Vita da scrittori (e non)

Guardare al passato per scrivere meglio

Reading Time: 4 minutes

Quando lo scrittore guarda indietro, cosa vede?
Un se stesso diverso, da conoscere.

Scrivendo si cambia, e la scrittura cambia con noi. Vi capita di rileggere quello che avete scritto qualche anno fa? È un’esperienza interessante, che mi sono sempre negata fino a oggi.

Con il mio passato tendo a non avere rapporti. Se assecondo l’istinto, semplicemente lo ignoro, lo dimentico persino. Non ho un “periodo d’oro” cui ripenso con nostalgia, non guardo quasi mai le foto. In generale, mi comporto come se fossi nata ieri, per fortuna un po’ più saggia di un neonato.

Non guardare indietro mi è spesso di aiuto. Mi fa vivere i cambiamenti senza disperdere troppe energie nell’opporre resistenza, per esempio, e mi permette di concentrarmi sul presente; tuttavia presenta anche lati negativi. Non “sentendo” il passato, ho una consapevolezza parziale del mio percorso, perciò rischio di commettere errori di valutazione e ricadere in trappole evitabili. Per il mio scarso interesse verso il passato in generale, e non solo verso quello mio personale, ho sempre dedicato poca attenzione alla storia, e a volte mi può capitare di essere indelicata con le persone, senza nemmeno accorgermene. Non tutti sono come me, per fortuna.

Negli ultimi tempi mi sono resa conto che questo atteggiamento poco equilibrato richiede la mia attenzione. Dal passato si può essere trattenuti, ma nel passato si possono anche trovare basi solide da cui partire o ripartire, nella vita come nella scrittura. Ci sono anche nodi che è bene sciogliere, più che dimenticare. Per questo ho preso volentieri l’occasione dai miei progetti scribacchini del momento (di cui spero avrò occasione di parlarvi in futuro) per rileggere alcuni miei romanzi di qualche anno fa, alla ricerca di magagne da correggere, spunti per migliorare e – perché no? – conferme.

Che scrittrice ero ieri? Che scrittrice sono oggi? Vediamo un po’ cosa trovo, tra somiglianze e differenze.

SOMIGLIANZE

L’emozione resta il mio veicolo principale per vivere, e fare vivere al lettore, l’essenza della storia. Non ho niente contro un approccio più cerebrale, ma non è il mio, come riscontro nei miei gusti in fatto di letture. Datemi una storia imperniata sulle intricatezze della trama, stile romanzo di spionaggio, e il libro languirà sul tavolino in eterno. Datemi una storia in cui posso calarmi nell’animo degli esseri umani per vivere le loro emozioni, e accetterò come trama anche una lista della spesa.

Ieri come oggi, non spingo per portare alle estreme conseguenze un’idea, una situazione, un personaggio. Questo, che per il narratore è un limite, corrisponde in pieno al mio carattere: la bevanda la preferisco tiepida, come la doccia; mi piace l’intensità, ma non l’adrenalina. La moderazione per me è serenità, non noia. Perciò, che dire? Da un lato spero di incontrare lettori amanti delle mie atmosfere; dall’altro cercherò di portare più in profondità le mie esplorazioni.

Il mio senso principe resta la vista. Le mie storie, piene di dettagli visivi già nella prima stesura, sono costellate di termini come occhi, guardare, occhiate, sguardi. Per quanto parlano con gli occhi, i miei personaggi potrebbero tacere del tutto! L’udito era e resta al secondo posto, l’olfatto al terzo. Il gusto appare come comparsa, il tatto rischia di non esistere. Per fortuna esiste la revisione…

Alcuni elementi ricorrono nei miei scritti con tale frequenza da far pensare che io abbia in mente dei lettori usa-e-getta, gli unici che non si troverebbero a esclamare sconfortati “di nuovo!”. Qualche esempio? Un personaggio della storia deve praticare uno sport, preferibilmente nell’ambito delle arti marziali (che strano…). Un altro deve dedicarsi a una forma d’arte, di solito danza o pittura. I bambini/ragazzi sono quasi sempre orfani di uno o entrambi i genitori, e spesso si trovano in situazioni di abuso. Se il padre c’è, è una figura per qualche motivo negativa. Le protagoniste femminili non possono portare i capelli corti, pena il downgrading a personaggio secondario (santo cielo!).
In questi elementi ricorrenti ritrovo me stessa e la mia vita, anche se non necessariamente quella attuale, perciò mi interessa molto riconoscerli e analizzarli. Quanto all’opportunità di rimetterli in campo in racconti e romanzi, beh, confido di poter fare di meglio. La questione del padre negativo, invece, ormai è diventata una sfida con me stessa: devo riuscire a raccontare in una mia storia un padre che sia un essere umano tridimensionale, carismatico, apprezzabile, intenso; e non deve essere una comparsa! Sarebbe troppo facile.

DIFFERENZE

I miei personaggi di oggi sono meno melodrammatici, e soprattutto meno irascibili. Mi fa sorridere vedere i loro antenati sempre sul punto di perdere il controllo. Gridavano, sbattevano porte, davano pugni sul tavolo… non fino a risultare assurdi, ma un po’ esagerati sì. Guarda caso, fino all’età matura mi è stata imputata un’eccessiva veemenza nel… ehm… portare avanti il mio punto di vista. (Quanto è bello scrivere! Puoi far sembrare buono e giusto anche un difetto.)

In passato avevo in antipatia la virgola. Credo sia stata una ribellione contro certi usi scolastici: non si mette mai la virgola vicino alla congiunzione “e”, la si deve mettere per individuare le parentetiche… ehi, a qualcuno capita di dire “sono andato a casa e, già che c’ero, ho mangiato una mela”, facendo una pausa con la voce in corrispondenza di entrambe le virgole? Allora portate pazienza, cari puristi, perché la lingua è viva, e la punteggiatura è anche una questione personale. Però qualche virgola in più ci sarebbe stata bene.

I miei periodi erano più involuti e tendevano a girare intorno al concetto, spiegandolo e rispiegandolo con termini diversi. Posso dimezzare alcuni paragrafi senza perdere nulla del significato. Probabilmente non mi rendevo conto che anche il taciuto racconta, e avevo l’impressione di non poter esprimere ogni sfumatura in poche parole. Ora ho uno stile più asciutto.

Troppo spesso inserivo i gesti e le espressioni che accompagnano i dialoghi al di fuori delle battute.

Lei sorrise. «Mi sembra una buona idea.»

piuttosto che:

«Mi sembra una buona idea» disse lei, sorridendo.

A volte la prima soluzione era davvero la più adatta, ma spesso questi gesti ed espressioni risultavano isolati nella frase, cosa che li rendeva artificiosi e attirava su di loro un’attenzione ingiustificata.

Non so se sia più gratificante accorgermi che queste storie mi emozionano ancora, oppure avere la possibilità di fare le correzioni che vedo necessarie con gli occhi di oggi (vedo-occhi… eh eh, questo non lo correggo). È un viaggio in un aspetto della scrittura che in pratica non conoscevo, visto che, con il mio “amore” per il passato, ero sempre rimasta concentrata sullo scrivere nuove storie, abbandonando quelle già scritte al loro destino. Sono convinta che in quel momento fosse più costruttivo così; ma non tutti i momenti sono uguali, e non c’è aspetto dello scrivere che non mi interessi approfondire.

Vi piace rileggere i vostri vecchi scritti?
Come è cambiato il vostro modo di scrivere nel tempo? 

32 commenti

  • Giulia Lù

    È importante non ancorarsi troppo al passato e vivere intensamente il presente, tuttavia il confronto con il passato può essere davvero molto interessante, soprattutto nella scrittura. Io sono andata a rileggermi dei racconti scritti qualche anno fa e, pur avendoli trovati acerbi e forse ingenui, ho comunque percepito le emozioni intense che avevano accompagnato quegli scritti. Oggi la mia scrittura è sicuramente maturata eppure certe parti di me restano forti e immutate anche nella scrittura di oggi, l'introspezione dei personaggi e la passione che li spinge a vivere nelle pagine.

    • Grazia

      E' bello questo costante cambiare mantenendo intatto il nucleo di noi stessi, quello che ci oollega al Tutto e – per chi ci crede – è eterno.

  • Francesca

    Ciao Grazia! So di scrittori di successo che si basano principalmente sui loro vecchi appunti, perché in passato avevano svolto una professione che non lasciava loro il tempo di scrivere. Io credo che i nostri scritti passati siano un'autentica miniera di idee! Il più, appunto, è avere il coraggio di leggerli. Anche io ho problemi ad affrontarli. Come ci sei riuscita?

    • Grazia

      In un certo senso, le circostanze mi hanno spinta: prendi un periodo di crisi dovuta all'ambizione frustrata, aggiungi la voglia di riprendere a scrivere on l'approccio giusto, mescola con una temporanea incapacità di creare nuove storie… e voilà, ecco che spuntano modi diversi di dedicarmi alla scrittura! Mi serve questo, evidentemente. Dico evidentemente perché credo che tutto quello che ci succede ci spinga nella direzione giusta, se solo non ci aggrappiamo ai nostri progetti ma diventiamo sensibili al bisbiglio dell'intuizione. Questo è un buon momento per valorizzare quello che ho già scritto, sempre se lo merita. Infatti mi ci sono buttata, e – guarda caso – sono contenta! Questo è il segno migliore che non sto remando controcorrente.

    • Grazia

      E poi è vero, nelle storie o negli appunti del passato ci sono un sacco di ottimi spunti da sviluppare, che magari in quel momento non eravamo in grado di valorizzare al meglio. Per esempio adesso sto pensando di trasformare un racconto in romanzo, ma per ora è solo un punto interrogativo.

    • Francesca

      "credo che tutto quello che ci succede ci spinga nella direzione giusta, se solo non ci aggrappiamo ai nostri progetti ma diventiamo sensibili al bisbiglio dell'intuizione". Grazie di questo prezioso suggerimento!

  • Giulia A.

    Grazie per questo bel post. Riesci sempre a parlare di te in un modo interessante e anche molto utile nel senso migliore del termine.
    Io mi interrogo abbastanza sui miei testi passati perché vedo la mia scrittura in un'ottica di percorso, che un po' è naturale e segue la crescita e la vita, e un po' deve/dovrebbe/sarebbe meglio che fosse anche consapevole e lavorato.
    Anche io puntavo molto sulla vista, e come te ho dei leit-motiv che ricorrono anche mio malgrado. Però mi accorgo che le cose scritte prima che la scrittura diventasse la mia professione avevano tanti difetti, ma un quid in più: dato dal genuino divertimento, dalla disinvoltura magari ingenua, ma che mi portava a costruire storie forse più divertenti e con minore fatica. Vorrei recuperare in qualche modo questa attitudine che non sentivo più da tanto, così mi sono messa a scrivere un romanzo di getto, proprio per esercitare la mia facoltà di "buttarmi" e divertirmi senza menate e magari poterla usare anche per le scritture serie. Devo dire che per ora la cosa mi gusta.
    Ciao e grazie per i tuoi spunti!

    • Grazia

      Grazie a te, Giulia, per esserti manifestata. Senza nulla togliere ai lettori silenziosi, è bello sentire la voce di chi è dall'altra parte del blog.
      Quello che hai detto sulla spontaneità e leggerezza dei primi scritti vale anche per me. Il tempo passa, si scrive, si studia, ci si sforza di migliorare, e proprio in quello sforzo qualcosa va perduto, la disinvoltura/spensieratezza in primis. Credo però che almeno un nocciolo di puro divertimento debba rimanere, o si perde la vera gioia della creazione. E' un aggiustamento di rotta continuo, da prendere con il sorriso. Non è sempre facile.

  • Mattia L.

    A me capita di rado di leggere i miei racconti. Quelli più vecchi sono scritti del tutto a caso, in un periodo in cui non avevo la minima idea delle regole della narrativa. Sicuramente sono molto meglio quelli successivi, quando ho imparato a scrivere davvero, ma tendo a non leggerli lo stesso. Visto che nell'ultimo anno sono progredito ancora di più, le rare volte che ho riletto un mio racconto nell'ultimo periodo l'ho trovato acerbo. E visto che non mi piace ricordarmi che in passato ero molto più ingenuo e meno bravo di ora, allora preferisco non farlo .

  • Tenar

    Io scrivo ciò che vorrei leggere, le storie di cui ho voglia, quindi è inevitabile che ogni tanto una sbirciatina indietro la dia. Il fatto di non essere troppo insoddisfatta del mio operato (almeno quello degli ultimi 6/7 anni) un po' mi preoccupa perché magari vuol dire che non ho la possibilità di evolvere oltre. Magari come temi, gestione della storia posso migliorare, ma ho la (brutta) sensazione che ha livello di tecnica qui sono e qui resto.

    • Grazia

      Credo che sia più importante migliorare sui temi e le trame che non migliorare ad libitum su stile e tecniche. In me vedo cambiamenti, ma non rivoluzioni negli ultimi anni; su trame e struttura della narrazione, però, credo (spero!) di avere ampio margine di miglioramento.

  • Marco Freccero

    Ho letto quello che scrivevo negli anni Novanta. Credo e spero di aver migliorato parecchio la mia scrittura. Prima le mie idee schiantavano i personaggi, mancava l'empatia, erano solo i mezzi per veicolare le mie idee. Adesso mi pare di aver cambiato modo di raccontare, di affrontare le storie. Mi piace rileggere quelle storie? Abbastanza, ma mi trovo un po' insopportabile

  • Rosalia Pucci

    Ciao Grazia, il post mi ha fatto riflettere sui miei trascorsi, neanche così lontani. Sono fresca di penna, anche se mi sembra di scrivere da una vita. Rispetto a ieri, mi sembra di aver messo a punto uno stile personale, cosa che non è di per sé buona, ma originale, sì. Perlomeno ci sto lavorando

    • Grazia

      Scusa Rosalia, ho sbagliato una vocale ed è cambiato il significato: Carino il nuovo look del tuo blog! I cambiamenti nello stile sono interessanti: da un lato nascono dal tanto scrivere, dall'altro da una revisione consapevole e accurata; ma è sempre un lavoro su se stessi, senza paragoni con gli altri, almeno secondo me. Non credo che POTREI cambiare stile a tavolino, insomma, anche se… mai dire mai.

  • Marina Guarneri

    Ogni tanto mi trovo a rileggere cose scritte nel passato: alcune sono imbarazzanti, ma non ho mai voluto trasformarle in qualcosa di diverso, perché rappresentano le tappe della mia crescita, gli step necessari che mi hanno fatto migliorare. Persino il romanzo che ho scritto ha qualcosa che ritoccherei. Mi chiedo se esiste un momento in cui ciò che scriviamo assume un valore assoluto, cioè se anche nel tempo risulti bello e perfetto o se, arrivata una certa età, si noti sempre una sorta di stacco fra la scrittura del passato e quella del presente. Lo so, lo scopriremo solo vivendo! ☺️

    • Grazia

      Non credo che venga mai quel momento! Si cambia sempre; fa parte della bellezza dello scrivere. Però ho trovato alcune delle mie storie (abbastanza recenti, rispetto al mio percorso) ancora convincenti, e così… vai con la nuova revisione.

  • Andrea Di Lauro

    Ciò che è utile è la memoria. L'interminabile rimestare nel passato invece è, come ben sappiamo, inutile e deleterio.
    In passato ero più libero di danzare nella scrittura. Non conoscevo le regole che conosco oggi, ero più libero di scrivere ma anche di sbagliare. Scrivevo peggio ma mi divertivo di più.

    • Grazia

      Un po' come il pensiero: prodigioso per capire e risolvere, dannoso quando invade la vita con il suo vano lavorio. Eckhart Tolle docet! Danzare nella scrittura… che bella immagine hai scelto. E' proprio così, credo per tutti: l'innocenza originale va almeno in parte perduta. Ma forse c'è qualcosa di ancora migliore, più consapevole. Io vorrei arrivare lì.

    • Andrea Di Lauro

      Vero
      Giungere all'innocenza iniziale ma con la consapevolezza di esserci. Come in ogni pratica, il punto finale del cerchio non è altro che quello iniziale, ma quando torni all'inizio dopo aver percorso la circonferenza tutto è nuovo.
      Si sente che sono appena tornato dall'oriente hehehe. Sto tentando di riprendermi dalla sindrome post viaggio, sigh!

  • Cristina M. Cavaliere

    In generale mi piace rileggere quello che ho scritto, ma dipende dal periodo. Se sono davvero troppo indietro nel tempo, lo trovo imbarazzante! Ad esempio nella mia adolescenza avevo scritto una specie di storia d'amore tra una studentessa e il proprio professore d'italiano, ovviamente tribolata. L'ho riletta penso una volta, a distanza di tempo, e mi è venuta la tentazione di mandarla al macero; però non la butto perché comunque anche quello faceva parte di me. La troveranno i miei eredi, e si faranno delle grasse risate!

    Anch'io, come te, da Una Storia Fiorentina in poi, ho notato alcuni elementi che si sono mantenuti, e altri che sono cambiati. Una volta abbondavo nelle descrizioni, ad esempio, e disprezzavo i dialoghi. Ora adoro i dialoghi, e ho limitato le descrizioni; insomma, mi sembra di aver trovato un giusto equilibrio tra le due cose. Per quanto riguarda le virgole, le metto come se piovesse, e la traduttrice anglosassone de Il Pittore degli Angeli esclamava ad ogni momento: "Perché voi italiani mettete così tante virgole?"

    • Grazia

      Se pensi che la stessa traduttrice, sul mio testo, ne aggiunge dappertutto! In effetti c'è stato un mio periodo di carestia, in quel senso.

  • Monica

    Mi piace leggere i più recenti, quelli che ho prodotto da autore "consapevole" (di regole, di stili, di capacità, di strutture…), e mi stupisco quando noto delle cose che mi sono venute veramente bene, frasi o emozioni che arrivano dritte dove devono arrivare. Ma se prendo in mano il primo romanzo che ho pubblicato, mi metto le mani nei capelli. Ci sono, mi ritrovo nella brevità e nella ripetizione di un concetto, ma su tutto il resto… cielo, dove sono? Ecco, quello evito proprio di guardarlo.

    • Grazia

      Il problema si pone dopo avere pubblicato, vero? Prima sai come funziona e la prendi con filosofia, con il tempo si migliora eccetera… ma quando c'è qualcosa per il mondo (anche se è un mondo piccolo) che porta la tua firma, fa tutto un altro effetto. Forse dovremmo tutti sforzarci di aspettare, invece di voler bruciare le tappe? Ogni tanto me lo domando.

  • PattyOnTheRollercoaster

    E' passato un secolo da quando hai scritto questo post, lo so, ma arrivo solo ora a commentare.
    Comunque a me è successo di leggere a distanza di qualche tempo (di solito anni) qualcosa che ho scritto ed è stato soddisfacente. Primo perché mi sono resa conto che la mia scrittura ha subito un'evoluzione positiva, lo stile è cambiato e si è formato (lo farà ancora, ne sono certa, ma intanto vedere già dei cambiamenti è stato bello), e in secondo luogo perché a volte mi sono resa conto che ciò che scrivevo non era così male, anche se non era perfetto.
    Ogni tanto quindi mi piace rileggere qualcosa che ho scritto, anche se penso sia giusto farlo molto di rad, per permettere allo stile di evolvere e così poter fare paragoni o anche solo abbandonarsi a i ricordi e dire "Oh, guarda, una volta usavo spesso 'ed'" xD

    • Grazia

      I post non scadono! A volte mi conforta leggere quello che ho scritto, perché mi fa l'effetto "quindi posso" (ci sono momenti in cui non è così ovvio). Si cambia sempre con il passare del tempo, un po' in meglio, un po' semplicemente in… diverso. Si potrebbe correggere un vecchio testo per tutta la vita, senza mai smettere di trovare qualcosa da cambiare.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *