Vita da scrittori (e non)

5 ottimi motivi per NON scrivere

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…e uno (superlativo) per farlo.

Ricordate il mio post uscito circa un mese fa dal titolo 5 motivi per scrivere con gusto? Bene, ho scelto il giorno di oggi per completare il quadro, che sennò potrebbe apparire troppo idilliaco. A dire il vero avevo in progetto di trattare argomenti più elaborati, ma questi giorni non si sono rivelati adatti, un po’ per un problema familiare che mi fa essere qui con la testa solo per metà, un po’ per l’intensità del lavoro di scrittura, tra la biografia di Amela e il nuovo romanzo in fase avanzata.

Ma torniamo all’argomento di questo post. Scrivere può essere meraviglioso per mille motivi, ma questo non gli impedisce di essere anche frustrante, destabilizzante o deludente, a seconda del momento. Non voglio con questo fare la cornacchia del malaugurio a chi inizia a scrivere – tanto non servirebbe! – ma soltanto presentare il rovescio della medaglia.

Va da sé che questi lati oscuri dello scrivere interessano solo che scrive con l’idea di trovare lettori per le sue storie. Chi scrive a intermittenza, solo quando ne ha voglia, può non conoscerli mai… e così forse non conoscerà nemmeno a fondo i 5 motivi per scrivere con gusto. Il pacchetto include oneri e onori! Ma magari poi è proprio chi scrive con quel tipo di leggerezza che alla fine ha successo e vince il Campiello. Vai a saperlo.   

Biblioteca con scaffali che arrivano al cielo. Non sarà già stato tutto scritto? Ci sono ottimi motivi per non scrivere...

Serve tempo

Quello che all’inizio riversiamo sulla pagina ci può sembrare buono, ma raramente lo è davvero. Occorre tempo per imparare a scrivere in modo fluido e piacevole. Anche quando si parte da un buon livello, bisogna tenere presente che i criteri di valutazione per uno scritto professionale non corrispondono a quelli che noi stessi usiamo nel valutare le nostre storie.

Serve tempo per mettere insieme l’esperienza che permette non solo ai lettori di stare bene in compagnia delle nostre storie, ma anche a noi di sentirci a nostro agio mentre scriviamo, non esaltati e non depressi, non concentrati allo spasimo, ma nemmeno svaccati come se fossimo a una grigliata con gli amici.

Serve tempo per diventare versatili. Si può pensare di non averne bisogno, ma la versatilità è una dota preziosa. Ne parla anche Daniele Imperi nel suo post Uno scrittore deve saper scrivere tutto. Prima o poi capita di trattare un genere o una scena lontana dalla nostra comfort zone, oppure di voler partecipare a un concorso dal tema strano e affascinante. Inoltre sapere che possiamo affrontare diversi tipi di testo ci farà sentire più sicuri della nostra competenza, con grande scorno del nostro Critico(ne) Interiore.

C’è bisogno di tempo anche per trovare la nostra voce, ovvero l’impronta che ci caratterizza e non appartiene a nessun altro. Il punto non è fissarla – non smetterà mai di cambiare nel tempo – ma entrare in sintonia con noi stessi al punto che ciò che scriviamo corrisponda davvero a come lo sentiamo. Per questo occorrono sia pratica che, appunto, tempo.

Esistono effetti collaterali

La maggior parte di noi non conduce una vita proprio sportiva. Ore in più al computer, con la mente persa dietro alle nostre storie, mentre coniuge e figli ci tirano per la manica, possono essere un peso per la spina dorsale e la circolazione, ma anche per la vita familiare. Chissà quanti scrittori hanno divorziato per questo.

Anche gli amici si stufano presto, come dicevo nell’articolo Il fascino (breve) dello scrittore. In principio è tutto una festa: ma come, scrivi? E cosa scrivi? Che bello dev’essere… Aspettate però che si accorgano che non diventate famosi e non vedono i vostri libri nelle librerie.

Trovare lettori è facile come vincere un terno al lotto

Anche se ci riesce facile credere, almeno quando iniziamo a scrivere, che i nostri romanzi e racconti incontreranno naturalmente il loro pubblico, niente è più lontano dal vero. Ogni anno in Italia vengono pubblicate decine di migliaia di libri (nel 2018 erano quasi 79.000), ma questo non significa che i nostri finiranno nel numero, né che se ci finiscono avranno una buona diffusione. Nemmeno se sono libri di qualità? Nemmeno. Scrivere, se si vuole essere letti al di fuori della ristretta cerchia di amici e parenti, è solo il primo passo di una strada lunga e complicata, da percorrere senza bussola, perché…

Non c’è un vero percorso

A parte il semplice consiglio di leggere tanto e scrivere tanto, quante altre indicazioni si potrebbero dare a un aspirante scrittore?

Poche, e pure opinabili. Partecipare a concorsi può essere piacevole e rafforzare l’autostima, se si hanno buoni risultati; ma anche vincere o piazzarsi bene spesso non porta da nessuna parte. Infilarsi in ogni cerchia letteraria possibile per racimolare conoscenze da sfruttare è inutile: la manovra laida viene subito sgamata, e poi gli altri scrittori hanno già i loro problemi a restare a galla, senza accollarsi conoscenti da raccomandare e aiutare a promuovere le loro opere.

Serve seguire un corso di scrittura creativa prestigioso? Frequentare le fiere? Andare alle presentazioni? Fare presentazioni? Tutto può contribuire a farci crescere, ma di solito non nella forma diretta che ogni scrittore vorrebbe.

C’è anche da dire che l’esperienza è utile sì, ma fino a un certo punto. Ogni metodo di scrittura, ogni pratica virtuosa, ogni forma di promozione andrà rimessa in discussione a ogni nuovo libro scritto. Le sfide che si presentano sono sempre diverse, e ciò che ha funzionato una volta può non funzionare più. Bisogna restare elastici e svegli, anche per ottenere risultati modesti.

Non si possono evitare delusioni

Inviare il manoscritto a decine di editori e ricevere soltanto silenzi o cortesi rifiuti preformattati è un’esperienza frequente e poco piacevole, ma anche trovare un editore può essere l’inizio di niente, così come il trovare un agente letterario. La pubblicazione indipendente, d’altra parte, pur offrendo possibilità preziose agli autori, non è automaticamente un tappeto di rose verso un fulgido futuro.

I lettori tanto cercati, poi, non sempre apprezzano ciò che scriviamo. Ogni recensione tiepida o negativa ci ferisce, perché va a toccare qualcosa di intimamente nostro, in cui abbiamo riversato tempo, impegno e anima. Eppure è così che funziona: quando il nostro libro è là fuori, il lettore diventa re. Può decidere che meritiamo attenzione, ed è un’esperienza bellissima, ma può anche tagliarci le gambe con i suoi giudizi. Tutti i gusti sono gusti, recita il detto, e la grande famiglia dei lettori è strana e variegata.

Questa è la faccia fosca dello scrivere, o perlomeno una sua parte; perché esistono anche problemi meno materiali ma forse più difficili da risolvere, come l’incostanza, il blocco dello scrittore e la mancanza di ispirazione. Ce n’è per tutti i gusti, insomma.

Non tutto deve andare male, sia chiaro. Tra talento, capacità imprenditoriali e fortuna, capita anche di avere delle soddisfazioni, ma è meglio evitare di cercare una proporzione tra l’impegno profuso e i risultati pratici. La scrittura, come le altre arti, queste proporzioni non le conosce proprio.

Allora perché si scrive?

Non per la gloria, né per fare soldi, di sicuro. Si scrive perché si ama farlo. Il resto, quando e se arriva, è un sovrappiù. Scrivere rende la nostra vita più ricca, anche se non di denaro. Per questo ci lamentiamo delle difficoltà, ma continuiamo a scrivere, lottiamo con le unghie e con i denti per proteggere il nostro tempo-scrittura e non ci stanchiamo mai di parlarne.

E voi, perché scrivete?

P.S.: Devo rivedere quanto detto nel mio post Amazon KDP: notizie interessanti: le pagine lette tramite i programmi KU e KOLL sono diventate molto meno profittevoli che in passato per l’autore. Lo avevo già letto su blog amici, ma ora ho potuto constatarlo dalle royalties di marzo. Peccato!

24 commenti

  • Elena

    Scrivo perché non riesco a farne a meno. Ci ho provato, ma niente… Dopo un po’ ci ricasco. Ma è bellissimo ed è come dici tu, faticoso e spesso demoralizzante. Ma se l’obiettivo è chiaro, anche la strada, se pur faticosa, è sopportabile.
    Un abbraccio, anche per ciò che stai passando che mi auguro si risolva presto.

    • Grazia

      Grazie per la vicinanza, Elena. Hai ragione, vedere chiaro l’obiettivo fa sentire meno la fatica. In certi periodi non la si avverte affatto, per fortuna.

  • Sandra

    Si scrive perché si ama farlo, ecco è la sintesi perfetta per molti, forse tutti noi. Gli aspetti negativi di contorno sono tanti, ne ho parlato a sfinimento nel mio blog, coi lagna post, il tormentone del “adesso smetto!” e non ci ha creduto nessuno. Perché amo le mie storie, i miei personaggi, le situazioni che sgorgano e quando non sono nel mezzo di una storia mi manca da morire.

    • Grazia

      È così anche per me. Ormai non arrivo più a pensare di smettere; la vita è così più bella scrivendo! Poi magari smetterò, non è mica detto, però nel senso “mi capita”, non nel senso “lo scelgo”.

  • Daniele Imperi

    Motivi che, a vedere bene, si adattano a qualsiasi progetto, artistico e non. Se ti metti a pensare a quei motivi, allora davvero ti viene voglia di lasciar perdere.
    Si scrive per il motivo valido che segnali. Il resto è futuro, alla fine, e nessuno può saperlo in anticipo.
    Riguardo al percorso, però, in realtà esiste: se avessi letto molto prima di iniziare a scrivere, avrei scritto meglio.

    • Grazia

      Proprio per questo dicevo che l’unico percorso non opinabile è: leggi molto, scrivi molto. Il resto è tutto un “dipende”, e spesso niente del tutto.

  • Marina Guarneri

    Scrivo perché non so smettere. Eh, quante volte mi sono fermata, convinta di non volere più tornare a sbattere le corna contro le mille difficoltà della scrittura, delusa perché incapace di raggiungere un traguardo, stanca di rincorrere sogni e di sentirmi sempre un passo indietro rispetto ai veri scrittori! Ma poi è inutile, vado sempre a finire con una tastiera sotto le dita e uno schermo davanti e, tra l’altro, da un po’ di tempo a questa parte, ho pure riscoperto il gusto di usare carta e penna.

  • Tenar

    In questi giorni scrivere per me è un’impresa quasi impossibile per mancanza di tempo, strozzata dalla Didattica a Distanza e dalle sacrosante esigenze famigliari. Quindi sto cercando di convincermi di quello che scrivi. Che per altro è tutto vero. ma niente, a mezzanotte sono lì, ostinata, a battere sui tasti. E se non riesco a smettere adesso non ci riesco più. Sono perduta!

  • Rebecca Eriksson

    Scrivo perchè è il modo che mi risulta migliore per sfogare la mia creatività. In adolescenza avevo provato anche con il disegno, illustrazioni e fumetti, ma le competenze per poter sviluppare i disegni mi risultavano ben più difficili da apprendere di quelle della scrittura. Non che abbia abbandonato il disegno per la scrittura, ma scrivere mi fa stare meglio in modo più immediato.

    • Grazia

      Anche il tuo esempio conferma il fatto che chi è creativo in un campo tende a esserlo anche in altri. Immagino che tutti siamo creativi in uguale misura, ma c’è chi sente di più il richiamo, che non è specifico, e chi lo sente meno.

  • Ferruccio

    Io scrivo perché mi viene facile o perché non so fare di meglio è perchè mi vedo come uno scrittore sin da quando sono bambino. Ho troppa immaginazione e troppo poco senso pratico e mi pare quasi una scelta obbligata. Insomma il motivo per cui scrivo può essere visto in maniera positiva o negativa da chi mi frequenta. Non ho ancora trovato dei veri motivi per non scrivere

  • MikiMoz

    Assolutamente d’accordo, discorso peraltro estendibile anche al blogging (o alla scrittura per il web in sé).
    Gli amici, però se spariscono non sono veri amici, dai XD
    Quanto all’essere letti e/o pubblicati, io direi che si può fare come per il blog: andare a coprire una nicchia, e curarla.

    Moz-

    • Grazia

      Certo, gli amici veri non spariscono. Io parlavo piuttosto dei conoscenti che si inchinano alla tua arte pensando al successo in soldoni, e poi smettono di interessarsene quando diventa evidente che la fama non è alle porte. Non dico questo con amarezza, è una semplice constatazione. E’ normale che le persone non capiscano fino in fondo quando conti per noi quello che facciamo, quanta anima e tempo ci dedichiamo, a prescindere dai risultati materiali. Probabilmente anche noi ci comportiamo allo stesso modo verso gli altri. Ecco, questo può essere uno spunto di riflessione niente male: evitare di essere altrettanto superficiali, in modo da essere più vicini alle persone che conosciamo.

  • Giulia Mancini

    Scrivo perché ne ho bisogno, ma adesso non vorrei sembrare tragica, semplicemente la scrittura è un po’ un angolo di felicità e tormento, poter creare una storia, far crescere dei personaggi mi dona qualche brivido di piacere (quando va bene) e di frustrazione (quando va male).
    Purtroppo l’effetto collaterale di essere diventata sempre meno sportiva mi rattrista, una volta la domenica mattina andavo a correre o in bicicletta, oggi non più, ma ora che dobbiamo stare in casa è un vantaggio.

    • Grazia

      Non sembri affatto tragica, te lo assicuro. Anch’io, quando dico che il mondo diventa grigio quando non scrivo, mi sento come se ci fosse un pubblico che mi fa “eeeeh, esagerata!”. Però è così, cosa posso farci? Il movimento è arduo da praticare in casa, anche se in teoria è possibilissimo.

  • Barbara

    Serve tempo. Vero, bisogna spegnere il televisore.
    Esistono effetti collaterali. Conduco una vita sportiva e ogni storia è un’amante.
    Trovare lettori è facile come vincere un terno al lotto. O costoso come uno spot al Super Bowl.
    Non c’è un vero percorso. Vero, io poi navigo in mezzo ad un oceano…
    Non si possono evitare delusioni. Dipende dalle aspettative, come nell’amicizia.
    Quindi, perché scrivo?
    Perché mi diverte, nonostante tutta la fatica.
    Come in palestra. E dopo un po’, anche nella scrittura si fanno i muscoli.

    PS. Indovina che libro ho finito oggi, proprio oggi, tra le lande desolate della Finlandia?
    Nico resta la mia preferita.

  • cristina

    Scrivo perché che cosa c’è di meglio che raggiungere strani, nuovi mondi come si proclamava nella serie Star Trek? A parte gli scherzi, trovo fantastico il fatto di poter creare davvero un mondo personale, in una combinazione tra realtà e immaginazione. Quello che dici a proposito dell’adattabilità nello stile è del tempo necessario per trovare una propria maniera per esprimersi è verissimo. Come si dice, raramente è buona la prima (oggi sono cinematografica…). E non parliamo proprio di cervicalgia e lombosciatalgia…

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