Scrittura

Scrittura e umorismo

Reading Time: 3 minutes

Il senso dell’umorismo è essenziale, nella vita come nella scrittura.

Mi sono trovata a pensarci con particolare intensità qualche giorno fa. Occasione: mi ero appena permessa di coccolare mio figlio diciottenne come se di anni ne avesse otto. Mi capita spesso di avere attacchi gravi di “mammite”, ma quella particolare manifestazione di affetto stava prendendo una piega sdolcinata e melodrammatica, lo sentivo. Neanche il tempo di accorgermene ed ero già uscita con una battuta di spirito che ha dirottato la possibile occhiata inceneritrice di mio figlio verso il sorriso. Eh sì, ci sono allenata.

Da sola, più tardi, mi sono detta: ma quante volte in famiglia l’umorismo mi è stato – e mi è tuttora – utile? Per richiamare senza risultare autoritaria e pedante, per ridimensionare un conflitto, per far riflettere, per alleggerire l’atmosfera, per non fare una figuraccia… a pensarci bene, senza senso dell’umorismo la vita in generale, non solo in famiglia, diventerebbe intollerabile.L’umorismo è la capacità intelligente e sottile di rilevare e rappresentare l’aspetto comico della realtà. Così recita Wikipedia, che accenna anche ad alcune importanti teorie sull’argomento, da Emerson a Bergson, da Pirandello a Freud. Non mi addentro in questo argomento davvero complesso, ma mi limito a galleggiare in superficie. Percepire il lato comico di una situazione ci fa sorridere, ridere, sghignazzare. Certe volte il sorriso è interiore, così lieve da essere solo un’increspatura leggera nel nostro animo. La sensazione è comunque potente, anche nel caso dell’ironia più sottile. L’umorismo per qualche istante ci fa percepire la realtà in una chiave diversa. Può essere divertimento, ma anche vera salvezza.

Siccome scrittura e vita scorrono sullo stesso binario, l’umorismo gioca di sicuro un ruolo fondamentale anche nel mio scrivere. In che modo?

Umorismo: la "casa dell'assurdo"
Vivacizza una scena noiosa

Cerco di evitare scene di questo tipo, che fanno venire voglia al lettore di girare pagina; ma mi succede che la scena noiosa, o semplicemente molto tranquilla, sia necessaria alla storia. In questi casi un dialogo spiritoso può dare un po’ di sapore alla pietanza insipida.

Rivela aspetti del personaggio

Tra le tante caratteristiche del personaggio, che possieda o meno senso dell’umorismo, e di che tipo, è fondamentale. Chi non vede mai il lato comico delle situazioni probabilmente ha un carattere più rigido e si prende più sul serio di chi sa anche sorridere. Me lo immagino con un passato solitario, figlio di genitori anaffettivi, oppure traumatizzato da qualche evento che ha lasciato su di lui una traccia stabile. Se un personaggio di questo tipo tira fuori un briciolo di umorismo entro la fine della storia, posso ben dire che ha avuto un’evoluzione importante.

Evita il melodramma

Al di là delle mamme troppo affettuose, mi capitano scene drammatiche in cui scelgo reazioni appariscenti e non sobrie, come farei normalmente. Anche in questi momenti può aprirsi un piccolo varco per esprimere una visione più leggera della realtà, che tiene lontano il rischio di scadere nel melodramma.

Camuffa un’incoerenza di comportamento

Solo se è piccola, e solo in alcuni casi. Mi è capitato più di una volta: ho messo in piedi la storia in un modo che mi sembrava sensato, ma mi accorgo che uno dei personaggi, in un passaggio, si comporta in modo poco logico. Se non trovo una soluzione che salvi capra e cavoli, provo a fare esprimere a un altro personaggio la stessa mia perplessità in chiave umoristica. Se per esempio il lettore ha pensato “ma non bastava che X entrasse in un negozio per telefonare?”, tende a sentirsi soddisfatto se un altro personaggio dice a X: “Ma sei matto? Bastava che entrassi in un negozio per telefonare!”, anche quando X dà una risposta sciocca. Ma davvero si può infilare l’umorismo dappertutto?

No davvero. Per convincermi, l’umorismo deve rispettare tre caratteristiche:

– Coerenza con il personaggio

Certi personaggi proprio non ce li vedo a sdrammatizzare la situazione o scherzare apertamente, e se non ce li vedo io, figurarsi il lettore.

– Coerenza con la situazione

Non sempre si può scherzare, anche nella vita reale. È la sensibilità dell’autore a fargli capire quando l’umorismo è plausibile e quando no, al di là dell’ovvio, perché la battuta di spirito può stare bene anche a un funerale.

– Coerenza nel dosaggio

Anche quando il personaggio è capace di umorismo e la situazione plausibile, un dosaggio sbagliato di umorismo può dare una vera mazzata alla tensione e al ritmo della scena. Basta calarsi nei panni del solito lettore: qui avrei voglia di un filo d’ironia, di un sorriso, di una sonora risata?

Come vivono l’umorismo i vostri personaggi? Vi somigliano?
Vi vengono in mente altri modi in cui l’umorismo è utile nelle storie?

35 commenti

  • Andrea Cabassi

    Sono più per un umorismo sottile, britannico. Quando la battuta è troppo facile credo sia meglio evitarla. Utilizzo quest'umorismo per sottolineare una scena leggera, l'umorismo "da pernacchia" invece lo riservo per caratterizzare personaggi volgari, al limite della sgradevolezza. Poi ogni caso fa storia a sé, comunque in linea di massima mi regolo in questa maniera

  • Anonimo

    Per me è indispensabile, l'importanza di raccontare il dramma con ironia e lasciare che questa sfoci nel vero umorismo quando desidero smorzare i toni, es con la seconda linea narrativa. Mai però strizzare l'occhio al lettore con "ehi, guarda come sono bravo a farti ridere!" deve essere qualcosa di sfumato, quasi inavvertito, la scena si tramuta in comico, un comico quotidiano non da baraccone, la vita sa essere molto comica, e il lettore si trova a ridere, mentre magari poche pagine prima non avrebbe mai pensato di trovarsi a farlo. Sandra

  • Marco Freccero

    In effetti non si ride moltissimo nei miei racconti. Io sono spesso sarcastico, anche con estranei che in questo modo resteranno estranei per sempre
    Non ho ancora avuto modo di mostrare nelle storie che scrivo, questa mia qualità. Che ha l'indubbio vantaggio di farti detestare da un po' di persone, ma se non diventi un po' "fumo negli occhi", a che pro scrivere?

  • Giulia Lù

    Proprio bello questo tuo post, in effetti mi piace usare soprattutto l'ironia nei miei personaggi, serve a rendere una scena meno drammatica o semplicemente più simpatico il personaggio. Credo che aiuti molto a rendere scorrevole la lettura. Mi è venuto in mente che nel mio ultimo eBook c'è una scena in cui il protagonista è in ospedale e li ho usato l'ironia per sdrammatizzare un momento difficile.

    • Grazia

      Mi è fiorito il tuo commento sotto il naso! Anch'io avevo in mente una situazione in ospedale, mentre scrivevo. Credo che sia positivo per il lettore leggere una storia che tocca un'intera gamma di emozioni, piuttosto che una o due soltanto. Di sicuro a me piace scrivere così, per quanto posso.

  • Tenar

    Il mio problema è bilanciare l'ironia (più che umorismo) con le tematiche spesso serie delle mie narrazioni. Ci riesco bene con Holmes, che amo anche per quello, con lui in scena si può passare in due righe dalla risata alla tensione, faccio più fatica con altre situazioni e altri personaggi

  • M.

    Abbondo di umorismo quando scrivo romance, mentre nei fantasy e nella fantascienza gli lascio molto meno spazio. Le storie sono più serie, le vicende più complesse e drammatiche, dunque è rato che un personaggio riesca a fare dell'ironia. Per i romanzi rosa, invece, credo che sia un po' la mia firma, seminare qua e là battute e rendere i personaggi molto… buffi. Perlomeno ci provo.

  • Marina

    Nella vita sono molto ironica, con me si ride spesso! Se trovo terreno fertile, poi… non mi risparmio! Quando scrivo, invece, mi capita poche volte: provo a non mettere mai i personaggi in situazioni che necessitino di umorismo e la cosa, certo, sembra un controsenso. Però non lo escludo del tutto, cioè non faccio volontariamente in modo che non capiti, sono le storie che scrivo a non richiederle.

    • Grazia

      E' tutto involontario anche per me, non decido queste cose a tavolino. Quando però ci rifletto, sembrano persino avere un senso!

  • Chiara Solerio

    La storia che sto scrivendo è piuttosto drammatica e, più che all'umorismo vero e proprio, mi capita di far ricorso all'ironia o al sarcasmo, atteggiamento più coerente con l'indole del mio protagonista.
    Però, siccome la storia è piuttosto drammatica, ho dovuto inserire un personaggio apposta per alleggerire i toni e sdrammatizzare. Qualcuno che aiutasse a vedere il lato positivo delle cose e potesse donare un po' di allegria e di positività.

    • Grazia

      E' vero, spesso nelle storie c'è un personaggio che incarna l'aspetto umoristico, piuttosto che essere presente umorismo diffuso.

  • Francesca

    A proposito di non volontarietà: il mio umorismo è apprezzato ma purtroppo sempre involontario. Dico purtroppo, perché se così non fosse, riuscirei a utilizzarlo volutamente, come fai tu, Grazia. L'unico, fra i miei racconti, ad esser stato premiato, a detta della giuria era umoristico. Peccato che non me ne fossi accorta: per me era una storia molto drammatica!

  • Daniele

    Nel mio romanzo c'è un personaggio che è spiritoso di natura, quindi nei dialoghi ho inserito delle battute e questo mi ha permesso di inquadrarlo meglio.
    A me l'umorismo piace molto. Ho terminato da poco un racconto che, se scritto bene, dovrebbe far ridere. Mi piace creare delle gag in una storia. Ma, come dici tu, il tutto deve essere coerente con il personaggio, la storia e la situazione. Per quanto riguarda la situazione io direi di fare delle eccezioni: ci sono caratteri che portano a fare una battuta anche in caso di arresto, di incidente, o altri drammi.

  • Lisa Agosti

    Umorismo, il mio grande alleato. Copre le paure, rimedia alle figuracce, calibra le insicurezze.
    Nella mia scrittura si può avvertire sia nei dialoghi dei personaggi sia nella voce del narratore.
    È il sale della vita, non potrei farne a meno.
    L'unico rischio è quello di abusarne, come mi ha fatto notare l'insegnante del corso di scrittura: il mio ruolo di "joker", sia nella vita sia sulla carta, potrebbe impedirmi di andare oltre l'ironia e l'humour, nascondendo i sentimenti più seri o perfino drammatici che fanno parte della realtà di ogni esperienza. Il lettore vuole ridere, certo, ma prima vuole essere emozionato. Le più belle risate sono quelle a fior di lacrima. (Questa la metto tra gli aforismi che lascerò ai posteri!)

    • Grazia

      Devi avere un'insegnante saggia! Fa parte dell'animo umano crearsi valvole di sfogo e stampelle, anche esagerando, e nei nostri scritti mettiamo anche questo, perciò faccio mio il consiglio che hai ricevuto.

  • PattyOnTheRollercoaster

    Umorismo e scrittura per me faticano ad andare d'accordo.
    La maggior parte dei libri che la gente considera divertenti di solito li trovo noiosi, sempliciotti. Non mi fanno ridere. Preferisco l'umorismo sottile, l'ironia, che più che una risata mi strappa un ghigno.
    Non so come mai, perché normalmente sono una persona che ama ridere, scherza volentieri con tutti e fa battute – stupide – di continuo. Nei libri però non va così, almeno per me.

    • Grazia

      I libri definiti "divertenti" li schivo tutti. Anch'io scherzo molto, soprattutto nei toni e nei giochi di parole, ma sulla pagina le battute da risata non mi piacciono proprio. Di persona, niente da dire. Forse in una lettura (e quindi anche in ciò che scriviamo) cerchiamo qualcosa di meno banale.

  • Cristina M. Cavaliere

    Nel mio ultimo romanzo (che hai letto anche tu) c'è poco da ridere, specie perché l'umorismo così come lo intendiamo oggi non era molto diffuso nel Medioevo. Più che altro c'erano le storielle dei giullari, le battute a doppio senso, gli scherzi da taverna, tutte cose piuttosto grevi. L'umorismo, come l'ironia, è materia piuttosto complessa e raffinata… almeno credo che all'epoca non fosse così diffuso a livello generale. Per quanto riguarda i miei personaggi, certo Ghassan non potrebbe essere un allegrone. Però c'è un personaggio che è attraversata da una vena ironica, e che lo rende piuttosto moderno e leggermente fuori registro rispetto al suo tempo, cioè Geoffroy de Saint-Omer. Almeno io ho cercato di dargli una connotazione ironica, che forse si vedrà meglio nel prosieguo. Hugues de Payns invece non ha umorismo, è più che altro il tipico cavaliere grezzo e spesso sboccato.

    • Grazia

      Credo che davvero l'ironia richieda un certo grado di evoluzione nella comunicazione. I tuoi personaggi mi sono così piaciuti che il solo nominarli mi riaccende la voglia di conoscere le loro vicende!

    • Cristina M. Cavaliere

      Ma davvero? La tua osservazione mi ha davvero emozionato. Allora spero che leggerai il Libro II dove si parla ampiamente della giovinezza di alcuni di loro… ma non ti dico niente per non rovinarti la sorpresa.

  • Gloria Vanni

    Umorismo, sale della vita. Tanto ero permalosa da piccola, tanto non mi è possibile vivere senza umorismo quotidiano. E chiedo scusa se parlo di me: sono un'autrice senza personaggi, per ora! Grazie per questo post, amica mia, che mi è piaciuto leggere dall'incipit, quell'attacco di "mammite acuta" che ho immaginato abbarbicata a un figlio 18enne più alto di te

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *