Vita da scrittori (e non)

Scrivere è pubblicare?

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L’equivalenza è sicuramente sbagliata: scrivere e pubblicare sono legati, ma non con l’inevitabilità che si crede. Molti problemi, frustrazioni e rinunce in questo campo nascono da un errore iniziale di valutazione.

Chi ama scrivere lo fa, ci si appassiona, ne avverte quasi un’esigenza fisica. Fino a qui stiamo parlando di un’esperienza intima e personale, come tale del tutto libera nella forma e nei contenuti. Il problema nasce quando chi scrive decide di proporre il risultato delle sue fatiche a un editore, cosa che gli richiede un diverso atteggiamento.

Scrivere per pubblicare significa prima di tutto scrivere per comunicare, per condividere con il pubblico l’esperienza veicolata dalla nostra opera. Significa essere disposti a metterci in gioco con tutte le nostre risorse, anche quelle che non sappiamo di avere.

Questa transizione dello scrivere dal suo ambito di esperienza intima al contatto con il mondo esterno è molto delicato, perché di  solito in questa fase l’aspirante scrittore:

1) non ha fatto ancora nulla per  migliorarsi

2) ipotizza di fare semplicemente un passo avanti sulla strada già  imboccata

3) vede il suo obiettivo in modo nebuloso e idealistico

La domanda da porsi è: “Dove intendo arrivare?” I risultati possono essere incerti (e lo sono!), ma la risposta a questa domanda deve essere precisa, o il percorso sarà travagliato.

Voglio soltanto dare a ciò che scrivo la dignità della stampa su carta, per mia soddisfazione personale e per distribuire qualche copia del mio lavoro ad amici e parenti? In questo caso non ho grossi problemi: tolto lo sfizio di mandare il mio manoscritto a X editori, male che vada mi rivolgerò a un buon servizio di stampa a pagamento (NON “editore”  a pagamento!) e raggiungerò comunque il mio obiettivo.

Caso abbastanza raro, però. Quasi sempre l’autore immagina di essere pubblicato con tutti i crismi da parte di un editore – possibilmente conosciuto – che promuova adeguatamente l’opera e la faccia arrivare nelle librerie.

Non è impresa da poco. Come rincorrere questo sogno? Bisogna prima di tutto capire in che direzione muoversi. Quelli che seguono sono i miei consigli.

– Informarsi

Con internet non esiste giustificazione per  buttarci a capofitto nella nostra impresa senza sapere a cosa andiamo incontro. Esistono siti ricchissimi di informazioni per un neofita. Basta inserire sul  motore di ricerca “pubblicare un romanzo” o simili per trovare una quantità impressionante di informazioni utili.

– Prepararsi in modo professionale

Scrivere può essere istintivo, scrivere un’opera che piaccia agli editori e ai lettori non lo è. Ci sono meccanismi narrativi importanti che dobbiamo assolutamente conoscere. Certo, sono gli stessi che in veste di lettori ci fanno dire di un romanzo: “Stupendo! Continuo a ripensarci!”, ma questo non ci rende capaci di usarli in maniera efficace quando scriviamo.

Prima di tutto è utile leggersi almeno un manuale, oppure partecipare a un corso di scrittura, purché serio. Se dobbiamo ancora scrivere il romanzo che abbiamo in mente, questo ci servirà a  partire con il piede giusto; se il romanzo è già scritto, ciò che impariamo sarà di vitale importanza per rivederlo e correggere le sue inevitabili pecche.

Un discorso forse prevedibile, considerato che ho pubblicato un manuale di scrittura creativa (Nel cuore della storia), ma ci credo fino in fondo: darsi qualche nozione di base è una necessità. Non si perde in spontaneità, e si migliora più velocemente di quanto non accadrebbe lavorando da soli. Non serve ripartire tutti dall’invenzione della ruota!

– Mettersi alla prova

Siamo sicuri che i nostri scritti abbiano sugli altri l’effetto che speriamo? I famosi amici e parenti cui accennavo  prima non fanno testo, salvo eccezioni. Proviamo a far valutare il nostro lavoro da uno dei siti che offrono questo servizio gratuito. Un po’ di pazienza per i tempi spesso non brevissimi e saremo ripagati.

Anche se l’istinto ci porta a scrivere opere lunghe, possiamo provare a buttare giù qualche racconto e proporlo su uno dei tanti forum di scrittura esistenti. Dai colleghi otterremo opinioni utilissime, anche se spesso dolorose per il nostro amor proprio.

Consideriamolo  un modo di farci la scorza, che ci servirà più avanti. Naturalmente restituiremo il favore agli altri partecipanti al forum leggendo i loro scritti  e fornendo la nostra opinione, come è giusto che sia.

In caso i risultati fossero incoraggianti,  perché non tentare qualche concorso? Ne esistono centinaia. Schivando i meno validi (anche questo è diventato un business!) possiamo fare esperienze  interessanti. Da cosa nasce cosa…

– Rifiutare l’editoria a pagamento

L’autore scrive, l’editore pubblica. Punto. Non deve essere richiesto denaro all’autore sotto nessuna forma, che sia contributo alla stampa o acquisto obbligatorio di copie o tassa per il colore di copertina. E ci mancherebbe! Da quando in qua si paga per lavorare?

Se vogliamo essere rispettati in quanto autori, cominciamo da qui. Non crediamo che pubblicare a  pagamento possa essere un passo per uscire dall’anonimato: la pubblicazione a pagamento fa pensare che non valiamo poi tanto come scrittori, per cui fa curriculum… a rovescio! Se invece siamo già ricorsi a questo tipo di pubblicazione, non facciamocene un cruccio e proseguiamo per la nostra strada facendo scelte migliori. Teniamo presente che possiamo anche scegliere di autopubblicarci.

– Selezionare gli editori cui proporre il manoscritto

Che senso ha inviare la propria opera a tutti gli editori che si conoscono? È costoso (alcuni richiedono la spedizione in cartaceo) e soprattutto sciocco, perché nessun editore pubblica tutto.

Spendiamo il tempo necessario a consultare i loro siti  per capire che generi pubblicano, che linea editoriale seguono, come (e se) distribuiscono. Non spediamo un fantasy a chi pubblica testi sullo sport, non inviamo un romanzo tutto sommato classico a chi nella homepage afferma di cercare la sperimentazione. È questione di buonsenso, oltre che di evitare una brutta figura.

Non trascuriamo gli editori medio-piccoli. Farsi prendere in considerazione dai big è molto difficile, e se siamo esordienti probabilmente la nostra evoluzione come scrittori è appena iniziata. Pretendere di fare subito il colpo grosso è poco realistico.

Riflettiamoci bene anche prima di eccedere nel senso contrario: un editore x appena nato, con una manciata di pubblicazioni alle spalle e distribuzione esclusivamente online, probabilmente non ci lancerà nel firmamento letterario. Un piccolo editore di solito ha fondi limitati da dedicare alla promozione.

Non voglio dire che i  piccoli non siano seri, soltanto che bisogna dedicare tempo a capire come muoversi in base alle proprie ambizioni e alle informazioni di cui si dispone. Si fa una cernita degli editori, se ne scelgono alcuni cui mandare il manoscritto e si tengono presenti gli altri per la tranche successiva.

La  prassi di inviare l’opera a più editori contemporaneamente è ormai accettata, visto che i tempi per il responso (o il silenzio che fa da responso) si  aggirano sui 6-8 mesi. Occorrerebbero vite intere per essere valutati da una  trentina di editori.

– Continuare a scrivere

Suggerimento banale ma non troppo. Una volta proposto il nostro lavoro a qualche editore possiamo pensare che il  prossimo passo sia essere pubblicati, o in alternativa ripetere l’invio ad altri editori. Ma così ci si ferma! I mesi di attesa dei responsi passano e noi restiamo allo stesso livello di quando abbiamo scritto il lavoro già in  valutazione.

Probabilmente quell’opera è il nostro meglio per lo specifico momento in  cui l’abbiamo scritta, ma non il nostro meglio di scrittori in senso assoluto.  Se scriviamo da qualche anno, o anche solo da qualche mese, proviamo a  riguardare i nostri primi racconti. Di solito la reazione sta tra la risata e  il disgusto, magari con quel tanto di imbarazzata simpatia per noi stessi. Siamo cambiati, eccome.

Bene, lo stesso tipo di evoluzione sta davanti a noi se continuiamo a scrivere. La costanza paga, e paga doppio se esercitandoci su altri testi ci sforziamo di correggere quelli che ormai avremo individuato come nostri difetti. Sì, perché fare uscire il manoscritto dal famoso cassetto, oltre a esporci a frustrazione e speranze deluse, significa anche poter finalmente affrontare – con gli strumenti che riteniamo più appropriati –  le carenze che il mondo esterno ci avrà segnalato tramite compagni di forum, valutatori, insegnanti, letture.

Non è detto che ogni critica ricevuta sia valida. Valutare gli altri non è facile nemmeno per un professionista del settore, figuriamoci se lo è per un esordiente come noi! Ma se un argomento viene sollevato più volte, è probabile che ci sia un fondo di verità. Vale la  pena di pensarci su.

Mettersi in discussione è fondamentale.  Certi atteggiamenti di chiusura, del genere “non sono stato capito” e “questo è il mio stile e mi piace così” rivelano non solo una presunzione ingiustificata, ma anche un atteggiamento dilettantesco verso la scrittura.

Un autore che vuole entrare in contatto con il pubblico deve prestare attenzione a essere recepito nel modo migliore. Se l’editore troverà l’incipit noioso, i personaggi poco originali, la trama fiacca, non avremo la possibilità di spiegargli che in realtà il romanzo vale di più. Il manoscritto non deve essere accompagnato dal libretto di istruzioni! Dobbiamo risultare subito convincenti.

In caso di pubblicazione, poi, ci troveremo a fare i conti con un editing che metterà alla prova la nostra flessibilità.

Ci sarebbe molto altro da dire, ma per ora mi  fermo qui. Se ben ricordo, a suo tempo il Grillo Parlante non ha fatto una  bella fine…

Buona scrittura a tutti!

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