione: diretto e oggettivo, il che in seguito crea un certo contrasto con la personalità molto complessa del protagonista.
    Forse, invece, di proposito hai saltato uno degli incipit più famosi della storia della letteratura, quello di Tolstoj in Anna Karenina: "Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo". Anche questo, mica male…

    • Grazia Gironella

      Grazie dell'aggiunta, anche questo incipit è validissimo. Non ho pensato a scegliere gli incipit migliori; basandomi sui libri che possiedo, ho voluto vedere cosa saltava fuori andando più o meno a caso, e anche così ho trovato cose belle.

    • Francesca

      Comunque sì: anche io tribuisco molta importanza all'incipit. I miei pochi lettori (magari fossero anche solo i famosi 25 di Manzoni…) ne sono sempre stati molto più colpiti che dal finale. Ma soprattutto: il lettore ti perdona meno facilmente un incipit scialbo che un finale un po' incasinato (per quanto siano da evitare entrambi).

  • Anonimo

    La cosa + singolare che ho trovato in questo tuo bel post è che gli incipit sono tutti ottimi, ma di alcuni di cui ho letto il libro poi non hanno mantenuto le aspettative, es. La lettera d'amore, a parer mio.
    L'incipit è importante, ma di solito do almeno una pagina di tempo, non solo la prima frase, per iniziare a giudicare il libro, poi parto a raffica con: critiche, entusiasma. innamoramento folle, delusione… bacio sandra

    • Grazia Gironella

      Nemmeno io mi fermo alla prima frase per scegliere (certe volte non la leggo affatto, tra l'altro), però mi piace l'idea che quelle prime parole possano essere preziose e non trascurate.
      "La lettera d'amore" l'ho letto tanto tempo fa, ma ricordo che mi era piaciuto molto. Chissà cosa ne penserei adesso.

  • Chiara Solerio

    Il mio incipit è nel congelatore: ho deciso di scriverlo per ultimo.
    è bello ricordare "Il dio delle piccole cose", un romanzo letto a quattordici anni e che quasi non ricordo più. Forse varrà la pena di rispolverarlo. Ed è bello anche veder citati "Uomini che odiano le donne" e "Il cacciatore di aquiloni", due romanzi che mi sono rimasti nel cuore. Ho letto questi incipit con un sorriso: so qual è il rituale dell'anziano e so quale evento abbia sconvolto la vita del protagonista.
    Un incipit che amo? Quello di "ogni mattina a Jenin". Ho cercato invano di reperirlo su Google per poterlo pubblicare ma non lo trovo.

    • Grazia Gironella

      "Ogni mattina a Jenin" è in lista lettura. Quando trovo l'incipit ti avviso.
      Secondo me fai bene a non preoccuparti subito dell'incipit. Io lo scrivo, perché mi disturba lasciare buchi nel testo, ma d'ora in poi ci lavorerò sopra a prima stesura finita. In fondo solo allora saprò esattamente di cosa parla la storia, e quale può essere il modo migliore di introdurla.

    • Chiara Solerio

      Sì anche io l'ho abbozzato, ma non escludo che "combinerò" le scene in maniera diversa. All'inizio mi muovo su due piani narrativi alternati quindi posso cominciare tendenzialmente dove voglio

  • Salvatore

    Secondo me l'incipit migliore è quello che dichiara subito le intenzioni del romanzo, tipo: "Quel giorno persi l'aereo, si sarebbe schiantato di li a poco, ma prima di venirne a conoscenza e felicitarmene, un messaggio di mia moglie mi raggiunse sul cellulare ponendo fine alla mia stima per l'istituzione del matrimonio." O qualcosa di simile.

  • Sam

    Io con gli incipit sono in guerra e questo post non giova alla nostra tormentata relazione Leggo quelli che hai riportato, penso ai miei e mi dico "che schifo". Per quanta attenzione ci metta, non riesco mai a trovare la frase che aggancia. Ci ho messo una toppa scegliendo l'incipit in forma di dialogo, ma funziona tanto quanto.
    Conosco pochissimi dei romanzi di cui hai trascritto gli incipit. Alcuni non mi hanno catturata, ma Sanders… Ho letto nei commenti che il romanzo è il primo di una saga, ma lo metto lo stesso in wishlist.
    Curioso però. Leggo una cosa come Szeth-figlio-figlio-Vallano, Senzavero di Shinovar, indossava il bianco nel giorno in cui stava per uccidere un re, scritta da un altro, e penso che voglio quel romanzo sul mio comodino. Poi penso che se scrivessi io una cosa del genere mi rotolerei dalle risate e cancellerei tutto quanto.

    • Grazia Gironella

      Mi dispiace di avere toccato un brutto tasto! Chissà che il post non ti sia di ispirazione…
      Io non ho mai inserito una bella frase a inizio romanzo, credo, ma ci voglio assolutamente provare. Sono convinta che dopo avere scritto tutto, e magari anche dopo la revisione, un bel brainstorming su quella frase faccia venire fuori qualcosa.
      (Se metti "La via dei re" sul comodino, bada che sia un comodino solido…)

  • Cristina M. Cavaliere

    Grazie per questo post così articolato, hai fatto un lavorone con tutti questi incipit! Avevo scritto anch'io all'inizio un post sull'incipit, a me piace molto quello di "Cent'anni di solitudine" di Marquez: "Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio."

    Probabilmente un incipit deve essere evocativo… di qualsiasi cosa: domande, dubbi, visioni, straniamento, altre strade… Magari sbaglio, ma penso anche che sia difficile scrivere un buon incipit partendo con un dialogo, almeno a me non è mai capitato come lettrice.

    Per quanto mi riguarda, cerco di curare molto l'incipit, di solito ce l'ho chiaro fin dall'inizio. Nel Libro I La terra del tramonto avevo aggiunto il Prologo proprio alla fine, così gli incipit in realtà sono diventati due.

    • Grazia Gironella

      Bello l'incipit di "Cent'anni di solitudine". Sono d'accordo con te: "l'incipit deve essere evocativo… di qualsiasi cosa". Ci sono tanti appigli possibili, perciò anche una grande libertà per gli autori.

  • Lisa Agosti

    L'autrice del guest post sul blog di Salvatore in questi giorni è un po' come il prezzemolo, si trova dappertutto…
    Meno male che è brava!
    Ho letto solo tre dei libri che citi ma me ne sono segnata altri che mi hanno "agganciato" solo leggendo l'incipit.
    Direi che in generale le tue riflessioni rispecchiano le emozioni e le domande che ho provato e pensato anch'io.
    Come hai scelto l'incipit di "due vite possono bastare"? Non deve essere stato facile. In me ha suscitato curiosità e mi sono identificata immediatamente, non perché sia un'esperta in materia di arte asiatica ma perché anch'io avrei dovuto rileggere la frase più volte per capirne il significato come fa G.

    • Grazia Gironella

      Grazie del complimento! Per "Due vite possono bastare" cercavo qualcosa di poco banale, ma non ero ancora nell'ordine di idee di curare le primissime parole… e quello che hai letto è il risultato. Mi fa piacere che secondo te abbia fatto il suo lavoro, ma si può fare di meglio. (La prima frase di "Veronica c'è" credo sia migliore.)

  • Anonimo

    L'incipit è uno degli argomenti più interessanti in un romanzo. L'autore, secondo me deve riuscire a trasportati subito dentro la storia, ma allo stesso tempo catturarti e farti incuriosire, per spingerti a leggere l'intero libro.

    Insomma ho detto una cosina da nulla

    Nel mio romanzo ho deciso di buttare il lettore, letteralmente, all'interno di una scena forte; senza alcun preavviso.

    Bellissimi gli incipit che hai riportato! Buona Domenica!

    • Grazia Gironella

      Benvenuta, o benvenuto! Anche secondo me l'incipit è stuzzicante, perché in poco spazio esprime una magia potente… quando ci riesce. Buona domenica anche a te!

  • Daniele

    A dirti la verità nessuno di quegli incipit mi attira, forse perché non mi baso sulla prima frase o il primo periodo, ma almeno su circa metà pagina. Meno di tutti quello di Sanderson, che tra l'altro ho e a questo punto non so quanto mi sarà difficile leggere quelle oltre 1000 pagine…

    Posso segnalarti questo, tratto da "Il buio fuori" di Cormac McCarthy:

    "Il sole del tardo pomeriggio allungò le loro ombre sul cladio e sul falasco bruciato quando spuntarono in cima al dirupo e avanzarono lentamente in fila indiana, molto in alto rispetto al fiume ma in qualche modo altrettanto inesorabili."

    È anche in corsivo e dà subito l'idea di una parte della storia sia parallela sia inquietante e così è, in effetti.

    • Grazia Gironella

      Se per caso non ami il fantasy epico, Sanderson sarà duro da mandare giù. Io me lo sono divorato, e sto per iniziare il secondo volume.
      Bello l'incipit di McCarthy. Comunque anch'io valuto su uno spazio maggiore, tipo qualche paragrafo. Una sola frase sarebbe davvero troppo poco. Se però è bella, meglio!

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