Avverbi: colpevoli o innocenti?
Credo che la strada per l’inferno sia lastricata di avverbi.
(Stephen King, On Writing)
Gli avverbi sono molto criticati dagli scrittori; il loro uso improprio ed eccessivo è considerato uno dei segni distintivi del dilettante. Ma sappiamo cosa hanno fatto di male gli avverbi per meritarsi questa fama?
1. A volte sono ridondanti, per esempio quando vengono accostati a verbi di per sé precisi (es. bisbigliò quietamente, serrò i denti strettamente, singhiozzò tristemente).
Qui l’avverbio non aggiunge alcuna sfumatura di significato e, visto che nessuna parola scritta è priva di effetto, il risultato è un annacquamento del verbo stesso.
2. Vengono spesso usati per supportare verbi fiacchi. Un “disse dolcemente” non vale un “sussurrò”, come un “mangiava lentamente” non vale un “ruminava”, o uno “sbocconcellava”. La scelta del verbo più azzeccato aumenta l’impatto della frase.
3. Nei dialoghi, vengono usati per chiarire (inutilmente) in che modo viene pronunciata una battuta (es. disse rabbiosamente) quando questo dovrebbe essere evidente dall’andamento del dialogo stesso. Meglio riservare gli avverbi ai casi in cui sia davvero necessario precisare.
“Le sussurrò dolcemente: ‘Se lo fai ti uccido.’”
4. La sovrabbondanza rende la prosa pesante e troppo infiorettata per i gusti moderni.
5. Il fatto che in italiano tanti avverbi finiscano in –mente li fa diventare monotoni, oltre a creare sgradevoli rime. In caso di necessità potremo sostituirli con espressioni di analogo significato (es. “le parlò dolcemente” – “le parlò con dolcezza”, “lo guardò innocentemente” – “lo guardò con l’espressione più innocente del mondo”).
Abbasso gli avverbi, dunque? Certo che no, purché servano davvero ad arricchire di significati non solo la parola che accompagnano ma anche la scena. In definitiva hanno lo scopo di modificare un significato, e che bisogno c’è di modificare quando si possono scegliere i termini giusti?
Teniamo presente, però, che questo controllo sugli avverbi rientra nella revisione. In prima stesura meglio non soffermarci su questi dettagli stilistici, o perderemo la fluidità e la spontaneità necessari a fissare la storia sulla pagina con la massima energia possibile.
Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.