Vita da scrittori (e non)

Scrivere: i vantaggi della competenza

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Per fortuna con il tempo si migliora…

Succede perché mentre scriviamo il tempo passa e ci rende diversi, che lo vogliamo o no.

Succede perché il fatto stesso di scrivere tira fuori da noi risorse segrete che ci fanno evolvere.

Succede perché lungo la strada abbiamo capito che sì, forse possiamo davvero osare essere scrittori, e questo ci fa proseguire con una convinzione diversa.

Succede anche perché scrivendo abbiamo imparato che tipo di scrittori siamo, perciò sappiamo cosa fare e come farlo. Stiamo diventando competenti nel nostro lavoro. Passo dopo passo acquisiamo l’abilità artigianale che farà da supporto a quella artistica.

Ah, che bella parola! Sentite il suono? Com-pe-ten-za.

Però, un momento: competenza = eccellenza?

No, non funziona proprio così. Puoi diventare competente in ciò che fai senza per questo essere un bravo scrittore; ma senza competenza un grande scrittore non lo diventerai mai. E poi, la sensazione di conoscere gli strumenti del mestiere è impagabile. Ti viene in mente una frase e hai già pronti dieci modi diversi per scriverla; vuoi iniziare un nuovo capitolo e sai scegliere il momento migliore per dare inizio alla scena; durante la revisione incontri un problema e riesci a elaborare non una, ma due o tre soluzioni.

Non so come la pensiate voi, ma questa secondo me è una delle maggiori gratificazioni. Non avrà l’aureola di gloria di una buona pubblicazione o di una recensione importante, ma migliora tempi e modi dello scrivere quotidiano e aumenta l’autostima – un tasto davvero delicato per tutti noi apprendisti scrittori.

Quando scrivo, scrivo. E poi è come se la musa si convincesse che sto facendo sul serio e dicesse "Va bene, va bene. Arrivo." (Maya Angelou)
Quando scrivo, scrivo. E poi è come se la musa si convincesse che sto facendo sul serio e dicesse “Va bene, va bene. Arrivo.”

Ma cosa significa il termine “competenza” per uno scrittore?

– Riconoscere lati deboli e punti di forza

Sui primi dovremo lavorare, sui secondi fare leva per trovare la famosa “voce” capace di arrivare a editori e lettori.

All’inizio del percorso non abbiamo idea di cosa funzioni e cosa no in ciò che scriviamo. Se ci viene mossa una critica reagiamo speso con un misto di sorpresa e indignazione. Magari ci viene voglia di telefonare all’innocente critico per mettere in chiaro le cose, perché naturalmente è lui a non avere compreso le nostre parole, forse persino in malafede, per antipatia nei nostri confronti. Più tardi, sbollita la rabbia, ci domandiamo demoralizzati se scrivere sia davvero alla nostra portata.

Con l’arrivo della competenza tutto questo prende proporzioni più sensate. Ci secca ancora vedere che un lettore non apprezza ciò che scriviamo (questo non cambia mai, credo), ma spesso troviamo nella critica l’eco dei nostri stessi dubbi. Invece di soccombere a sentimenti negativi cerchiamo la lezione contenuta nella critica, quella che ci farà migliorare; e se ci accorgiamo che questa lezione non c’è, siamo capaci di gettarci alle spalle il parere negativo senza rimuginarci troppo.

– Dare spazio alle nostre capacità nel momento in cui ci sono più utili

All’inizio foga, sfiducia e ripensamenti rendono la scrittura una sorta di corsa a ostacoli, in cui ad avere la peggio sono la storia e il morale. Essere competenti nel nostro lavoro significa anche capire quando è il momento di fantasticare e quando è il momento di essere razionali, oppure di miscelare le due cose, per ottenere i risultati migliori nel modo meno faticoso. Fino a quel momento ci facciamo lo sgambetto da soli, anche se siamo armati dalle migliori intenzioni.

– Riconoscere gli strumenti di miglioramento

Il talento, l’ispirazione, i grandi maestri… ma cosa possiamo fare per diventare Scrittori con la esse maiuscola? Dobbiamo leggere di più, studiarci qualche manuale, scrivere ogni giorno? Certo. E anche osservare il mondo con curiosità e prendere nota di tutto, origliare le conversazioni e prenderle come spunto per sbrigliare la fantasia; vedere film. Di strumenti ce ne sono a dozzine, ma per riconoscere quelli più adatti a noi dobbiamo essere consapevoli di ciò che ci manca e di ciò che ci possono dare. La competenza include anche questo.

– Acquisire sensibilità al ritmo della storia

La storia ha un suo andamento, che dipende dal genere, dallo stile dell’autore e… da se stessa. Ogni storia è fatta a modo suo. Questo non significa che l’andamento possa essere casuale, dettato dall’estro di un autore che non ha idea di come si costruisca una storia e non sa immedesimarsi nelle esigenze del lettore.

Anche qui, competenza significa capire. Capire quando fare alzare la tensione e quando lasciarla stemperare, capire quando serve il colpo di scena e quando è meglio procedere per vie più sottili, e così via. Solo quando acquisisce questa sensibilità l’autore permette alla storia di trovare il suo vero ritmo, quello nascosto e perfetto, che aspetta soltanto di essere rivelato.

– Usare al meglio le parole

Le parole sono la nostra arma e la nostra croce. In narrativa non esistono veri sinonimi, ma piuttosto termini più o meno efficaci per esprimere lo stesso concetto. Ogni frase che scriviamo ha un significato e una forma che non possono essere disgiunti, pena la mediocrità. Ma senza competenza, come scegliere il termine giusto, quello che fa scattare la serratura della frase, del paragrafo, del capitolo? Solo oltre questo confine la lingua diventa musica.

– Avere del mondo editoriale una visione realistica

Una percezione equilibrata del nostro valore e del mondo che andiamo ad affrontare è importante, o andremo a ingrossare le fila di coloro che vivono di cliché e lamentele prive di costrutto.

L’editoria è puro commercio. Riesce a pubblicare solo chi ha delle conoscenze nell’ambiente. Basta parlare di sesso per attirare l’attenzione di un editore importante.

C’è del vero, ma quanto ci è utile rivangare questi fatti, risaputi ma corrispondenti solo in parte alla realtà? Se ci fermiamo a questo punto continueremo a vedere dell’editoria soltanto la faccia più becera e – peggio – scriveremo con l’amarezza come compagna. Nessuno ci ha mai detto che sarebbe stato facile, come mi ricordava un lettore poco tempo fa. Quando ci sentiamo ingiustamente colpiti dalla sorte la competenza, intesa come conoscenza del mondo in cui ci muoviamo, ci fa capire che siamo in ottima compagnia nell’attendere il Grande Salto, e che le possibilità di riuscita sono esigue ma esistono.

Questi sono soltanto alcuni aspetti della scrittura che migliorano con l’esperienza.

Come vedete i vostri progressi?
Cosa vi dà la percezione di essere cresciuti come scrittori?

18 commenti

  • Tenar

    Mi riconosco molto in tutto il tuo discorso sulla competenza.
    Credo che la competenza arrivi principalmente dall'essere lettori attivi, da quell'attitudine a montare e smontare le storie altrui e poi da tanto, tanto, tanto esercizio.
    E gavetta, gavetta, gavetta.
    Il mondo editoria è quello che è. A volte ho l'impressione che sia fatto a Matrioska, dopo una porta c'è sempre un'altra porta e poi un'altra. Se non hai le famose conoscenze o un talento abbagliante devi aprirle in sequenza per poter andare avanti, una dopo l'altra, in un percorso lento e, spesso, snervante. Mi dicono, però, che in questo modo la strada è percorribile. Non facile, non certa, ma possibile.
    Crediamoci e andiamo avanti. Altro non possiamo fare.

    • Grazia Gironella

      E' proprio così. Anche se l'editoria fosse un mondo ideale in cui vince il migliore (con tutte le difficoltà per determinarlo, poi), ugualmente sarebbe normale andare un passo alla volta. Non è diverso per gli attori, i cantanti o altri artisti.

  • Cristina M. Cavaliere

    Mi trovi pienamente d’accordo su tutto quello che dici. Del resto io lo noto anche nel mio lavoro (che mi piace moltissimo), c’è stata come un’evoluzione in un percorso lunghissimo durato anni. Come se questo percorso mi avesse fatto “aumentare”, per usare un verbo forse improprio. Ho la percezione di essere cresciuta come narratrice essenzialmente quando rileggo quello che ho scritto a distanza di tempo, dopo che me ne sono in un certo senso dimenticata. A volte non mi riconosco nemmeno in quello che scrivo, a volte mi chiedo: “Ma l’ho scritto proprio io?” Beninteso, tutto è perfettibile, e sono io il mio critico più severo; però sento che quello che ho scritto è come se fosse un organismo vivente e che “genera interpretazioni” (prendendo a prestito una frase di Umberto Eco). Dici bene sull’editoria, ci si dimentica spesso che una casa editrice è comunque un’azienda che ha come scopo gli utili. Alle volte quello che mi scoraggia non è tanto la mancanza di "incenso", ma l’enorme fatica per ottenere anche una piccola gratificazione.

    • Grazia Gironella

      La sensazione di non riconoscere i propri scritti a distanza di tempo è davvero strana; ti domandi da dove siano usciti, visto che li senti come esterni a te.
      Dici bene, non si sente tanto il bisogno di applausi quanto quello di vedere i graduali frutti del proprio lavoro. Ecco, questo nella scrittura davvero non c'è.

  • Chiara Solerio

    Mi piace quello che scrivi e penso che i punti da te citati debbano diventare degli obiettivi, per ciascuno di noi. Io so di essere più giovane anagraficamente e meno esperta rispetto a voi del nostro gruppetto di blogger. Dunque quello che scrivete offre sempre l’opportunità di imparare.
    Se gli stadi della conoscenza sono quattro, io mi trovo per lo più al terzo.
    Il primo stadio è li incompetenza inconsapevole: io so di non sapere. Si passa poi ad uno stato di incompetenza consapevole, che fa soffrire, perché mette in evidenza limiti e mancanze.
    Quando si decide di imparare qualcosa, scivoliamo nella competenza consapevole: facciamo attenzione ai nostri gesti, li pilotiamo e li guidiamo. Solo al quarto livello, la competenza inconsapevole, siamo completamente padroni dei nostri gesti e l’istinto subentra, impedendoci fatiche eccessive. Questo è il mio obiettivo.
    Buona giornata

    • Grazia Gironella

      La competenza inconsapevole è l'obiettivo di tutti, credo. In realtà penso che l'età anagrafica abbia poco peso nel parlare di scrittura. Certo, ci sono differenze di approccio che derivano anche dall'esperienza e quindi (almeno in parte) dall'età, ma il cammino dello scrittore segue sue tappe del tutto personali. Impossibile dire che una persona sia più avanti di un'altra.
      P.S. "Il nostro gruppetto di blogger". Mi piace!

    • Chiara Solerio

      L’età anagrafica spesso è legata all’esperienza e al tempo dedicato alla scrittura del corso della vita. Prima si comincia meglio è, ma una persona di 50 anni che scrive da 20 ha sicuramente più competenza rispetto ad una di 30 che scrive da 5

      A me il fatto di avere ancora tanto tempo un po' rincuora :p

    • Grazia Gironella

      Io sono arrivata tardino alla scrittura, circa otto anni fa. Prima mi limitavo a sospirare su quanto dovesse essere bella la vita dello scrittore.

    • Chiara Solerio

      Io ho iniziato presto, ma poi sono rimasta a lungo bloccata. Da un lato mi dispiace, perché mi sembra di aver sprecato tempo. Dall'altro penso che forse non era il momento: tutto avviene quando è giusto, i frutti maturano a seconda della stagione. Evidentemente non ero pronta.

      P.S. Nel post di domenica ho intenzione di linkare il tuo articolo relativo alle schede della trama, dal momento che mi ha aiutata molto. Spero ti faccia piacere…mi aiuteresti a ritrovarlo nel blog?

  • animadicarta

    Quanto mi piace la frase che hai citato!
    Molte belle anche le tue riflessioni, che condivido in pieno. Quando si comincia a scrivere non ci si rende conto, secondo me, di quanto sia importante l'esperienza. Perlomeno io ricordo che a quei tempi (ero poco più che adolescente) non mi sarei mai sognata di leggere un manuale di scrittura né avevo idea di quanto contasse la pratica. E poi, rileggendo testi scritti in passato, anche io ho la sensazione che non mi appartengano più e mi viene voglia di riscriverli da capo… Si cambia, si cresce e si diventa più consapevoli di tante cose.

    • Grazia Gironella

      Sì, è bella questa Musa che si fa coinvolgere quasi suo malgrado. Mi è sempre piaciuto vedere il momento della seduta di scrittura come un appuntamento cui non mancare, un po' alla cieca, tipo "io ci sono, c'è qualcuno?". Poi le parole arrivano e capisci perché sei lì in quel preciso momento.

  • Sam

    La competenza è una delle conquiste più difficili e, almeno per quello che mi riguarda, la sensazione è che ci sia sempre qualcosa che mi sfugge – nonostante l'impegno, nonostante la lettura di romanzi e manuali, nonostante la scrittura.
    Però alcuni degli aspetti di cui parli *so* di padroneggiarli e questo mi incoraggia. Quando, mentre scrivo, mi rendo conto che una parte di me "mette segnalibri" mentali (questa parte è infodump, qui puoi tagliare) in modo del tutto naturale, senza perdere il ritmo della narrazione o il filo della vicenda… mi sembra che la salita (verso la conclusione della stesura, verso la conquista di un altro piccolo pezzetto di competenza) sia meno ripida

    • Grazia Gironella

      Qualcosa sfugge sempre, come no! Forse Wilbur Smith e Ken Follett avranno tutto sotto controllo, ma noi comuni mortali possiamo apprezzare anche i piccoli passi…

  • Andrea Di Lauro

    In narrativa non esistono veri sinonimi, ma piuttosto termini più o meno efficaci.
    Wooooow. Questa me la dovrei appendere sopra il pc. E non scherzo. Può sembrare un consiglio semplice, ma in questo momento per me è stata illuminante. Possiede una vastissima ma sottile verità, ed ora comprendo molti miei errori passati.

    Ogni tanto leggo qualche tuo "vecchio" articolo per farmi venir voglia di riprendere in mano questo benedetto romanzo che non vedrà mai una fine

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