
Gestire un blog: i sì e i no per mantenerlo in salute
I blog sono in estinzione, moribondi, già defunti? Se fosse così, come si sente dire, quelli di noi che continuano a gestire un blog sarebbero dei sognatori incapaci di adeguarsi alla realtà.
Che queste siano tendenze immaginate o già riscontrate, mi interessa il giusto. Se continuo ad avere un blog è perché mi piace e perché mi permette di avere un contatto con le persone “là fuori”, cioè voi. Certo potrei incontrarvi su Facebook, Instagram, Twitter, Linkedin o chissà dove, ma si dà il caso che in quegli ambienti ‒ che comunque frequento, di rado e malamente ‒ io non senta di esprimermi davvero.
Non mi piace essere telegrafica; non sono abbastanza reattiva da spargere commenti, né mi aggiro per le mie giornate con lo smartphone in mano, pronta a cogliere l’attimo. Alla fine l’ho capito: quello che va bene per molte persone, può non andare bene per me. Un pesce rosso non si comporta come un pettirosso, anche se hanno un colore in comune.
Rimando a un post successivo le riflessioni sull’impatto che questo può avere sul mio scrivere da autrice indipendente, e torno all’argomento: il blog mi è caro ‒ il mio tesssoro! ‒ e me lo tengo.
Questo non significa che sia sempre facile. In questo periodo mi sembra tale, a dire il vero. Da quando ho cambiato piattaforma (e look, e… tutto) mi sono ritrovata piena di idee e di voglia di scrivere; ma non sempre è ‒ è stato, sarà ‒ così, come l’esperienza dimostra.
Ridendo e scherzando, sono comunque passati sette anni da quando ho deciso di trasformare in blog la pagina Facebook che avevo legato alla prima edizione del mio manuale di scrittura creativa (ora Nel cuore della storia). In questi anni i miei articoli sono cambiati in ogni modo possibile: da brevi si sono fatti più lunghi, da frequenti si sono fatti radi, per poi tornare più frequenti; gli argomenti sono cambiati. Io sono cambiata.
La mia piccola esperienza nel blogging, non solo come “mamma” di Scrivere Vivere, ma anche come frequentatrice dei blog altrui, mi fa venire voglia di trarre qualche considerazione, che vi racconto sotto forma di “sì” e “no”. Del tutto personali, s’intende.

SÌ a prestare attenzione a ciò che si scrive.
Si possono fare modifiche in qualunque momento sul proprio blog, ma quando ci si lascia andare ad affermazioni scortesi, arbitrarie, o anche soltanto impulsive, si può stare certi che il danno ‒ piccolo o grande ‒ è già fatto.
NO a mettersi troppi problemi sul valore di ciò che si scrive.
Può capitare di guardare con occhio troppo critico i post che si scrivono, come se niente fosse abbastanza degno e utile ai lettori da essere pubblicato. Avrò buttato o rimandato decine di post per questo motivo. I fatti però mi dimostrano che le persone non cercano necessariamente articoli straordinari su argomenti straordinari. A volte, leggendo un post, si apprezza semplicemente il piacere della compagnia e della condivisione.
SÌ al cambiamento.
Cambia il blogger, cambia il blog. Non esiste un modo per arrestare questo processo. I lettori accetteranno il cambiamento? Forse sì, forse no; ma secondo me è un rischio da correre. Voler rimanere fedeli controvoglia ai presupposti degli esordi implica una forzatura, che si paga in termini di voglia di scrivere e viene percepito da chi legge. Certo è più semplice adattare alla propria evoluzione un blog generalista piuttosto che un blog a tema, ma credo che in entrambi i casi si possa individuare uno spazio di manovra.
“NI” a commentare i blog altrui soltanto per ricevere commenti di ritorno.
In una certa misura è normale. All’inizio, per esempio, è importante entrare in contatto con gli altri blogger. È un modo per dire “ehi, blogosfera, ci sono anch’io!” e scoprire con chi siamo in sintonia. Più avanti, fingere di interessarsi a un blog solo per ricevere visite da parte del blogger mi sembra triste. Gli scambi di questo tipo, tra l’altro, hanno vita breve. Quando i commenti sono buttati lì senz’anima, si nota.
SÌ ad avere cura dei rapporti.
Tra il blogger e chi commenta i suoi post, e spesso anche tra i commentatori stessi, si creano dei rapporti. Anche quando sono soltanto virtuali, dall’altra parte dello schermo non ci sono avatar, ma persone con un carattere, delle idee, dei sentimenti. Questo rende comprensibili, secondo me, anche comportamenti che vengono spesso criticati.
Se per esempio ho l’abitudine di commentare un blog e smetto di farlo, sono consapevole che il blogger può interpretare la mia assenza come disinteresse nei suoi confronti, e non seguirmi di rimando. In realtà posso apprezzare la persona ma non essere interessata agli argomenti che tratta, oppure essere obbligata dalla carenza di tempo a essere più selettiva di quanto vorrei. In assenza di altri canali di contatto con la persona, però, blog e blogger diventano un tutto unico. Il disinteresse di una parte può demotivare anche l’altra. Come nei rapporti reali, guarda caso.
NO alla pubblicazione-quando-mi-pare.
Mi piacerebbe dire che il mio esperimento all’insegna della libertà ha funzionato, ma è vero il contrario: senza una cadenza abbastanza regolare e non troppo sporadica, il blog perde vitalità. Per me un post a settimana è un buon ritmo. Di più diventa un impegno eccessivo, di meno crea un senso di distacco che mi fa venire voglia di fare altro.
SÌ alle esplorazioni.
Nella blogosfera ci sono continui cambiamenti: nuovi blog nascono, altri chiudono… vale la pena di scoprire cosa c’è in giro.
NO alla pretesa di vendere libri con il blog…
Se si cercano i grandi numeri, meglio prenderne atto subito: non funziona. L’impegno è di gran lunga superiore alla resa pratica.
…ma anche SÌ a fare conoscere i propri libri con il blog.
Il blog può essere il luogo migliore per far conoscere i propri libri in un contesto che non somigli allo spam; inoltre offre la possibilità ai lettori di entrare in contatto con il blogger-autore e conoscerlo meglio.
NO a confondere i commentatori con i lettori.
A volte viene spontaneo farlo, in particolare quando si ha un blog piccolo e “familiare”. I lettori che non commentano sono così… silenziosi! Ma ci sono. Quando si scrive, si deve pensare anche a loro.
NO agli articoli troppo lunghi.
Da utente dei blog altrui, un articolo che mi fa “scrollare” più volte produce due effetti: vado a controllare quanto mi manca alla fine, e accelero per arrivarci. Questo quando il mio interesse è generico, non mirato ad apprendere qualcosa, per esempio.
Potremmo disquisire sulle preferenze della SEO, sulla vita moderna che rende frettolosi, oppure sulla mia capacità di concentrazione, ma finiremmo con il dire che è questione di gusti. Basandomi sui miei, cerco di non dilungarmi troppo.
NO a trascurare il blog per poi resuscitarlo quando fa comodo.
Si sa che tenere un blog comporta lavoro. Non sempre si può dedicargli il tempo che merita, o si ha voglia di farlo. A volte diradare i post o sospenderli è l’unica alternativa a chiuderlo definitivamente.
Ma se a un certo punto pubblichiamo qualcosa, non ci verrà la tentazione di rispolverare il nostro vecchio, caro blog per fare un po’ di sana autopromozione?
Magari sì, padron Frodo, come diceva Sam Gamgee; ma io credo che dovremmo resistere alla tentazione. Fa davvero una brutta impressione.
SÌ a creare contatti.
Nominare i colleghi, rimandare alle pagine migliori dei loro blog, non serve soltanto a guadagnare qualche punto nella SEO, ma anche a creare un ambiente più caldo e interconnesso. Perché la rete è sì un enorme guazzabuglio di foto, persone e notizie, ma è soprattutto un’opportunità imperdibile di creare relazioni.
Sono curiosa di sentire le vostre opinioni!
Altri articoli sull’argomento:
Blogging e blog: 8 errori da evitare
Come gestire un blog: la guida definitiva
P.S. Questo mese sulla vetrina della pagina “amici che scrivono” ci sono tre nuovi autori: Lisa Agosti, Sandra Faè, e Nadia Banaudi con un racconto appena pubblicato!
BOLLETTINO DELLO SCRITTORE
In assenza di nuove “puntate” della storia di Amela, correggo sulla Nuova Storia i capitoli scritti finora per adattarli al protagonista maschile, che ha avuto un’evoluzione inaspettata. Misteri della scrittura!
BOLLETTINO DEL LETTORE
Dopo I Know Why The Caged Birds Sing, di Maya Angelou, ho subito acquistato il secondo libro della sua autobiografia. È una grande voce, la sua! Poi è venuto Il botanista di Marc Jeanson e Charlotte Fauve, piacevolissimo affresco della storia della botanica, tratteggiato con leggerezza e amore per la materia. Ultima lettura, divorata, Colpa delle stelle di John Green, l’autore di Cercando Alaska. Chi pensa che lo YA sia roba da poco, può leggere questo autore e ricredersi.

Grazia Gironella, nata a Bologna, vive ai piedi delle montagne friulane ed è appassionata di natura e discipline orientali. Tra le sue pubblicazioni: La strada che non scegli (biografia); Cercando Goran (Searching for Goran in lingua inglese), Veronica c’è e Tutti gli amori imperfetti (romanzi); Tarja dei lupi e La pace di Jacum (racconti lunghi), e il manuale di scrittura creativa Nel cuore della storia.

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16 commenti
Marco
Be’, hai già detto tutto tu: che cosa potrei aggiungere? Mi sa ma questo è uno di quei commenti per avere un commento di ritorno. Quindi: non replicare, mi raccomando
Però mi fai sorgere una domanda: che cosa posso cambiare del mio blog? Quasi quasi…
Grazia
A me il tuo blog piace. Ma visto che mi fai una domanda, ti dico che sarebbe carino conoscerti meglio. Non parli molto di te nei tuoi articoli.
Grazia
Ehm… magari era una domanda retorica.
Ferruccio Gianola
Ci trovo molto anche del mio essere “blogger” e “scrittore”
Grazia
Mi sei venuto in mente mentre scrivevo.
Elena
Sono molto in sintonia con la tua riflessione. Concordo su tutto, eccetto la periodicità : un post alla settimana ci fa risparmiare tempo ma nel mio caso allontana i lettori dal blog. Quando sono stanca però mollo anche io. Mai scrivere per obblighi vari. Si sente eccome. Invece una domanda a tutti : qual è il modo migliore per rivolgersi ai nostri lettori? Il tu o il voi?
Grazia
Mi viene più spontaneo il voi, perché il tu mi sa molto di “your country wants YOU!”, un po’ diretto per i miei gusti. Pubblicare una volta la settimana, per me, non è proprio una scelta a tavolino: non tutte le idee che mi vengono per i post mi piacciono, e in più rischierei di poter scrivere il resto ancora meno di quanto faccio. Secondo me si tratta di trovare il proprio equilibrio personale, al di là degli effetti sui lettori.
Ferruccio Gianola
Anch’io uso il “voi” nella maggioranza dei post
Barbara
Avevo già letto questo post dal link di Freccero su Facebook, prima di entrare in palestra… All’uscita il mio neurone era stecchito all’angolo, per cui figurati se mi sono ricordata di passare per commentare! XD
A riprova delle relazioni che si sviluppano col blog, che ti fanno scattare sull’attenti e dire “Ma io Grazia l’avevo commentata?!”
Eccomi, solo per dire che sottoscrivo tutti i punti. Potremmo anche aggiungere: SI a contenuti di valore per il lettore, NO ad articoli che vanno fuori tema. Come in un blog di recensioni librarie trovare un post di lamentele contro i call center dei provider di telefonia… che c’azzecca?! Ne vedo/leggo di tutti i colori…
PS. Lo sai vero che Sam Heughan prende il nome proprio da Sam Gangee?! Suo fratello si chiama Cirdan, come l’elfo alla fine de Il signore degli anelli accompagnerà Frodo e Bilbo in terre lontane.
Grazia
Ma no! Sul serio? Vedi come tutto si collega… Al momento quando esco dalla palestra è la spalla sinistra, non il neurone, a giacere stecchita in un angolo… così imparo a esercitarmi con la doppia sciabola come se mi pagassero a cottimo. Ecco, visto che io invece non sono allergica agli argomenti fuori tema, inizio a meditare un post sugli acciacchi dell’età. Sarà un successo!
Luz
Un post come questo è ottimo per chiunque legga, è sempre utile fare quale riflessione.
Concordo su tutti i punti che esponi, grosso modo. Credo che sia buona norma di educazione commentare scrivendo qualcosa di sensato, senza sentirsene obbligati. Mi piace ricambiare la visita di chi viene a commentare, mi piace allacciare nuove conoscenze, che nel tempo resistono solo se hai davvero diversi punti in comune. Ho notato raramente uno sforzo in chi viene a commentare i miei post. Di solito dura un paio di visite e nulla di più.
D’accordissimo sul coltivare contatti fra blogger, perché questo crea scambio, condivisione, cortesia.
Sul numero di post, credo che uno a settimana dovrebbe essere il minimo sindacale, perfetto sarebbe uno ogni cinque giorni ma i problemi sono due: non c’è il tempo per far “decantare” il post, se dopo pochi giorni ne compare un altro; e poi, magari avere il tempo e le idee per postare tanta roba. Quattro post al mese sarebbe perfetto, 52 post all’anno.
Non capisco quelli che postano ogni giorno o al massimo un paio di giorni. Non riesco a seguirli per questo motivo.
Concordo anche sul fatto che non abbia senso abbandonare il blog e tornarci due o tre volte all’anno, si perde quel senso di continuità e di condivisione. Non mi ci sento a mio agio.
Mi dispiace che tanti blog abbiano chiuso. Annoveravo un paio di anni fa almeno 4 o 5 blogger che seguivo con grande interesse e nelle quali suscitavo interesse. Peccato.
Grazia
A volte dispiace davvero vedere sparire dalla blogosfera persone che seguivi volentieri; altre volte prima della chiusura del blog c’è un periodo di evidente disamore per il blog stesso da parte del blogger, che causa già un distacco nel lettore e gli impedisce di restarci male quando il blog chiude.
Maria Teresa Steri
Sono d’accordo su tutta la linea, direi che curare un blog significa anche trovare un compromesso tra le nostre esigenze e quelle di chi ci segue. Per questo sono a favore di una certa regolarità, anche se poi la vita ti impone uno stop e puoi farci poco (come è successo a me quest’anno parecchie volte, ahimè).
Tra l’altro secondo me più di un post alla settimana non va poi tanto bene, perché si rischia che i lettori si perdano qualcosa per strada. Penso che il blog sia uno strumento adatto all’approfondimento e quindi a un ritmo più lento rispetto ai social.
Grazia
Proprio per questo mi piace. Quando leggo gli altri blogger, mi sembra tempo passato con loro, non un commento mordi-e-fuggi su una notizia qualunque. La vita, però, ha sempre le sue esigenze, che a volte ci propone, altre volte ci impone.
Cristina
Penso che un articolo alla settimana sia un ottimo equilibrio tra le proprie esigenze e anche quelle del lettore. Io stessa non sempre leggo tutti gli articoli di chi pubblica molto, sia per mancanza di tempo e sia perché non sempre si tratta di articoli molto curati. Detto questo, come sai ho rallentato molto nella pubblicazione dei miei articoli, per ovvi motivi “didattici”. Però sono molto soddisfatta anche degli ultimi articoli, come quello sul film “Il giovane Karl Marx” o su Margherita Porete.
La cura nei commenti è palpabile, quando c’è si nota eccome!
Anche a me piace molto l’atmosfera che si va a creare specialmente tra blogger, è proprio come suonare al campanello di una casa ed entrare a prendere un tè. I social sono molto più dispersivi in questo senso, anche se sono dei detonatori formidabili, se usati bene.
Grazia
Ne sono convinta, anche se non ne ho avuto esperienza. Non so se impegnarmi di più in tal senso o rinunciare del tutto… la seconda è più probabile.