Vita da scrittori (e non)

Fuori dal guscio, scrittori!

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È ora di abbattere il cliché.

Per la maggior parte delle persone scrivere non è un passatempo-professione molto sociale. Per questo l’esortazione “fuori dal guscio!” è quanto mai azzeccata.

Quante volte ci perdiamo un pezzo di discorso perché una parola detta o qualcosa che abbiamo visto ci ha fatto partire la testa dietro una storia?

Ci capita di liquidare le incombenze quotidiane più in fretta del dovuto per metterci a scrivere?

I familiari ci sventolano una mano davanti alla faccia per farci tornare nel mondo dei vivi?

Però, però… vivere la scrittura in solitudine può diventare un problema, soprattutto se in qualche angolino di noi stessi coviamo il desiderio di pubblicare. Pubblicare, infatti, implica l’essere interessati a comunicare, e come possiamo allenarci a comunicare se siamo i nostri unici lettori?

Per questo io consiglio caldamente a tutte le persone in questa situazione di uscire dal guscio, ma al momento giusto.

Mentre si fantastica sul germe di un’idea per trasformarla in storia, e dopo, mentre si scrive la storia in questione, il guscio sta benissimo sigillato. Avete presente quello che succede quando un’idea vi eccita molto e vi scappa di parlarne al vostro compagno/amico/fratello? L’idea eccitante mette la coda tra le gambe, e anche se queste persone vi stanno sorridendo e vi dicono parole d’incoraggiamento, l’eccitante vira verso il banale e la storia superlativa che pensavamo di trarne puzza già di spazzatura prima di essere scritta.

Perché succeda questo, non ne idea; ma sono assolutamente sicura che la Musa sia un tipo parecchio schivo, che non ama la pubblicità prematura. Per inciso, questa mia esperienza l’ho trovata riportata da molti autori “seri”, perciò credo sia frequente.

Il momento della condivisione è prematuro anche mentre stiamo buttando giù la prima stesura della nostra opera immortale. È un contatto a tu-per-tu, quello tra la nostra fantasia che produce e la nostra mano che scrive, e non serve che qualcuno si metta dietro le nostre spalle a sbirciare, magari fornendo quelli che crede utili consigli. Per queste cose si può anche uccidere…

Quando però la prima stesura è terminata e abbiamo operato una sommaria revisione in modo da trovarci tra le mani una storia ben delineata – qualcosa di recepibile da una persona esterna, insomma – allora aprirsi agli altri diventa più che utile, necessario. Ma non “gli altri” qualunque.

Se decidiamo di far leggere il nostro lavoro alle persone sbagliate perché non imparziali, poco sensibili o non avvezze alla lettura, rischiamo di crearci un danno sia pratico che emotivo.

Tanto per essere originale potrei suggerirvi di partecipare a un forum di scrittura online… okay, trattenete i pomodori, non mi dilungherò troppo. Su un forum incontrate persone con la vostra stessa passione, che non essendo legate a voi non avranno motivi di parzialità, in un senso o nell’altro. Certo, saranno persone normali con tutti i loro difetti, perciò aspettatevi sdolcinati e criticoni, gentili e grezzi, principianti ed esperti. Ma cosa c’è di meglio come campione di pubblico?

Se l’idea vi ispira, cercate di scegliere il forum giusto con una bella ricerca in rete. È inutile postare haiku su un forum in cui quasi tutti amano il genere sesso-sangue-e-perversione, come è inutile cercare lettori su forum poco attivi, dove ogni brano riceverà al massimo un paio di commenti.

Il forum però richiede una certa partecipazione. Se non avete tempo/voglia di commentare i testi altrui per rendere loro il favore, forse il forum non fa per voi.

Siete condannati alla solitudine eterna? No, basta che mettiate fuori la testa dal bunker. Su Facebook pullulano i gruppi incentrati sulla scrittura, e non è detto che spulciando tra i post non incontriate qualcuno con cui vi sentite in sintonia. Se l’incontro avviene e “funziona”, avrete trovato un valido compagno con cui scambiare gli scritti per ricevere opinioni, nonché un buon interlocutore per dubbi e questioni scrittoriali.

Nel mio caso, dopo avere partecipato per un paio d’anni al forum delle Edizioni XII (ora chiuso) mi sono resa conto di non avere abbastanza tempo per il binomio scrittura-forum e ne sono uscita, fortunatamente conservando il rapporto con una dei partecipanti, la mia amica Alessia.

Alessia, ti voglio bene! Non dico il cognome o mi ucciderai…
Insomma, i modi di uscire dal guscio esistono. Dovremo vincere la timidezza, soprattutto all’inizio, ma riceveremo in cambio doni preziosi:

– Vincere la timidezza.

Che diamine, uno scrittore che si vergogna a essere letto è come un idraulico che ha paura dell’acqua!

– Conoscere opinioni esterne sui nostri scritti.

Non necessariamente il materiale che abbiamo prodotto è in grado di “arrivare” agli altri. Tanti possono essere i motivi: siamo troppo concentrati su noi stessi, abbiamo scarsa padronanza della lingua e delle tecniche narrative, diamo per scontate cose che non lo sono e così via.

Resta il fatto che non possiamo avere idea di quali reazioni/emozioni suscitiamo con i nostri scritti fino a quando non li facciamo leggere… ed è molto meglio che questo avvenga prima di proporli a un editore! Non tutte le opinioni sono giuste e utili. Sarà nostra l’ultima parola, dopo averle valutate a mente fredda.

– Imparare a incassare le critiche.

Le critiche sono dolorose, che siano giuste o risibili. Nel riceverle ci sentiamo feriti nel profondo, perché scrivendo mettiamo a nudo aspetti fondamentali di noi. Tuttavia, se non scopriamo i nostri difetti non saremo in grado di correggerli (se non in parte con le letture e l’esercizio) e questo ci terrà lontani dalla pubblicazione. Con l’esperienza ci accorgeremo che molte critiche erano già dentro di noi, ma non avevamo prestato loro ascolto.

– Ampliare i nostri orizzonti.

C’è sempre tanto da imparare. Avere un partner scribacchino ci può dare un sacco di spunti interessanti.

– Esserci di stimolo.

La pigrizia è sempre in agguato, così come lo scoramento nei periodi magri. Non essere soli vuole dire anche prefiggersi nuovi obiettivi con la presenza di un testimone che riuscirà a farci rimordere la coscienza se non ci impegniamo abbastanza.

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