Vita da scrittori (e non)

Luci e ombre dell’autodisciplina

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Scrittori, sull’attenti!

Ri-poso! Non vorrei che vi trovaste troppo scomodi. Già il termine “autodisciplina” non è dei più affascinanti, ed esiste il rischio che qualcuno imiti il soldato al centro della foto. (Per la cronaca, questa non era la parata ma la prova generale, per cui spero che non sia stato fucilato.)

Lo spunto per rimuginare sulla disciplina è molto personale: in questo periodo mi sono accorta di essere un po’ “scapadizza”, come si dice in Emilia. Scapadizzo, per chiarire, è tutto ciò che è propenso alla fuga. Può essere la trota che beffa il pescatore, come il bambino che inventa il mal di pancia per non andare a scuola, oppure un dettaglio che rifiuta di farsi riportare alla memoria.

In questi giorni, dicevo, sono scapadizza rispetto allo scrivere.

Dipende dal momento psicologico. Più si allontana nel tempo l’ultimo segnale incoraggiante dal mondo della scrittura, più si abbassa la mia fiducia in me stessa, e più sono scapadizza. Che succede, allora, nel tempo che potrei dedicare alla scrittura?

Autodisciplina sì, ma gli sbadigli durante la parata sono naturali.
Prova generale della parata militare a Mosca per i 65 anni della vittoria sulla Germania Nazista


Controllo la posta. Venti, trenta volte al giorno. Non sto aspettando niente di così vitale da lasciarmi in apnea nell’attesa; o magari sì, ma di sicuro un paio di controlli sarebbero più che sufficienti. È improbabile che l’editore dei miei sogni mi respinga solo perché ho aspettato quattro ore a rispondere alla sua mail.

Gironzolo per blog, leggiucchio, commento. Amplio il mio gironzolare e trovo… di tutto! Che argomenti interessanti, e quante persone affascinanti da conoscere… Lo penso sul serio, ma ci sarà pure un limite diverso dal crollo sul letto per stanchezza.

Scrivo per il blog, medito sui cambiamenti da apportare al blog, controllo ciò che ho già postato sul blog, e così via.

Vado a scovare in rete una quantità di informazioni di vitale importanza: libri da leggere, gite da fare, oggetti da acquistare…

Toh, è già sera!

Nel mio caso, scrivere dopo cena (narrativa, soprattutto) è un’impresa destinata all’insuccesso. Scoccato il coprifuoco dei neuroni, non ne resta uno in circolazione. Inutile fingere: la giornata si è conclusa senza che io abbia scritto una riga del nuovo romanzo.

Prima reazione: mi giustifico. Ho dovuto interrompere qualche settimana fa la prima stesura per fare posto alle operazioni pre-pubblicazione di La via delle parole, il mio nuovo saggio su creatività e scrittura, in uscita tra un paio di settimane. Ho perso un po’ il ritmo, che problema c’è?

Seconda reazione: mi inchiodo alle mie responsabilità. Lo so, si sta di nuovo insinuando in me, subdola e inesorabile, la SSI (Sindrome dello Scrittore Invisibile).

Terza reazione: mi arrabbio con me stessa. In fondo scrivo da pochi anni, ma ho già pubblicato, sto per ri-pubblicare e ho altri due romanzi nel forno. Di cosa mi lamento? Sono un po’ grande per fare i capricci. Ma li faccio. E anche se mi arrabbio per questo, so che scrivere significa anche portarmi dietro trappole personali come questa, che poi fanno parte della vita di tutti gli scrittori. Con l’impegno e la costanza, nel tempo si migliora; ma credo che faccia parte del miglioramento anche accettare questi effetti collaterali e saperci convivere senza soccombere.

Qui entra in gioco(rullo di tamburi) l’autodisciplina!

Controllo della posta tre volte al giorno, ore pasti.

Unici giorni in cui mi permetto di non scrivere: martedì e domenica. (Astuta! Il martedì devo scrivere per il blog, perciò non toccherei il romanzo comunque, mentre la domenica per me è un giorno talmente insulso che scrivere è una forma di salvezza.)

Visite ai blog altrui la sera dopo cena, e solo se prima ho scritto almeno cinquecento parole.
(In realtà sul numero di parole sono elastica. Se termino un capitolo con quattrocento, non pretendo di iniziarne un altro soltanto per coprire la differenza.)

Funziona?

È un po’ presto per dirlo, visto che ho iniziato due giorni fa, ma sono fiduciosa. Mi è già capitato in passato di dovermi inchiodare alla scrivania, anche se in circostanze un po’ diverse, e dopo pochi giorni la fatica è sfumata. Alla fine, se ti piace scrivere basta poco a fare riemergere il semplice piacere di farlo dallo strato di pigrizia, distrazione e frustrazione che l’hanno un po’ appannato. In certi momenti, però, la disciplina è utilissima per:

  • trasformare la scrittura in un’abitudine quotidiana
  • andare a cercare l’ispirazione invece che rimanere ad aspettarla
  • superare la sfiducia nelle proprie capacità (niente di meglio che vedere con i propri occhi la storia crescere!)
  • non consumare il tempo-scrittura in attività estranee, oppure collegate alla scrittura e proprio per questo più infide (parlare di scrittura, studiare e pensare a cosa scrivere non sono scrivere)
  • rispettare la pianificazione della storia quando i personaggi fanno di tutto per farci deragliare (attenzione, però: potrebbero avere ragione!)
  • imparare a produrre in ogni seduta un testo di una certa lunghezza, invece di lasciar decidere al caso
  • arrivare alla fine della prima stesura, anche quando entusiasmo e convinzione vacillano
  • impegnarsi quanto basta nella revisione finale
  • rispettare le scadenze, se siamo tanto fortunati da averne
  • non tormentare con mail e telefonate gli editori cui abbiamo spedito il manoscritto per avere risposta
  • non insultare chi critica i nostri scritti in toni odiosi (quando non basta l’educazione)

Le occasioni per ricorrere alla disciplina non mancano. So che è molto più piacevole accostare lo scrivere a parole come divertimento, fantasia e libertà, ma saperci imporre delle regole, quando serve solo quando serve! – è fondamentale per crescere come scrittori. E poi abbiamo due emisferi cerebrali a disposizione; perché usare soltanto quello creativo, lasciando inerte quello razionale anche quando può esserci d’aiuto? Ma di questo vi parlerò un’altra volta.

Vi è capitato di dovervi imporre da soli limiti e regole?
Se sì, lo avete fatto di buon grado?

44 commenti

  • Tenar

    L'autodisciplina è uno dei pochi problemi scrittevoli che non ho (però abbondo in altri, eh)
    Ho un passato di atleta agonista sul mezzofondo e credo che questo mi abbia fatto interiorizzare l'autodisciplina. Gli ultimi anni (quelli più ricchi di soddisfazioni, con i campionati italiani da preparare) sono stati all'insegna dell'auto gestione. Io studiavo lontano dal mio allenatore, che oltre tutto per motivi lavorativi non presenziava comunque più a tutti gli allenamenti. Mi dava "i compiti" ed ero io a dover trovare il tempo, la voglia e le energie per allenarmi da sola con il mio cronometro.
    Quindi riuscire a scrivere è più che altro una questione di tempo. Se poi la storia mi piace la devo scrivere. Adesso con il corso abilitante sono proprio un po' in affanno, per altro quel poco di tempo libero è del tutto assorbito dalla promozione del romanzo. Però vedo che riesco (più o meno) a postare sul blog e nell'ultimo mese ho scritto un racconto di 65000 battute. Nulla di particolarmente impegnativo (personaggi e ambientazione già nota), ma ci tenevo davvero a finirlo e, sera dopo sera, sono arrivata in fondo.

    • Grazia Gironella

      Dà una sensazione di sicurezza sapere che sei abbastanza determinata da importi sugli ostacoli, vero? Quando mi sento così è una favola.

  • Aislinn

    Nei momenti di disperazione, per impormi disciplina ricorrevo a volte al "Write or die", che in effetti funzionava… per il resto, tendo a perdere tempo e se sono stanca per altre cose non riesco proprio a concentrarmi, ma quando serve mi impunto e scrivo – magari poco per volta, ma scrivo.

    • Grazia Gironella

      Anche scrivere qualche riga al giorno serve a far girare il motore (e l'umore, nel mio caso). Per curiosità, a cosa corrispondeva il "die"? Digiuno, punizioni corporali…?

  • Francesca

    Accidenti, lo hai detto proprio bene! "L’ultimo segnale incoraggiante dal mondo della scrittura", accidenti a lui! E' come una droga…A volte mi sembra di essere come i giocatori d'azzardo: ho "vinto" una volta (se così si può dire) e allora continuo a rilanciare, ma senza successo, fino a rovinarmi. Però per fortuna la metafora non è completa: se è vero che con la scrittura, tranne rari casi, non ci si arricchisce, è anche vero che di solito non ci si rovina!
    Devo ammettere che tutto quello che so sulla disciplina della scrittura viene da due ambiti: la disciplina che m'imponevo a scuola e all'università (molto faticosamente) e i tuoi consigli.
    Io credo che non siano poi tanto da disprezzare le "attività collegate alla scrittura"…anche se non sono certa di avere capito di preciso quali intendi. Io trovo alcune di queste attività molto utili per ritrovare l'ispirazione, che a volte si presenta mentre sono immersa in esse, così da indurmi a interromperle per scrivere: lo vedo come un continuum.
    Per quanto riguarda la giornata che tende ad essere persa, secondo me è un inconveniente che si può contrastare scegliendo di scrivere almeno per qualche decina di minuti appena alzati, alzandosi molto presto, all'alba. Nella pace, nella tranquillità, riposati e a mente fresca è difficile non riuscire a combinare proprio nulla, almeno fino a che l'ambiente circostante non si rimette in moto. Anche la notte si è soli e in pace, ma si è anche stanchi.

    • Grazia Gironella

      Quello di alzarsi prima il mattino è un ottimo consiglio, che di solito do agli altri… ma non mi rassegno facilmente ad alzarmi alle cinque, dopo anni di risvegli antelucani per un lavoro a turni! Ora che non lavoro, in teoria dovrei avere ore e ore libere, ma non è così, e ancora non me ne faccio una ragione.
      Le attività che hanno a che vedere con la scrittura non sono affatto disprezzabili, anzi, sono importantissime. Il problema nasce quando si mangiano anche il tempo della scrittura vera e propria.

    • Francesca

      Beh il tuo lavoro, a parte la gestione della famiglia, è la scrittura (e sono già due…) e non è un lavoro come un altro. Lo definirei altamente specializzato. E' normale arenarsi un po'.

  • Seme Nero

    Io ho un grosso problema di tempo. Non ne ho. Ho tentato una sorta di programmazione, ma scrivere 500 parole al giorno resta un sogno. Durante la settimana ho mezz'ora libera al giorno da dedicare alla scrittura, nella pausa pranzo: mi interrompono continuamente. La sera, dopo 12 ore, vengo reclamato dalla moglie in carenza di attenzione e coccole. Ecco, qui avrei bisogno di un consiglio da voi care donzelle: come gliela spiego la storia dell'attività solitaria dello scrittore?
    Disciplina o no (ammetto comunque di non averne molta) scrivo quando riesco. Devo accontentarmi e combattere la vocina che mi dice che con questo ritmo un romanzo non lo scriverò mai.

    • Grazia Gironella

      Ognuno sa se può ritagliarsi un po' di tempo in più per la scrittura nel suo palinsesto personale. Quando il tempo non c'è, come dici tu, non c'è, ma spesso capita che ci sia qualche angolino utilizzabile che va disperso. E il romanzo da finire chiama…

    • Francesca

      La moglie? Può capire se è una scrittrice o una lettrice incallita.
      In caso contrario, puoi spiegarglielo paragonando lo scrivere a un'attività per la quale, a sua volta, lei nutra una grande passione.

  • Eli Sunday Siyabi

    Io sono indisciplinata all'inverosimile. Invidio Tenar che, col suo passato da atleta, ha interiorizzato l'autodisciplina. Mi pongo obiettivi ma poi faccio poco per raggiungeli – vedi: mi alzo alle cinque e scrivo ogni mattina, non controllo la posta e Fb cento volte al giorno, etc. Riesco ad essere fedele ai miei scritti solo quando mi danno una scadenza. E scrivo a ridosso dell'ora di consegna.
    Sono invece molto determinata e scrivo di getto quando vedo il successo di alcuni articoli sul blog, quando mi scrivo di continuare così, allora ho la spinta a continuare. Ma vincere la procrastinazione è difficile. E impormi regole, per me che non ne ho, è impresa ardua.
    Il tuo blog è però per me fonte di stimoli per darmi una mossa, quando lo leggo non mi sento sola nel duro cammino di scrittrice.

    • Grazia Gironella

      Che bella cosa mi dici! Il pensiero di fare compagnia ai lettori è molto gratificante per me.
      C'è sempre da fare i conti con il proprio carattere, oltre che con la propria realtà. Sono convinta che non abbia senso pretendere di uniformarsi a un modello che non è nostro. Ha senso invece capire quali sono i nostri lati deboli e lavorarci, questo sì, soprattutto se vogliamo ottenere dei risultati.

  • animadicarta

    Quanto ti capisco! Quante volte mi ritrovo proprio come te la sera ad arrabbiarmi con me stessa per i tuoi stessi motivi… Sì, ho provato anche io ad autodisciplinarmi, ma non sempre riesco a farlo, anche perché costringermi a scrivere a volte non serve a nulla, anzi corro il rischio di perdere solo tempo a gingillarmi con le parole.
    Quello che hai scritto, però è verissimo: a volte imporci un po' di disciplina serve a far scattare qualcosa dentro di noi, e a quel punto torna il piacere di scrivere. Forse lo scrittore che alberga da qualche parte in noi ha bisogno di qualche spintarella di tanto in tanto

  • Chiara Solerio

    Su un blog avevo trovato uno stratagemma messo a punto da uno scrittore famoso (mi sembra SK ma non ne sono sicura) per autodisciplinarsi nei momenti di procrastinazione. La "strategia del vuoto": sono liberissima di non scrivere, però non posso fare nient'altro, né guardare la posta, né stare su facebook… nada!
    Devo ammettere che con me non ha funzionato per niente perché preferisco altri metodi. Dopo aver constatato la lentezza con cui procede la mia prima stesura, ho deciso di scrivere almeno 500 parole al giorno e, se proprio la giornata lavorativa mi ha lasciata allo stremo, un'ora per la pianificazione e la rilettura. Questo ad eccezione del lunedì e giovedì che scrivo il blog. In questi giorni mi muovo a mia discrezione: se riesco a preparare il post abbastanza velocemente (non ci metto comunque mai meno di due ore) mi ritaglio un po' di tempo per il romanzo. Diversamente cerco di leggere o di fare altro. Nel weekend punto alle 2000 parole, se rimango a Sanremo. Se invece parto (come quest'ultimo che sono andata a Milano) faccio quello che posso, l'importante è che sia QUALCOSA. Per ora funziona e sto andando avanti. Però sono d'accordo con Salvatore sul fatto che la forzatura non serve. Mi sono accorta che a volte basta un giorno di pausa per riprendere verve e creatività.

    • Chiara Solerio

      P.S. Io comunque faccio il contrario di te per quanto riguarda l'orario. Leggo i blog durante i "buchi" al lavoro, in particolare dopo la pausa pranzo o la mattina presto e scrivo dopo cena. Qui non avrei proprio la concentrazione necessaria per dedicarmi al libro

    • Grazia Gironella

      Nella tua situazione, mi organizzerei esattamente nello stesso modo. Anch'io faccio in modo di infilare nei giorni in cui non scrivo qualcosa che mi porti avanti lo stesso, come mettere a fuoco i dettagli del capitolo successivo oppure fare ricerca su quello che mi servirà più avanti nella storia. Hai detto bene: "l'importante è che sia QUALCOSA". Poi ci sono momenti in cui quello che serve è staccare, e basta. E' importante imparare a decodificare i segnali di disagio e capire come rispondere. (Non torneremo alla consapevolezza? Ah, di questa parola non ti liberi più, una volta che ce l'hai in circolo!)

  • Salvatore

    In un certo senso non sono d'accordo, ma mi spiegherò. Come sai io sono un uomo pigro, ma molto disciplinato. Mi sveglio alle tre del mattino, per scrivere. Nel week end non scrivo mai narrativa, ma approfitto del tempo in più per: recuperare qualche ora di sonno (i neuroni ne hanno bisogno); leggere di più rispetto alla settimana lavorativa; scrivere i tre articoli per il blog che pubblicherò durante la settimana seguente, secondo le scadenze abituali.
    Come vedi sono molto disciplinato. La formula, però, riesce sempre? No. Mi alzo sempre e comunque alle tre, non ci sono scuse, ma alcune mattine sono così catatonico che la mia produzione artistica si limita a guardare con occhio vitreo per almeno tre quarti d'ora lo schermo e a scarabocchiare qualche appunto. Tuttavia qualcosa pur faccio, fosse anche solo rileggere gli appunti precedenti e aggiungere qualcosa.
    Quello che, però, mi trova in disaccordo con il tuo post è l'idea, sottintesa, di costringersi a scrivere. Ti posso assicurare che se non provassi una dipendenza ossessiva per la scrittura non mi alzerei alle tre del mattino. Siamo matti? Farei una vita normale come ho fatto per i dieci anni in cui non ho scritto nulla. La scrittura deve piacere, e questo tu lo dici, certo, ma mai può essere una imposizione. Se te lo imponi qualsiasi cosa scrivi non sarà mai buona.
    Evitare, invece, di perdere tempo in altre cose (tranne per la lettura del mio blog, che tempo perso non è! :P) è giusto. Ma scrivere non è un dovere, è un piacere; anche quando si fa per lavoro.

    • Grazia Gironella

      Ti auguro di provare sempre questa passione divorante per la scrittura, allora.
      In questo siamo davvero diversi, forse anche per il modo in cui siamo arrivati alla scrittura. Io non ho mai scritto senza obiettivi, e dicendo mai intendo dire mai. Nemmeno per un minuto. Ho iniziato da… matura, diciamo, e non appena mi sono resa conto che riuscivo a farlo e mi piaceva, subito ho sperato di combinarci qualcosa, e ho iniziato a dedicarci tutto il mio tempo. Nella mia ottica, per come mi vivo, non fare tutto ciò che posso per raggiungere l'obiettivo mi fa sentire stupida. A rafforzare questa convinzione c'è la mia esperienza. Quando ci si incaglia, spesso non è per un calo di interesse, ma per altri fattori di disturbo. Ogni volta che ho eliminato quei fattori (tramite la disciplina o altro), è stata una liberazione, e sono ripartita con entusiasmo. Questo per me ha un significato chiaro: non c'è semplicemente il volere o non volere scrivere, ma anche il creare le condizioni per ritrovare il piacere di farlo – un piacere che può avere bisogno di "qualche spintarella ogni tanto", come dice Maria Teresa, ma non può mancare. Se non ce l'hai, nessuna disciplina lo farà nascere!

    • Chiara Solerio

      Scusatemi l'intromissione, io credo che la differenza dei vostri approcci sia legata al fatto che per Grazia la scrittura è un vero e proprio lavoro, mentre Salvatore ha un'altra attività che lo risucchia full-time e che già porta un carico non indifferente di stress. In questo caso (e lo so bene perché anche io lavoro) è davvero difficile "costringersi": si parte dal presupposto che la scrittura è un piacere, un hobby da opporsi all'attività principale, standardizzata e routiniera. Io stessa quando sono a casa (per malattia o ferie) scrivo in modo molto più organizzato ed ho anche maggior facilità a darmi delle regole. Se non lavorassi mi porrei degli orari quasi da ufficio… e finirei la prima stesura in pochi mesi.

    • Grazia Gironella

      Perché scusarti? Siamo tra amici!
      Non so se il fattore lavoro sia determinante, ma in quello che dici c'è del vero. A questo punto aspetto, per capire meglio, il post di Salvatore.

  • Eli Sunday Siyabi

    Vorrei ringraziare tutti quelli che, lasciando un commento a questo articolo, mi hanno spinta a riflettere, a pormi qualche regola, e mi hanno dato degli spunti in più per trovare il modo per vincere blocchi, procrastinazione e lentezza. Siete proprio una bella comunità!
    @Salvatore Anfuso: grazie per aver condiviso il fatto che ti svegli alle tre per scrivere: quando mi alzerò alle cinque (stavolta lo faccio!), penserò che, da qualche parte, c'è qualcuno sveglio già da due ore e impegnato nella stessa meravigliosa attività che è la scrittura.

  • Lisa Agosti

    Secondo me sei troppo severa con te stessa.. hai scritto un libro in quattro mesi, forse ora il tuo cervello sta processando il nuovo romanzo senza che tu te ne accorga… comunque mi hai fatto sentire in colpa per star qui a leggere il tuo blog, e poi c'è da considerare il tempo che farò perdere a te e ai tuoi followers per leggere il mio commento, e ho appena perso cinque minuti a messaggiare le mie amiche per decidere il menù della cena di Natale e adesso ho fame e vorrei già essere in Emilia a mangiare i cappelletti ma in frigo c'è solo una pizza canadese schifosa. Che giornataccia

    • Grazia Gironella

      Ma dai! Scherzi a parte, c'è pure da vivere, non solo da scrivere. Non vorrei stare lì, china alla scrivania tutto il giorno stile Leopardi (o l'immagine cliché che ci hanno dato di lui), ignorando il mondo. So di essere abbastanza produttiva, perciò non mi lamento. Però la sento, la distrazione, e sento i personaggi che si stufano di aspettarmi dove li ho lasciati, pensano di fare un salto al bar, dicono che il regista è un dilettante e stanno per piantarlo in asso… e il regista sono io! Detesto questa sensazione.

    • Lisa Agosti

      A volte i personaggi devono prendersi un giorno libero e starsene al bar. Se non si conoscono tra di loro, non li potrai conoscere nemmeno tu. Sono certa che se i personaggi sapessero dove andare e come andarci ti verrebbero a prendere per un orecchio e ti ci porterebbero subito. Ci vuole pazienza, e tanto, tanto Alka Seltzer…

  • Cinzia Luigia Cavallaro

    Il primo romanzo l'ho scritto in un mese e mezzo. Combinando ferie e orari organizzati in modo tale da poter avere sufficiente tempo in solitudine da poter continuare senza troppe interruzioni ed ingerenze esterne. Consapevole che non avrei più potuto approfittare di questo stacco temporale, e per varie ragioni anche fisiche, l'unica possibilità che mi rimane sono le primissime ore del mattino. Non sempre ci riesco, ma è l'obiettivo e, come tutte le cose, diventa un'abitudine "disciplinata", Così sembra un po' meno disciplina e più semplice da attuare.

    • Grazia Gironella

      Prima di tutto, benvenuta! Un mese e mezzo è un tempo notevole per scrivere un romanzo, anche con le circostanze giuste. Hai espresso bene quello che è anche il mio pensiero: nell'"abitudine disciplinata" la disciplina sfuma e lascia il posto alla parte migliore dello scrivere.

    • Anonimo

      Io ad esempio, al mattino non rendo… Piuttosto preferisco la sera, ma al mattino presto dovrei alzarmi alle 6, per poter scrivere almeno 2 ore, prima di iniziare a lavorare, ma il rischio di far cadere la testa sulla tastiera e sbavarci sopra… è fin troppo realistico.

  • Anonimo

    Ciao allora comincio fin da subito che prima di due mesi fa avevo preso un ritmo ottimo!
    Scrivevo tutti i giorni e ovunque non appena avevo un attimo di tempo. Soprattutto nelle sale d'attesa dei medici e sul treno (li trovo posti più rilassanti e che mi permettono un'esclusione volontaria dal mondo, quando scrivo riesco a non sentire nulla, tranne quando sono a casa. Inultile girarci intorno, persone che continuano a entrare in camera, passare e spassare, telefonate che arrivano, richieste di qualunque tipo, in pratica l'inferno.
    Mi sono dovuta fermare un mese causa lavoro e ritmi a dir poco infernali e ci ho messo un intero mese per ricominciare a leggere e scrivere, ero come svuotata.
    Ora ho ripreso, ma non con lo stesso ritmo. Non capisco perchè, le emozioni e gli stati d'animo momentanei influiscano negativamente su quello che vorrei fare.
    Per darti una risposta: si, la disciplina me la impongo, ma nell'ultimo periodo… sono fuori allenamento.

    Curiosità, ma tu riesci a vivere di scrittura? Fai solo questo? Se si spiegami come hai fatto, perché sarebbe un sogno che si realizza

    • Grazia Gironella

      E' molto normale che la stanchezza e gli stati d'animo influenzino la scrittura. Perché non dovrebbero? Non siamo fatti a compartimenti stagni.
      Alla tua domanda sul vivere di scrittura rispondo sinceramente e con precisione: con due libri pubblicati (non contando Tarja, che è un racconto) ho guadagnato abbastanza per pranzare al ristorante con la famiglia un paio di volte. Non fa figo dirlo, ma non me ne vergogno affatto, anche perché non considero questi risultati la misura della qualità di ciò che scrivo. Pubblicare senza pagare è difficile, ma farsi conoscere, e quindi vendere, lo è molto di più.

    • Grazia Gironella

      Hai ragione, magia pura! E come ogni magia che si rispetti ti spiazza e ti stupisce sempre, anche se speravi di avere imparato tutti i trucchi.

    • Gloria Vanni

      E vado per la seconda volta!

      Grazie a tutti per i commenti e a Grazia in particolare perché mi mettono di fronte alla mia (poca) autodisciplina, al mio essere creativa (tanto) e al mio essere indisciplinata… il primo giorno di scuola, alle elementari, sono finita dietro la lavagna.

      Grazie a Lorenzo perché anche a me fa dire "colpita e affondata"!. Grazie a Salvatore che si alza alle tre per scrivere e non scrive mail nel weekend. Io amo talmente ciò che faccio che scrivo e scriverei ogni ora del giorno e 7 giorni su 7, vita e impegni permettendo

      Tutto è possibile, qualsiasi cambiamento e miglioramento, impegnarsi e raggiungere piccoli traguardi è magia pura!

  • Lorenzo Brigatti

    Colpito e affondato. Io non sono neppure uno scrittore, forse per questo il preparare qualche articolo di qualità per il blog mi costa parecchio tempo. Da qualche settimana sto tentando di scrivere per un'ora prima di andare a lavorare, ma i risultati sono altalenanti: qualche giorno non mi sveglio neppure, qualche altro sono catatonico di fronte allo schermo, mentre in qualcuno riesco anche a scrivere (finalmente! ).

    L'autodisciplina è una dote che non ho mai posseduto in grandi quantità, ma mi sto impegnando per migliorare, ed ora qualche risultato sta arrivando. Adesso che so di non essere solo e di poter rubare il tuo metodo, posso guardare al futuro con più fiducia!

    PS: questa settimana mi hai proprio catturato: prima la citazione di Seth Godin, ed ora questo bellissimo post. Non commentarti era impossibile!

    • Grazia Gironella

      L'ultima frase l'hai tratta da "Il sogno del blogger"? Scherzi a parte, in questo genere di lotta non sarai mai solo. Comincio ad avere il sospetto che quella dell'autodisciplina sia una guerra in cui si può solo sperare di vincere molte battaglie. La vittoria definitiva è fuori portata.

  • Daniele

    Il controllo della posta è maniacale, bisognerebbe controllarla in orari prestabiliti.

    Io ho deciso di rispondere ai commenti dopo pranzo, tranne casi eccezionali, come oggi, che dovevo rimettermi in pari con 4 giorni di lontananza dal web.

    Anche per la lettura dei blog faccio lo stesso: la mattina prima delle 9.

    Anche io dopo cena non scrivo, perché mi spengo proprio. Dalle 19 in poi chiudo le mie attività al pc.

    • Grazia Gironella

      Mal comune, ma non mezzo gaudio! Pensa che qualche tempo fa leggevo da alcuni blogger americani che usavano software particolari per escludere temporaneamente la rete e la posta, e mi dicevo "ma va', basta la testa"… e infatti!

  • CogitoErgoLeggo

    Ah, l'autodisciplina… Questa sconosciuta!
    Mi capita spesso di avere un crollo di autostima che di norma mi porta a giacere sul letto in preda allo sconforto. In alternativa, controllo le mail 200 volte in un'ora o vagabondo per il web senza meta e senza fare nulla di costruttivo.
    Quando sono in quello stato, non riesco nemmeno a leggere e no, non c'è autodisciplina che tenga, con me, perché anche quella viene azzerata.
    Fortunatamente, c'è la disciplina del mio ragazzo, che interviene, mi dà uno scossone e mi pianta davanti al pc a scrivere. Se anche così non ottiene risultati, sposta il pc e mi dà in mano un libro (o lo regge lui).
    C'è da dire, però, che non è sempre così. Quando sono in condizioni normali, non fatico ad aprire il file di word e a buttar giù un migliaio di parole senza lasciarmi distrarre (in questo, il metodo del pomodoro mi è molto utile).

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